PEZZI DI MERDOGAN! LA POLIZIA USA IL PUGNO DI FERRO PER CACCIARE I GIOVANI DA PIAZZA TAKSIM

Marta Ottaviani per "La Stampa"

Lo sapevano che sarebbero arrivati. La polizia ha fatto irruzione in piazza Taksim ieri mattina presto, quando i giovani avevano iniziato a svegliarsi. Erano due giorni che Gezi Parki, l'area verde da cui è partita la più grande protesta nella storia recente della Turchia, era stata circondata da una sensazione strana, la consapevolezza che qualcosa sarebbe accaduto presto.

Per giorni il servizio d'ordine ha protetto l'area da infiltrati, gente di provenienza non chiara. Ma ieri mattina a Taksim a un certo punto la situazione è diventata ingestibile. I poliziotti in tenuta antisommossa sono arrivati in forze e all'improvviso, scortando gli idranti bianchi delle forze dell'ordine, che di rassicurante hanno solo il colore.

C'è voluto poco perché alcune decine di persone iniziassero a tirare molotov contro la polizia e gli idranti, facendo passare il punto di non ritorno a una protesta che fino a questo momento aveva colpito il mondo per la sua dignità e la sua compostezza. Un'escalation che ha permesso al premier Erdogan di alzare ancor più i toni, ergendosi come uomo d'ordine e promettendo «tolleranza zero» contro i «vandali».

In poche ore sono state distrutte le strutture che fungevano da bancarelle delle varie associazioni, dove fino a lunedì sera venivano distribuiti materiale informativo e libri. Quello che fino a lunedì sera era il teatro di una protesta pacifica e organizzata nei minimi particolari, adesso è il regno del caos e dopo la manifestazione di ieri sera l'impressione è che possa solo peggiorare. Stando agli ospedali della zona, in poche ore sono arrivate 340 persone avvelenate dai gas, un attacco cardiaco, 14 traumi cranici, 11 fratture, 6 ustionati gravi da gas, attacchi di epilessia e 5 accoltellati.

La polizia è entrata in Gezi Parki solo di sfuggita e per un breve giro di ricognizione, intorno alle due del pomeriggio. Si è trattenuta nel parco non più di 15 minuti, circondata da un gruppo di giovani che urlava agli agenti di uscire. Il prefetto di Istanbul Avni Mutlu ha assicurato che a chi si trovava nell'area verde non gli sarebbe stato torto un capello. A metà pomeriggio alcuni manifestanti hanno denunciato il lancio di lacrimogeni anche all'interno del parco.

Ma l'impressione è quella di una situazione sempre più fuori controllo, dove le appartenenze di piazza non sono più ben definite come nei giorni scorsi e dove delle istituzioni non ci si può assolutamente fidare. Venti deputati dell'opposizione hanno trascorso la notte accampati nel parco per rendere più difficile un intervento della polizia contro i ragazzi che occupano l'area. Il leader del partito nazionalista Kemal Kilicdaroglu ha accusato il premier di essere «un dittatore». I manifestanti sono convinti che la polizia ha inviato agenti sulla piazza con il compito di aizzare gli animi: a lanciare le molotov sarebbero stati loro. Le forze dell'ordine hanno risposto rivelando le identità di chi ha compiuto il gesto, ma non è bastato a placare gli animi e a sedare i sospetti. Le immagini dell'agente che spara contro i manifestanti e dei 50 avvocati arrestati mentre si trovavano a palazzo di Giustizia, alcuni con ancora indosso la loro toga, sono entrate negli occhi di tutti.

Così come girano ormai voci incontrollate su molestie della polizia nei confronti delle donne, torture nelle caserme contro le persone arrestate. Fatti che riportano il Paese drammaticamente indietro nel tempo, ai tempi dei colpi di Stato militari, soprattutto quello del 1971. E dove non si salva nessuno. Ieri alcuni giornalisti stranieri sono stati aggrediti da persone che si sono presentate come appartenenti alla protesta. Li hanno accusati di aver ignorato quello che era successo in Turchia per 30 anni. Potevano essere chiunque, infiltrati dei servizi o appartenenti a gruppi eversivi, che hanno tutto l'interesse a mettere le proteste in cattiva luce.

Erdogan sta sfruttando la situazione per spaccare la piazza e il Paese. Sono giorni che il primo ministro avvisa che la pazienza dell'esecutivo «è finita» e lo sgombero di piazza Taksim di ieri arriva quasi come l'ultimo avvertimento prima del colpo di grazia a Gezi Parki. Il premier ha distinto con forza fra una Turchia che costruisce, quella sua e del suo partito, e una che distrugge, riferimento fin troppo chiaro alla piazza, che il capo di governo è sempre più intenzionato a fare passare come un gruppo di delinquenti, proprio oggi che ne dovrebbe incontrare una delegazione.

Se l'è presa con tutti Erdogan ieri, anche con la stampa straniera, accusata di aver organizzato un «attacco coordinato contro la Turchia», che con lui «ha acquisito diritti e libertà impensabili 10 anni fa». Un cameraman della Cnn ha denunciato di essere stato preso a calci e pugni dalle polizia. I toni del premier sono quelli di chi, nonostante il pesante calo dei consensi nei sondaggi, non intende arretrare di un millimetro, pronto a sopprimere una protesta che per la prima volta ne ha messo in dubbio il primato. È una lotta a chi resiste di più. E mentre ieri sera calavano le tenebre su piazza Taksim altra gente arrivava a sfidare la polizia. Ricominciavano gli scontri, e il braccio di ferro fra le due Turchie.

 

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