SONO ALMENO 16 GLI ITALIANI MORTI (OLTRE 80 I FERITI)
«AD ATTACCARE NON POSSONO ESSERE STATI GLI IRACHENI»
LA MINACCIA DI AL QAEDA ALL'ITALIA NELL'ULTIMO MESSAGGIO
«AD ATTACCARE NON POSSONO ESSERE STATI GLI IRACHENI»
LA MINACCIA DI AL QAEDA ALL'ITALIA NELL'ULTIMO MESSAGGIO
Da www.unita.it
La guerra in Iraq, alla fine, ha coinvolto anche l'Italia. Con un bilancio tragico. Alle 10.40 locali (quando in Italia erano le otto e quaranta), a Nassirya, in Iraq, un'autobomba è esplosa davanti alla base italiana dei Carabinieri dell'Msu (Multinational Specialized Unit), che si sono installati nell'ex Camera di Commercio.
L'esplosione della vettura, guidata da un kamikaze, ha innescato una serie di altre esplosioni, facendo saltare il deposito d'armi. Quattordici militari italiani morti: undici carabinieri fra cui un maresciallo e tre soldati. Il bilancio si è aggravato nel corso della mattinata: «È probabile che nell' esplosione ci siano ulteriori vittime rispetto alla sei già accertate», aveva spiegato il comando generale dell' arma dei carabinieri. Drammatico il bilancio anche fra i civili: si ha notizia di otto morti e di almeno dodici feriti. Gravi.
Le notizie, come si può immaginare, sono ancora frammentarie. Secondo le prime informazioni, comunque, sembra che un'autobomba (qualche testimone racconta che si tratterebbe di un camion), guidata da un kamikaze, è eslosa davanti alla base italiana dei Carabinieri dell'Msu (Multinational Specialized Unit), che hanno preso possesso dell'ex Camera di Commercio. La deflagrazione ha innescato una serie di esplosioni a catena che hanno raggiunto il deposito d'armi dei carabinieri.
Sembra che la prima ad essere stata colpita, sia stata colpita la palazzina dove sono alloggiati i militari italiani. L'edificio è crollato. Ed è per questo che si parla ancora di «almeno» dodici morti. Dalla palazzina degli alloggi è subito divampato un incendio che s'è propagato al deposito delle munizioni. Le testimonianze raccontano di scene di panico, con decine di civili che fuggivano fra il fumo acre che impediva la vista.
Il comando generale dell'arma che ha attivato un numero di telefono (06/80982152) per informazioni a disposizione esclusivamente delle famiglie dei carabinieri di stanza nella base italiana.
Cinque mesi di calma apparente. E un camion fantasma carico di esplosivo
«Ad attaccare il contingente italiano a Nassirya non possono essere stati gli iracheni». Lo afferma Alessandro Pagliacci, direttore sanitario del Medical city center di Baghdad. «Questo attacco ci ha sorpreso molto - dichiara il rappresentante della Croce Rossa - Gli italiani qui sono molto amati, la popolazione ha sempre avuto con noi ottimi rapporti. In realtà non credo proprio che siano stati iracheni a sferrare questo attacco. Piuttosto penso a fazioni rivali».
Più volte in questi mesi si è detto che la zona in cui si trovano i militari italiani è fra le più tranquille del paese, assolutamente non paragonabile ad altre aree, del tutto diversa dal cosiddetto "triangolo sunnita". In realtà momenti di tensione e piccoli incidenti non sono mancati neanche a Nassirya. A fine giugno, pochi giorni dopo l'arrivo del contingente italiano, l'imam cieco della città, Audauy Salih al-Sadoon, aveva lanciato un durissimo avvertimento a tutte le truppe «occupanti» presenti in Iraq, italiani inclusi. «L'Iraq sa badare a se stesso da solo - aveva detto l'imam - abbiamo i nostri ingegneri, i nostri operai e non ci servono gli stranieri per ricostruire il paese. I soldati italiani? Anche loro sono entrati con le armi dopo la guerra. E chi entra con la forza troverà grandi ostacoli».
