1- MENTRE IL SUPERMINISTRO GRIDAVA AI CIELLINI “MENO TASSE!”, I GIUDICI DI MILANO RICOSTRUIVANO IL SISTEMA DI FRODE FISCALE CHE IL GRUPPO GIACOMINI AVEVA MESSO IN PIEDI CON L’AIUTO E LA COMPLICITà DI BANCA INTESA, ALL’EPOCA DIRETTA DA PASSERA 2- “FUNZIONARI ED EX FUNZIONARI DI BANCA INTESA LUSSEMBURGO METTEVANO A DISPOSIZIONE DEI GRUPPI ITALIANI LA COSTITIUZIONE E E IL RICICLAGGIO DI FONDI NERI IN LUSSEMBURGO” 3- TRAVAGLIO: “IL “NUOVO PASSERA” USCITO DA RIMINI, INDAGATO PER FRODE FISCALE, PUÒ TRAVESTIRSI, FARSI FOTOGRAFARE DAI ROTOCALCHI SULLA SPIAGGIA CON LA FACCIA DA FIGACCIONE, LA SUA SIGNORA E L’INCOLPEVOLE PROLE, MA RESTA SEMPRE UN BANCHIERE CON LA FACCIA DA TRAVET, LA CUI POPOLARITÀ FRA GLI ELETTORI È INVERSAMENTE PROPORZIONALE A QUELLA SUI GIORNALI

1- INTESA AI TEMPI DI PASSERA: "PORTATE I SOLDI ALL'ESTERO"
Vittorio Malagutti per "il Fatto Quotidiano"

Eccola, la frase che chiama in causa Banca Intesa. Ecco le parole che giustificano dubbi e sospetti sul ruolo dell'istituto milanese, all'epoca guidato dal ministro Corrado Passera, nel caso Giacomini, una storia di frode fiscale e riciclaggio da centinaia di milioni di euro. Sono poche righe messe nero su bianco dal giudice per le indagini preliminari Vincenzo Tutinelli. "Si ha motivo di ritenere - scrive il magistrato milanese - che tale sistema sia messo a disposizione dei grandi gruppi economici italiani da funzionari ed ex funzionari del gruppo Banca Intesa Lussemburgo - con la probabile complicità della banca - per costituire fondi neri nel Granducato di Lussemburgo ed ivi riciclarli".

Il documento firmato dal gip Tuminelli porta la data del 22 giugno ed è l'ordinanza che ha confermato la custodia in carcere a Milano per il broker internazionale Alessandro Jelmoni, arrestato a metà maggio con l'accusa di aver architettato e gestito la complessa struttura off shore che ha consentito alla famiglia Giacomini, titolare dell'omonima grande impresa con sede vicino a Novara, di nascondere al fisco qualcosa come 200 milioni di euro. È proprio questo il sistema a cui fa riferimento il magistrato. Un reticolo di società lussemburghesi gestite da una pattuglia di amministratori, molti dei quali avevano lavorato in Lussemburgo nelle fila del gruppo Intesa insieme a Jelmoni. Quest'ultimo vanta stretti rapporti personali con Marco Bus, numero uno della Sociétè Europèenne de Banque (Seb), che di fatto è la filiale di Intesa nel Granducato.

Una decina di giorni fa Jelmoni è uscito dal carcere ed ora si trova ai domiciliari nella sua lussuosa abitazione nel centro di Milano. Sono invece stati rimessi in libertà Corrado ed Elena Giacomini, fratello e sorella, per anni veri dominus del gruppo di famiglia dopo aver estromesso, secondo l'accusa, il padre ottantenne Alberto e il fratello più giovane Andrea. È stato proprio quest'ultimo a dare il via all'inchiesta penale. Un'inchiesta che nelle settimane scorse si è divisa in tre tronconi affidati per competenze alle procure di Milano, Novara e Verbania.

Tutto nasce però dalle dichiarazioni di Andrea Giacomini, che ha denunciato i famigliari, consegnando ai pm della procura di Verbania, il procuratore Giulia Perrotti e il sostituto Fabrizio Argentieri, decine di ore di conversazioni registrate di nascosto durante le riunioni in cui si discuteva del denaro nascosto all'estero e di come depistare le indagini dell'Agenzia delle Entrate, che nel 2010 (meglio tardi che mai) aveva rilevato flussi di denaro anomali dai conti dei Giacomini verso il Lussemburgo.

