1- IN TUTTI QUESTI ANNI DOV’ERA FINITO L’ESIMIO PRESIDENTE DELLA CORTE DEI CONTI LUIGI GIAMPAOLINO, ADDETTO AL CONTROLLO DEI CONTI PUBBLICI: MAI CHE ABBIA ALZATO UN GRIDO D’ALLARME CONTRO UNA SPESA CHE IN UN DECENNIO È CRESCIUTA DI 89 MILIARDI 2- BERNABE’ RICORDA A PASSERA I DOLORI DI TIM BRASIL, LA VACCA GRASSA CHE HA PORTATO GLI UTILI PIÙ SUCCULENTI AL BILANCIO DI TELECOM ITALIA, SOTTO SCHIAFFO DEL GOVERNO 2- NELLO SPAZIO DI POCHI MESI TIM BRASIL HA BRUCIATO UNA CIFRA IMPRESSIONANTE: 2,9 MILIARDI DI CAPITALIZZAZIONE. LA RIORGANIZZAZIONE DI MANGONI E IL PROGETTO SU GVT 3- CHE COLPI BASSI SI DA LA PREMIATA DITTA “COMMERCIALISTI & RAGIONIERI”

1- BERNABE' DO BRASIL
Gli uscieri di TelecomItalia per tutta la mattina hanno seguito in streaming l'evento organizzato alla Bocconi (la madre di tutti i sapientoni) dal rettore dell'università, Guido Tabellini, e dal notaio Marchetti, presidente della Fondazione "Corriere della Sera".

Il tema dell'incontro era particolarmente impegnativo perché si parlava dei "nostri campioni e le sfide dell'economia mondiale". L'attesa più forte era per la partecipazione dello scarparo marchigiano-scassasalotti, Dieguito Della Valle, intervistato da Massimo Mucchetti, e di Franchino Bernabè che si è misurato sul tema delle sfide per il futuro prima della tavola rotonda moderata da Flebuccio De Bortoli con la partecipazione di Corradino Passera.

Agli uscieri interessa sapere se il loro capo-azienda e il ministro hanno parlato della riunione di sabato pomeriggio tra il Governo e l'uomo nero dal pullover sgualcito. Per loro ciò che è avvenuto durante le cinque ore nel conclave di Palazzo Chigi è del tutto simile a una partita a carte dove le carte erano virtuali e se c'erano sembravano taroccate.

A Bernabè, che oggi alle 17 riceverà sul tavolo le tre offerte per "La7" interessa più di ogni altra cosa l'impressione che Passera ha ricavato dal suo blitz in Brasile dove si è recato la settimana scorsa per incontrare i ministri in modo da rilanciare la collaborazione tra l'Italia e quel continente.

Da San Paolo Corradino aveva lanciato un messaggio a Marpionne sugli "innegabili successi" della Fiat in Brasile ricevendo a stretto giro una replica piccata del manager italo-canadese sugli aiuti fiscali concessi dal governo locale.

Durante i quattro giorni che lo hanno portato in quel Paese, Corradino non ha fatto alcun cenno alla presenza di Telecom sul mercato brasiliano, ed è questa la ragione per cui Franchino vorrebbe rappresentare al ministro i successi e le difficoltà di Tim Brasil, la vacca grassa che ha portato gli utili più succulenti al bilancio del Gruppo.

Da luglio, svela "Il Mondo" in edicola, quando la responsabilità di Tim Brasil è stata affidata ad Andrea Mangoni, il titolo della controllata brasiliana quotata al Nasdaq di New York ha perso circa il 27% di capitalizzazione contro l'indice della Borsa di San Paolo che ha guadagnato circa il 5%.

Mangoni, che è arrivato a Telecom dall'Acea e fino alla vigilia dell'estate era direttore finanziario di Telecom, si è fatto due conti e ha scoperto che Tim Brasil nello spazio di pochi mesi ha bruciato 2,9 miliardi di capitalizzazione. Una cifra impressionante che per TelecomItalia (proprietaria per 2/3 dell'azienda brasiliana) rischia di compromettere la capitalizzazione complessiva (16 miliardi) e il debito consolidato di circa 33 miliardi di euro.

