BERLUSCONI ARI-BULGARO: "SANTORO È UNO SCANDALO. LA DANDINI PURE. CI MANCAVA SOLO IL RITORNO DI BIAGI PER CHIUDERE IL QUADRETTO - FA BENE CHI NON PAGA IL CANONE" - A MONTECITORIO D'ALEMA E MUSSI SI VOLTANO DALL'ALTRA PARTE PUR DI NON SALUTARMI".
Augusto Minzolini per "La Stampa"
L'attacco più duro Silvio Berlusconi lo riserva alla Rai targata Unione. «Anno Zero di Santoro - sentenzia il Cavaliere - è uno scandalo. La Dandini pure. Ci mancava solo il ritorno di Biagi per chiudere il quadretto. E di fronte a questa Rai ricevo un sacco di fax di gente che non vuole più pagare il canone. Io come ex-Presidente del consiglio non posso dire niente. Ma qui vi dico che fanno bene».
E già, la Tv rimane un nervo scoperto per Berlusconi dall'ultima campagna elettorale: «Gli alleati mi hanno impedito di cambiare la "par condicio" per avere delle regole più giuste. Prodi ha voluto fare solo due confronti con me. Ho tentato di farne un altro su Canale cinque, ma lui ha detto no, come pure gli altri leader della sinistra. Ho tentato di andarci da solo rispondendo alle domande di giornalisti che non erano dalla nostra parte, ma i giornalisti assunti da Mentana me lo hanno impedito minacciando uno sciopero».
Questo, però, appartiene al passato. Ora, invece, Berlusconi si sente di nuovo forte ed ha cambiato strategia: «Prodi ha i fischi che si merita per quello che sta facendo, mentre io non riesco a muovermi nè a Roma nè a Milano per le manifestazioni di affetto che la gente mi fa per strada».
Così, nella sua roccaforte milanese, parlando agli eletti in Lombardia riuniti dalla coordinatrice Mariastella Gelmini in un albergo di Sesto San Giovanni, l'ex-Stalingrado d'Italia, il Cavaliere è tornato ad indossare la corazza: «Avevo proposto a Prodi subito dopo le elezioni di mettere su un governo di grande coalizione. Mi ha risposto di no. Credo che il tempo sia scaduto. Ormai siamo nella fase della contrapposizione».
E sugli uomini della maggioranza dice: «questi sono sempre incazzati... Pensate che a Montecitorio, quando mi incontrano, D'Alema e Mussi si voltano dall'altra parte pur di non salutarmi».
Quando poi si tratta di brandire la spada Berlusconi non è secondo a nessuno. Ha cominciato con l'attacco frontale a questa Finanziaria e poi ha puntato di nuovo sul riconteggio delle schede elettorali: «Il voto degli italiani all'estero è la prova inconfutabile di quanto è successo nelle ultime elezioni. Lì è successo qualcosa di incredibile. Addirittura c'è un esponente di An che ha inviato 3400 schede già compilate dai suoi elettori e ne ha ritrovate solo mille. Ecco perché voglio il riconteggio di tutte le schede. Altroché le accuse di brogli che Deaglio ha mosso contro di noi. Quelle sì che sono odiose. Loro ci debbono invece spiegare cos'è successo quando ci sono stati dei ritardi nello scrutinio dei voti in Campania e in Calabria».
Insomma, dopo la manifestazione di Roma il Cavaliere punta all'escalation. «C'è una cosa su cui non riesco a darmi pace - si è sfogato - mesi e mesi per trovare un'intesa sul ponte di Messina. Riesco anche a dare l'appalto ad un'impresa italiana e questi smontano tutto in una riunione del Consiglio dei Ministri durata cinque minuti. Assurdo».
