giorgia meloni gianni oliva

PER CAPIRE PER QUALI RAGIONI GIORGIA MELONI NON CE LA FA A DIRE “IO SONO ANTIFASCISTA’’ - LO STORICO GIANNI OLIVA: ‘’IL POPOLO ITALIANO NON HA MAI FATTO I CONTI CON IL VENTENNIO. ABBIAMO FATTO FINTA CHE IL FASCISMO LO AVESSIMO SUBÌTO E CHE IL 25 APRILE AVESSIMO VINTO LA GUERRA - ALLA DE-FASCISTIZZAZIONE SI PREFERÌ LA RIMOZIONE. E IL CAPO DEL TRIBUNALE DELLA RAZZA PASSÒ, NEL DOPOGUERRA, ALLA PRESIDENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE'' - “L'ITALIA PUÒ RIACQUISTARE LA SUA PRESUNTA INTEGRITÀ POLITICA E MORALE USANDO LA RESISTENZA, OPERA DI UNA MINORANZA, COME ALIBI PER ASSOLVERSI DALLE RESPONSABILITÀ - MA IL PASSATO NON SMETTE DI ESISTERE PERCHÉ LO HAI RIMOSSO, ANZI RIEMERGERÀ PIÙ FORTE” - CHURCHILL: ''BIZZARRO POPOLO GLI ITALIANI. UN GIORNO 45 MILIONI DI FASCISTI. IL GIORNO DOPO 45 MILIONI DI ANTIFASCISTI. EPPURE 90 MILIONI DI ITALIANI NON RISULTANO DAI CENSIMENTI...''

gianni oliva

Lucia Bellaspiga per www.avvenire.it - articolo del 23 maggio 2024

 

«Uomini e donne d'Italia, dell'Impero e del regno d'Albania! Ascoltate! La dichiarazione di guerra è già stata consegnata agli ambasciatori di Gran Bretagna e di Francia…». È il 10 giugno del 1940 e sotto il balcone di Palazzo Venezia, a Roma, la folla oceanica ascolta estasiata la voce dell’ex maestro elementare Benito Mussolini, assurto a capo del governo e duce con smanie di impero.

 

«Un popolo di quarantacinque milioni di anime non è veramente libero se non ha libero l'accesso all'Oceano», continua il duce con logica tutta sua, e indica l’alleato: «Quando si ha un amico si marcia con lui sino in fondo. Questo faremo con la Germania, con le sue meravigliose Forze armate».

 

mussolini

L’arringa termina con la promessa («vinceremo») e la chiamata alle armi, cui la folla risponde con un compatto unisonante «sì!». Com’è andata a finire lo sappiamo tutti. O forse no, se – come dimostra lo storico Gianni Oliva, esperto del ‘900 e della Resistenza – «nessun manuale scolastico di storia scrive mai che l’Italia quella guerra l’ha persa.

 

benito mussolini

Fin dal 1945, all’indomani della fine del conflitto mondiale, abbiamo subito cercato di metterci tra i vincitori, saltando tutti insieme sul carro dei buoni, gli antifascisti», come se il Ventennio fosse stato una parentesi subìta, da cui finalmente il 25 luglio 1943 con la caduta del duce ci aveva liberati.

 

Da qui il titolo, caustico ma realistico, dell’ultimo saggio di Oliva, “45 milioni di antifascisti”, sottotitolo “Il voltafaccia di una nazione che non ha fatto i conti con il Ventennio” (ed. Mondadori), spinosissimo tema….

MUSSOLINI CHURCHILL

 

Nel suo saggio lei cita l’umorismo britannico di Winston Churchill: “In Italia fino al 25 luglio (1943) c’erano 45 milioni di fascisti, dal giorno dopo 45 milioni di antifascisti. Ma non mi risulta che l’Italia abbia 90 milioni di abitanti”.

È una fotografia reale. Dopo il 25 luglio cadono le teste della classe dirigente, Mussolini, Ciano, Pavolini e pochi altri, ma tutti i magistrati, i prefetti, i questori, gli intellettuali, i professori universitari, i giornalisti, i funzionari dell’apparato burocratico, i medici, i poteri finanziari restano dov’erano, transitano semplicemente dal prima al dopo senza pagare pegno.

gianni oliva

 

Improvvisamente tutto ciò che era successo prima del 25 luglio era colpa di pochi individui, ma il popolo italiano ne usciva indenne, semplicemente se ne tirava fuori. Dopo la Liberazione del 25 aprile 1945 la rimozione delle responsabilità è collettiva, le colpe sono tutte e solo di Mussolini, di dieci gerarchi eliminati a Dongo, del re poi esiliato.