In questo scenario, che gli uscieri seguono con estrema attenzione, si collocano due eventi fondamentali accaduti a cavallo di agosto. Il primo è la crisi scatenata dalla Autorità delle Comunicazioni brasiliana (Anatel) con il blocco della commercializzazione dei servizi Tim in 19 stati. Il secondo è ancora più grave perché, sempre l'Anatel, ha accusato Tim di "derubare" i propri clienti interrompendo "volontariamente e artificiosamente" le chiamate fatte dai clienti Tim che usano il piano tariffario "Infinity".

L'accusa di derubare e frodare i propri clienti ha portato Mangoni e i suoi collaboratori a bloccare il lancio già pianificato di una nuova offerta ("Infinity Day") che prevedeva un prezzo fisso per giornata di 50 centesimi al giorno con il quale si sarebbe potuto parlare illimitatamente con tutti gli altri clienti Tim per 24 ore.

Questo intoppo preoccupa sia gli uscieri che i piani alti di Telecom ed è il motivo per cui Bernabè vorrebbe conoscere da Passera le reali intenzioni del governo brasiliano. Nell'attesa Mangoni sta cercando di riorganizzare completamente l'azienda sudamericana e gli uscieri  hanno dato a Dagospia le prime indicazioni.

Il passo iniziale sarà la nomina di un direttore generale che si chiama Lorenzo Federico Zanotti Lindner, un manager brasiliano che dopo aver lavorato a Booz Allen è entrato in Tim nel 2002. È dotato di competenze commerciali che ha messo in mostra quando era capo delle vendite di Tim Brasil ai tempi di Luca Luciani, il manager "suicidato" dall'ad Patuano, di cui è dirimpettaio nella bella casa sul lungomare di Copacabana.

Un altro tassello della riorganizzazione prevede l'accorpamento delle controllate Tim Fiber e Intelig affidate al brasiliano Rogerio Takayanagi, ex-capo del marketing di Tim, anche lui storico consulente e sodale di Luca Luciani.

Ma non finisce qui perché gli uscieri hanno sussurrato a Dagospia l'intenzione da parte di Mangoni e dei dirigenti italiani di procedere a una grande acquisizione per rafforzare la presenza in Brasile. I rumors alludono al progetto di mettere le mani su GVT, un operatore alternativo di rete fissa brasiliano che fattura 2,5 miliardi di dollari ed è posseduto al 99% dalla francese Vivendi.

L'operazione è bella sulla carta perché a quanto pare Vivendi chiede qualcosa come 10,5 miliardi di dollari, una cifra impossibile che sarebbe un salasso micidiale per le tasche degli azionisti di TelecomItalia e di Tim Brasil.


2- IN TUTTI QUESTI ANNI DOV'ERA FINITO IL PRESIDENTE DELLA CORTE DEI CONTI LUIGI GIAMPAOLINO?
Tra i grand commis dello Stato uno dei più simpatici è sicuramente Luigi Giampaolino, il 74enne presidente della Corte dei Conti che nel 1964 è entrato in magistratura ricoprendo incarichi sempre più prestigiosi.

Quando parla Giampaolino tradisce le sue origini partenopee e questo rende ancora più divertente i suoi discorsi pubblici come hanno verificato non più tardi di mercoledì i partecipanti al convegno di studi amministrativi che si è svolto nel piccolo comune di Varenna sul lago di Como.

Qui Giampaolino, che aveva accanto quei due allegroni del ministro Moavero e del professor Quadro Curzio, ha trattato in sei pagine molto dense il tema della crisi mondiale dell'economia. E ha volato alto partendo dal 2007 per poi ricordare gli interventi della BCE e la necessità per l'Italia di adottare la norma costituzionale sull'equilibrio dei bilanci.

Mentre snocciolava le sue parole con la cadenza dialettale che lo ha reso famoso, Giampaolino si è dimenticato di fare qualsiasi cenno alla crisi spaventosa scatenata dalla massaia di "Ballarò", Renata Polverini, e dalla gestione allegra dei fondi ai gruppi politici delle Regioni.

