NÉ MASCHIO NÉ FEMMINA: SONO I BAMBINI “ARCOBALENO” CHE, A SEI O SETTE ANNI, NON SI RICONOSCONO NEL LORO SESSO MA SONO TROPPO PICCOLI PER ESSERE DEFINITI CON CERTEZZA “GAY”


Anna Lombardi per "il Venerdì - la Repubblica"

New York. Boo ha 7 anni e da quando ha imparato a parlare adora Scooby Doo: così lo scorso Halloween ha chiesto di vestire come Dafne, la protagonista dai capelli rossi del famoso cartone animato. C.J. ha un anno di meno, preferisce le principessa Disney e in generale tutto ciò che luccica. Da quando ha scoperto Barbie, non l'ha più lasciata: e a casa vuol vestire proprio come la sua bambola preferita.

Anche Twirl ha 6 anni: ama la danza e il suo tutù rosa. Di recente ha preso una cotta, l'ha confidato alla mamma: «Mi piace un ragazzino della mia classe...». E poi c'è Jo, che è appena un po' più grande. Ha 8 anni e una cotta per Blaine, protagonista della serie tv Glee. Blaine, sì: il personaggio gay. Perché Boo, C.J., Twirl e Jo sono maschi. «Bambini» come spiega candidamente C.J. a chiunque glielo chieda «che amano cose da bambine». Ecco i bambini arcobaleno ormai famosi in tutta l'America.

Le loro mamme hanno deciso di superare lo sconcerto degli adulti, il senso di isolamento e la paura del bullismo raccontando le loro storie in rete: piccole grandi storie quotidiane di bambini che non si riconoscono nel genere in cui sono incasellati dall'anagrafe. Negli Stati Uniti, in poco tempo i loro blog sono diventati fenomeni. Ricevono migliaia di lettere al giorno, sono invitate ai talk show, e Lori Duron, una di loro, dal suo diario web ha perfino tratto un libro che è già un best seller, intitolato Raising my rainbow, crescendo il mio arcobaleno: che come si sa è la bandiera del Gay pride. Ma davvero un bambino sotto i 10 anni può considerarsi gay?

Giocare con le bambole, amare i colori tenui, è un segnale definitivo che una mamma deve cogliere? A che età si scopre di essere attratti da persone dello stesso sesso? Le mamme blogger dicono che per ora sono solo «aperte all'eventualità». Per ora, detto altrimenti, definiscono i loro figli non conforming, non convenzionali, o creative gender: di genere creativo.

Troppo piccoli per essere definiti con certezza gay: anche se Jo - che poi sta per Johnny - a 8 anni ha già fatto il suo outing con la mamma: «Ho una cotta per Blaine, quanto vorrei incontrarlo... Sai? Sono gay come lui». Ma già così grandi da non rientrare, da non riconoscersi nei canoni sociali. Possibile? I primi studi in questo senso ci sono già: Michael Stebbins, genetista e autore nel 2007 di un saggio intitolato Sex, Drugs, and Dna, sostiene che il 75 per cento dei bambini non conforming da grandi saranno gay.

Uno studio che le mamme blogger conoscono bene. Proprio per questo, spiegano, vogliono crescere i loro figli senza bisogno che un domani ci siano travagliate crisi di identità e drammatici coming out. Vogliono che crescano sentendosi amati: così come sono.

«Chi pensa al sesso per questi bambini, è fuori strada» spiega Amelia («Il cognome non lo dico perché abito in una città molto conservatrice»), mamma di Jo e di altri due maschietti, autrice di un cliccatissimo blog ospitato dall'Huffington Post America. «A quell'età non si tratta di sesso ma di sentimenti lievi. Mio figlio ha solo 8 anni, non ha familiarità con gli atti sessuali: essere gay, per lui, è una questione di empatia, atmosfera, emozioni.

Proprio come per tutti i bambini della sua età. La sua cotta per Blaine è tenera: esattamente come quella delle bambine della sua età per Justin Bieber. Arrossisce, pensa a tenersi per mano, a baci teneri sulle guance. Ma nonostante questo sono convinta che il suo vocabolario e la sua percezione di sé siano abbastanza vasti da permettergli di esprimere chi sente di essere».

