donald trump mario draghi janet yellen

TRUMP FA SBARELLARE PURE DRAGHI! ‘NON ABBASSIAMO LA GUARDIA SULLE REGOLE FINANZIARIE’. MA LE PROMESSE DI DONALD FANNO SCHIZZARE IL DOLLARO E COSTRINGONO APPLE A IMMAGINARE UN IPHONE TUTTO ‘MADE IN USA’ IN CASO DI DAZI AI CINESI - LE BANCHE CENTRALI DI MEZZO MONDO INTERVENGONO PER EVITARE SVALUTAZIONI DEL CAMBIO. MA ALL’EUROPA UN EURO DEBOLE FA GOLA NEL BREVE PERIODO

 

1. DRAGHI: NON ABBASSIAMO LA GUARDIA SULLE REGOLE DI BANCHE E FINANZA

Alessandro Barbera per ‘La Stampa

 

Il dollaro vola ai massimi da tredici anni e corre verso la parità con l' euro. La Apple pensa a un Iphone tutto "made in Usa" e le banche centrali di mezzo mondo sono costrette a intervenire per evitare svalutazioni del cambio a catena: ieri è accaduto in Cina, Malesia, Indonesia. E' l' effetto Trump, il neopresidente che promette nuova spesa pubblica, inflazione e deregulation finanziaria.

 

mario draghi janet yellenmario draghi janet yellen

Per l' Europa, almeno nel breve periodo, l' euro debole potrebbe essere un vantaggio. Mario Draghi fa capire che il piano di acquisti della Bce proseguirà oltre la scadenza, ma non sembra apprezzare l' idea del neopresidente di tornare a banche meno regolate.

Non è la prima volta che accade, ma repetita iuvant.

 

«E' opinione unanime che una delle cause principali della crisi globale è stata la deregulation degli ultimi vent' anni». Da un lato Draghi ammette che lo sforzo chiesto nel Continente dal 2008 «ha creato incertezze che si sono riflesse sul valore delle azioni delle banche»; d' altra parte un sistema «genuinamente robusto» è «ben regolato».

 

Il governatore ricorda che negli ultimi otto anni il core tier one medio (l' indicatore numero uno di solidità patrimoniale) è raddoppiato, dal 7 al 14%; inoltre l' incertezza più pericolosa è quella causata da istituti sottocapitalizzati e incapaci di fare credito. Se c' è una priorità per il sistema, è continuare a ristrutturarsi. Occorre «far scendere il livello dei crediti deteriorati», «razionalizzare e consolidare».

 

donald trump  donald trump

E' possibile che «i tassi bassi abbiano alimentato alcune inefficienze, ma di certo non sono state create da essi».

A Francoforte, di fronte ad una platea di banchieri, il governatore della Bce ribadisce gli argomenti a favore di ciò che sui mercati si dà ormai per scontato: il prolungamento del piano di acquisto titoli da 80 miliardi di euro al mese oltre marzo 2017.

 

«Non possiamo abbassare la guardia», dice. Nonostante le critiche tedesche e le preoccupazioni per la tenuta dei margini delle banche a causa dei tassi bassi, il numero uno dell' Eurotower spiega perché considera prematuro stringere i bulloni della politica monetaria. Draghi non dice ancora in cosa si tradurrà in concreto, anche se più di un banchiere scommette su una conferma del piano con modalità simili ad oggi per almeno sei mesi: questa è ad esempio la previsione del capo economista di Commerzbank Jorg Kraemer.

 

Le ragioni della scelta sono almeno tre. La prima è il legame fra crescita e banche: solo con tassi sufficientemente bassi il sistema creditizio è in grado di alimentare la domanda di prestiti.

Inoltre l' inflazione resta bassa.

 

EURO DOLLARO EURO DOLLARO

La media europea dello 0,5 per cento è sì «la migliore da due anni a questa parte», ma «ancora sotto i nostri obiettivi». Anche se le previsioni Bce dicono che l' aumento «proseguirà, gran parte sarà dovuto a fattori statistici» e non a un «rafforzamento della dinamica dei prezzi sottostanti». Insomma, poco importa se nel frattempo la Yellen agirà e i tassi americani risaliranno.

 

Negli ultimi tre anni - dice il governatore - nell' area euro hanno trovato lavoro quattro milioni di persone, e si è assistito ad una ripresa meno asimmetrica che in passato: il segno più ha toccato tutte le economie della moneta unica. Eppure quella ripresa «dipende troppo dalla politica monetaria espansiva».

 

Questo è il passaggio più esplicito, il messaggio alla Bundesbank e a chi crede sia venuto il momento di tirare i remi in barca e iniziare il "tapering", la lenta uscita dai tassi zero. Il messaggio si può liberamente tradurre così: un' uscita dal piano di «Quantitative easing» oggi sarebbe uno shock più forte dell' arrivo di Trump.

Twitter @alexbarbera

 

 

2. IL PATTO FRA I GOVERNATORI DELLA MONETA PER DIFENDERE LA STABILITÀ DELL' ECONOMIA

Marco Zatterin per ‘La Stampa

 

draghi yellen lagarde suicide squaddraghi yellen lagarde suicide squad

Anche Mario Draghi avverte Donald Trump, come ha fatto la presidente della Fed, Janet Yellen: non tocchiamo le regole per la finanza.

Lo fa perché ci crede, ma anche per dare una sponda alla collega americana e predisporre la Bce ad avanzare sulla sua strada.

