1. FATTO FUORI SPOSITO, LA MAXI-BEFANA DI BERNABÈ A CAIRO: CANCELLAZIONE DEI 260 MILIONI DI DEBITI FINANZIARI, CONSEGNA DI UN TESORETTO CASH DI 90 MILIONI, IMPEGNO A PRENDERSI IN CARICO UN CENTINAIO CHE LAVORANO A LA7, LA GARANZIA DI UN VISTOSO PACCHETTO DI PUBBLICITÀ TELECOM E UNO SCONTO DI 10 MILIONI SULLE BANDE DI TRASMISSIONE. IN Più BEBè SI TIENE UNA RETE (MTV) CHE PERDE QUEST’ANNO 15 MILIONI 2. “BAD REPUTATION”: I DUE AMICI GRILLI E PANSA (LEGATI DA STRETTI RAPPORTI DI AMICIZIA CHE SI SONO RAFFORZATI QUANDO IL MANAGER DI FINMECCANICA SEGUÌ COME PARTNER DI LAZARD LA QUOTAZIONE DEL GRUPPO), POTREBBERO FARE UN GESTO MERAVIGLIOSO ANNUNCIANDO LE LORO DIMISSIONI. COMUNQUE VADANO LE COSE LA LORO IMMAGINE ORMAI È SCALFITA E NESSUNO SCOMMETTE UN EURO SUL LORO FUTURO 3. NON SOLO PER FINI, PLATEE SEMI-DESERTE ANCHE PER D’ALEMA E LO SMONTEZEMOLATO 4. SENTI CHI PARLA! SUI GRILLINI, LUCHINO VA GIÙ PESANTE: “SONO DEI RAGAZZOTTI ANCHE BRAVI, PIENI DI VOLONTÀ MA CHE PRIMA DI FARE I PARLAMENTARI DEVONO CRESCERE”

1. "BAD REPUTATION": I DUE AMICI (LEGATI DA STRETTI RAPPORTI DI AMICIZIA CHE PROBABILMENTE SI SONO RAFFORZATI QUANDO IL MANAGER DI FINMECCANICA SEGUÌ COME PARTNER DI LAZARD LA QUOTAZIONE DEL GRUPPO) , POTREBBERO FARE UN GESTO MERAVIGLIOSO ANNUNCIANDO LE LORO DIMISSIONI. COMUNQUE VADANO LE COSE LA LORO IMMAGINE ORMAI È PROFONDAMENTE SCALFITA E NESSUNO SCOMMETTE UN EURO SUL LORO FUTURO.

Se c'è una cosa che il pallido Vittorio Grilli e Alessandro Pansa, il capo di Finmeccanica, conoscono alla perfezione è l'inglese che hanno imparato nella culla.

Forse Pansa, figlio di un grande giornalista legato alle radici contadine, l'ha appreso un po' più tardi, ma quando ha frequentato la Bocconi (la madre di tutti i sapientoni) e successivamente la Graduate Business Administration School presso l'Università di New York, di quella lingua sicuramente gli sono entrate nella testa le parole chiave del management e della cultura d'impresa.

Una di queste è "reputation", il termine che viene abbondantemente speso dentro le aziende come baluardo della credibilità. Oggi sia Grilli che Pansa sembrano aver dimenticato il valore di questo concetto senza il quale non si può difendere l'immagine di un'azienda, di un'istituzione e di una persona che abbia responsabilità di governance.

Sarebbe facile rimandarli alla sterminata letteratura sulla "reputation" oppure suggerire di fare una telefonata a società di consulenza come la "Reputation Institute" di Milano dove c'è una bella signora Roberta Bianco che è un'enciclopedia vivente.

A dire il vero qualche solerte centurione della comunicazione che sta affannosamente cercando di tutelare l'immagine dei due personaggi, potrebbe suggerire a Grilli e a Pansa di trovare un attimo di tempo per cercare nei libri dello scrittore mitteleuropeo Elias Canetti quella bella frase che suona così: "anche la lingua ha il suo silenzio".

Forse è chiedere troppo ai due protagonisti della vicenda Finmeccanica che, al di là di ogni prudenza e del disprezzo per la "reputation", hanno sciolto la lingua cacciandosi in un mare di guai. Tra i due ci sono soltanto cinque anni di differenza, il più anziano è il milanese Grilli nato nel 1957 mentre Pansa è del '62. Entrambi hanno comunque alle spalle un curriculum che sembra un medagliere ma ciò che emerge dalle intercettazioni telefoniche è un capolavoro di superficialità e di leggerezza.

