STORACE: IO ROMANISTA FAZIOSO, RUTELLI LAZIALE IPOCRITA

Domenica c'è l'atteso derby Lazio-Roma, e il settimanale "Rigore" pubblica domani una incandescente intervista di Paolo Di Caro a Francesco Storace, partigiano giallorosso. Ne pubblichiamo le dichiarazioni più truci e trucide.
- Storace verace: " Mi vanto pubblicamente di non essere uno sportivo, un tecnico, ma solo un tifoso orrendamente fazioso. Mi piace quando vinco, non mi piace quando perdo, mi piace l'allenatore se mi porta i risultati, lo voglio cacciare se sbaglia.".

- Il Derby: "l'Evento con la maiuscola, la Passione, l'Orgoglio, il Calcio, l'Anima. Se metti assieme le maiuscole, lo capisci cos'è: chi lo vince, segna un'E.P.O.C.A.".
- Roma caput calcio: " È un mix di fattori: un allenatore straordinario che come Re Mida trasforma in oro tutto ciò che tocca; una società che ha investito bene, tanto che dopo un lungo periodo di lite (perché il presidente giallorosso alle scorse comunali invitò D'Alema a Trigoria, ndr) a Roma-Fiorentina ho abbracciato Sensi in pubblico; una squadra che si permette il lusso di tenere Montella nell'hangar e due fuoriclasse come Batistuta e Totti in campo".

- Il calcio-tv è gay: "L'overdose di calcio in tivù mi dà tremendamente fastidio: davanti allo schermo mi addormento, ammetto solo Novantesimo minuto e La Domenica sportiva. Fosse per me, abolirei i diritti televisivi, stanno diventando una cosa oscena: la partita va vista allo stadio, tra il sudore e le parolacce, tra i cori dei tifosi. Il diritto di tifare te lo devi conquistare, e il calcio in tivù è come il matrimonio gay: sarà pure moderno, ma siccome io sono mostruosamente antiquato, non mi piace per niente".

- Ultimo stadio a destra: "È noto, tutte le statistiche lo confermano, che i giovani sono più di destra che di sinistra, e questo si riflette anche negli stadi. Lo stadio è uno specchio della società, ma ne estremizza le tensioni, le esaspera, le moltiplica per l'"effetto branco". Le faccio un esempio. Due domeniche fa ero in trasferta a Perugia, squadra dalla tifoseria "rossa". Un tizio mi ha riconosciuto, ha cominciato a inveire contro di me e in centinaia dietro di lui hanno fatto altrettanto, mi hanno tirato roba, un casino, non li ho denunciati perché sono buono. Ma questo non significa che in condizioni normali io non possa passeggiare tranquillamente per la città: allo stadio, come in un corteo, in una manifestazione pubblica, si fa gruppo, si dicono e fanno cose che da soli si eviterebbero, si diventa appunto branco, più si è e più si strilla. I "buuh" allo stadio contro i giocatori neri non sono una bella cosa, ma non significa che l'Italia sia un paese razzista. Fuori dallo stadio le cose cambiano".

- Politica e tifo. "Erano le politiche del '96 e un mio consigliere comunale, Ceretti, mi portò in piazzale degli Eroi, il cuore del mio collegio elettorale, perché i commercianti locali, di destra ma laziali, non mi volevano votare in quanto romanista. Andai, mi feci conoscere, pensai di averli convinti ma alla fine uno mi propose la prova del fuoco: "Te devi mette la sciarpa biancazzura al collo, sinnò nun te votamo". Lo guardai truce. E gli risposi: "Ste cose le fa solo Rutelli, che s'è fatto fotografà con la sciarpa giallorossa. Si me volete votà, me votate. Sinnò, beccateve i rossi. E sempre Forza Roma". Come finì? Mi votarono: "Bravo, nun sei n'ipocrita.", dissero".

- Rutelli laziale: "E che gli devo dì? Che per lui sarà un anno proprio brutto, in genere, mi sa che gli dice male. Ha mai litigato con Rutelli per il calcio? Io no. Fu lui durante un derby ad aggredirmi a male parole in tribuna d'onore perché in consiglio comunale avevo fatto un'interrogazione contro una sua decisione. La Palombelli poverella, che è romanista, era imbarazzata. L'avrei capito se voleva fa' a cazzotti per Roma e Lazio, ma per un'interrogazione. E comunque, vista la stazza, sarebbe finita male per lui".


Copyright "RIGORE" - intervista di Paola Di Caro