 

Nei rapporti che legano i banchieri centrali esistono regole di solidarietà automatiche e non scritte. Carlo Azeglio Ciampi riteneva fossero frutto della missione strategica propria dell' istituzione, quella di operare «fra disciplina e discrezionalità, fra autonomia e rapporto dialettico con l' esecutivo».

 

Una conseguenza è che, quando il gioco si fa duro, governatori e presidenti di istituti di emissione si ritrovano dalla stessa parte e con la stessa casacca. Uniti dall' esigenza di garantire e difendere la stabilità finanziaria, in casa e no, visto che i mercato sono globali.

mario  draghi janet yellenmario draghi janet yellen

 

Quest' anno, sull' asse atlantico, è successo due volte. A metà giugno la Bce di Mario Draghi e la Fed di Janet Yellen sono state fianco a fianco nell' armare le difese in vista del referendum sull' eurodivorzio britannico, impegnati a declinare le varie possibilità della «whatever it takes», formula che promette ogni possibile sforzo per difendere le piazze di contrattazione e, per l' appunto, la loro stabilità. Ora lo sono nuovamente, davanti al punto interrogativo che ha assunto la forma di Donald Trump, magnate-presidente che preoccupa i signori della moneta, incerti su cosa aspettarsi dal quadriennio repubblicano che si va aprendo.

 

La sintonia a distanza funziona nonostante le differenti esigenze che affollano le agende di Draghi e Yellen. I rapporti personali fra i due sono descritti come «discreti», consolidati dalla frequentazioni negli incontri a Sette e dalle dissertazioni alte di Jackson Hole. Tensioni non ne sono mancate, soprattutto quando l' Eurotower si è spinta sino a sfondare il pavimento del costo del denaro nella sua azione non convenzionale di controllo dell' inflazione (negativa, pure), provocando un irrobustimento del dollaro e qualche grattacapo aggiuntivo all' export statunitense. O quando europei e americani hanno duellato a Basilea sulle regole per la valutazione e la limitazione dei rischi bancari.

 

MARK CARNEY JANET YELLEN MARIO DRAGHIMARK CARNEY JANET YELLEN MARIO DRAGHI

Tuttavia è stata ordinaria amministrazione. Casi non gravi, comunque non personali, anche perché il vice della Yellen, il 73enne Stanley Fischer, vanta una lunga amicizia con l' ex governatore di Bankitalia di cui è stato docente al Mit. Prevale così quella che Jean-Claude Trichet definiva «la fratellanza molto forte basata sull' ammirazione reciproca» fra i principali banchieri centrali europei. E allora Janet Yellen parla a una settimana dall' elezione di Trump e dice che non se ne andrà, che aumenterà i tassi presto e che non le pare il caso di avviare controriforme finanziarie, negando l' idea repubblicana di deregolamentare la finanza.

 

Draghi le fa naturalmente eco. Indugia sui benefici generati dalla recente "regulation" finanziaria. E' normale per lui ribadire che «in Europa come nel resto del mondo» gli interventi del legislatore abbiano reso le banche più forti di com' erano prima della crisi. Invita a non arretrare, alla stregua della Yellen che sottolinea l' impossibilità di «far tornare indietro l' orologio». Lancia l' appello perché «ci si focalizzi sull' attuazione, non su un diverso design». Non una novità. Ma è difficile considerarlo fuori dal contesto del trumpismo.

 

Il capo dell' Eurotower ostenta la convinzione che, come minimo, quello che c' è non vada toccato. Lo fa per la stabilità monetaria, ma anche per evitare che un intervento sulle leggi americane modifichi le condizioni di operatività degli istituti della federazione e limiti la competitività di quelli europei.

TRUMP PUTINTRUMP PUTIN

 

Concorrenza sleale, infusa dall' alto, insomma. Allo stesso tempo, Draghi vede nella solidarietà con la signora Yellen davanti alle mire possibili di Trump anche una sorta di garanzia riflessa per la sua resistenza davanti al pressing tedesco. La sostanza è diversa, ma la testa e la coda del caso conducono direttamente alla difesa del ruolo indipendente del banchiere centrale e, pertanto, della loro missione individuale davanti alle esigenze mutevoli della politica.

 

Fra gli analisti c' è chi ritiene che proprio l' elezione di Trump offra a Draghi la possibilità di attuare con più determinazione la mossa in cui lui crede, dunque prolungare di altri sei mesi in dicembre il piano di sostegno ai bond, il cosiddetto Qe, «Quantitative easing». Ha senso. Davanti alla Bundesbank e ai tedeschi che non vorrebbero, può opporre le incertezze americane, oltre che gli ultimi numeri sull' economia europea.

 

Nonostante le divergenze sui tassi, che Francoforte non intende aumentare e New York sì, quando occorre Mario e Janet si ritrovano a parlare la stessa lingua, quella del banchiere centrale. Rappresentano istituzioni che resistono all' onda populista, ancora credibili mentre la politica non lo è più.

QUANTITATIVE EASING DRAGHIQUANTITATIVE EASING DRAGHI

 

Devono vedersela con i maghi della speculazione, quelli che ieri hanno fatto volare il dollaro e non hanno ven duto i titoli delle banche americane che ora sperano di guadagnare con la dottrina Trump. Rispettando le regole, esercitano quella che Ciampi chiamava l' arte o la scienza del banchiere attraverso la discrezionalità che permette loro di agire in condizioni economiche e finanziarie mutevoli. Il messaggio inviato al presidente neoeletto, presumibilmente non concordato, nasce da qui.

 

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