Il primo coming out materno lo ha fatto Sarah Manley, mamma di Boo, sul blog Nerdy Apple, oltre un anno fa: «Mio figlio è gay. O forse no. Non importa. È mio figlio. E se qualcuno ha qualcosa in contrario vada a leggere un altro blog»: la foto di Boo vestito da Dafne a coronare il racconto. Il post è diventato subito virale: condiviso 4 milioni di volte in poche ore, commentato da 50 mila persone. «Sono arrivate tantissime lettere. Critiche, insulti: ma anche tanti che si riconoscevano. Altre mamme. E adulti che scrivevano: "So di essere gay fin da quando ero un bambino..."».

Lori Duron, moglie di un poliziotto e mamma di due bambini, C.J. e Chase, due anni più grande del fratellino creativo e che - specifica - «ha gli stessi gusti maschili del padre», nel suo libro racconta dubbi e tenerezze, la guerra dei giocattoli e quella delle nonne, l'imbarazzo e la curiosità di fratelli e vicini.

«Con altre mamme che mi hanno contattato» dice al Venerdì dalla California, dove vive, «organizziamo una merenda, per ora mensile, perché purtroppo abitiamo tutti in città diverse. Facciamo incontrare i nostri bambini per non farli sentire unici, isolati. L'ultima volta si sono messi addosso ogni tipo di stoffa colorata e hanno organizzato una sfilata di moda per noi genitori. Sapesse che festa! Ma lo facciamo anche per non far sentire soli i loro fratelli e sorelle, anche loro invitati a giocare e a confrontarsi». Già: perché questi genitori sanno benissimo che tutti i loro figli, non solo i creativi, sono a rischio bullismo.

«A Chase, mio figlio maggiore, sono già accadute delle cose spiacevoli legate alla stravaganza di suo fratello» spiega Duron. «E nel futuro, temiamo che potrebbe essere peggio. Per ora li spingiamo ad essere educati, sempre. Ma se hanno l'impressione che le domande siano inopportune, che possano metterli a disagio, aggiungiamo anche che devono sentirsi liberi di divagare. Non devono spiegare per forza tutto a tutti». Sono tanti - prosegue - coloro che non capiscono: che si sentono in diritto di giudicare.

«C'è chi mi ha detto che mio figlio è così perché volevo una femmina, che l'ho spinto io a certi comportamenti. Ma è falso: io ho cresciuto i miei due figli allo stesso modo: è che sono davvero diversi. Fra mille dubbi e tormenti, con mio marito abbiamo scelto di lasciar esprimere C.J., perché vediamo che quando lo fa è davvero felice: naturalmente con i limiti che si mettono a tutti i bambini. Sì, certo, lo sosteniamo: ma non è libero di fare quel che vuole. Quanti giovani gay, invece, non sono sostenuti dai genitori?

Si tengono tutto dentro: e hanno un tormentato accesso alla vita. Noi vogliamo solo che nostro figlio cresca sereno. Conosciamo la differenza fra spingerlo e sostenerlo». E la bambine? Ci sono bambine di genere creativo? «Per le bambine è insieme più facile e più difficile capire chi sono» spiega Duron.

«La società è meno ostile verso bambine coi capelli corti, che vogliono giocare a calcio e indossare solo jeans. Sono considerate forti. Mentre un bambino che vuol vestire da principessa: beh, quello innervosisce un sacco di gente». «Quando mio figlio mi disse di essere gay, due anni fa, sorrisi: era così piccolo...» racconta Amelia.

«E voglio sottolineare: fu lui a dirlo a me, non io a lui. Certo non mi sognai di contraddirlo. Sarebbe stato molto irrispettoso nei suoi confronti. Ma nemmeno di assecondarlo. Nel tempo non ha mai cambiato idea e due anni sono tanti nella vita di un bambino. Così sono andata a parlare con i suoi insegnanti a scuola, spiegando come volevamo crescerlo. Ci hanno compreso e sostenuto. Il preside ha subito riunito tutti gli insegnanti della scuola dicendo che un bambino aveva fatto il suo coming out. Nessun discorso omofobo, nessun atto di bullismo sarebbe stato tollerato».

