gianluigi paragone alessandro di battista

IL PARAGONE NON REGGE – SONO MESI CHE MINACCIA DIMISSIONI MA DOPO IL "NO" ALLA FIDUCIA SULLA MANOVRA RISCHIA IL VAFFA - E SE NON LO CACCIANO E' PRONTO ALLA SCISSIONE CON DIECI SENATORI GRILLINI, TUTTI NEL GRUPPO MISTO – PROMESSE DA FIORAMONTI: IL MINISTRO DELL'ISTRUZIONE AVEVA DETTO CHE SE NON CI FOSSERO STATI 3 MILIARDI PER LA SCUOLA SI SAREBBE DIMESSO. I FONDI NON CI SONO MA LUI (OVVIAMENTE) RIMANE...

1 – 5STELLE, FIORAMONTI FRENA SULLE DIMISSIONI PARAGONE RISCHIA L'ESPULSIONE, ASSE CON DIBBA

Simone Canettieri per “il Messaggero”

 

gianluigi paragone matteo renzi

Una dimissione e un'espulsione. Nel M5S la noia sembra non esistere: nemmeno il tempo di far partire Beppe Grillo da Roma, che subito si aprono due fronti. Quello più importante riguarda la permanenza nel governo del ministro dell'Istruzione Lorenzo Fioramonti pronto a lasciare, come annunciato dal giorno del giuramento in Quirinale, perché in manovra non ci sono 3 miliardi per le sue materie, ma solo 1. Ieri mattina sembrava decisissimo a mollare, tanto che ne avrebbe già parlato da giorni con il premier Conte e con Luigi Di Maio. Ma poi in serata, dopo una moral suasion ai massimi livelli, Fioramonti «si è preso un po' di tempo per decidere», come ha detto a un parlamentare grillino.

lorenzo fioramonti

 

Per tutta la giornata di ieri è andata in onda una scena surreale: un ministro (Francesco Boccia del Pd) e tanti parlamentari giallorossi hanno chiesto pubblicamente al titolare del Miur «di non mollare». Con il diretto interessato che pubblicamente smentiva qualsiasi passo indietro: «Io dimettermi? Sono qui e sto lavorando».

 

LE MOSSE

luigi di maio lorenzo fioramonti 1

Da Palazzo Chigi e dai vertici del M5S sempre la stessa versione ufficiale: «Se Lorenzo lascia? Dovete chiederlo a lui». Ma dietro le quinte continua un lavoro certosino per convincere il ministro a non farsi da parte. Anche perché una rottura sui fondi per l'istruzione sarebbe un pessimo ritorno d'immagine per Conte e una grana per Di Maio, costretto a indicarne il successore.

giuseppe conte luigi di maio

 

A questo proposito era circolata l'ipotesi Morra, ma il presidente della commissione Antimafia non sembra interessato al ruolo («Preferisco portare avanti il mio ruolo»). Ma Fioramonti non si è convinto del tutto, ieri in mattinata indicavano la data di lunedì, giorno del voto alle Camera sulla manovra, come la data dell'addio. In serata questo scenario sembrava però non decollare. Il caso rimane, anche perché Fioramonti, racconta chi lo conosce, ha «un approccio anglosassone: se non riesce a centrare un obiettivo, si fa parte», racconta sempre un parlamento. Tra oggi (in Senato c'è il decreto scuola) e lunedì (il voto sulla manovra) il quadro è destinato a essere più chiaro.

 

di battista paragone

IN SENATO

Così come il destino del senatore dissidente Gianluigi Paragone, a rischio espulsione dal Movimento. D'altronde le regole interne dei grillini parlano chiaro: in caso di voto contrario alla fiducia non ci sono appigli. Si viene accompagnati fuori dal Movimento. Il giornalista si difende («Io sono stato coerente») e provoca: «Se mi cacciano? Gli farò così», dice a un Giorno da pecore mostrando il dito medio.

 

GIANLUIGI PARAGONE 1

I probiviri gli hanno notificato l'apertura del procedimento a suo carico. Dai vertici del Movimento trapela l'intenzione del «pugno duro». Ma pronto a difendere Paragone c'è Alessandro Di Battista. Durante l'assemblea di Grillo con i parlamentari Dibba e il senatore sono stati avvistati a cena con un gruppo di attivisti. Non solo, a prendere le parti di Paragone ci sono anche gli europarlamentari Ignazio Corrao e Barbara Lezzi. Entrambi dicono che non deve essere espulso «perché promuove i temi che sono nel dna del Movimento». Ora il senatore entro 10 giorni dovrà rispondere ai rilievi dei probiviri. «Faremo rispettare le nostre regole», assicurano dai vertici del Movimento.

