FIAMME GIALLO-MARCIO - CON L’INCHIESTE PER CORRUZIONE SU EMILIO SPAZIANTE (MOSE) E QUELLA DI WOODCOCK CHE INCHIODA VITO BARDI, LA FINANZA E’ ALLE CORDE - SI FA STRADA L’IPOTESI DI UN’USCITA FORTE DEL COMANDANTE GENERALE SAVERIO CAPOLUPO - LA “BASE” DEGLI AGENTI MOSTRA SEGNI DI INSOFFERENZA

1. I VENDUTI E LA RESA DEI CONTI

Fiorenza Sarzanini per ‘Il Corriere della Sera’

 

EMILIO SPAZIANTEEMILIO SPAZIANTE

I magistrati varcano il portone del Comando generale della Guardia di Finanza e il pensiero corre all’estate di tre anni fa quando un’altra inchiesta su alcuni generali delle Fiamme Gialle convinse l’allora procuratore di Napoli, Giandomenico Lepore, a recarsi a Roma per manifestare stima ai vertici. Così si comprende che anche questa volta la mazzata è forte, perché l’accusa infamante di corruzione agli ultimi due comandanti in seconda — Vito Bardi ed Emilio Spaziante — potrebbe essere soltanto il primo passo di un’indagine che porta lontano.

ANTONIO LAUDATI ANTONIO LAUDATI

 

Esplode la rabbia perché tutto questo «arriva nel momento che per noi è di grandissima e soddisfacente attività». Ai piani alti di viale XXI Aprile non si riesce a nascondere «lo scoramento per quanto sta accadendo, ma anche l’ira perché questi sono i frutti avvelenati di una stagione passata che purtroppo non possiamo ritenere definitivamente archiviata».
 

Spaziante è agli arresti per ordine dei giudici di Venezia che lo indicano come uno dei «burattinai» dello scandalo legato al Mose; la perquisizione nell’ufficio e nell’abitazione di Bardi va avanti fino a sera. Non è la prima volta che il generale incappa in un’inchiesta della magistratura. Fu indagato nell’ambito degli accertamenti sulla «cosiddetta» loggia P4 e poi prosciolto.

 

Nel 2009, mentre a Bari era in corso l’indagine sulle feste nelle residenze di Silvio Berlusconi, organizzò una riunione «riservata» con alcuni ufficiali della Finanza e il futuro procuratore Antonio Laudati, poi rinviato a giudizio con l’accusa di abuso d’ufficio e favoreggiamento per aver «pilotato» le verifiche nei confronti del premier.
 

COMANDANTE CAPOLUPO COMANDANTE CAPOLUPO

Comportamenti chiacchierati che comunque non gli hanno impedito di diventare il numero due del Corpo. Lo impone la legge che prevede l’assegnazione dell’incarico al più anziano tra i generali. Una norma che mai nessuno ha chiesto di modificare pur nella consapevolezza che regole diverse avrebbero invece potuto evitare proprio il ritorno dei «frutti avvelenati».

 

E adesso con questo si fanno i conti, con il timore che «una nuova bufera travolga tutti, anche chi lavora giorno e notte e lo fa da anni proprio per dimostrare la nostra capacità investigativa, la nostra volontà di stanare gli evasori, i corrotti, i ladri». Ecco perché in serata si fa strada l’ipotesi di un’uscita forte del comandante generale Saverio Capolupo.
 

I PM WOODCOCK E PISCITELLII PM WOODCOCK E PISCITELLI

L’idea è quella di un discorso pubblico, da pronunciare già domani in televisione o nel corso di una cerimonia ufficiale, contro i «venduti», «in modo da dare fiducia alla parte sana che è quella vera e soprattutto più consistente. Per tenere alto il morale della “base” e ribadire che i primi a voler fare pulizia siamo proprio noi».

 

E allora si pensa di elencare tutte quelle indagini avviate per stanare i politici che hanno usato a fini personali i soldi pubblici, per smascherare gli accordi illeciti tra le banche oppure per far emergere le «ruberie» degli amministratori di Mps. Ma anche di «esaltare il lavoro quotidiano delle migliaia di sottufficiali che ogni giorno effettuano verifiche fiscali, controlli sulla spesa pubblica, accertamenti di danno all’Erario».
 