Come il Fatto Quotidiano ha raccontato (articoli del 7 e dell'8 luglio) il denaro nero della famiglia piemontese, gestito da Jelmoni, è stato depositato proprio nella banca lussemburghese del gruppo Intesa, che all'epoca dei fatti oggetto di indagine era guidato dal futuro ministro Passera. Bus è indagato per concorso in riciclaggio, mentre la Seb è finita sotto inchiesta a Milano per violazione della legge 231 sulla responsabilità amministrativa delle imprese.

Intesa nelle settimane scorse ha annunciato di aver avviato un'indagine interna sulla propria controllata nel Granducato. Come dire: se ci sono state irregolarità restano comunque un fatto circoscritto alla filiale di Lussemburgo. In attesa dei risultati delle indagini (quelle aziendali e quelle della procura) va detto che la Giacomini spa, marchio importante nella rubinetteria, era grande cliente di Intesa anche in Italia. Di più: agli atti dell'inchiesta ci sono anche le registrazioni di almeno un incontro tra un dirigente di Seb delegato da Bus, i Giacomini padre e figli e un manager di Intesa. Questo incontro si sarebbe svolto a febbraio 2011 nella sede milanese della banca in piazza della Scala.

Il patron Alberto, preoccupato per il futuro dell'azienda, avrebbe voluto smontare il marchingegno societario messo in piedi da Jelmoni e riportare i suoi soldi in Italia. I dirigenti di Intesa cercavano invece di convincere l'anziano imprenditore a lasciare le cose come stavano. Non per niente. Secondo quanto è emerso dalle indagini della procura di Verbania, il tesoro milionario della famiglia piemontese, tra interessi e commissioni, fruttava lauti guadagni alla banca. Profitti garantiti dal lavoro di Bus e dell'amico Jelmoni. Il quale, a quanto pare, non è il tipo che usa giri di parole.

C'è da mettere al sicuro un tesoretto frodato al fisco? Nessun problema. "Vuol dire che mando su i soldi a Dubai e poi magari il veicolo incassa i soldi a Singapore". Così si esprime il broker finito agli arresti in una conversazione registrata da Andrea Giacomini e finita agli atti dell'inchiesta. E perché mai proprio a Dubai e Singapore, luoghi in verità piuttosto fuori mano? Ecco la risposta: "Sono due Paesi che proprio non rispondono né agli scambi di informazioni né alle rogatorie". Chiaro? Chiarissimo.


2- CORRADO PASSERELLA
Marco Travaglio per "il Fatto Quotidiano"

Due estati fa il banchiere Corrado Passera sfilava in passerella al Meeting di Rimini, dove ormai è una rubrica fissa, con una requisitoria contro "tutta la classe dirigente italiana" che "non risolve i problemi della gente" e "suscita indignazione". Applausi a scena aperta dalla platea di Comunione e Fatturazione, che un applauso non l'ha mai negato a nessuno, anch'essa indignata contro la classe dirigente che non risolve i problemi della gente, ma quelli del Meeting di Cl sì, finanziato negli anni dai migliori esponenti della classe dirigente: Berlusconi, Ciarrapico, Tanzi, Eni, Banca Intesa (cioè Passera coi soldi dei risparmiatori) e Regione Lombardia (cioè Formigoni coi soldi dei lombardi).

Il noto marziano naturalmente non aveva nulla a che vedere col Passera che amministrò Olivetti (poi venuta a mancare all'affetto dei suoi dipendenti), Poste Italiane e Intesa, dunque membro della classe dirigente che fa indignare i cittadini. Altrimenti avrebbe dovuto autodenunciarsi e beccarsi bordate di fischi. L'altroieri il Passera è tornato per la decima volta al Meeting, non più in veste di banchiere ma in quella di esaministro (Sviluppo economico, Infrastrutture, Trasporti, Comunicazioni, Industria e Marina mercantile): infatti ha evitato di riprendersela con la classe dirigente. Ha invece annunciato che "l'uscita dalla crisi è vicina, dipenderà molto da quello che si riuscirà a fare".

Altrimenti l'uscita è lontana. Applausi scroscianti, gli stessi che nel corso degli anni han salutato Andreotti, Sbardella, Martelli, Forlani, Cossiga, D'Alema, Berlusconi, Napolitano, Bersani, persino Tarek Aziz e ieri Betulla Farina, Alfonso Papa e Luciano Violante (se un giorno salisse sul palco una donna delle pulizie o Jack lo Squartatore e si spacciassero per ministri di qualcosa, verrebbero sommersi di ovazioni).