 

2 – 5STELLE, PARAGONE E ALTRI DIECI PRONTI ALLA SCISSIONE IN SENATO

A. Cuz. e C.Ve. per “la Repubblica”

 

gianluigi paragone

Nel giorno che sancisce il possibile slittamento della legge sul taglio dei parlamentari tra i deputati e i senatori riuniti al Quirinale, per gli auguri alle alte cariche, è tutto un interrogarsi: questa novità allunga o accorcia la legislatura? Ma all' orizzonte si profilerebbe un' altra incognita, se confermata.

 

barbara lezzi

Dieci senatori del M5S, guidati da Gianluigi Paragone, sarebbero pronti a staccarsi dal Movimento e a costituire un gruppo autonomo. Un po' come fece Matteo Renzi con Italia viva, a settembre. Resterebbero nella maggioranza, ma pungolandola. Seguirebbero Paragone, che non aveva votato la fiducia al governo giallorosso, e che da allora è di fatto all' opposizione, senatori come Emanuele Dessì, Dino Mininno, Luigi Di Marzio.

 

gianluigi paragone si astiene dalla fiducia al conte bis 1

Una pattuglia che risulterebbe decisiva, perché a quel punto a Palazzo Madama la maggioranza, attualmente a quota 166, dunque di pochi voti sopra la soglia di sicurezza, sarebbe sempre in balia degli scissionisti. La caratteristica che accomuna il gruppo è l' insofferenza per la leadership di Di Maio, al quale viene rimproverato di non tenere in debita considerazione le istanze della minoranza interna.

 

paola de micheli 4

E mentre queste nubi si addensano sul governo al Quirinale la star è Mario Draghi, evocato continuamente come possibile premier di un esecutivo di larghe intese. Mattarella e Draghi si salutano a lungo, con molto calore, dopo la cerimonia. Attorno ministri, parlamentari, grand commis, osservano la scena. Draghi si ferma a colloquio con il governatore di Bankitalia Ignazio Visco e con l' ex premier Mario Monti.

 

matteo renzi gianluigi paragone

La ministra Paola De Micheli dice: «Non si va a votare». E pure il ministro del Sud, Giuseppe Provenzano, allontana l' ipotesi: «Con quale motivazione, poi? Per poter godere di un Parlamento da 945 seggi? Ma sarebbe un boomerang. La gente ci contesterebbe subito». Nel salone c' è anche Valerio Onida, presidente emerito della Consulta: «Andare al voto con le vecchie regole, e poi, mesi dopo ritrovarsi con una legge che dimezza il numero dei parlamentari? Beh, il nuovo Parlamento sarebbe subito delegittimato».

LUIGI DI MAIO NELLA TELA DI SERGIO MATTARELLA BY MACONDO

 

Onida ipotizza che il Presidente della Repubblica potrebbe operare una moral suasion, per evitare una simile evenienza, e cercare di formare un' altra maggioranza. Un' ipotesi, quest' ultima, che al momento al Colle appare difficile: dopo i gialloverdi e i giallorossi sembra complicato ipotizzare altre coalizioni. Un tentativo sarà fatto, naturalmente, ma l' ipotesi più accreditata porta al voto.

 

SERGIO MATTARELLA COME IL VIANDANTE SUL MARE DI NEBBIA DI CASPAR DAVID FRIEDRICH - BY LUGHINO/SPINOZA

Il sindaco di Milano Giuseppe Sala s' intrattiene a lungo con Mattarella, reduce dai tre e minuti e mezzo di applausi alla prima della Scala. Sala guida una città pacificata, che guarda all' Europa. «Mattarella rappresenta stabilità ed equilibrio, perciò piace così tanto ai milanesi, che chiedono la stessa cosa». I peones sono inquieti. Una vecchia volpe come Manfred Schullian (Svp), uno che conosce gli umori profondi di Montecitorio, sostiene che non si andrà a votare. Anche la sua collega di partito Juliane Unterberger, senatrice, sostiene che quanto accaduto ieri è ininfluente sul destino della legislatura. Luca Pastorino (Leu), invece, dice: «La legislatura si accorcia». «Difficile dirlo», gli fa eco il suo collega Federico Fornaro. Il nuovo gruppo resterebbe nella maggioranza, ma aumentano le tensioni.

