
LA MISSIONE IMPOSSIBILE DI TRUMP: VUOLE LASCIARE MANO LIBERA A NETANYAHU A GAZA E ALLO STESSO TEMPO SALVARE GLI ACCORDI DI ABRAMO – DOPO IL RAID ISRAELIANO A DOHA, DI CUI TRUMP ERA A CONOSCENZA, È CALATO IL GELO TRA E I PAESI DEL GOLFO E GLI STATI UNITI: I PAESI ARABI, COME L’ARABIA SAUDITA IL QATAR, HANNO CAPITO CHE LO ZIO DONALD NON OFFRE PIÙ GARANZIE DI SICUREZZA NELLA REGIONE – IL TYCOON ALL'INIZIO SCHIZZO' “BIBI” RECANDOSI NEL SUO PRIMO VIAGGIO FUORI DAGLI USA IN ARABIA E QATAR EVITANDO ISRAELE, MA POI FU COSTRETTO A CAMBIARE MUSICA, PROBABILMENTE SOTTO IL RICATTO DELL'INTELLIGENCE ISRAELIANA PER IL CASO EPSTEIN - ORA, DOPO LA STRAGE DI 70 MILA UCCISI A GAZA, PER RICUCIRE I RAPPORTI CON I PAESI ARABI, FA AMMUINA PERCHÉ SI METTA FINE ALL’OPERAZIONE NELLA STRISCIA. NETANYAHU LO SA E SE NE FOTTE...
Estratto dell’articolo di Francesco Battistini per il “Corriere della Sera”
donald trump e l'emiro sheikh tamim bin hamad al thani 5
«Fare come il Bahrein». Cinque mesi fa, senza troppo clamore, l’ambasciatore Khaled Al Jalahma ha salutato e se n’è andato. Il piccolo regno del Golfo non ha chiuso la sua rappresentanza a Tel Aviv, né il sovrano arabo ha per reciprocità cacciato la feluca israeliana da Manama: semplicemente, Al Jalahma non è stato rimpiazzato più da nessuno.
[…] omertoso e prudente, il Bahrein sostiene i palestinesi e allo stesso tempo si tiene ben stretti gli Accordi di Abramo con Israele, voluti nel 2020 da Donald Trump. Un attento equilibrio. Lunedì a Doha, convocati assieme a tutti i leader arabi per esprimersi contro il raid di Bibi Netanyahu sul Qatar, i bahreiniti hanno firmato il documento finale.
donald trump e benjamin netanyahu a washington
E però hanno resistito alle pressioni arabe, mantenendo alla fine la loro tradizionale linea cerchiobottista: piangere per Gaza e intanto amoreggiare con Israele. Fingendo di non vedere e di non sapere.
Dice la stampa israeliana che «fare come il Bahrein» è, in questo momento, anche la linea della Casa Bianca. Rassegnarsi a dare carta bianca a Netanyahu e nel frattempo riconoscere il ruolo d’«amici di ferro» ai qatarini.
Considerare un affare interno a Israele un’eventuale annessione dei Territori palestinesi e, insieme, cercare di salvare gli Accordi di Abramo.
Presidente, che cosa pensa dell’offensiva finale scagliata da Israele su Gaza City? «Dovrò vedere — ha risposto ieri mattina The Donald —, non ne so molto…», fingendo di non aver letto d’un attacco che apriva le testate online del mondo intero, di non sapere granché della «fossa comune» (parole del leader dell’Autorità palestinese, Abu Mazen) in cui stanno precipitando due milioni di gazawi.
Ci sono stati attriti, e molto forti. Il tavolo delle trattative bombardato in Qatar, per di più fallendo l’obbiettivo, ha irritato molto il tycoon, costretto a simulare (di nuovo) di non essere stato informato.
donald trump e l'emiro sheikh tamim bin hamad al thani 1
L’isolamento d’Israele — che fa degli Usa, dell’Argentina di Milei, dell’Ungheria di Orbán e di qualche microstato oceanico i soli amici rimasti — ha costretto Trump a inviare il suo segretario, Marco Rubio, per farsi spiegare come Bibi intenda procedere.
Lo stop ai negoziati con Hamas, le dichiarazioni d’annessione della Cisgiordania, le accuse di genocidio dall’Onu, l’imminente riconoscimento internazionale della Palestina, il gelo di Paesi ex alleati come l’Arabia Saudita: nel pieno di questa tempesta, pensa il presidente Usa, la guerra di Gaza deve chiudersi quanto prima («due settimane», aveva detto quasi un mese fa).
Perché se l’Ucraina è la guerra voluta da Biden, dice un funzionario americano, questa «è la guerra di Bibi, e s’assumerà lui tutte le responsabilità di ciò che accadrà». [...]
Netanyahu [...] ha fatto crollare la Borsa di Tel Aviv, poche ore prima dell’attacco, lanciando l’allarme sull’economia «autarchica» che attende Israele, accusando la Cina e il Qatar di «offuscare» la reputazione del suo governo, annunciando che il Paese dovrà diventare una Sparta: in grado di fabbricarsi, da sé, le armi che le servono. Colpa dei boicottaggi, dell’islamismo, della propaganda avversa, «se ci troviamo in una situazione d’isolamento e di restrizioni».
Un commentatore gli ha risposto: se questa è davvero la situazione, signor primo ministro, lei dov’era? «Ha gestito la cosa pubblica degli ultimi vent’anni, ha supervisionato gli affari economici per trenta»: suvvia, non faccia anche lei il Bahrein.