La società americana è dunque così aperta? «Siamo stati fortunati. Sappiamo delle difficoltà di altre famiglie. Ma sono convinta che i nostri bambini sono solo la punta di un iceberg. Più famiglie saranno pronte ad ascoltare i loro figli, più questi ragazzi cresceranno senza timori. Sa cosa vuol dire? Che ci sarà meno bullismo, meno isolamento che porta a gesti estremi. Se la società non è pronta, la famiglia deve esserlo: perché è la famiglia che cambia la società».

 

UN BAMBINO ARCOBALENO LORI DURON CON SUO FIGLIO ALCUNI BAMBINI AL GAY PRIDE IL BLOG NERDY APPLE

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni ignazio la russa matteo salvini antonio tajani

DAGOREPORT – LE REGIONALI SONO ANDATE A FINIRE COME NON VOLEVA, SALTELLANDO FUNICULÌ-FUNICULÀ, GIORGIA MELONI: LA "STATISTA DELLA SGARBATELLA", CHE RISCHIA DI NON TORNARE A PALAZZO CHIGI TRA DUE ANNI, ACCELERA SULLA DOPPIETTA PREMIERATO-LEGGE ELETTORALE, MA NON TUTTO FILA LISCIO A PALAZZO CHIGI: SALVINI E TAJANI SPUTERANNO SANGUE PUR DI OPPORSI ALL’INDICAZIONE DEL NOME DEL PREMIER SULLA SCHEDA ELETTORALE, CHE FINIREBBE PER CANNIBALIZZARLI - LA LEGA È CONTRARISSIMA ANCHE AL PREMIO DI MAGGIORANZA ALLA COALIZIONE (CON LA SOGLIA AL 40%, LA LEGA DIVENTEREBBE SACRIFICABILE) – ALTRA ROGNA: IGNAZIO LA RUSSA SCENDE IN CAMPO IN MODALITÀ SCASSA-MELONI: HA RINFOCOLATO LA POLEMICA SU GAROFANI E SE NE FOTTE DEI DIKTAT DELLA DUCETTA (FIDANZA SINDACO DI MILANO? NO, MEJO LUPI; PRANDINI GOVERNATORE DELLA LOMBARDIA? NO, QUELLA È ROBA MIA)

francesco de tommasi marcello viola daniela santanche ignazio leonardo apache la russa davide lacerenza pazzali

DAGOREPORT - CHE FINE HANNO FATTO LE INCHIESTE MILANESI SULLA SANTANCHE', SUL VISPO FIGLIO DI LA RUSSA, SUL BORDELLO DELLA "GINTONERIA" AFFOLLATA DI POLITICI, IMPRENDITORI E MAGISTRATI, OPPURE SULL'OSCURA VENDITA DELLA QUOTA DI MPS DA PARTE DEL GOVERNO A CALTAGIRONE E COMPAGNI? - A TALI ESPLOSIVE INDAGINI, LE CUI SENTENZE DI CONDANNA AVREBBERO AVUTO UN IMMEDIATO E DEVASTANTE RIMBALZO NEI PALAZZI DEL POTERE ROMANO, ORA SI AGGIUNGE IL CASO DEL PM FRANCESCO DE TOMMASI, BOCCIATO DAL CONSIGLIO GIUDIZIARIO MILANESE PER “DIFETTO DEL PREREQUISITO DELL’EQUILIBRIO” NELL’INDAGINE SUL CASO DI ALESSIA PIFFERI – MA GUARDA IL CASO! DE TOMMASI È IL PM DELL’INCHIESTA SUI DOSSIERAGGI DELL’AGENZIA EQUALIZE DI ENRICO PAZZALI, DELICATISSIMA ANCHE PER I RAPPORTI DI PAZZALI CON VERTICI GDF, DIRIGENTI DEL PALAZZO DI GIUSTIZIA MILANESE E 007 DI ROMA - SE IL CSM SPOSASSE IL PARERE NEGATIVO DEL CONSIGLIO GIUDIZIARIO, LA CARRIERA DEL PM SAREBBE FINITA E LE SUE INDAGINI SUGLI SPIONI FINIREBBERO NEL CESTINO - LA PROCURA DI MILANO RETTA DA MARCELLO VIOLA, CON L'ARRIVO DELL'ARMATA BRANCA-MELONI, E' DIVENTATA IL NUOVO ''PORTO DELLE NEBBIE''?

