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Fabrizio Roncone per corriere.it – Estratti
I senatori della maggioranza escono dall’Aula non dico saltellando, ma quasi, sciamano sospinti da una certa inesorabile contentezza, che poi forse è proprio eccitazione, perché questa riforma della Giustizia sarà pure in attesa di passare all’esame del referendum confermativo, però intanto è un colpo, anzi è un vero colpaccio politico (...) ma è Maurizio Gasparri, guida di Forza Italia, che precede tutti in nome e per conto di Silvio Berlusconi, «al quale questa grandiosa vittoria è dedicata».
 screenshot 2025 10 31 alle 11.09.12
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S’intestano la riforma, i forzisti. Ingranaggi invisibili scatenano ricordi. La memoria sanguina. Che storie. Che destino. È la rivincita, dicono, del Cavaliere.
Dove andate?
Voci sparse («Gasparri ha sul serio organizzato un flash mob giù in piazza Navona».
«Giorgia ha invece vietato qualsiasi festa». «Profilo basso, non vuole personalizzare il referendum»).
Arriva Augusto Minzolini, maestro dei retroscenisti: «Oh, di là c’è Silvia Salis! Mamma mia quant’è alta…». La Salis? Dove, perché? Matteo Renzi, guardi che c’è la Salis.
Ma Renzi, massimo esperto di referendum, visto che nel 2016 ci si ruppe il collo politico, è come sempre circondato da un gruppetto di cronisti, che da lui s’aspettano una genialata, una frase che dia titolo.
Ora sta spiegando quanto Giorgia sia «la più brava di tutti, anche di me — ha una di quelle sue smorfie indecifrabili, però è complicato credere che sia sincero — e perciò lei non credo farà il mio errore... Poi è chiaro che se dovesse perdere ...».
Un caffè al volo alla buvette (solita ciofeca amara), salutata una Santanché raggiante (per forza: le sue vicende giudiziarie procedono al rallentatore, e certo non sarà questa riforma a sveltirle), ascoltate chiacchiere un po’ inquiete tra senatori governativi. Sono piuttosto preoccupati.
Per cominciare, dal dubbio di Ignazio La Russa: «La riforma? Gli danno tutti, sia il governo che i magistrati, troppa importanza. Io ho detto che sono d’accordo, ma pure che il gioco non vale la candela».
E poi c’è il tremendo pronostico del ministro Carlo Nordio: «Il referendum sarà un terno al lotto». Sensazione diffusa, qui nel salone Garibaldi: il centrodestra parte in vantaggio, ma c’è partita. E chi la vince, questo è chiaro a tutti, arriverà alle elezioni politiche con un formidabile (e decisivo?) slancio.
Vabbé, scendiamo. Senatore Lotito, viene anche lei alla festicciola in ricordo del Cavaliere? «Sì sì, certo… e come non vengo? Avviatevi, intanto» (mitico).
Il viceministro della Giustizia, Francesco Paolo Sisto, saluta e va. Ci si accoda, è una piccola processione che sfila sotto lo sguardo grigiastro, tendente al nero, dei senatori dell’opposizione.
In Aula, prima, si sono esibiti in ciò che era la loro unica possibilità: hanno alzato qualche cartello. Il più divertente - «Viva la Corte dei Conti!» — lo teneva alto il senatore dem Filippo Sensi, poche ore prima autore anche di un notevole intervento, poi diventato virale sui social. I suoi colleghi, invece, tutti con lo stesso slogan: «No ai pieni poteri».
Che, di fatto, sarà il teorema con cui il centrosinistra cercherà di piegare le sorti del referendum su Giorgia Meloni. Sentite Francesco Boccia, il gran comandante dei senatori Pd: «Vogliono trasformare il capo del governo in capo dello Stato». Quindi annuncia che, tra poco, Elly Schlein parlerà in conferenza stampa.
Va bene: allora magari poi si torna. Però, intanto, bisogna andare da Gasparri e i suoi: cinque minuti a piedi e li troviamo sotto una gigantografia del Cavaliere (ne hanno scelta una dei bei tempi andati, quando sui divani di Palazzo Grazioli saltava il barboncino Dudù).
Sono in un sit-in stretto nella bolgia di turisti e palloncini colorati, tavolini selvaggi, transenne, vigili urbani che fumano, gelati, i primi finti zampognari, borseggiatrici nomadi veloci come manguste e poi anche Adriano Galliani («Il mio pensiero va in cielo») e Licia Ronzulli («Lui ci sta guardando»).
Simone Leoni, capetto dei giovani forzisti, che alza una foto di Enzo Tortora, mentre il sito di Rep batte la notizia che qualcuno vorrebbe proporre a Serena Grandi di diventare testimonial del referendum.
Pioggerella. Profumo di zucchero filato. Squilla il cellulare di un fotografo. Ascolta, lo ripone nella tasca del piumino. «Aho’, dice che alla fine pure i Fratelli stanno a fa’ un flash bob!». Flash mob… «Sì, insomma… Se ne so’ fregati degli ordini de’ Giorgia». Davanti alla chiesa di San Luigi dei Francesi. Saranno trecento metri. Andiamo a vedere.
Le agenzie, nel frattempo, battono notizie a raffica. Meloni: «Traguardo storico».
Nordio: «Referendum tra marzo e aprile». Marina Berlusconi: «Ha vinto papà». Sui siti, la notizia più cliccata è però quella di Luciano Spalletti alla Juve.
Laggiù, dove finisce il vicolo, si scorge davvero un mucchio di gente.
S’intravedono telecamere e microfoni, un cordone di carabinieri, gli energumeni delle scorte. Hai capito questi Fratelli che se ne fregano degli ordini di Giorgia. Se è così, c’è rivolta. E allora chissà le urla di Arianna (la sede del partito è sulla sinistra, in via della Scrofa: capace che s’è affacciata e li ha visti).
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