giovanni grasso ugo zampetti sergio mattarellagianluigi paragoneGIANLUIGI PARAGONEgiovanni grasso ugo zampetti sergio mattarella 1gianluigi paragone emilio carellisergio mattarella consultazioni 2

Ultimi Dagoreport

donald trump vladimir putin giorgia meloni

DAGOREPORT - IL VERTICE DELLA CASA BIANCA È STATO IL PIÙ  SURREALE E “MALATO” DELLA STORIA POLITICA INTERNAZIONALE, CON I LEADER EUROPEI E ZELENSKY IN GINOCCHIO DA TRUMP PER CONVINCERLO A NON ABBANDONARE L’UCRAINA – LA REGIA TRUMPIANA: MELONI ALLA SINISTRA DEL "PADRINO", NEL RUOLO DI “PON-PON GIRL”, E MACRON, NEMICO NUMERO UNO, A DESTRA. MERZ, STARMER E URSULA, SBATTUTI AI MARGINI – IL COLMO?QUANDO TRUMP È SCOMPARSO PER 40-MINUTI-40 PER “AGGIORNARE” PUTIN ED È TORNATO RIMANGIANDOSI IL CESSATE IL FUOCO (MEJO LA TRATTATIVA PER LA PACE, COSÌ I RUSSI CONTINUANO A BOMBARDARE E AVANZARE) – QUANDO MERZ HA PROVATO A INSISTERE SULLA TREGUA, CI HA PENSATO LA TRUMPISTA DELLA GARBATELLA A “COMMENTARE” CON OCCHI SPACCANTI E ROTEANTI: MA COME SI PERMETTE ST'IMBECILLE DI CONTRADDIRE "THE GREAT DONALD"? - CILIEGINA SULLA TORTA MARCIA DELLA CASA BIANCA: È STATA PROPRIO LA TRUMPETTA, CHE SE NE FOTTE DELLE REGOLE DEMOCRATICHE, A SUGGERIRE ALL'IDIOTA IN CHIEF DI EVITARE LE DOMANDE DEI GIORNALISTI... - VIDEO

francesco milleri gaetano caltagrino christine lagarde alberto nagel mediobanca

TRA FRANCO E FRANCO(FORTE), C'E' DI MEZZO MPS - SECONDO "LA STAMPA", SULLE AMBIZIONI DI CALTAGIRONE E MILLERI DI CONTROLLARE BANCHE E ASSICURAZIONI PESA L’INCOGNITA DELLA BANCA CENTRALE EUROPEA - CERTO, PUR AVENDO IL 30% DI MEDIOBANCA, I DUE IMPRENDITORI NON POSSONO DECIDERE LA GOVERNANCE PERCHÉ NON HANNO REQUISITI DETTATI DALLA BCE (UNO FA OCCHIALI, L'ALTRO CEMENTO) - "LA STAMPA"  DIMENTICA, AHINOI!, LA PRESENZA DELLA BANCA SENESE, CHE I REQUISITI BCE LI HA TUTTI (E IL CEO DI MPS, LOVAGLIO, E' NELLE MANI DELLA COMPAGNIA CALTA-MELONI) - COSA SUCCEDERÀ IN CASO DI CONQUISTA DI MEDIOBANCA E DI GENERALI? LOR SIGNORI INDICHERANNO A LOVAGLIO DI NOMINARE SUBITO IL SOSTITUTO DI NAGEL (FABRIZIO PALERMO?), MENTRE TERRANNO DONNET FINO ALL'ASSEMBLEA DI GENERALI...

