
“COSA MI MANCA? LA VITTORIA. È UN'ESPLOSIONE DI EMOZIONI CHE IL VENTURE CAPITAL NON PUÒ REPLICARE” – NICO ROSBERG, EX CAMPIONE DEL MONDO DI FORMULA 1, HA COMPIUTO UNO DEI CAMBIAMENTI DI CARRIERA PIÙ RADICALI DEGLI ULTIMI ANNI: SI E' RITIRATO DOPO AVER CONQUISTATO IL TITOLO MONDIALE NEL 2016 PER LANCIARE UNA SOCIETÀ DI VENTURE CAPITAL CHE GESTISCE OLTRE 200 MILIONI DI DOLLARI IN INVESTIMENTI TECNOLOGICI - "HO TROVATO UNA NUOVA SFIDA CHE MI MOTIVA MOLTISSIMO. E ANCHE QUI STO VINCENDO..."
Estratto dell’articolo di Fabrizio Goria per “la Stampa”
[…] Campione del mondo di Formula 1 nel 2016 e oggi numero uno di Rosberg Ventures, Nico Rosberg è stato uno dei protagonisti all'Italian Tech Week di Torino. Non esclude che ci siano difficoltà nel colmare il gap tecnologico fra Europa e Usa, ma sottolinea che bisogna accelerare. «I capitali ci sono, ma occorre essere più attrattivi. I fondi vanno a guardare dove ci sono i migliori ritorni sull'investimento», evidenzia.
Dopo il titolo mondiale in Formula 1 nel 2016, la scelta di cambiare vita. Come sta andando?
«Molto bene. Ho trovato una nuova sfida che è complessa ma dove posso vincere, e questo mi motiva tantissimo. Con Rosberg Ventures ho costruito una struttura che mi consente di accedere alle migliori opportunità nel mondo del venture capital e della tecnologia.» […]
Cosa manca?
«La vittoria, quella sensazione unica. È un'esplosione di emozioni che il venture capital non può replicare. Ma anche qui sto vincendo: Rosberg Ventures, dopo poco più di due anni, gestisce 200 milioni di euro in asset e ha accesso a 12 dei 15 migliori fondi globali, da Andreessen Horowitz a Founders Fund. Stiamo iniziando a investire direttamente in early e growth stage. Abbiamo già partecipato a operazioni come ClickHouse, leader mondiale nel real-time data management, cruciale per l'AI. E guardiamo a target come Eleven Labs o Vox. È una fase entusiasmante».
[…] È possibile colmare il gap digitale dell'Ue con gli Stati Uniti?
«È difficile. L'Europa ha enormi potenzialità, ma soffre mancanze strutturali. In Germania, ad esempio, Berlino e Monaco non comunicano tra loro come dovrebbero. Ciò che si impara in un ecosistema non viene distribuito con la stessa efficacia. In Silicon Valley c'è una cultura del "how can I help?", un aiuto spontaneo che passa da una generazione di imprenditori all'altra. In Europa questa mentalità è meno diffusa».
Quanto pesano gli ecosistemi locali in questo quadro?
«Tantissimo. Ma in Europa la frammentazione geografica è un ostacolo. Un imprenditore italiano che vuole confrontarsi con Berlino deve affrontare costi e difficoltà burocratiche che frenano l'espansione.
La presidente Ursula von der Leyen promuove l'idea di un 28° Stato membro europeo virtuale, un framework che può aiutare molto. Io sostengo questa visione: serve un'Europa Inc. capace di rendere più fluido il passaggio delle startup da un mercato all'altro. Perché oggi tanti fondatori decidono di restare confinati al loro Paese, e così diventa quasi impossibile costruire unicorni di scala globale».
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In un mondo multipolare, che ruolo può giocare l'Europa tra Stati Uniti e Cina?
«L'Europa ha un potenziale enorme. Solo nell'area euro siamo più di 350 milioni di persone, con competenze straordinarie e talento diffuso. In Italia, ad esempio, ci sono due dei dieci supercomputer più potenti al mondo. Le risorse ci sono, le capacità anche. Non ho tutte le risposte, ma sono certo che l'Europa avrà un ruolo importante nel futuro globale».
E il venture capital europeo?
«Spesso si parla di mancanza di capitale. Io credo che il problema non sia quello, ma la mancanza di grandi risultati. Il capitale va dove vede la possibilità di generare ritorni.
Se l'ecosistema europeo dimostrerà di poter creare grandi outcome, arriverà un'onda di capitali americani e globali. Ma servono meno barriere burocratiche, più supporto, più comunicazione interna. L'iniziativa di Von der Leyen può aiutare: se si riduce la frammentazione, le startup europee potranno scalare più facilmente».
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HAMILTON ROSBERG
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