Per cui d'ora in avanti con una maggioranza che è egemonizzata dal «blocco ideologico» degli ex-comunisti il Cavaliere non vuole più avere nulla a che fare. La strategia è quella dell'opposizione dura e, contemporaneamente, della riorganizzazione del centro-destra. «Oggi ho parlato con Bossi - ha spiegato Berlusconi ai suoi - e sulla creazione della federazione del centro-destra è con noi. Anche sulle regole interne, a cominciare dalla possibilità di assumere decisioni a maggioranza qualificata. Magari anche alta, un 75%».
Su Pierferdinando Casini, sull'altra opposizione, solo parole di circostanza: «Non c'è nessuna freddezza tra di noi». Invece c'è un ritrovato amore verso Forza Italia: «Ormai siamo al 31,7% nei sondaggi. Non siamo mai stati così forti».
E visto che c'era, il premier ha voluto a fare un discorsetto ai due astri del firmamento lombardo, Letizia Moratti e Roberto Formigoni, che nella logica della corsa alla successione non perdono occasione per beccarsi: lui per adesso non ha nessuna intenzione di mollare. Ha cominciato facendo un racconto del suo svenimento da grande istrione: «Guardate - ha raccontato a quella platea di fedelissimi - che non sono stato male. Mi hanno chiamato alle 9 del mattino dicendomi che dovevo andare assolutamente a Montecatini perché c'erano le tv. Sono andato lì, in elicottero, senza fare colazione. Quando sono arrivato ho chiesto un bicchier d'acqua e invece mi hanno buttato subito sul palco. Avevo la gola secca... beh, diciamoci la verità, poteva succedere a tutti».
Poi ha lanciato un segnale: «Vedete io non ho nessuna ambizione personale. Sono pronto a fare quello che richiede la situazione. Io non penso che dopo di me ci sia il diluvio. Anzi credo che un uomo politico, come un uomo di industria, o chiunque si rispetti, deve fare di tutto per far sì che quanto ha creato non sia passeggero. Altrimenti è condannato dalla Storia. Ecco perché dobbiamo creare una classe dirigente che faccia in modo che quanto abbiamo creato sia un baluardo nella difesa della democrazia in questo Paese. E io non lascerò fino a quando non avrò raggiunto questo obiettivo». Tradotto: il Cavaliere non ha ancora nessuna voglia di mollare.
Dagospia 12 Dicembre 2006
L'attacco più duro Silvio Berlusconi lo riserva alla Rai targata Unione. «Anno Zero di Santoro - sentenzia il Cavaliere - è uno scandalo. La Dandini pure. Ci mancava solo il ritorno di Biagi per chiudere il quadretto. E di fronte a questa Rai ricevo un sacco di fax di gente che non vuole più pagare il canone. Io come ex-Presidente del consiglio non posso dire niente. Ma qui vi dico che fanno bene».
E già, la Tv rimane un nervo scoperto per Berlusconi dall'ultima campagna elettorale: «Gli alleati mi hanno impedito di cambiare la "par condicio" per avere delle regole più giuste. Prodi ha voluto fare solo due confronti con me. Ho tentato di farne un altro su Canale cinque, ma lui ha detto no, come pure gli altri leader della sinistra. Ho tentato di andarci da solo rispondendo alle domande di giornalisti che non erano dalla nostra parte, ma i giornalisti assunti da Mentana me lo hanno impedito minacciando uno sciopero».
Questo, però, appartiene al passato. Ora, invece, Berlusconi si sente di nuovo forte ed ha cambiato strategia: «Prodi ha i fischi che si merita per quello che sta facendo, mentre io non riesco a muovermi nè a Roma nè a Milano per le manifestazioni di affetto che la gente mi fa per strada».
Così, nella sua roccaforte milanese, parlando agli eletti in Lombardia riuniti dalla coordinatrice Mariastella Gelmini in un albergo di Sesto San Giovanni, l'ex-Stalingrado d'Italia, il Cavaliere è tornato ad indossare la corazza: «Avevo proposto a Prodi subito dopo le elezioni di mettere su un governo di grande coalizione. Mi ha risposto di no. Credo che il tempo sia scaduto. Ormai siamo nella fase della contrapposizione».