Se ne è accorto sabato quando anche il cardinal Bagnasco che guidava a Genova una processione di operai preoccupati per la vendita di Ansaldo Energia, ha lanciato il suo anatema sulla vergogna degli sprechi. Se da un lato può stupire che la Chiesa arrivi in ritardo a denunciare gli scandali delle tangentopoli locali, è davvero curioso che in tutti questi anni la Corte dei Conti non abbia alzato un grido d'allarme contro una spesa che in un decennio è cresciuta di 89 miliardi.

Eppure tra le funzioni di questo organismo che era già presente ai tempi dei Savoia, c'è prima di ogni altra l'accertamento preventivo sugli atti che danno luogo alle spese e alle entrate. I conti che interessano la Corte dei Conti si riferiscono alla gestione del denaro e dei beni pubblici in modo da verificare che i movimenti in entrata e in uscita siano conformi alle regole contabili senza creare danno allo Stato.

Questi princìpi Giampaolino li conosce fin da quando ha lasciato Pomigliano d'Arco per fare il pretore in un piccolo comune vicino a Cosenza, e se ne è ricordato sabato definendo "fatti gravissimi" il liquame uscito dalla pentolaccia della Polverini.

Un po' troppo tardi.


3- CHE COLPI BASSI SI DA LA PREMIATA DITTA “COMMERCIALISTI & RAGIONIERI”

E poi dicono dei politici. Ammazza, che colpi bassi si da la premiata ditta "commercialisti & ragionieri" nella campagna elettorale per eleggere il presidente nazionale del loro ordine professionale.

Quello uscente, Claudio Siciliotti - sì, quello con i capelli biondi lunghi, spesso ospite di Floris a Ballarò, per somiglianza fratello gemello del calciatore Pavel Nedved - dovrebbe farcela ad essere rieletto, anche se nel tentativo di acchiappare quella poltrona i suoi avversari stanno facendo di tutto di più.

Ufficialmente in gara contro Siciliotti c'è Gerardo Longobardi, presidente dell'Ordine di Roma, ma la vera anima nera della lista outsider è tale Giorgio Sganga, che finora con Enrico Maria Guerra e Roberto D'Imperio ha rappresentato la minoranza interna all'attuale consiglio dell'Ordine (3 su 21).

Calabrese, uomo de panza, titolare di uno studio in quel di Paola (Cosenza), padre di quel chiacchierato giovanotto che i Mezzaroma hanno messo a gestire il Siena Calcio, Sganga è stato capace pochi giorni fa di eleggere il suo domicilio professionale in Valle d'Aosta, appena in tempo per dare alla lista capeggiata da Longobardi i requisiti di legge richiesti (i candidati di una lista devono rappresentare 4 regioni del nord e altrettante del centro e del sud), che altrimenti non avrebbe avuto e non sarebbe stata accettata dal Ministero della Giustizia.

Cui spetta il compito di garante del corretto svolgimento della contesa, che coinvolge 1500 grandi elettori in rappresentanza di 143 ordini provinciali, di cui due terzi dottori commercialisti e un terzo ragionieri. Dopo questa mossa, Sganga è stato sopranominato (scherzosamente, ma non troppo) "il mostro di Cogne".

Quanto a Longobardi, detto il "candidato silente" per via di una sua ritrosia a parlare in pubblico, si sa che è titolare a Roma con Giovanni Puoti di un avviato studio ai Parioli tra i più beneficiati di incarichi dal Tribunale Fallimentare di Roma. Già consulente dell'Unire (l'ente pubblico che si occupa di ippica) e presidente del collegio sindacale di una società di intermediazione finanziaria, la Intercontinental di Firenze, finita nel 2009 nello scandalo delle fidejussioni fasulle con sponde a San Marino, Longobardi se dovesse perdere uscirebbe dal giro. Infatti, è già stato deciso il nome del suo successore all'Ordine di Roma: Mario Civetta.

 

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