MA GIORGIA MELONI CONDIVIDE LA VISIONE DI PAOLA MARIA CHIESA, CAPOGRUPPO DI FRATELLI D’ITALIA IN COMMISSIONE DIFESA, CHE HA PUBBLICATO DECINE DI LIBRI IN CUI CELEBRA EROI DEL VENTENNIO E L’IDEA DELLA GUERRA TIPICA DELLA DESTRA NEOFASCISTA? – NELLA NEWSLETTER DI “APPUNTI” DI STEFANO FELTRI, CHRISTIAN RAIMO E ALEKOS PRETE INCALZANO LA DUCETTA: “SE CHIESA PORTA NELLA DIFESA UN IMMAGINARIO DI GUERRA COSTRUITO SU MEMORIA, EROISMO E NOSTALGIA, QUANTO DI QUESTO RIFLETTE LA LINEA PIÙ PROFONDA DEL PARTITO? E QUANTO RIFLETTE LA VISIONE DELLA MELONI? LA SCELTA DI CHIESA È UN’INDICAZIONE POLITICA CHE TIRA IN BALLO LA PREMIER..."
Dalla newsletter Appunti di Stefano Feltri – Articolo di Alekos Prete e Christian Raimo
Uno dei motivi forti per cui abbiamo dedicato ben due lunghi articoli alla deputata di Fratelli d’Italia Paola Maria Chiesa riguarda la guerra.
Non la guerra in astratto, ma il fatto che oggi il dibattito pubblico italiano ruota attorno a riarmo, sicurezza, postura della NATO, crisi in Ucraina e Medio Oriente.
Il tema della difesa è tornato centrale e diventa quindi rilevante osservare chi, dentro Fratelli d’Italia, interpreta e rappresenta questo ambito nelle istituzioni.
Paola Maria Chiesa è una figura chiave perché porta nella Commissione Difesa un immaginario della guerra che non nasce da riflessioni geopolitiche o strategiche, ma da un lungo lavoro culturale sulla memoria militare del Novecento.
Prima ancora dell’attività parlamentare, Chiesa ha costruito per quasi vent’anni una biografia interamente dedicata alla memorialistica di guerra.
Ha pubblicato decine di libri sui caduti della Campagna di Russia, sulle lettere dei prigionieri, sui diari dei soldati lombardi, sui cappellani militari, sulla censura postale, sui dispersi, sui cippi e sui sacrari.
Anche quando si occupa di conflitti recenti, come l’Afghanistan, lo fa attraverso racconti individuali di soldati feriti o morti, in una chiave di eroismo e sacrificio.
La costante del suo lavoro è una rappresentazione della guerra come luogo di purezza, dolore e fedeltà, senza analisi critica del contesto politico, senza affrontare responsabilità storiche, senza interrogarsi sui regimi che hanno prodotto quella guerra.
È una visione che appartiene alla tradizione della destra neofascista italiana: la guerra come mito identitario e non come fenomeno politico.
A questa produzione si affianca una lunga serie di riconoscimenti che arrivano direttamente dagli ambienti militari: premi letterari, benemerenze provinciali, attestati dalle associazioni d’arma, un riconoscimento dell’Esercito, premi di Assoarma, fino alla nomina a Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica nel 2017.
Chiesa non è quindi una figura “esterna” che si avvicina ai temi della Difesa: da anni è integrata e riconosciuta all’interno del mondo militare.
In Parlamento, questo immaginario diventa linea politica.
Chiesa è capogruppo di Fratelli d’Italia in Commissione Difesa e sostiene apertamente l’aumento delle spese militari, l’acquisizione di nuovi sistemi d’arma e il rafforzamento della postura difensiva italiana.
Nei suoi interventi pubblici insiste sul ruolo dei militari nelle missioni internazionali, sull’idea che le Forze Armate rappresentino la parte migliore della nazione e sulla necessità di difendere l’Italia in un contesto globale più instabile.
La sua visione della guerra, sostanzialmente morale ed eroica, entra così direttamente nel processo decisionale.
Questo assume un peso particolare oggi, perché la guerra è tornata al centro dell’agenda politica.
Chiesa porta in Commissione Difesa un’immagine della guerra che non tiene insieme complessità geopolitiche, diritto internazionale o dinamiche contemporanee, ma un repertorio di simboli e di memorie che appartengono alla tradizione dell’estrema destra italiana.
È per questo che la sua figura merita attenzione proprio adesso: perché in un momento di riarmo e ridefinizione della sicurezza europea, chi rappresenta il partito di governo nel settore della Difesa arriva con un bagaglio culturale che guarda alla guerra come racconto identitario e non come questione politica.
A questo si aggiunge il percorso politico di Chiesa dentro FdI e il ruolo di Pavia come laboratorio del partito.
Meloni fece campagna con lei nel 2019, quando Chiesa era capolista in città. Successivamente ci sono state tensioni interne, sostituzioni improvvise e una progressiva centralizzazione del suo ruolo a Roma.
È il profilo di una figura cresciuta come voce identitaria del partito, portata poi a rappresentare FdI in un settore – la Difesa – che oggi pesa più che negli anni passati.