E sugli uomini della maggioranza dice: «questi sono sempre incazzati... Pensate che a Montecitorio, quando mi incontrano, D'Alema e Mussi si voltano dall'altra parte pur di non salutarmi».
Quando poi si tratta di brandire la spada Berlusconi non è secondo a nessuno. Ha cominciato con l'attacco frontale a questa Finanziaria e poi ha puntato di nuovo sul riconteggio delle schede elettorali: «Il voto degli italiani all'estero è la prova inconfutabile di quanto è successo nelle ultime elezioni. Lì è successo qualcosa di incredibile. Addirittura c'è un esponente di An che ha inviato 3400 schede già compilate dai suoi elettori e ne ha ritrovate solo mille. Ecco perché voglio il riconteggio di tutte le schede. Altroché le accuse di brogli che Deaglio ha mosso contro di noi. Quelle sì che sono odiose. Loro ci debbono invece spiegare cos'è successo quando ci sono stati dei ritardi nello scrutinio dei voti in Campania e in Calabria».
Insomma, dopo la manifestazione di Roma il Cavaliere punta all'escalation. «C'è una cosa su cui non riesco a darmi pace - si è sfogato - mesi e mesi per trovare un'intesa sul ponte di Messina. Riesco anche a dare l'appalto ad un'impresa italiana e questi smontano tutto in una riunione del Consiglio dei Ministri durata cinque minuti. Assurdo».
Per cui d'ora in avanti con una maggioranza che è egemonizzata dal «blocco ideologico» degli ex-comunisti il Cavaliere non vuole più avere nulla a che fare. La strategia è quella dell'opposizione dura e, contemporaneamente, della riorganizzazione del centro-destra. «Oggi ho parlato con Bossi - ha spiegato Berlusconi ai suoi - e sulla creazione della federazione del centro-destra è con noi. Anche sulle regole interne, a cominciare dalla possibilità di assumere decisioni a maggioranza qualificata. Magari anche alta, un 75%».
Su Pierferdinando Casini, sull'altra opposizione, solo parole di circostanza: «Non c'è nessuna freddezza tra di noi». Invece c'è un ritrovato amore verso Forza Italia: «Ormai siamo al 31,7% nei sondaggi. Non siamo mai stati così forti».
E visto che c'era, il premier ha voluto a fare un discorsetto ai due astri del firmamento lombardo, Letizia Moratti e Roberto Formigoni, che nella logica della corsa alla successione non perdono occasione per beccarsi: lui per adesso non ha nessuna intenzione di mollare. Ha cominciato facendo un racconto del suo svenimento da grande istrione: «Guardate - ha raccontato a quella platea di fedelissimi - che non sono stato male. Mi hanno chiamato alle 9 del mattino dicendomi che dovevo andare assolutamente a Montecatini perché c'erano le tv. Sono andato lì, in elicottero, senza fare colazione. Quando sono arrivato ho chiesto un bicchier d'acqua e invece mi hanno buttato subito sul palco. Avevo la gola secca... beh, diciamoci la verità, poteva succedere a tutti».
Poi ha lanciato un segnale: «Vedete io non ho nessuna ambizione personale. Sono pronto a fare quello che richiede la situazione. Io non penso che dopo di me ci sia il diluvio. Anzi credo che un uomo politico, come un uomo di industria, o chiunque si rispetti, deve fare di tutto per far sì che quanto ha creato non sia passeggero. Altrimenti è condannato dalla Storia. Ecco perché dobbiamo creare una classe dirigente che faccia in modo che quanto abbiamo creato sia un baluardo nella difesa della democrazia in questo Paese. E io non lascerò fino a quando non avrò raggiunto questo obiettivo». Tradotto: il Cavaliere non ha ancora nessuna voglia di mollare.
Dagospia 12 Dicembre 2006