 

Basti dire che la magistratura, rimasta anch’essa quella di prima, non poté obiettivamente fare processi ai fascisti: che sentenze potrebbero emettere giudici che a loro volta hanno rappresentato la giustizia nel regime? Meglio tacere, insabbiare e attendere che il tempo confonda le carte.

 

In un film del 1960, “La lunga notte del ‘43”, tratto da un racconto di Bassani, un imperdibile Gino Cervi impersona il voltafaccia del fascista che nel dopoguerra si spaccia per partigiano.

FERRUCCIO PARRI

Alla fine del 1943 i partigiani erano circa 18mila, mentre i volontari fascisti che partirono per Salò erano oltre 200mila, fatto comprensibile, era più ovvio per un giovane educato nella retorica del Ventennio scegliere la continuità del fascismo piuttosto che la frattura coraggiosa della Resistenza. Se poi guardiamo quanti hanno ricevuto la qualifica di partigiano finita la guerra, erano 235mila. Ma a fare domanda sono stati oltre 600mila…

 

È evidente che c’è stato un passaggio da una posizione all’altra, molti che erano stati fascisti sono poi entrati nelle formazioni partigiane, alcuni per sincera conversione, ma moltissimi altri per puro opportunismo.

 

Lo stesso Ferruccio Parri, capo partigiano e primo presidente del Consiglio nell’Italia repubblicana, dichiarò con amarezza che i 200mila effettivi partigiani dopo la Liberazione erano diventati mezzo milione… Se è comprensibile che l’intera classe dirigente del Paese non venisse epurata, è abbastanza indecente che un intero popolo si sia autoassolto in poche ore.

alcide de gasperi giulio andreotti

 

Come poté la classe dirigente transitare dal regime alla repubblica senza pagare il fio?

L’Italia del ’45 era un Paese da ricostruire e aveva bisogno delle sue istituzioni. Le faccio un esempio lampante: i professori universitari erano 1.848, nel 1931 Mussolini chiese loro di giurare fedeltà al regime e 13 ebbero il coraggio di opporsi: significa che 1.835 si accodarono immediatamente.

 

Se avessimo dovuto epurare gli aderenti al fascismo avremmo chiuso gli atenei. Idem per i magistrati, i funzionari eccetera. Marcello Guida, questore di Milano negli anni ‘70, era stato il direttore del carcere di Ventotene quando il giovane Pertini vi era recluso da Mussolini, motivo per cui dopo la strage di piazza Fontana nel 1969 il presidente della Camera Pertini si rifiutò di stringergli la mano.

Gaetano Azzariti

 

C’è un altro esempio impressionante: la figura di Gaetano Azzariti.

Azzariti è un magistrato che nell’Italia liberale, anno 1919, viene assegnato all’ufficio legislativo del ministero di Grazia e Giustizia, ovvero al settore che scrive le leggi. Con l’avvento di Mussolini viene riconfermato al suo posto e per tutto il Ventennio scrive le leggi del regime, comprese quelle razziali.

 

Diventa addirittura presidente del Tribunale della Razza, davanti al quale gli ebrei per salvarsi devono cercare di dimostrare di non essere ebrei. Il 25 luglio 1943 cade Mussolini e ad Azzariti che succede?

 

de gasperi togliatti

Il giorno successivo il re lo fa nominare ministro di Grazia e Giustizia: dovrà smontare tutto ciò che nel ventennio precedente lui stesso ha costruito. Dopo la fine del conflitto, Azzariti torna a capo dell’ufficio legislativo quando il ministro di Grazia e Giustizia è Palmiro Togliatti, capo del Partito comunista, che lo promuove a suo consigliere: l’ex capo del Tribunale della Razza!

