SCAZZI PER FINTA - APPENA IL “CORRIERE” DELLE BANCHE SUSSURRA AI SUOI LETTORI CHE LE PICCOLE-MEDIE IMPRESE SONO STROZZATE, SUBITO ARRIVA LA LETTERA DEI BANCHIERI, ZEPPA DI CIFRE E DI “QUANTO SIAMO BRAVI” - MA I NUMERI VANNO LETTI BENE: ALLE PMI SERVE MOLTO PIÙ, E SE ALCUNE BANCHE VANNO MALE È COLPA DEI MANAGER, NON DELLA CRISI - POI, SE TUTTI I MILIARDI DELLA BCE VANNO IN REDDITIZI BTP O PER COPRIRE I DEBITI DI LIGRESTI, PAGINE GIALLE, TASSARA E IMMOBILIARISTI, AGLI ALTRI RESTANO LE BRICIOLE…
1- BANCHE: PRESIDENTI ASSOCIAZIONI, IL NOSTRO RUOLO PER LA CRESCITA - LETTERA SUL CORRIERE DELLA SERA...
Corriere.it - Le banche confermano "il serio impegno a moltiplicare gli sforzi" fatti finora con l'obiettivo di far crescere l'economia". Lo scrivono Alessandro Azzi, presidente Banche credito cooperativo, Carlo Fratta Pasini, numero uno delle Popolari, Giuseppe Mussari, presidente Abi, Antonio Patuelli, presidente Acri e Camillo Vanesio, presidente Banche private, in una lettera pubblicata sul Corriere della Sera, ricordando che i finanziamenti bancari alle imprese sono piu' del 60% delle attivita', che nel 2011 sono saliti del 4,1% e oltre il 50% e' andato a pmi.
I banchieri scrivono che le banche hanno tenuto fuori il Paese dalla crisi del 2008 e non sono costate "nulla" ai governi; plaudono alla decisione della Bce che ha permesso "di evitare la riduzione del credito"; chiedono modifiche a Basilea 3 e di partecipare alla ricerca di una soluzione sui ritardi di pagamento da parte della P.A. alle imprese.
2- LE CIFRE VANNO LETTE...
Bankomat per Dagospia
E' chiaro che ai banchieri non pareva vero di poter dimostrare cifre alla mano quanto sono bravi. Il punto è che le cifre vanno lette, e i giornalisti - purtroppo anche i migliori - assegnano spesso più importanza a discussioni, opinioni e impressioni rispetto ai fatti ed alle cifre. In caso contrario, in effetti sarebbero dei professionisti pagati per quello che sanno e non per quello che dicono. Ma questa è un'altra storia.
Ci riferiamo alla non polemica fra Dario Di Vico del Corriere, che aveva a suo modo criticato le banche italiane per lesinare il credito alle imprese pur avendo ricevuto ottima liquidità dalla Bce, ed i banchieri che oggi sul loro Corriere rispondono per le rime. Che molte banche abbiano preso questi danari recentemente e reimpiegati senza rischio ed ottimo tasso su titoli di stato, la cosa è nota. Ma sul tema ampio e complesso del rapporto banca-impresa dovremmo stare attenti a non fare discorsi troppo sempliciotti, che poi finiscono per favorire i banchieri, non interessati alla chiarezza.
Dobbiamo partire dai numeri, e comprendere i fatti, che come Bankomat denunciava a inizio d'anno parlano di un mercato bancario italiano nel 2011 del tutto in salute, stando alle macro cifre.
I dati ABI di novembre parlavano di aumenti della raccolta e degli impieghi, ed ancor più dei tassi medi d'impiego rispetto a quelli di raccolta. In particolare, a fine ottobre 2011 il prestiti al settore privato raggiungevano la non tenue cifra di 1700 miliardi, oggettivamente il più 5% rispetto al periodo omologo del 2010. Vedremo però appena possibile i dati del trimestre ottobre-dicembre 2011. E soprattutto vedremo quelli disaggregati per tipologia di "prenditore" cioè sia esso grande impresa, piccola e media o famiglie. La sensazione di Dario Di Vico potrebbe rivelarsi corretta.