giorgia meloni regionali de luca zaia salvini conte stefani decaro fico

DAGOREPORT: COME SI CAMBIA IN 5 ANNI - PER CAPIRE COME SIA ANDATA DAVVERO, OCCORRE ANALIZZARE I VOTI ASSOLUTI RIMEDIATI DAI PRINCIPALI PARTITI, RISPETTO ALLE REGIONALI DEL 2022 - LA LEGA HA BRUCIATO IL 52% DEI VOTI IN VENETO. NEL 2020 LISTA ZAIA E CARROCCIO AVEVANO OTTENUTO 1,2 MILIONI DI PREFERENZE, QUESTA VOLTA SOLO 607MILA. CONSIDERANDO LE TRE LE REGIONI AL VOTO, SALVINI HA PERSO 732MILA VOTI, IL 47% - TONFO ANCHE PER I 5STELLE: NEL TOTALE DELLE TRE REGIONI HANNO VISTO SFUMARE IL 34% DELLE PREFERENZE OTTENUTE 5 ANNI FA – IL PD TIENE (+8%), FORZA ITALIA IN FORTE CRESCITA (+28,3%), FDI FA BOOM (MA LA TENDENZA IN ASCESA SI È STOPPATA) – I DATI PUBBLICATI DA LUIGI MARATTIN....

luca zaia matteo salvini alberto stefani

DAGOREPORT – DOPO LA VITTORIA DEL CENTRODESTRA IN VENETO, SALVINI NON CITA QUASI MAI LUCA ZAIA NEL SUO DISCORSO - IL “DOGE” SFERZA VANNACCI (“IL GENERALE? IO HO FATTO L'OBIETTORE DI COSCIENZA”) E PROMETTE VENDETTA: “DA OGGI SONO RICANDIDABILE” – I RAS LEGHISTI IN LOMBARDIA S’AGITANO PER L’ACCORDO CON FRATELLI D’ITALIA PER CANDIDARE UN MELONIANO AL PIRELLONE NEL 2028 - RICICCIA CON PREPOTENZA LA “SCISSIONE” SUL MODELLO TEDESCO CDU-CSU: UN PARTITO “DEL TERRITORIO”, PRAGMATICO E MODERATO, E UNO NAZIONALE, ESTREMISTA E VANNACCIZZATO…

luca zaia roberto vannacci matteo salvini

NON HA VINTO SALVINI, HA STRAVINTO ZAIA – IL 36,38% DELLA LEGA IN VENETO È STATO TRAINATO DA OLTRE 200 MILA PREFERENZE PER IL “DOGE”. MA IL CARROCCIO DA SOLO NON AVREBBE COMUNQUE VINTO, COME INVECE CINQUE ANNI FA: ALLE PRECEDENTI REGIONALI LA LISTA ZAIA PRESE DA SOLA IL 44,57% E IL CARROCCIO IL 16,9% - SE SALVINI PIANGE, MELONI NON RIDE: NON È RIUSCITA A PRENDERE PIÙ VOTI DELLA LEGA IN VENETO E IN CAMPANIA È TALLONATA DA FORZA ITALIA (11,93-10,72%). PER SALVINI E TAJANI SARÀ DIFFICILE CONTRASTARE LA RIFORMA ELETTORALE - PER I RIFORMISTI DEL PD SARÀ DURA DARE UN CALCIO A ELLY SCHLEIN, AZZERATE LE AMBIZIONI DI GIUSEPPE CONTE COME CANDIDATO PREMIER - "LA STAMPA": "IL VOTO È LA RIVINCITA DELLA ‘LEGA NORD’ SU QUELLA SOVRANISTA E VANNACCIANA: LA SFIDA IDEOLOGICA DA DESTRA A MELONI NON FUNZIONA. IL PARTITO DEL NORD COSTRINGERÀ SALVINI AD ESSERE MENO ARRENDEVOLE SUI TAVOLI DELLE CANDIDATURE. SUL RESTO È LECITO AVERE DUBBI…”