1. MA CHI SONO I GIOVANI LOBBYSTI CHE SUSSURRANO CONSIGLI AI POTENTONI D'ITALIA? 2. DA SALVO NASTASI, 39 ANNI, UNO DEI POCHI GIOVANI SU CUI LETTA HA PUNTATO DAVVERO, AL CURIALE FEDERICO SILVIO TONIATO, UN GIOVANOTTO DI 37 ANNI IN GRANDE CONFIDENZA CON PADRE GEORG CHE IN DODICI MESI SI È TRASFORMATO DA SCONOSCIUTO FUNZIONARIO DEL SENATO IN POTENTE E TEMUTO BRACCIO DESTRO DI MARIO MONTI 3. AVANTI CON LEONARDO BELLODI, NUOVO RAS DELL'ENI. AL CENTRO MARCO SIMEON, CAPO DELLE RELAZIONI ISTITUZIONALI RAI E CAPO DI RAI VATICANO, CARO A BERTONE. UN ALTRO CAMPIONE DELLE RELAZIONI CHE HA OTTIMI CONTATTI COL VATICANO È PAOLO MESSA 4. A SINISTRA GIULIANO FROSINI DI TERNA. A DESTRA MARCO FORLANI DI FINMECCANICA

Emiliano Fittipaldi per "l'Espresso"

La "ditta". A Roma la coppia formata da Gianni Letta e Luigi "Gigi" Bisignani la chiamavano così. Davanti all'ufficio di Piazza Mignanelli facevano la fila gran commis di Stato, funzionari dei servizi, politici e imprenditori. Tutti a chiedere un consiglio, a barattare un favore, una raccomandazione o qualche entratura nei palazzi e nelle aziende pubbliche.

Di fatto, la "ditta" ha segnato (e condizionato) tutta la vita della Seconda Repubblica. Il crollo del sistema berlusconiano, l'arrivo dei tecnici di Mario Monti e alcune inchieste giudiziarie (su tutte quella chiamata "P4" condotta dal pm Henry John Woodcock, dove Bisignani - indagato pure per associazione a delinquere - ha patteggiato una condanna a un anno e sette mesi) hanno minato il potere di Gianni&Gigi e la loro macchina non corre più come un tempo.

«Bisignani ha aperto un altro ufficio in via del Corso ed è parecchio affaccendato in Libia, mentre Letta spera di diventare senatore a vita», dicono in coro gli specialisti delle relazioni istituzionali che ingolfano i bar di via Veneto. «I punti di riferimento restano ancora loro, ma c'è una giovane generazione di lobbisti che presto potrebbe rottamarli definitivamente».

Ma chi sono i giovani virgulti del settore, i quarantenni che sussurrano consigli ai potenti d'Italia? Escludendo i più attempati e quelli che lavorano solo con le aziende private, "l'Espresso" ne ha contati sette. Tutti affermati, tutti affamati e tutti sicuri di avere un luminoso avvenire.

Partiamo da Salvatore Nastasi , 39 anni, uno dei pochi giovani su cui Letta ha puntato davvero. Entrato con un concorso pubblico al Mibac, il ministero dei Beni culturali, Salvo, ambizioni sfrenate e forchetta eccezionale, si è fatto presto notare per le sue abilità diplomatiche e amministrative. Capacità apprezzate, in particolare, da due pezzi da novanta (al tempo entrambi dirigenti del Mibac) come l'attuale vice ministro dello Sviluppo Mario Ciaccia e il capo di gabinetto di Corrado Passera, Mario Torsello.

All'inizio degli anni Duemila Nastasi, forte di sponsor importanti, da semplice funzionario mette il turbo e spicca il volo: diventa prima direttore generale degli "spettacoli dal vivo" - un settore che gestisce nomine, appalti e centinaia di milioni di euro l'anno - poi viene promosso capo di gabinetto.