donald trump grandi della terra differenza mandati

FLASH! - FA MALE AMMETTERLO, MA HA VINTO DONALD TRUMP: NEL 2018, AL G7 IN CANADA, IL TYCOON FU FOTOGRAFATO SEDUTO, COME UNO SCOLARO CIUCCIO, MENTRE VENIVA REDARGUITO DALLA MAESTRINA ANGELA MERKEL E DAGLI ALTRI LEADER DEL G7. IERI, A WASHINGTON, ERA LUI A DOMINARE LA SCENA, SEDUTO COME DON VITO CORLEONE ALLA CASA BIANCA. I CAPI DI STATO E DI GOVERNO EUROPEI, ACCORSI A BACIARGLI LA PANTOFOLA PER CONVINCERLO A NON ABBANDONARE L'UCRAINA, NON HANNO MAI OSATO CONTRADDIRLO, E GLI HANNO LECCATO VERGOGNOSAMENTE IL CULO, RIEMPIENDOLO DI LODI E SALAMELECCHI...

pietrangelo buttafuoco alessandro giuli beatrice venezi

DAGOREPORT – PIÙ CHE DELL’EGEMONIA CULTURALE DELLA SINISTRA, GIULI E CAMERATI DOVREBBERO PARLARCI DELLA SEMPLICE E PERENNE EGEMONIA DELL’AMICHETTISMO E DELLA BUROCRAZIA – PIAZZATI I FEDELISSIMI E GLI AMICHETTISSIMI (LA PROSSIMA SARÀ LA DIRETTRICE DEL LATO B VENEZI, CHE VOCI INSISTENTI DANNO IN ARRIVO ALLA FENICE), LA DESTRA MELONIANA NON È RIUSCITA A INTACCARE NÉ LO STRAPOTERE BARONALE DELLE UNIVERSITÀ NÉ LE NOMINE DIRIGENZIALI DEL MIC. E I GIORNALI NON NE PARLANO PERCHÉ VA BENE SIA ALLA DESTRA (CHE NON SA CERCARE I MERITEVOLI) CHE ALLA SINISTRA (I BUROCRATI SONO PER LO PIÙ SUOI)

donald trump giorgia meloni zelensky macron tusk starmer

DAGOREPORT - DOVE DIAVOLO È FINITO L’ATTEGGIAMENTO CRITICO FINO AL DISPREZZO DI GIORGIA MELONI SULLA ‘’COALIZIONE DEI VOLENTEROSI”? - OGGI LA RITROVIAMO VISPA E QUERULA POSIZIONATA SULL'ASSE FRANCO-TEDESCO-BRITANNICO, SEMPRE PRECISANDO DI “CONTINUARE A LAVORARE AL FIANCO DEGLI USA” - CHE IL CAMALEONTISMO SIA UNA MALATTIA INFANTILE DEL MELONISMO SONO PIENE LE CRONACHE: IERI ANDAVA DA BIDEN E FACEVA L’ANTI TRUMP, POI VOLA DA MACRON E FA L’ANTI LE PEN, ARRIVA A BRUXELLES E FA L’ANTI ORBÁN, INCONTRA CON MERZ E FA L’ANTI AFD, VA A TUNISI E FA L’ANTI SALVINI. UNA, NESSUNA, CENTOMILA - A MANTENERE OGNI GIORNO IL VOLUME ALTO DELLA GRANCASSA DELLA “NARRAZIONE MULTI-TASKING” DELLA STATISTA DELLA GARBATELLA, OLTRE AI FOGLI DI DESTRA, CORRONO IN SOCCORSO LE PAGINE DI POLITICA INTERNA DEL “CORRIERE DELLA SERA”: ‘’PARE CHE IERI MACRON SI SIA INALBERATO DI FRONTE ALL’IPOTESI DI UN SUMMIT A ROMA, PROPONENDO SEMMAI GINEVRA. MELONI CON UNA BATTUTA LO AVREBBE CALMATO” - SÌ, C’È SCRITTO PROPRIO COSÌ: “CON UNA BATTUTA LO AVREBBE CALMATO”, MANCO AVESSE DAVANTI UN LOLLOBRIGIDA QUALSIASI ANZICHÉ IL PRESIDENTE DELL’UNICA POTENZA NUCLEARE EUROPEA E MEMBRO PERMANENTE DEL CONSIGLIO DI SICUREZZA DELL'ONU (CINA, FRANCIA, RUSSIA, REGNO UNITO E USA) - RIUSCIRÀ STASERA L’EROINA DAI MILLE VOLTI A COMPIERE IL MIRACOLO DELLA ‘’SIRINGA PIENA E MOGLIE DROGATA’’, FACENDO FELICI TRUMP E MACRON?