Una buona dose di leggerezza l'ha avuta sicuramente il pallido Grilli quando non ha seguito con la dovuta attenzione l'intraprendenza dell'ex-moglie americana Lisa Lowenstein. Un errore fatale che ripropone ancora una volta il ruolo delle mogli terribili ben conosciuto nella storia dei potenti e da Pierfrancesco Guarguaglini che secondo l'opinione più diffusa ha pagato un prezzo altissimo per le iniziative della moglie Marina.

I carabinieri hanno messo nero su bianco una nota informativa sulla missione dell'amico Pansa a Mediobanca per cercare di "ristrutturare il debito contratto" dall'ex-moglie del pallido Grilli, e hanno dedotto che la storia è verissima e il ministro potrebbe essere ricattato.

Quest'ultimo oggi si difende con un lungo articolo sul "Sole 24 Ore" che non convince nemmeno il direttore del giornale Roberto Napoletano il quale con garbo sottolinea che i dubbi restano.

Per fugarli c'è un modo solo che dovrebbe essere alla portata degli strumenti investigativi delle forze dell'ordine. Poiché le iniziative dell'ex-moglie americana riguardano il buco di pochi milioni lasciato dentro tre piccole società per la vendita di gadget e statuine di gesso,perche' i potenti mezzi dei carabinieri o della guardia di finanza non riescono a trovare le tracce dei 400-500mila euro pagati da Finmeccanica o da altri soggetti?.

In questo modo si potrebbe chiudere la vicenda e tagliar corto sulle implicazioni generose di Pansa. Dopo questa operazione abbastanza facile, i due amici (legati da stretti rapporti di amicizia che probabilmente si sono rafforzati quando il manager di Finmeccanica seguì come partner di Lazard la quotazione del Gruppo) , potrebbero fare un gesto meraviglioso annunciando le loro dimissioni. Comunque vadano le cose la loro immagine ormai è profondamente scalfita e nessuno scommette un euro sul loro futuro.

Il pallido Grilli ha i piedi più fuori che dentro dal ministero dove il pavido Monti lo ha piazzato a luglio dell'anno scorso. Secondo voci insistenti il ministro loquace e ferito avrebbe già affittato un appartamento a Londra per lavorare in una merchant bank internazionale. In quella città avrà modo di sfoggiare il suo inglese perfetto e riscoprire il valore della "reputation".


2. IL DUPLEX BERNABÈ-CAIRO PER FAR FUORI SPOSITO
Che la vendita de "La7" diventasse un caso politico l'aveva capito perfino quel sito disgraziato di Dagospia, e ieri puntualmente è arrivata la conferma.

Un giorno si capiranno tutte le ragioni che hanno indotto Franchino Bernabè a dare un colpo di acceleratore sulla vendita della controllata di TelecomItalia. Tra queste dovrebbe emergere la pressione fortissima che su Franchino è stata esercitata dagli spagnoli di Telefonica che nel consiglio di amministrazione di lunedì sera a Milano gli hanno chiesto imperiosamente di liberarsi della zavorra televisiva.

Da quanto si è appreso il manager di Vipiteno è stato messo alle corde dagli uomini di Cesar Alierta, gli stessi che ieri si sono riuniti con gli altri soci di Telco per decidere la svalutazione delle loro partecipazioni in Telco, la scatola che controlla l'azienda di Bernabè.

Finora questi formidabili soggetti, tra cui bisogna annoverare Mediobanca, Intesa, Generali, hanno perso 2,3 miliardi di euro ai quali bisogna aggiungere 818 milioni volati via nel primo semestre.

È chiaro che anche il più ricco magnate si sarebbe incazzato di fronte alla prospettiva di perdere ulteriori quattrini per tenere in piedi il baracchino de "La7" ed ecco allora spuntare dal cilindro consunto di Bernabè l'offerta di Urbano Cairo, che ha letteralmente spiazzato quella del detestato Claudio Sposito, l'uomo che dal 2003 guida il fondo Clessidra.

Se gli spagnoli si sono incazzati per il tempo e i soldi persi dentro Telco e "La7", Sposito è andato letteralmente fuori dai gangheri e con una serie di telefonate a Bernabè ha cercato di rilanciare la sua offerta rispetto a quella dell'editore patron della squadra di calcio torinese. Il gol però lo ha fatto quest'ultimo ed è un gol mirabile dal punto di vista finanziario, una fucilata alla Totti che come nel caso dell'ultima partita del Pupone, è stata favorita dai varchi generosi aperti da Franchino Bernabè.