Il "nuovo Passera" uscito dal fonte battesimale di Rimini, manco fossero le acque del Giordano o del Gange o dello Yangtze, distinguibile dal vecchio per via delle maniche di camicia al posto della giacca, ha poi distillato altre perle di rara saggezza: essendo indagato per frode fiscale, ha detto che "bisogna trovare le risorse per abbassare le tasse, una vera zavorra, fra le più alte al mondo". In qualunque altro posto, gli avrebbero domandato: "Scusi, lo dice a noi che le paghiamo? Ma lei è un ministro o un passante?".

Lì invece l'hanno applaudito. Anche se, in nove mesi da esaministro, non ha toccato palla (leggendario il giorno in cui annunciò un "decreto per la crescita" che avrebbe addirittura "mobilitato risorse fino a 80 miliardi", ovviamente mai visti manco in cartolina). Poi ha minacciato la platea con un modesto "sappiate che la responsabilità che sentivo verso il vostro mondo nelle vite precedenti, in quella attuale è molto aumentata". Mecojoni, direbbero a Roma. Applausi. Siccome poi Maroni l'ha invitato agl'imminenti, imperdibili "Stati generali del Nord" in programma a Torino, ha aggiunto: "Dobbiamo riprendere il federalismo".

Ma certo, come no. I retroscenisti dei giornali, chiamati a decrittare il sànscrito dei politici, e ora dei tecnici, sostengono che Passera era a Rimini perché "il Meeting porta fortuna" e lui sogna una Lista Passera, o un Partito dei Tecnici, o una Cosa Bianca, o un Grande Centro, o un centrino, o un centrotavola, insomma qualcosa che lo issi a Palazzo Chigi o al Quirinale, visto che ritiene "improbabile" un suo ritorno a Intesa (e a Intesa condividono). Ormai si crede un leader, un trascinatore di folle, e nessuno ha il cuore di avvertirlo che gli applausi ciellini non han mai portato voti a nessuno.

Un banchiere con la faccia da travet, specie di questi tempi, può travestirsi come vuole, farsi fotografare dai rotocalchi sulla spiaggia con la faccia da figaccione, la sua signora e l'incolpevole prole, ma resta sempre un banchiere con la faccia da travet, la cui popolarità fra gli elettori è inversamente proporzionale a quella sui giornali. Passerà (con l'accento).

 

CORRADO GIACOMINIDITTA GIACOMINIMARCO BUSpassera al meeting corr_B1passera ogg GetContent.asppassera ogg GetContentIntesaCORRADO PASSERA PENSIEROSO CORRADO PASSERA

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni regionali de luca zaia salvini conte stefani decaro fico

DAGOREPORT: COME SI CAMBIA IN 5 ANNI - PER CAPIRE COME SIA ANDATA DAVVERO, OCCORRE ANALIZZARE I VOTI ASSOLUTI RIMEDIATI DAI PRINCIPALI PARTITI, RISPETTO ALLE REGIONALI DEL 2022 - LA LEGA HA BRUCIATO IL 52% DEI VOTI IN VENETO. NEL 2020 LISTA ZAIA E CARROCCIO AVEVANO OTTENUTO 1,2 MILIONI DI PREFERENZE, QUESTA VOLTA SOLO 607MILA. CONSIDERANDO LE TRE LE REGIONI AL VOTO, SALVINI HA PERSO 732MILA VOTI, IL 47% - TONFO ANCHE PER I 5STELLE: NEL TOTALE DELLE TRE REGIONI HANNO VISTO SFUMARE IL 34% DELLE PREFERENZE OTTENUTE 5 ANNI FA – IL PD TIENE (+8%), FORZA ITALIA IN FORTE CRESCITA (+28,3%), FDI FA BOOM (MA LA TENDENZA IN ASCESA SI È STOPPATA) – I DATI PUBBLICATI DA LUIGI MARATTIN....

luca zaia matteo salvini alberto stefani

DAGOREPORT – DOPO LA VITTORIA DEL CENTRODESTRA IN VENETO, SALVINI NON CITA QUASI MAI LUCA ZAIA NEL SUO DISCORSO - IL “DOGE” SFERZA VANNACCI (“IL GENERALE? IO HO FATTO L'OBIETTORE DI COSCIENZA”) E PROMETTE VENDETTA: “DA OGGI SONO RICANDIDABILE” – I RAS LEGHISTI IN LOMBARDIA S’AGITANO PER L’ACCORDO CON FRATELLI D’ITALIA PER CANDIDARE UN MELONIANO AL PIRELLONE NEL 2028 - RICICCIA CON PREPOTENZA LA “SCISSIONE” SUL MODELLO TEDESCO CDU-CSU: UN PARTITO “DEL TERRITORIO”, PRAGMATICO E MODERATO, E UNO NAZIONALE, ESTREMISTA E VANNACCIZZATO…