 

A chi si mostra stupefatto, Togliatti spiega che non ha bisogno di politici ma di tecnici fedeli ed efficienti. Non è finita qui: nel 1957 diventa presidente della Corte costituzionale. Tutto questo senza che nessuno gli abbia mai chiesto di ritrattare le sue leggi razziali, né il monarchico Badoglio, né il comunista Togliatti, né il democristiano Gronchi.

partigiani

 

Se imposta il navigatore, vede che alcune vie gli sono ancora dedicate. Credo che i residenti non sappiano chi è…

La questione della toponomastica e delle medaglie mal riposte la trovo comunque inutile. Ormai è chiaro che Tito ha commesso crimini efferati contro gli italiani e contro gli anticomunisti, ma è così importante togliergli l’Ordine al merito conferitogli dalla Repubblica Italiana in un passato lontano?

 

Così come abrogare la cittadinanza onoraria che molti Comuni diedero al duce un secolo fa? Abbattere i fasci o coprire di vernice le scritte come “Credere, obbedire, combattere” ha senso nei momenti rivoluzionari che pongono fine a una stagione storica, ma non 80 anni dopo: lasciamo quelle scritte spiegando perché furono fatte, usiamole per educare le giovani generazioni a capire gli errori da non commettere di nuovo.

 

resistenza

La rimozione collettiva delle responsabilità e il salto degli italiani sul carro dei vincitori sono la causa della attuale difficoltà a superare il passato e le sue contrapposizioni anacronistiche?

Certamente sì. Il passato non smette di esistere perché lo hai rimosso, anzi riemergerà più forte. Anche i tedeschi dopo la guerra hanno riciclato funzionari e politici, ma prima hanno fatto un esame di coscienza collettivo di un’intera popolazione che era stata complice, qui da noi non è successo.

 

BENITO MUSSOLINI E LA REPUBBLICA DI SALO

Abbiamo fatto finta che il fascismo lo avessimo subìto e che quindi il 25 aprile avessimo vinto la guerra. Eliminati a piazzale Loreto anche i corpi di chi era stato osannato, e mandato in esilio il re, l’Italia può riacquistare la sua integrità e dignità morale vestendo i panni della Resistenza, lei sì dignitosa e integra, ma opera di una minoranza.

 

C’è un modo infallibile per capire se si è vinto o perso: se dopo la guerra sulla carta geografica un Paese risulta più grande di prima ha vinto, se risulta più piccolo ha perso.

repubblica di salò

 

L’Italia dopo il 10 febbraio 1947 con il Trattato di pace di Parigi ha perso tutte le regioni adriatiche nord-orientali. Siamo stati sconfitti, ma ammetterlo avrebbe voluto dire non solo fare conti sterminati con milioni di persone andando ben oltre i dieci fucilati di Dongo, ma azzerare tutta la classe dirigente di ogni ambito e far emergere complicità infinite, oltre a dover punire gli alti gerarchi che si erano macchiati delle peggiori efferatezze in Grecia, Albania, Etiopia e soprattutto nei Balcani.

 

foibe

L’amnistia Togliatti nel 1946 permise di rimuovere la resa dei conti della primavera 1945, ma anche la questione delle foibe e dell'esodo, e le complicità e le contraddizioni del Partito comunista. Meglio, insomma, non parlare più della storia precedente l’8 settembre, la data che ci ha messo dalla parte giusta.

 

Così a pagare le colpe di tutti gli italiani furono i poveri istriani, fiumani e dalmati.

Esattamente. I 300mila profughi giuliano dalmati sono coloro che hanno pagato il prezzo della nostra sconfitta nazionale, eppure non erano persone di destra o di sinistra, o lo erano esattamente come i torinesi o i romani o i palermitani.

 

EINAUDI DE GASPERI

Racconto sempre il parallelo tra mia mamma e Norma Cossetto, la figura iconica del martirio delle foibe. Entrambe nacquero nel 1920, mia madre in Piemonte, Norma in Istria. Entrambe in una famiglia piccolo borghese così illuminata da far studiare le figlie. Tutte e due si diplomarono in un collegio di suore, poi affittarono una stanza per frequentare l’università, mia mamma a Torino, Norma a Padova.

 

 

Mia mamma nel ‘43 si laureò, poi insegnò tutta la vita e si fece la sua bella famiglia, Norma tre mesi prima della laurea fu rapita, violentata dai titini, gettata in una foiba. Qual era la sola differenza tra loro? Che una era nata nel nord-ovest, l’altra nel nord-est d’Italia.

 

foibe - soldati dell esercito italiano che fucilano degli ostaggi Sloveni di Dane LoSka Dolina

Invece di studiare la storia recente, di cui i nostri giovani non sanno assolutamente nulla, continuiamo a parlare di “antifascismo”, ma è ridicolo ridurre oggi l'antifascismo a un titolo, a una dichiarazione astratta di principio.

