
PERSA GAZA, HAMAS VUOLE TRASFERIRE LA GUERRA IN CISGIORDANIA – I MILIZIANI POTREBBERO ACCETTARE IL DISARMO (MOMENTANEO) MA VOGLIONO AVERE UN RUOLO NEL GOVERNO PALESTINESE. NON NELLA STRISCIA, MA A RAMALLAH, CHE SARÀ LA PROSSIMA LINEA DEL FRONTE DEL CONFLITTO CON ISRAELE – EGITTO, QATAR E ARABIA SAUDITA, CHE PRIMA TEMEVANO UNA DILAGANTE EGEMONIA IRANIANA, ORA SONO TERRORIZZATI DA QUELLA (DI FATTO) ISRAELIANA. QUANDO NETANYAHU HA BOMBARDATO DOHA, SI SONO RESI CONTO CHE NON C’ERA PIÙ TEMPO DA PERDERE. ECCO PERCHÉ HAMAS HA LODATO COSÌ TANTO TRUMP – L’ARTICOLO 5 OTTENUTO DA AL THANI CON GLI USA E IL PATTO ATOMICO DI RIAD CON IL PAKISTAN…
Estratto dell’articolo di Giordano Stabile per “La Stampa”
Hamas prende tempo e lotta per salvare la sua ala politica, e un ruolo nel futuro governo palestinese. Israele non si fida ma vede a un passo l'ultima occasione per riportare a casa i 48 ostaggi, venti ancora vivi, proprio nei giorni della commemorazione del 7 ottobre. Un momento simbolico. Chiudere due anni guerra con una vittoria, seppure parziale.
Il piano Trump non è certo quello che volevano i due Pasdaran ebraici Bezalel Smotrich e Itamar Ben Gvir. Ma neppure quello che volevano Benjamin Netanyahu e il Likud. L'idea di uno Stato palestinese è osteggiata da tutta la destra da trent'anni. La mappina che la Casa Bianca ha allegato ai venti punti, poi, mostra le linee del progressivo ritiro dell'Idf fino ai bordi della Striscia. Altra cosa fino a pochi mesi fa considerata inaccettabile.
donald trump benjamin netanyahu foto lapresse
Il progetto era di restare almeno nella parte a Nord del corridoio Netzarim. Infine, c'è il problema del secondo round con l'Iran, e i dubbi su quanto gli Stati Uniti asseconderanno questa resa dei conti, che dovrebbe portare alla caduta del regime degli ayatollah e allo smantellamento definitivo delle milizie sciite nella regione.
Prima bisogna procedere al disarmo di Hamas, milizia sunnita ma anch'essa appoggiata dall'Iran, adesso a portata di mano. È il punto che il "movimento di resistenza islamica" ha omesso nella sua lettera al presidente americano.
miliziano di hamas durante la cerimonia di rilascio degli ostaggi
Non l'ha escluso, ma nemmeno ha detto sì. I principali analisti israeliani, come Seth Frantzman, vedono in questa omissione l'ostacolo principale per la chiusura dell'accordo. In queste ore Steve Witkoff starà senza dubbio insistendo con le controparti egiziane e del Golfo perché ottengano un impegno concreto.
Ma in realtà il nodo è un altro. Più subdolo. Hamas ha chiesto nella sua missiva piena di elogi nei confronti di Trump un ruolo nelle future discussioni che dovranno portare alla nascita dello Stato palestinese.
I miliziani ritengono le possibilità di raggiungere questo obiettivo attraverso i negoziati pari a uno zero barrato. Però insistono. È la richiesta di uno scambio. Deponiamo le armi, sì. Anche perché l'alternativa è comunque essere annientati con il kalashnikov in pugno, fra uno, tre o sei mesi. Però vogliono avere voce nel governo palestinese.
BENJAMIN NETANYAHU COSTRETTO A SCUSARSI CON IL QATAR AL TELEFONO DA DONALD TRUMP
Non nell'organismo "tecnico" che gestirà la Striscia. Quella è oramai data per persa. In Cisgiordania, la prossima linea del fronte.
C'è un perché. Sotto la tutela del ministro degli Esteri turco Hakan Fidan, dell'emiro qatarino Al-Thani, e dell'eminenza grigia della politica saudita, Faisal bin Farhan al-Saud, l'ala politica guidata da Khalil al-Hayya ha dovuto allinearsi al nuovo paradigma mediorientale.
I due anni di guerra, le batoste subite dall'asse sciita, hanno costretto i leader dei Paesi arabi e musulmani a rivedere le loro idee e le loro priorità. Se prima temevano una progressiva e dilagante egemonia iraniana ora sono terrorizzati da quella israeliana.
Quando Netanyahu ha oltrepassato l'ultima linea rossa e ha bombardato il Qatar si sono resi conto che non c'era più tempo da perdere. Nelle trattative con gli Usa hanno cercato di salvare il salvabile. Una forza araba dentro la Striscia, in modo che non fosse colonizzata del tutto da Jared Kushner e Tony Blair.
E una prospettiva, a parole, per la soluzione due popoli, due Stati. Ma intanto lavoravano pancia a terra per avere garanzie nel prossimo conflitto Israele-Iran. I sauditi hanno firmato un patto atomico con il Pakistan, unica nazione musulmana con la Bomba, il Qatar ha ottenuto un Articolo 5 dallo stesso Trump: mai più missili sopra la testa.
tamim bin hamad al thani mohammed bin salman tahnoon bin zayed
Per gli analisti israeliani si tratta di una assicurazione anche nei confronti dell'Iran, in modo da non essere bombardati dai Pasdaran, come lo scorso giugno. Ma secondo fonti diplomatiche con lunghi trascorsi in Medio Oriente, la principale preoccupazione è che lo Stato ebraico realizzi la sua nuova architettura a suon di raid, senza guardare in faccia nessuno.
[…] L'annichilimento di cose e persone nella Striscia è osservato con terrore. Una prova di forza, una potenza di fuoco senza limiti, senza regole, né pietà. L'Egitto teme di essere nel mirino e ha triplicato le truppe dispiegate nel Sinai, in barba agli accordi di Camp David del 1978. Ma tanto il diritto internazionale non conta più.
Il piano Usa è visto come una tregua, lunga, si spera, ma non come una pacificazione. Ci si prepara al prossimo conflitto. Hamas lo ha capito, o glielo hanno fatto capire. La sua priorità è adesso ottenere il ritiro delle forze israeliane ai bordi della Striscia, per niente scontato, un ampio salvacondotto per i suoi e un posto al tavolo di Ramallah, capitale de facto della Cisgiordania. […]
attacco israeliano a doha 3
attacco israeliano a doha 2
attacco israeliano a doha 1