IL GRILLISMO SI È FERMATO A UDINE - SERRACCHIANI TARZANETTA: IN TRE ANNI HA CAMBIATO TRE CORRENTI PD

Cristina Giudici per "Il Foglio"

Al primo test politico, a due mesi dalle elezioni nazionali, la mezza débâcle alle Regionali in Friuli Venezia Giulia costringe lo sfascimo di Beppe Grillo a rinculare (oggi sul blog del leader il dibattito è molto vivace, per usare un eufemismo). Per colpa (o è merito?) anche del candidato grillino, Saverio Galluccio, uno che si occupa di bioedilizia, che non ha convinto gli elettori con i suoi slogan vaghi, pieni di nonsense ed è rimasto fermo al 20 per cento dei consensi.

Dopo aver detto, all'esordio della campagna elettorale, che la sua priorità era di portare la banda larga in montagna, su in Carnia; dopo aver invocato il boicottaggio alla terza corsia dell'autostrada, considerata, chissà poi perché, "un'emergenza democratica". Frasi sconnesse dalla realtà da parte di chi accusa la casta di essere scollata dalla realtà, che evidentemente hanno sconcertato gli elettori, in una regione dove la realtà è terra, lavoro e fatti.

Nonostante tutti i media nazionali non parlino d'altro che dell'onda sempre più lunga del popolo grillino, che nel pragmatico Friuli qualcosa non andasse si poteva intuire già dal buco nell'acqua una settimana fa dell'evento triestino che doveva lanciare Galluccio: una ventina di persone in una piazza vuota.

Ora Galluccio deluso ammette che su M5s "c'era una forte attesa", e si consola col classico "qualche mese fa non c'eravamo". Scelto sul Web secondo i saldi princìpi della democrazia a cinque stelle, 55 militanti smanettoni della rete, Galluccio non è stato certo aiutato da Beppe Grillo, pure se è stato a lungo in zona, ma alla fine ha usato piazza Unità d'Italia della città giuliana di Trieste per un'isterica sfuriata anticasta nelle ore dell'elezione del presidente della Repubblica.

Ora il Friuli Venezia Giulia deve però fare i conti con la vincitrice, che è riuscita a strappare una vittoria alquanto risicata. Debora Serracchiani senza la acca, dopo due anni di silenzio passati a Bruxelles, deve a sua volta fare i conti con il suo profilo politico, che pare un po' liquido.

Nata franceschiniana (fu proprio Dario Franceschini a candidarla alle europee nel 2009, dopo aver ascoltato il suo famoso discorso-monito alla classe dirigente), nel 2011 si è alleata con Pippo Civati in un'assemblea convocata a Bologna, dove fu firmato un sodalizio dei "civacchiani" (copyright David Allegranti) per chiedere le primarie, ma in chiave anti Renzi. Recentemente si è infilata nel caotico dibattito interno al Pd, diventando però supporter di Renzi.

Scelta da Pier Luigi Bersani per le regionali, nei giorni scorsi è stata molto tranchant nella sua opposizione alla candidatura di Marini, optando per Rodotà e Bonino. E ieri, su Repubblica, bastonava la classe dirigente del partito ("i territori devono essere più rispettati dai dirigenti di Roma") e soprattutto, bastonando D'Alema ("quando si compiono scelte sbagliate, penso alla Bicamerale, bisogna poi avere la responsabilità di farsi da parte"), mostrava di non curarsi troppo dei moniti unitivi di Napolitano.

Miracolata, come ha ammesso lei stessa, anche per via dell'astensionismo che ha punito il presidente uscente Renzo Tondo, schiaccia l'occhiolino a Grillo. Al punto che i grillini le hanno rinfacciato di aver fatto qualche copia-incolla nella stesura del suo programma. Con la vittoria, è tornata a essere protagonista della politica nazionale, (ieri ha partecipato alla direzione nazionale, accolta con una standing ovation) e fa parte di quella moltitudine della nuova generazione piddina, contraria al governo di larghe intese.

Lunedì sera, nella prima comparsata televisiva dopo la vittoria delle elezioni, a Matteo Orfini che proponeva di candidare Matteo Renzi premier aveva risposto picche, forse fiutando la trappola. Ieri però ha cambiato idea: "Renzi premier? Giustissimo", ha dichiarato. Dimostrando una notevole fluidità d'intenti.

 

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