Dal ministro Rutelli a Bondi, passando per Galan fino a Ornaghi, da quasi un decennio è lui (sposato con la figlia di Gianni Minoli, il testimone di nozze fu Letta in persona) il vero ministro ombra della Cultura, gran maestro del Fus (il milionario fondo unico degli spettacoli), dispensatore di incarichi e commissario straordinario di enti lirici come l'Arena di Verona, il San Carlo di Napoli e il Petruzzelli di Bari.

La sua stella non s'è appannata nemmeno lo scorso anno, quando la Guardia di finanza lo inserì nella speciale classifica di coloro che contattavano più spesso l'indagato Bisignani. A un soffio dalla poltrona di direttore generale della Rai (Lorenza Lei lo fregò al fotofinish) oggi in molti lo danno in lizza persino per la Scala di Milano. Il sovrintendente Stéphane Lissner ha deciso di trasferirsi a Parigi e il lobbista berlusconiano Bruno Ermolli (vicepresidente del teatro) caldeggia il suo arrivo. Sotto la Madonnina in molti fanno gli scongiuri, ma il giovane Salvo è ancora in pole position.

Un altro predestinato ha il volto serio e i modi curiali di Federico Silvio Toniato , un giovanotto di 37 anni che in dodici mesi si è trasformato da sconosciuto funzionario del Senato in potente e temuto braccio destro di Mario Monti. Il ragazzo prodigio (si narra abbia concluso gli esami in Giurisprudenza alla Sapienza in due anni, da un anno è il più giovane vicesegretario di Palazzo Chigi della storia repubblicana) ha natali padovani e tre figli maschi, ed è entrato a Palazzo Madama nel 2000.

Preparatissimo e molto sicuro di sé (pure troppo, secondo qualcuno: pare che Vincenzo Fortunato, Attilio Befera e Antonio Mastrapasqua non sopportino l'eccesso di dinamismo dell'enfant prodige), Toniato la piramide del potere l'ha scalata in quattro e quattr'otto, diventando segretario generale dell'assemblea. Grazie alle sue capacità, non c'è dubbio. Ma sono innanzitutto i suoi rapporti con il Vaticano ad averlo reso prezioso a Renato Schifani, di cui è stato consigliere fino a qualche tempo fa.

Toniato è in grande confidenza con padre Georg, il potente segretario particolare di Benedetto XVI. «L'amicizia tra loro è nata quasi per caso», spiegano dalle sacre stanze: «Nel 2003 e nel 2004 l'ex vicepresidente del Senato Marcello Pera, autore del libro "Senza radici", scritto a quattro mani con il futuro papa, spediva il giovane Federico proprio da Georg, per far rivedere le bozze del volume all'allora cardinale Ratzinger». Nel 2008 Schifani divenne presidente del Senato e fu Toniato a organizzare l'incontro con il papa a fine anno.

Tre anni dopo, quando Monti venne nominato senatore a vita, Schifani chiese al giovane padovano di fargli da cicerone. Il professore ne è stato così colpito che l'ha portato a Palazzo Chigi. Toniato, oggi, è una superstar: padre Georg e Tarcisio Bertone si fidano solo di lui (è il miglior amico che hanno nel governo, tanto che gli hanno chiesto di mettere una buona parola sui finanziamenti destinati agli ospedali cattolici) e i rapporti con Pier Ferdinando Casini sono sempre più stretti: dopo che ha scattato la foto con Alfano, Bersani e Casini, simbolo della strana maggioranza che appoggia Monti, in molti lo indicano sicuro ministro in quota Udc in caso di un futuro Monti bis.

Leonardo Bellodi è invece il nuovo ras dell'Eni. È l'uomo che è riuscito a mettere in ombra nientemeno che Stefano Lucchini, allievo di Gigi Bisignani e da sempre braccio destro dell'amministratore delegato Paolo Scaroni. Veneziano, classe 1965, laureato in giurisprudenza e specializzato in affari regolatori (per il colosso energetico ha fatto lobby a Bruxelles), Bellodi lo scorso luglio si è seduto zitto zitto sulla poltrona di direttore delle relazioni istituzionali, da lustri trono inviolabile di Lucchini.