ALFONSO PAPA E LA SUA ASSISTENTE ALFONSO PAPA E LA SUA ASSISTENTE

Si pensa in particolare all’ultima indagine, quella del Mose di Venezia. «Perché — evidenziano i vertici — è vero che alcuni finanzieri anche di grado alto sono stati coinvolti, ma siamo stati proprio noi a scoprirli e li abbiamo trovati in buona compagnia con ministri, politici, magistrati». Dopo gli arresti, durante la conferenza stampa organizzata a Venezia, il comandante regionale Bruno Buratti aveva elogiato il «lavoro di squadra» sottolineando i quattro anni trascorsi dagli investigatori a ricostruire il «sistema» delle mazzette che ha sottratto alle casse dello Stato centinaia di milioni di euro.
 

La preoccupazione di chi deve guidare la truppa è che adesso prevalga un sentimento di ribellione, la delusione «di chi si dà da fare per stipendi minimi, mentre i colleghi rubano e fanno vita da nababbi». Ecco perché si riflette sulla necessità di lanciare un segnale forte, ma anche di effettuare una «revisione» degli incarichi proprio per riuscire a impedire che gli ufficiali più chiacchierati ottengano posti di comando o comunque incarichi prestigiosi.

bisignani interna bisignani interna

 

È successo nel passato ed evidentemente continua ad accadere in una spirale che va interrotta se davvero si vuole proteggere la parte sana. Ed evitare la beffa di prendere lezioni da chi invece non è affatto al di sopra del sospetto.
 

Il finanziere modello, spiegò Bardi in un’intervista rilasciata nel 2012 «è cittadino non avulso dal contesto che lo circonda, di sani principi e pronto ad affrontare le difficoltà». Un esempio che forse lui ha deciso di non seguire.
 

2. DALLA P4 ALLE FIAMME GIALLE, RIECCO WOODCOCK

Fiorenza Sarzanini per ‘Il Corriere della Sera’

 

È la coppia che si ricompone dopo la promozione a procuratore aggiunto di Vincenzo Piscitelli e il trasferimento alla Direzione distrettuale antimafia di Henry John Woodcock. In attesa di trovarsi il 19 giugno faccia a faccia con l’ex premier Silvio Berlusconi chiamato a deporre nell’aula del tribunale di Napoli in un processo che vede imputato Valter Lavitola, i due magistrati tornano al centro della scena con un’inchiesta che scuote i palazzi romani. L’indagine sulle mazzette che sarebbero state versate ai vertici della Guardia di Finanza promette infatti di avere eco proprio come quelle che l’hanno preceduta.
 

Alla fine i fili che legano i vari fascicoli sono sempre gli stessi. Perché tutti hanno come origine gli accertamenti su quel gruppo di potere, denominato P4, che avrebbe coinvolto anche l’ex parlamentare del Pdl Alfonso Papa e il faccendiere Luigi Bisignani. È proprio partendo da quelle verifiche e dal ruolo avuto da alcuni imprenditori partenopei che gli inquirenti hanno esplorato la fitta rete di relazioni che coinvolge uomini degli apparati, politici, alcuni esponenti delle istituzioni, manager di aziende statali.
 

La strategia dei due pubblici ministeri si conferma però quella di non approdare a un unico processo, cercando di tenere separati i vari episodi e tentando di arrivare per ognuno di essi a un singolo giudizio. Tecnica che qualche volta funziona e altre volte si scontra invece con la mancanza di prove concrete, oppure con la questione legata alla competenza territoriale.
 

BISIGNANIBISIGNANI

Più volte i magistrati di Napoli sono stati accusati di aver valicato i propri confini, di essere andati oltre il consentito. Loro hanno di contro fatto valere il «verdetto» dei giudici per le indagini preliminari o addirittura dei collegi del tribunale che hanno invece fornito riscontro al loro impianto accusatorio. Ma pure la scelta degli indagati di arrivare al patteggiamento, ammettendo le proprie colpe.
 

Al palazzo di Giustizia la sensazione è che questa possa essere l’ennesima estate «calda» e che i provvedimenti presi ieri in questa inchiesta che coinvolge la Guardia di Finanza siano in realtà soltanto il primo passo.
 

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