CASINO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI SBATTE FINI AL MURO: «LE TUE MINACCE SERVONO A POCO, ANZI A NULLA. DEVI STARE ATTENTO, SAI BENE CHE CONTROLLO METÀ DEL TUO PARTITO, SAI BENE CHE MOLTI PARLAMENTARI SEGUONO ME, NON TE».

Marco Galluzzo per il "Corriere della sera"


Si accomodano nel salottino intorno alle 9.30. Le due anticamere che separano il piccolo studiolo damascato dalla sala del Consiglio attutiscono le parole. L'unica finestra presente dà su via del Corso, filtra poca luce. Al primo piano di Palazzo Chigi sta per andare in scena l'ennesimo scontro verbale della legislatura. I protagonisti sono sempre gli stessi: Fini e Berlusconi. L'aria è più pesante delle altre volte. E' solo l'inizio di una giornata a tratti drammatica, in cui voleranno parole grosse, minacce, accuse di ricatti. Sino a notte fonda.

Alla discussione partecipa anche Follini. E' più rilassato dei due colleghi di governo. Ha convocato l'ufficio politico per martedì prossimo, non ha l'impellenza del leader di An, che oggi pomeriggio dovrà dare risposte all'ala più dura del suo partito. Risposte che non ha ancora, che pretende da Berlusconi.

«Che intenzioni hai?»
La conversazione entra subito nel vivo. Il ministro degli Esteri chiede conto a Berlusconi: «Che intenzioni hai? Non puoi continuare a fare finta di nulla, devi ammettere che questa coalizione è in crisi, riconoscere che occorre uno choc. E ti avverto che oggi non è come in passato, questa volta si va fino in fondo».

E' solo l'inizio di un'escalation verbale che ha poco di politico, che si alimenta delle scorie personali fra i protagonisti dell'incontro. Fini e Berlusconi ormai condividono un grado reciproco di tolleranza prossimo allo zero. Quello fra il capo del governo e Follini è sotto zero da diversi mesi. Bastava ascoltare il capo del governo la settimana scorsa, al pranzo con i vecchi compagni di scuola, parlare della coppia che dirige An e Udc: «Sono attaccati alle poltrone, al potere, alle clientele e a qualcos'altro che potete ben intendere». Il «qualcos'altro» il premier lo spiegherà a chiare lettere: concetto monetario.

I ministri arrivano alla spicciolata, la sala del Consiglio si riempie. Martino si appresta a parlare del Sudan, dell'invio dei caschi blu dell'Onu. Lunardi sta per spiegare le ragioni della revisione della parte aeronautica del Codice di navigazione. La Moratti porta con sé il regolamento sul sistema elettorale degli Ordini dei dottori agronomi. Un'ora dopo, quando tutto sarà finito, nel cortile del Palazzo, prima di guadagnare l'uscita, il ministro dell'Economia Siniscalco commenterà: «C'era un clima surreale, si parlava di tutto tranne di quello che tutti pensavano, le elezioni anticipate».

Un passo indietro. Siamo di nuovo nel salottino attiguo allo studio del Presidente del Consiglio. Mentre i ministri salgono, la discussione è entrata nel vivo.

«Fai un gesto forte»
Fini, rivolto a Berlusconi: «Non sei stato capace di un gesto forte. Ora quel gesto te lo chiedo io». Il riferimento è a un ventaglio di ipotesi che vanno dallo choc elettorale al profondo rimescolamento del governo alle dimissioni.
Il capo del governo sino a questo momento ha ascoltato e incassato. Tormenta a tratti la cravatta. Cambia posizione nei cuscini. Lo fa quando è irritato, con più frequenza quando sta per esplodere. Poco distante c'è anche Letta, gli occhi bassi sul pavimento, in faccia l'espressione sconsolata del mediatore di professione che ha già fiutato l'aria: c'è poco da mediare e ancora molto da sfogare.



Fini non fa nemmeno in tempo a finire e inizia Berlusconi. Il tono della conservazione è ormai molto alto: «Le tue minacce servono a poco, anzi a nulla. Devi stare attento, sai bene che controllo metà del tuo partito, sai bene che molti parlamentari seguono me, non te».

Minaccia contro minaccia, ricatto contro ricatto, il faccia a faccia non ha più argini. Il vicepremier Follini prova a sedare gli animi, appoggia (senza tanta convinzione) l'altro vicepremier, riesce nell'intento opposto.

Berlusconi si infuria ancora di più: «Allora spiegatemi una cosa voi due. Voi che siete così bravi a fare analisi, a suggerire cambiamenti, che sapete solo chiedere e mai fare squadra, mai lavorare realmente per la coalizione. Se siete così bravi spiegatemi perché avete così pochi voti. Forza Italia è uscita sconfitta dalle elezioni, verissimo, l'ho ammesso. Ma voi due non ammettete mai nulla».

Doppia conclusione. Prima rivolta a Follini: «E allora se tu così bravo prova spiegarmi perché sei fermo al 5%». Poi rivolto a Fini: «E tu spiegami perché sei rimasto al palo, perché non riesci ad andare oltre il 10%».

Molti ministri sono ormai seduti al loro posto, sono le 10 del mattino, l'inizio del Consiglio è già slittato di mezz'ora. Fini non riesce a contenersi. E' esploso Berlusconi, esplode anche lui: «Ti avverto, io oggi non mi dimetto solo per senso della responsabilità, solo perché siamo in un momento delicato, domani ci sono i funerali del Papa, oggi pomeriggio c'è Bush. Ma più tardi ne riparliamo».

«Cos'è questo titolo?»
Alle 10 e 10 inizia il Consiglio dei ministri. I ministri parlano di Darfur, di agronomi, di Codice della navigazione. Berlusconi e Fini continuano a produrre bile. Questa volta sottovoce. Non tutti sentono. Tutti vedono. Premier e vice hanno i quotidiani davanti, poggiati sul grande tavolo del governo. Berlusconi prendere in mano il «Secolo», voce ufficiale della destra: «E' di questo titolo che mi dici? E' finito il berlusconismo? Ma bravi, proprio bravi». Fini guarda il «Secolo» come cosa che non lo riguarda, più o meno come guarda Berlusconi quando il livello di insofferenza ha varcato la soglia limite.

I colleghi di governo li vedono parlottare. La discussione cade sulla data del referendum. Fini dà un saggio dell'ottimo umore (si fa per dire) che gli si legge in faccia: «Se non siamo d'accordo nemmeno su una data meglio finirla qui con il governo».

Il Consiglio dei ministri viene sospeso alle 11 e 30. Follini confida a un collega quello che tutti sanno: «Nessuno ha una ricetta, non esiste ancora uno straccio di soluzione». Dodici ore dopo, a villa Madama, un altro scontro a porte chiuse fra Fini e il capo del governo. Appena terminata la cena con Bush.


Dagospia 08 Aprile 2005