«Come ha fatto? Leonardo ha risolto problemi aziendali assai delicati», chiosa criptico un dirigente Eni che lo conosce bene. In realtà il lobbista - arrivato nella sede romana nel 2006 - negli ultimi due anni ha viaggiato per mezzo mondo, prima curando i dossier più cari a Scaroni, poi intervenendo in prima persona nei Paesi scossi dalla primavera araba. Durante i conflitti in Libia e Algeria ha trattato la posizione dell'Eni con i politici e i servizi segreti locali, e oggi il ruolo dell'Eni - nonostante i tentativi dei francesi e degli inglesi - resta molto solido.

Non solo. Bellodi, grazie ai contatti eccellenti con il nostro Aise, è di casa anche in Iran, e da tempo cura i rapporti tra Eni e la Russia. «Scaroni non poteva non promuoverlo», ripetono in coro. Già: Bellodi ha ottime entrature anche con il dipartimento di Stato americano, non ama frequentare i salotti e tra i politici sono in pochi a poter vantare una conoscenza diretta con lui. Solo Valentino Valentini, stretto collaboratore di Silvio Berlusconi e plenipotenziario del Cavaliere per i business all'estero, lo conosce bene: qualche viaggio in Russia, pare, ha cementato il loro rapporto.

Marco Simeon è il più giovane del gruppetto (ha soli 35 anni), ma è di sicuro quello che si è fatto finora notare di più. Attuale capo delle relazioni istituzionali della Rai e capo di Rai Vaticano, rete relazionale pazzesca, è uno partito dal nulla. Figlio di due benzinai di Sanremo (il padre ha ancora una pompa sull'autostrada dei Fiori), ha capito presto che se avesse lavorato nel campo, «lo avrei fatto da petroliere».

La sua carriera è strettamente legata a Santa Romana Chiesa: a 22 anni il vescovo di Sanremo Giacomo Barabino nota il suo attivismo e lo mette a capo delle relazioni esterne di una piccola associazione diocesiana che lavorava per l'organizzazione del Giubileo. Simeon la trasforma in un evento nazionale sponsorizzato dalla Cei (si trattava una sorta di festival di Christian Music) e finisce nelle simpatie dell'allora segretario di Stato Angelo Sodano. Simeon si trasferisce tra i palazzi della capitale (sollecitato anche da Ettore Bernabei, patron della Lux nonché soprannumerario dell'Opus Dei) dove si muove come un pesce in un acquario.

Si laurea con una tesi sulla segreteria vaticana e comincia a bazzicare potenti: Cesare Geronzi lo chiama (a soli 27 anni) in Capitalia, per curare i rapporti tra la banca romana e la Santa Sede. Conosce Bisignani (di cui ha rivendicato pubblicamente l'amicizia nonostante i problemi giudiziari di Gigi) e diventa intimissimo del cardinale Tarcisio Bertone (grazie al quale entra prima in Rai e poi nel cda della banca genovese Carige: il suo acerrimo nemico Claudio Scajola è riuscito di recente a non fargli rinnovare l'incarico).

Una cavalcata che nemmeno le accuse lanciate dall'ex presidente dello Ior hanno rallentato: secondo Ettore Gotti Tedeschi sarebbe stato proprio il giovane Marco a lavorare in segreto per farlo cadere. Non sappiamo se sia vero. Di sicuro, Simeon è indicato, nonostante l'età, come uno dei boiardi di Stato più potenti.

Nella lista dei magnifici sette c'è anche Giuliano Frosini , direttore degli affari istituzionali di Terna, una delle aziende (gestisce la rete elettrica) più strategiche del Paese. Napoletano, classe 1968, Frosini si laurea in ingegneria ma all'elettronica preferisce il fascino della politica. Formazione comunista modello Frattocchie, Frosini diventa uno dei più importanti consiglieri economici di Antonio Bassolino, di cui sarà un fedelissimo. Tra una campagna elettorale e l'altra scrive un libro con Gennaro Sangiuliano, ex Fuan e futuro vicedirettore di Libero ("Napoli, Italia"), e nel 1999 diventa capo della segreteria tecnica del ministro diessino Cesare Salvi.