Le pubblicazioni
Le pubblicazioni più rilevanti di Paola Maria Chiesa, rispetto al nostro lavoro, sono quelle che costruiscono una visione della guerra fondata su sacrificio, eroismo, sofferenza e memoria militare depoliticizzata. I titoli che emergono sono:
“I Caduti e i Dispersi della Comunità Montana dell’Oltrepò Pavese nella Campagna di Russia (1941-1943)”.
“Lettere dal fronte e dalla prigionia di soldati lombardi”.
“Verificato per censura. La censura militare nella corrispondenza milanese (1941-1945)”.
“Gli Ufficiali Alpini Pavesi Caduti e Dispersi nella Campagna di Russia”.
“Dio e Patria. I Cappellani Militari lombardi nella Seconda Guerra Mondiale”.
“Si troveremo al paradiso. 1941-1943: lettere dal fronte russo”.
“Posta Militare 112. Carabinieri nella Seconda Guerra Mondiale”.
“La patria chiamò”, testimonianza sull’Afghanistan.
Sono opere che ruotano sempre intorno agli stessi nuclei: caduti, prigionia, cappellani militari, corrispondenze dal fronte, memorialistica di reparti specifici. Non c’è mai analisi politica del contesto; la guerra è trattata come esperienza morale, non come fatto storico.
Sul fronte dei riconoscimenti, quelli più significativi per il nostro discorso – cioè quelli che mostrano la centralità di Chiesa negli ambienti militari e paramilitari – sono:
Attestato di Benemerito Esercito Lombardia (2011), noto anche come “Ambrogino dell’Esercito”.
Riconoscimento speciale del Premio Nazionale di Cultura dedicato ai Caduti delle Forze Armate e delle Forze dell’Ordine (2012).
Premio Internazionale “Giuseppe Sciacca” in Vaticano, sezione Scienze Storiche (2012).
Nomina a “Paladina delle Memorie” da UNOCI e Associazione Nazionale Voloire (2015).
Premio Assoarma Pavia per merito e impegno (2017).
Onorificenza di Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana (2017), su proposta della Presidenza del Consiglio.
Questi elementi mostrano con chiarezza che Chiesa non solo studia la memoria militare, ma è da anni riconosciuta e validata dalle stesse strutture e associazioni che costruiscono la cultura ufficiale delle Forze Armate. Una cornice che diventa rilevante nel momento in cui FdI la colloca al vertice della sua rappresentanza politica in materia di Difesa.
Il rapporto con Meloni
Dentro questo quadro diventa inevitabile il tema del rapporto tra Chiesa e Giorgia Meloni.
Non perché ci siano grandi dichiarazioni pubbliche o endorsement espliciti, ma perché nei passaggi politici decisivi del partito le loro traiettorie si incrociano sempre.
Chiesa aderisce a Fratelli d’Italia fin dalla fondazione e viene promossa nei momenti in cui Meloni ridefinisce l’identità del partito.
Il congresso di Trieste del 2017, con la conferma di Meloni e il cambiamento del simbolo, coincide con l’ingresso di Chiesa nell’Assemblea nazionale.
Alle europee 2014, nella circoscrizione Nord-Ovest, è la donna più votata della lista dopo Meloni.
Nel 2019 Meloni scende a Pavia per fare campagna direttamente con lei, non in astratto ma al suo fianco, in una città che per il partito era un banco di prova.
Quando Chiesa passa a Roma, diventa subito una delle voci riconoscibili di FdI in un settore delicato come la Difesa, segno che il vertice vedeva in lei un profilo utile, allineato e spendibile.
Questo porta inevitabilmente a una domanda politica: se Chiesa porta nella Difesa un immaginario di guerra costruito su memoria, eroismo e nostalgia, quanto di questo riflette la linea più profonda del partito? E quanto riflette la visione della stessa Meloni?
Non si tratta di dire che Meloni e Chiesa condividano una lettura nostalgica del fascismo, ma di osservare un dato strutturale: nel momento in cui il partito deve scegliere chi rappresenta la sua idea di sicurezza e difesa, sceglie Chiesa.
Non un tecnico, non un esperto di strategie, ma una persona che per anni ha raccontato la guerra come mito morale, come racconto identitario. È un’indicazione politica, non un dettaglio.
È legittimo chiedersi allora se Chiesa sia, almeno sul fronte della memoria militare e della difesa, una sorta di delfina culturale della linea più identitaria del partito.
Non nel senso gerarchico, ma nel senso della convergenza simbolica.
Meloni, che ha sempre insistito sul recupero dell’orgoglio nazionale, sulla centralità delle Forze Armate e sul linguaggio patriottico, trova in Chiesa una traduttrice perfetta di questo registro all’interno della Commissione Difesa. E oggi, con la guerra tornata al centro dell’agenda, questa convergenza diventa ancora più visibile.
Il punto non è solo ciò che dice Chiesa sulla guerra, ma il fatto che sia stata proprio questa voce a essere scelta per incarnare la visione della difesa del partito di governo.
Questo rende la questione più ampia: riguarda Meloni, la sua responsabilità nelle scelte interne e l’immaginario che FdI decide di mettere al centro della strategia sulla sicurezza nazionale.