 

Dall'antifascismo è nata la Costituzione democratica (la democrazia è sempre antifascista, mentre non sempre l'antifascismo è democratico): questo significa che essere antifascisti oggi significa battersi perché i principi costituzionali siano pienamente applicati. La politica deve essere la risposta ai problemi reali sulla base dei principi scritti e condivisi nel 1948, non la richiesta di dichiarazioni ad uso mediatico.

FIRMA COSTITUZIONE

pietro nenni 4DE GASPERIla ducetta e i quadrumviri crespi, sangiuliano, meloni, la russa, santancheIgnazio la russa con Riccardo De Corato NEL 1992 VICINO A UNA FOTO DI MUSSOLINI la russaTRUMAN DE GASPERI

Ultimi Dagoreport

matteo salvini roberto vannacci giorgia meloni massimiliano fedriga luca zaia

DAGOREPORT – GIORGIA MELONI HA GLI OCCHI PUNTATI SULLA TOSCANA! NELLA REGIONE ROSSA SARÀ CONFERMATO EUGENIO GIANI, MA ALLA DUCETTA INTERESSA SOLO REGISTRARE IL RISULTATO DELLA LEGA VANNACCIZZATA – SE IL GENERALE, CHE HA RIEMPITO LE LISTE DI SUOI FEDELISSIMI E SI È SPESO IN PRIMA PERSONA, OTTENESSE UN RISULTATO IMPORTANTE, LA SUA PRESA SULLA LEGA SAREBBE DEFINITIVA CON RIPERCUSSIONI SULLA COALIZIONE DI GOVERNO – INOLTRE ZAIA-FEDRIGA-FONTANA SONO PRONTI A UNA “SCISSIONE CONTROLLATA” DEL CARROCCIO, CREANDO DUE PARTITI FEDERATI SUL MODELLO DELLA CDU/CSU TEDESCA - PER LA MELONI SAREBBE UNA BELLA GATTA DA PELARE: SALVINI E VANNACCI POTREBBERO RUBARLE VOTI A DESTRA, E I GOVERNATORI IMPEDIRLE LA PRESA DI POTERE AL NORD...

matteo salvini luca zaia giorgia meloni orazio schillaci

FLASH! – L’”HUFFPOST” RIPORTA CHE SALVINI VUOL CONVINCERE LUCA ZAIA A PORTARE IL SUO 40% DI VOTI IN VENETO MA SENZA CHE IL SUO NOME BRILLI SUL SIMBOLO – PER ACCETTARE IL CANDIDATO LEGHISTA STEFANI, LA MELONA INSAZIABILE, PAUROSA CHE L’EX GOVERNATORE VENETO PORTI VIA TROPPI VOTI A FDI, L’HA POSTO COME CONDIZIONE A SALVINI – PER FAR INGOIARE IL ROSPONE, OCCORRE PERÒ CHE ZAIA OTTENGA UN INCARICO DI PESO NEL GOVERNO. IL MAGGIORE INDIZIATO A LASCIARGLI LA POLTRONA SAREBBE ORAZIO SCHILLACI, MINISTRO TECNICO IN QUOTA FDI, ENTRATO IN COLLISIONE CON I TANTI NO-VAX DELLA FIAMMA - AVVISATE QUEI GENI DI PALAZZO CHIGI CHE ZAIA SUI VACCINI LA PENSA ESATTAMENTE COME SCHILLACI…

monique veaute

NO-CAFONAL! – ARCO DI TRIONFO PER MONIQUE VEAUTE, QUELLA VISPA RAGAZZA FRANCESE CHE NEL 1984 GIUNSE A ROMA PER LAVORARE ALL’ACCADEMIA DI FRANCIA DI VILLA MEDICI - DA ABILISSIMA CATALIZZATRICE DI GENIALI E VISIONARIE REALTÀ ARTISTICHE INTERNAZIONALI, DETTE VITA A UN FESTIVAL CHE SCOSSE LO STATO DI INERZIA E DI AFASIA CULTURALE IN CUI ERA PIOMBATA ROMA DOPO L’ERA DI RENATO NICOLINI – L'ONORIFICENZA DI ''COMMANDEUR DE L'ORDRE DES ARTS ET DES LETTRES'' NON POTEVA NON ESSERE CONSEGNATA DALL’AMBASCIATORE FRANCESE SE NON A VILLA MEDICI, DOVE 40 ANNI FA TUTTO È NATO….