Fortunatamente la sua invettiva non aveva avuto seguito. Ai primi di luglio però c'era stato un grave allarme. Fonti di intelligence Usa avevano infatti segnalato ai comandi italiani la presenza di un presunto autobus-bomba pronto a farsi saltare in aria nella zona di Nassiriya. Anche allora il colonnello Georg Di Pauli, comandante dei carabinieri di stanza nella città, aveva assicurato che «qui non c'è gente che ce l'ha con noi», ma le misure di sicurezza intorno alle basi militari italiane erano state rafforzate. Perchè, aveva aggiunto il colonnello «di mira potrebbe essere preso qualsiasi obiettivo dove ci sono forze della coalizione, organizzazioni non governative, comunque stranieri».
A settembre altri giorni di grande tensione. Infatti Il 7 di quel mese, una sparatoria aveva coinvolto i bersaglieri che, nello stadio di Nassiriya, consegnavano agli ex-soldati iracheni le «paghe arretrate» con l'obiettivo di evitare disordini e di permettere loro di mantenere le famiglie. Almeno duemila ex-soldati iracheni si erano messi in fila nella speranza di ottenere i soldi promessi. L'attesa era andata per le lunghe, erano scoppiati i primi tafferugli che la polizia locale aveva cercato di arginare; poi erano comparse armi da fuoco ed era iniziata una sparatoria. I poliziotti iracheni avevano esploso alcuni colpi in aria, poi erano stati coinvolti i bersaglieri italiani della brigata Garibaldi che avevano a loro volta sparato in aria. Dalla folla inferocita erano partiti altri colpi di arma da fuoco ed un proiettile aveva centrato al volto un interprete iracheno che lavorava per la Cpa (Coalition Provisional Authority) che, sotto la guida degli americani, dirige le forze di occupazione in Iraq. L'uomo era morto pochi istanti dopo.
Ma si può ricercare in questi episodi l'origine dell'attentato di oggi? E' presto per dare una risposta, e le fonti ufficiali non azzardano ipotesi. Di certo si sa che Al Qaeda aveva minacciato esplicitamente l'Italia nell'ultimo messaggio audio attribuito a Osama Bin Laden, trasmesso dalla televisione Al Jazeera il 18 ottobre scorso. «Ci riserviamo il diritto di compiere rappresaglie nel momento e nel luogo opportuni contro tutti i paesi che partecipano a questa guerra ingiusta, nello specifico, Gran Bretagna, Spagna, Australia, Polonia, Giappone e Italia». Queste le parole di Osama.
Dagospia.com 12 Novembre 2003
La guerra in Iraq, alla fine, ha coinvolto anche l'Italia. Con un bilancio tragico. Alle 10.40 locali (quando in Italia erano le otto e quaranta), a Nassirya, in Iraq, un'autobomba è esplosa davanti alla base italiana dei Carabinieri dell'Msu (Multinational Specialized Unit), che si sono installati nell'ex Camera di Commercio.
L'esplosione della vettura, guidata da un kamikaze, ha innescato una serie di altre esplosioni, facendo saltare il deposito d'armi. Quattordici militari italiani morti: undici carabinieri fra cui un maresciallo e tre soldati. Il bilancio si è aggravato nel corso della mattinata: «È probabile che nell' esplosione ci siano ulteriori vittime rispetto alla sei già accertate», aveva spiegato il comando generale dell' arma dei carabinieri. Drammatico il bilancio anche fra i civili: si ha notizia di otto morti e di almeno dodici feriti. Gravi.
Le notizie, come si può immaginare, sono ancora frammentarie. Secondo le prime informazioni, comunque, sembra che un'autobomba (qualche testimone racconta che si tratterebbe di un camion), guidata da un kamikaze, è eslosa davanti alla base italiana dei Carabinieri dell'Msu (Multinational Specialized Unit), che hanno preso possesso dell'ex Camera di Commercio. La deflagrazione ha innescato una serie di esplosioni a catena che hanno raggiunto il deposito d'armi dei carabinieri.
Sembra che la prima ad essere stata colpita, sia stata colpita la palazzina dove sono alloggiati i militari italiani. L'edificio è crollato. Ed è per questo che si parla ancora di «almeno» dodici morti. Dalla palazzina degli alloggi è subito divampato un incendio che s'è propagato al deposito delle munizioni. Le testimonianze raccontano di scene di panico, con decine di civili che fuggivano fra il fumo acre che impediva la vista.