I dati che Bankomat commentava a inizio d'anno parlavano di un'industria bancaria tutto sommato in salute, rispetto ai suoi aggregati tipici di mercato, salvo i problemi che ogni singola banca poteva avere per la crescita di incagli e sofferenze (e questa è oggettiva) o di altra natura (perdite su partite finanziarie, svalutazione di avviamenti). Per cui le geremiadi bancarie erano e sono del tutto ingiustificate, a livello macro. Facciano il loro dovere, senza piangere, perlomeno senza piangere.
Alcune banche stanne poi male o non benissimo di loro natura, per colpa del loro top management, un po' come la Fiat, cioè a prescindere dal mercato. Pensiamo alle tante BCC malate (ne abbiamo già parlato, i loro andamenti sono peggiori del mercato) e talora da commissariare, o al Monte dei Paschi gestito in maniera folle, dal qual mica per caso il Caltagirone se va a gambe levate; o pensiamo ad Intesa Sanpaolo che vede impieghi e raccolta andare peggio del mercato, o ad Unicredit che paga gli anni profumati che gli han fatto fare soldi con derivati, probabilmente con grandi evasioni fiscali - secondo il PM milanese Alfredo Robledo - e certamente con crediti corporate gestiti non al meglio che le han tolo la fiducia di tante PMI italiane.
Anche il Banco Popolare paga da anni gli errori di un management veronese piccino rispetto alla grandezza del suo bilancio, con i Faenza ed i Montani e vari altri ragionieri che erano ritenuti grandi manager dallo stesso Fratta Pasini che oggi scrive con i colleghi al Corriere. Per fortuna del banco Novara e Lodi tengono sul territorio con i fondamentali della raccolta e dell'impiego.
E' comune sentire delle imprese "normali" che l'Italia sia retta oggi da Intesa Sanpaolo, banca non brillante ma che non si sottrae quasi mai al ruolo di banca più responsabile del paese, e dalle molte banche del territorio che hanno la loro raccolta e tengono il mercato.
Tornando alla finta polemica Banche Corriere, quello che non si dice è che le piccole e medie imprese avrebbero bisogno dal sistema bancario di ben altri incrementi rispetto al 5% dei prestiti. Il 5% globale è appena in linea con inflazione e crescita del giro d'affari medio delle imprese normali. Il tema vero è come sostenere le imprese in difficoltà temporanea, cui destinare perlomeno rimodulazioni del credito a medio termine, destinando risorse miliardarie inutilmente bloccate sui vari fronti Premafin, Seat pagine Gialle, Tassara, grandi immobiliaristi.
Per le PMI in difficoltà non c'è molta pietà , ma le macro statistiche nascondono il dato. Le imprese in normale stato di salute vedono crescere giro d'affari e quindi fabbisogno di finanziamento del circolante ben più del 5%, quindi - e per certi aspetti giustamente - sono loro a vedersi dare i soldi. C'è una media del pollo sui dati macro degli impieghi bancari che andrebbe disarticolata.
Altro aspetto che il Corriere e le banche tacciono e che prima o poi andrà illuminato è la vecchia abitudine, cui le banche italiane non sono affatto testimoni neutrali ed estranei ..., di consentire agli imprenditori italiani di fare impresa senza i loro soldi. Pessima abitudine che in periodi di crisi emerge in tutta la sua devastante virulenza. A costo di andare contro corrente, non possiamo accettare l'idea che si possa fare impresa con i soldi prevalentemente delle banche e dei fornitori. Perché l'altro vizio delle PMI e delle grandi imprese italiane, in questo assolutamente uguali! , è quello di pagare tardi e male i fornitori.
Criticare il capitalismo italiano in tempo di crisi pare politically incorrect, ma chi lavora con le imprese sa che hanno coscienze sporche e male abitudini.
Ognuno ha un po' i banchieri che si merita. E se Unicredit attua politiche di ottimizzazione fiscale, per così dire, la PMI padana si adegua.