Frosini, che è in confidenza con Massimo D'Alema e Claudio Velardi, decide però di cambiare mestiere all'inizio del nuovo millennio: prima viene chiamato a Sviluppo Italia (oggi Invitalia) e nel 2004 diventa il lobbista di punta di Lottomatica che cerca un uomo che conosca bene non solo i corridoi di Montecitorio, ma anche quelli dell'Unione europea a Bruxelles. Da allora l'ex comunista Frosini abbandona i suoi vecchi punti cardinali e il colore politico preferito, fa un'inversione a U e sposa il bianco di Comunione e liberazione: fa un po' di found-raising per il meeting di Rimini (dove presenzia come cerimoniere a molti incontri) e stringe un'alleanza di ferro con Maurizio Lupi.

«Flavio Cattaneo, ad di Terna, lo ha chiamato per coprirsi con Cl», dicono i maligni. Mentre altri ricordano che l'azienda si affidò, per cercare il suo nuovo dirigente, a dei cacciatori di teste. In un caso o nell'altro, Frosini è oggi uno dei lobbisti più trasversali in circolazione.

Un altro campione delle relazioni che ha ottimi contatti con il Vaticano è Paolo Messa (nomen omen), animatore del mensile "Formiche" (una sorta di camera di compensazione del potere romano: ci scrivono tutti quelli che contano un po') e attuale consigliere politico del ministro dell'Ambiente Corrado Clini. Messa è nato a Bari 36 anni fa ed è uno dei lobbisti preferiti dai "moderati", di destra o di sinistra poco importa: in Puglia raccontano che «Paolo è l'uomo che lanciò Marco Follini», ma nel curriculum spicca anche il sostegno, nel 2000, alla campagna elettorale - vittoriosa - di Raffaele Fitto, candidato del Pdl alla presidenza della Regione.

Invitato a cena sia da Lorenzo Cesa che da Gianni Letta (non è un caso che Messa tante volte sia stato accreditato di poltrone da sottosegretario o onorevole), Casini lo ha tenuto a capo della comunicazione del partito fino al 2006. Messa ora sta giocando la sua nuova scommessa: se dopo le elezione i tecnici continueranno a essere in campo, la vincerà. Sennò, dicono, è pronta per lui la sedia di qualche importante azienda privata.

Marco Forlani , 43 anni, chiude l'elenco del settebello. Temperamento mite, sangue freddo, è da poco il nuovo capo delle relazioni istituzionali di Finmeccanica. Di questi tempi Forlani vanta un record: è uno dei pochi dirigenti a essere uscito indenne dallo tsunami giudiziario che sta triturando il management del gruppo. Meglio ancora, l'azione dei pm lo ha indirettamente avvantaggiato, aprendo buchi inaspettati nell'organigramma del colosso degli armamenti.

Le pesanti accuse contro Lorenzo Borgogni, ex lobbista di punta dell'azienda, hanno costretto l'ad Giuseppe Orsi a sostituirlo: la scelta è caduta su Forlani che Orsi conosceva dai tempi in cui guidava Augusta Westland (Forlani è stato il capo delle relazioni esterne della controllata dal 2005 al 2007). Figlio dell'ex segretario della Dc Arnaldo e fratello di Alessandro (deputato e capo delle relazioni internazionali dell'Udc), è lui ora a dover curare i rapporti con le forze politiche italiane e quelle con i governi stranieri, ed è sempre il suo ufficio a gestire i milioni destinati alle sponsorizzazioni di eventi e fiere.

«Forlani è uno specchiato, integerrimo, l'opposto dello smazzettatore», spiegano in Finmeccanica. Per quanto riguarda l'immagine del colosso delle armi, invece, non sarà facile migliorarla in tempi brevi: le inchieste giudiziarie non sono ancora finite, «e più che un lobbista servirebbe un mago».

 

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