luca zaia roberto vannacci matteo salvini

NON HA VINTO SALVINI, HA STRAVINTO ZAIA – IL 36,38% DELLA LEGA IN VENETO È STATO TRAINATO DA OLTRE 200 MILA PREFERENZE PER IL “DOGE”. MA IL CARROCCIO DA SOLO NON AVREBBE COMUNQUE VINTO, COME INVECE CINQUE ANNI FA: ALLE PRECEDENTI REGIONALI LA LISTA ZAIA PRESE DA SOLA IL 44,57% E IL CARROCCIO IL 16,9% - SE SALVINI PIANGE, MELONI NON RIDE: NON È RIUSCITA A PRENDERE PIÙ VOTI DELLA LEGA IN VENETO E IN CAMPANIA È TALLONATA DA FORZA ITALIA (11,93-10,72%). PER SALVINI E TAJANI SARÀ DIFFICILE CONTRASTARE LA RIFORMA ELETTORALE - PER I RIFORMISTI DEL PD SARÀ DURA DARE UN CALCIO A ELLY SCHLEIN, AZZERATE LE AMBIZIONI DI GIUSEPPE CONTE COME CANDIDATO PREMIER - "LA STAMPA": "IL VOTO È LA RIVINCITA DELLA ‘LEGA NORD’ SU QUELLA SOVRANISTA E VANNACCIANA: LA SFIDA IDEOLOGICA DA DESTRA A MELONI NON FUNZIONA. IL PARTITO DEL NORD COSTRINGERÀ SALVINI AD ESSERE MENO ARRENDEVOLE SUI TAVOLI DELLE CANDIDATURE. SUL RESTO È LECITO AVERE DUBBI…”

xi jinping vladimir putin donald trump

DAGOREPORT – L'INSOSTENIBILE PIANO DI PACE DI TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA UMILIANTE RESA DELL'UCRAINA, HA L'OBIETTIVO DI  STRAPPARE LA RUSSIA DALL’ABBRACCIO ALLA CINA, NEMICO NUMERO UNO DEGLI USA - CIÒ CHE IL TYCOON NON RIESCE A CAPIRE È CHE PUTIN LO STA PRENDENDO PER IL CULO: "MAD VLAD" NON PUÒ NÉ VUOLE SFANCULARE XI JINPING - L’ALLEANZA MOSCA-PECHINO, INSIEME AI PAESI DEL BRICS E ALL'IRAN, È ANCHE “IDEOLOGICA”: COSTRUIRE UN NUOVO ORDINE MONDIALE ANTI-OCCIDENTE – IL CAMALEONTISMO MELONI SI INCRINA OGNI GIORNO DI PIÙ: MENTRE IL VICE-PREMIER SALVINI ACCUSA GLI UCRAINI DI ANDARE “A MIGNOTTE” COI NOSTRI SOLDI, LA MELONI, DAL PIENO SOSTEGNO A KIEV, ORA NEGA CHE IL PIANO DI TRUMP ACCOLGA PRATICAMENTE SOLO LE RICHIESTE RUSSE ("IL TEMA NON È LAVORARE SULLA CONTROPROPOSTA EUROPEA, HA SENSO LAVORARE SU QUELLA AMERICANA: CI SONO MOLTI PUNTI CHE RITENGO CONDIVISIBILI...")

donald trump volodymyr zelensky vladimir putin servizi segreti gru fsb cia

DAGOREPORT - L’OSCENO PIANO DI PACE SCODELLATO DA TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA CAPITOLAZIONE DELL’UCRAINA, ANDAVA CUCINATO BENE PER FARLO INGOIARE A ZELENSKY - E, GUARDA LA COINCIDENZA!, ALLA VIGILIA DELL’ANNUNCIO DEL PIANO TRUMPIANO SONO ESPLOSI GLI SCANDALI DI CORRUZIONE A KIEV, CHE VEDONO SEDUTO SU UN CESSO D’ORO TIMUR MINDICH, L’EX SOCIO DI ZELENSKY CHE LO LANCIÒ COME COMICO - PER OTTENERE ZELENSKY DIMEZZATO BASTAVA POCO: È STATO SUFFICIENTE APRIRE UN CASSETTO E DARE ALLA STAMPA IL GRAN LAVORIO DEI SERVIZI SEGRETI CHE “ATTENZIONANO” LE TRANSIZIONI DI DENARO CHE DA USA E EUROPA VENGONO DEPOSITATI AL GOVERNO DI KIEV PER FRONTEGGIARE LA GUERRA IN CORSO…