de luca manfredi schlein tafazzi conte landini silvia salis

DAGOREPORT - LA MINORANZA DEL PD SCALDA I MOTORI PER LA RESA DEI CONTI FINALE CON ELLY SCHLEIN. L’ASSALTO ALLA GRUPPETTARA (“NON HA CARISMA, CON LEI SI PERDE DI SICURO”), CHE HA TRASFORMATO IL PD DA PARTITO RIFORMISTA IN UN INCROCIO TRA UN CENTRO SOCIALE E UN MEETUP GRILLINO – NONOSTANTE LA SONORA SCONFITTA SUBITA NELLE MARCHE E IL FLOP CLAMOROSO IN CALABRIA, LA SEGRETARIA CON TRE PASSAPORTI E UNA FIDANZATA RESISTE: TRINCERATA AL NAZARENO CON I SUOI FEDELISSIMI QUATTRO GATTI, NEL CASO CHE VADA IN PORTO LA RIFORMA ELETTORALE DELLA DUCETTA, AVREBBE SIGLATO UN ACCORDO CON LA CGIL DI “MASANIELLO” LANDINI, PER MOBILITARE I PENSIONATI DEL SINDACATO PER LE PRIMARIE – IL SILENZIO DEI ELLY ALLE SPARATE DI FRANCESCA ALBANESE - I NOMI DEL DOPO-SCHLEIN SONO SEMPRE I SOLITI, GAETANO MANFREDI E SILVIA SALIS. ENTRAMBI INADEGUATI A NEUTRALIZZARE L’ABILITÀ COMUNICATIVA DI GIORGIA MELONI – ALLARME ROSSO IN CAMPANIA: SE DE LUCA NON OTTIENE I NOMI DEI SUOI FEDELISSIMI IN LISTA, FICO RISCHIA DI ANDARE A SBATTERE…

emmanuel macron

DAGOREPORT – MACRON, DOMANI CHE DECIDERAI: SCIOGLI IL PARLAMENTO O RASSEGNI LE DIMISSIONI DALL'ELISEO? - A DUE ANNI DALLA SCADENZA DEL SUO MANDATO PRESIDENZIALE, IL GALLETTO  È SOLO DI FRONTE A UN BIVIO: SE SCIOGLIE IL PARLAMENTO, RISCHIA DI RITROVARSI LA STESSA INGOVERNABILE MAGGIORANZA ALL’ASSEMBLEA NAZIONALE – PER FORMARE IL GOVERNO, LECORNU SI È SPACCATO LE CORNA ANDANDO DIETRO AI GOLLISTI, E ORA FARÀ UN ULTIMO, DISPERATO, TENTATIVO A SINISTRA CON I SOCIALISTI DI OLIVIER FAURE (MA MACRON DOVRA' METTERE IN SOFFITTA LA RISANATRICE RIFORMA DELLE PENSIONI, DETESTATA DAL 60% DEI FRANCESI) – L’ALTERNATIVA E' SECCA: DIMETTERSI. COSÌ MACRON DISINNESCHEREBBE MARINE LE PEN, INELEGGIBILE DOPO LA CONDANNA - MA È UN SACRIFICIO ARDUO: SE DA TECNOCRATE EGOLATRICO, CHE SI SENTIVA NAPOLEONE E ORA È DI FRONTE A UNA WATERLOO, SAREBBE PORTATO A DIMETTERSI, TALE SCELTA SAREBBE UNA CATASTROFE PER L'EUROPA DISUNITA ALLE PRESE CON LA GUERRA RUSSO-UCRAINA E UN TRUMP CHE SE NE FOTTE DEL VECCHIO CONTINENTE (LA FRANCIA E' L'UNICA POTENZA NUCLEARE EUROPEA E UN POSTO NEL CONSIGLIO DI SICUREZZA DELL'ONU), COL PERICOLO CONCRETO DI RITROVARSI ALL'ELISEO BARDELLA, IL GALLETTO COCCODE' DI LE PEN, CHE NEL 2014 AMMISE A "LE MONDE" DI AVER RICEVUTO UN FINANZIAMENTO DI 9 MILIONI DA UNA BANCA RUSSA CONTROLLATA DA PUTIN...