Aldo Grasso per il “Corriere della Sera”
Gianni Infantino non è solo il presidente della Fifa, rieletto per la terza volta a capo della Federazione internazionale del calcio, è anche un guru («Vi amo tutti»), il messia di nuovi scenari, l’ateo sacerdote di una religione senza atei. Con toni profetici, ha annunciato un nuovo Mondiale per club a 32 squadre, in aggiunta al Mondiale per Nazioni, ma anche una nuova competizione per club a cadenza annuale.
Più partite si giocano, più la Fifa si arricchisce: a questi ritmi infernali resisteranno solo i club più danarosi (in mano agli sceicchi?), a dispetto della passione popolare che regge questo sport. Infantino ha trasformato la Fifa in un organismo politico, in un centro di potere.
È un mediatore ideale tra i fondi sovrani delle monarchie del Golfo e il loro desiderio di «sportwashing», di usare cioè il calcio che conta per rendere moderna la propria immagine e distogliere lo sguardo dalla situazione dei diritti umani nel proprio Paese.
Alla Fifa è affidata una strategia ancora più sottile, quella del «soft power»: la capacità di creare consenso attraverso la persuasione. Per questo tutti i tifosi sognano uno sceicco ricco sfondato! Ed è forte la tentazione di organizzare finali in Arabia Saudita. Il calcio, diceva Gianni Brera, non è
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