Il comando generale dell'arma che ha attivato un numero di telefono (06/80982152) per informazioni a disposizione esclusivamente delle famiglie dei carabinieri di stanza nella base italiana.
Cinque mesi di calma apparente. E un camion fantasma carico di esplosivo
«Ad attaccare il contingente italiano a Nassirya non possono essere stati gli iracheni». Lo afferma Alessandro Pagliacci, direttore sanitario del Medical city center di Baghdad. «Questo attacco ci ha sorpreso molto - dichiara il rappresentante della Croce Rossa - Gli italiani qui sono molto amati, la popolazione ha sempre avuto con noi ottimi rapporti. In realtà non credo proprio che siano stati iracheni a sferrare questo attacco. Piuttosto penso a fazioni rivali».
Più volte in questi mesi si è detto che la zona in cui si trovano i militari italiani è fra le più tranquille del paese, assolutamente non paragonabile ad altre aree, del tutto diversa dal cosiddetto "triangolo sunnita". In realtà momenti di tensione e piccoli incidenti non sono mancati neanche a Nassirya. A fine giugno, pochi giorni dopo l'arrivo del contingente italiano, l'imam cieco della città, Audauy Salih al-Sadoon, aveva lanciato un durissimo avvertimento a tutte le truppe «occupanti» presenti in Iraq, italiani inclusi. «L'Iraq sa badare a se stesso da solo - aveva detto l'imam - abbiamo i nostri ingegneri, i nostri operai e non ci servono gli stranieri per ricostruire il paese. I soldati italiani? Anche loro sono entrati con le armi dopo la guerra. E chi entra con la forza troverà grandi ostacoli».
Fortunatamente la sua invettiva non aveva avuto seguito. Ai primi di luglio però c'era stato un grave allarme. Fonti di intelligence Usa avevano infatti segnalato ai comandi italiani la presenza di un presunto autobus-bomba pronto a farsi saltare in aria nella zona di Nassiriya. Anche allora il colonnello Georg Di Pauli, comandante dei carabinieri di stanza nella città, aveva assicurato che «qui non c'è gente che ce l'ha con noi», ma le misure di sicurezza intorno alle basi militari italiane erano state rafforzate. Perchè, aveva aggiunto il colonnello «di mira potrebbe essere preso qualsiasi obiettivo dove ci sono forze della coalizione, organizzazioni non governative, comunque stranieri».
A settembre altri giorni di grande tensione. Infatti Il 7 di quel mese, una sparatoria aveva coinvolto i bersaglieri che, nello stadio di Nassiriya, consegnavano agli ex-soldati iracheni le «paghe arretrate» con l'obiettivo di evitare disordini e di permettere loro di mantenere le famiglie. Almeno duemila ex-soldati iracheni si erano messi in fila nella speranza di ottenere i soldi promessi. L'attesa era andata per le lunghe, erano scoppiati i primi tafferugli che la polizia locale aveva cercato di arginare; poi erano comparse armi da fuoco ed era iniziata una sparatoria. I poliziotti iracheni avevano esploso alcuni colpi in aria, poi erano stati coinvolti i bersaglieri italiani della brigata Garibaldi che avevano a loro volta sparato in aria. Dalla folla inferocita erano partiti altri colpi di arma da fuoco ed un proiettile aveva centrato al volto un interprete iracheno che lavorava per la Cpa (Coalition Provisional Authority) che, sotto la guida degli americani, dirige le forze di occupazione in Iraq. L'uomo era morto pochi istanti dopo.
Ma si può ricercare in questi episodi l'origine dell'attentato di oggi? E' presto per dare una risposta, e le fonti ufficiali non azzardano ipotesi. Di certo si sa che Al Qaeda aveva minacciato esplicitamente l'Italia nell'ultimo messaggio audio attribuito a Osama Bin Laden, trasmesso dalla televisione Al Jazeera il 18 ottobre scorso. «Ci riserviamo il diritto di compiere rappresaglie nel momento e nel luogo opportuni contro tutti i paesi che partecipano a questa guerra ingiusta, nello specifico, Gran Bretagna, Spagna, Australia, Polonia, Giappone e Italia». Queste le parole di Osama.
Dagospia.com 12 Novembre 2003