In pratica "La7" è stata ceduta al valore simbolico di un euro, ma ciò che più conta è la dote che Cairo ha ricevuto da Franchino per mettere il cappello sull'emittente. Con la cancellazione dei 260 milioni di debiti finanziari di TelecomItalia Media, la holding che ha in pancia "La7", Franchino, che si tiene una rete (MTV) che perde quest'anno 15 milioni, consegna nelle mani di Cairo un tesoretto cash di 90 milioni. Come non bastasse Telecom sembra che si sia impegnata a prendersi in carico parecchie decine di persone che lavorano a "La7" (si parla di un centinaio) e a garantire a Cairo un vistoso pacchetto di pubblicità aziendale.

A questo punto si capisce l'euforia dell'editore piemontese che assicura di concludere l'operazione entro giugno e non prende nessun impegno sui manager che attualmente gestiscono la televisione. Questo freddezza è rivolta anche nei confronti di Enrichetto Mentana che Cairo definisce "un gran bravo giornalista" e al quale dovrebbe rivolgere l'invito a non parlare ogni sera nel suo telegiornale con l'aria del padrone che ha sistemato le cose in nome dell'indipendenza e del pluralismo.


3. NON SOLO FINI, PLATEE SEMI-DESERTE ANCHE PER D'ALEMA E MONTEZEMOLO - SUI SEGUACI DI BEPPE GRILLO, LUCHINO È ANDATO GIÙ PESANTE DICENDO: "SONO DEI RAGAZZOTTI ANCHE BRAVI, PIENI DI VOLONTÀ MA CHE PRIMA DI FARE I SINDACI E I PARLAMENTARI O I MINISTRI DEVONO CRESCERE".

Fa una certa impressione vedere come alcuni personaggi ritenuti fino a poco tempo fa protagonisti della politica siano tagliati fuori dall'onda lunga delle piazze.

Ieri sera ad esempio Massimo D'Alema ha parlato davanti a poche decine di persone in un teatro parrocchiale che si trova vicino a casa sua e alle spalle della Rai. Il "lìder Maximo" aveva di fronte una platea al minimo, ma questo non gli ha impedito di esibire durante la presentazione del suo ultimo libro "Controcorrente" la lucidità cartesiana dei giudizi.

Così, dopo aver dimostrato per l'ennesima volta che la cosiddetta "società civile" è un corpo estraneo e lontano dalla sua cultura di partito, ha sferrato botte da orbi su Monti relegandolo nell'olimpo degli intellettuali illuministi che non capiscono un cazzo di politica. E dopo aver lanciato un messaggio subliminale e "moroteo" ai grillini, ha fatto una battuta divertente nei confronti di Luigi Zingales, l'economista di Chicago che con una tardiva rivelazione ha messo fuorigioco l'ambizioso Oscar Giannino.

"Il fatto che Giannino non abbia preso la laurea a Chicago - ha detto D'Alema in polemica con i discepoli iperliberisti di Milton Friedman - è da considerare un titolo di merito".

La platea era sguarnita anche nel'auditorium di Parma dove Luchino di Montezemolo ha parlato durante una delle rare tappe del suo tour elettorale. Nella sala che contiene poco meno di 800 persone c'erano i rappresentanti dell'Unione industriale e qualche autorità ,ma i posti vuoti erano di gran lunga superiori agli altri.

Luchino si è presentato - così scrivono i giornali locali - con un'impeccabile giacca blu, la cravatta chiara, il fazzoletto bianco nel taschino e le Tod's ai piedi regalate dal suo compagno di merenda Della Valle. A differenza di D'Alema che non disprezza l'eventualità di una "inclusione" parlamentare dei seguaci di Beppe Grillo, Luchino è andato giù pesante dicendo: "sono dei ragazzotti anche bravi, pieni di volontà ma che prima di fare i sindaci e i parlamentari o i ministri devono crescere".

Poi facendo appello alla sterminata cultura partorita nel think tank di "ItaliaFutura" ha aggiunto: "come dicono a Roma, devono mangiare sapone".

Dopo queste parole ,nobili e meditate, non ha potuto sottrarsi all'ennesimo spot sulla Ferrari e ha esclamato: "siamo il marchio più prestigioso del mondo".


4. RICONOSCIMENTO È STATO CONFERITO A COLANINNO PER L'IMMAGINE DELL'ITALIA. NON DELL'ALITALIA
Avviso ai naviganti: "Si avvisano i signori naviganti che Roberto Colaninno ieri era davvero commosso quando al Quirinale il presidente della Repubblica gli ha conferito il premio "Leonardo 2012".

All'imprenditrice Luisa Todini che ha presentato l'evento non è sfuggita l'emozione del manager che secondo la motivazione del Premio "si è distinto nel promuovere l'immagine dell'Italia nel mondo". Solo alcuni tra i presenti hanno notato che l'ambito riconoscimento è stato conferito a Colaninno per l'immagine dell'Italia. Non dell'Alitalia".

 

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