
IL MONDO È IN FIAMME E I MERCATI NON SI MUOVONO: CHE STA SUCCEDENDO? – IL “FINANCIAL TIMES”: “GLI INVESTITORI SI TROVANO DI FRONTE A UN TALE SOVRACCARICO DI SHOCK DISORIENTANTI CHE (NELLA MIGLIORE DELLE IPOTESI) SI SONO ADATTATI A GESTIRE IL DOLORE, SENZA FARSI PRENDERE DAL PANICO, O (NELLA PEGGIORE) SONO TALMENTE STORDITI DA NON RIUSCIRE A ELABORARLO” – “NON È UN 'INFARTO' (COME DURANTE LA PANDEMIA DI COVID-19), MA UN CANCRO ECONOMICO CHE SI STA DIFFONDENDO, SOTTO FORMA DI METASTASI DELL'INCERTEZZA SUI DANNI FUTURI”. MORALE DELLA FAVA: BASTA ASPETTARE E IL PEGGIO ARRIVERÀ...
Traduzione di un estratto dell'articolo di Gillian Tett per il “Financial Times”
Tre decenni fa sono rimasta affascinata dal concetto di “silenzio sociale”, ovvero dall'idea. avanzata da intellettuali come Pierre Bourdieu, che ciò di cui non si parla è più importante di ciò che si fa.
In questo momento questo silenzio incombe pesantemente sui mercati. Questa settimana si è assistito a una cacofonia di rumori terrificanti intorno agli eventi geopolitici, come l'avvertimento del Presidente Donald Trump che l'America “potrebbe o non potrebbe” unirsi agli attacchi di Israele contro l'Iran.
MISSILI IRANIANI COLPISCONO HAIFA
[...] Tuttavia, nelle ultime settimane i mercati azionari statunitensi sono saliti silenziosamente di oltre il 20% dall'inizio di aprile, riprendendosi dal momento in cui erano caduti in picchiata dopo l'annuncio delle tariffe del “giorno della liberazione”.
In effetti, sono vicini ai massimi storici. E mentre i rendimenti delle obbligazioni decennali, al 4,4%, sono più alti di quasi un punto percentuale rispetto ai livelli dell'autunno scorso, anche questi si sono recentemente stabilizzati, nonostante il peggioramento delle proiezioni fiscali degli Stati Uniti.
Quindi il grande “silenzio” del mercato oggi non è espressione di un'escalation del rischio, ma dell'apparente mancanza di panico degli investitori fino a questo momento.
Cosa c'è dietro questa reticenza? Una spiegazione potrebbe risiedere in quello che il mio collega Robert Armstrong ha definito l'effetto "Taco", ossia la presunzione che Trump si tiri sempre indietro di fronte alle sue minacce. Un'altra è un secondo problema "T": i ritardi temporali.
La banca centrale danese, ad esempio, ha recentemente studiato come i mercati azionari hanno reagito agli shock commerciali dal 1990. La ricerca ha concluso che, mentre "l'incertezza della politica commerciale [ha] effetti negativi significativi sull'attività economica... ci vuole fino a un anno perché gli effetti si concretizzino".
Analogamente, la Banca dei Regolamenti Internazionali ha avvertito la scorsa settimana che ci troviamo di fronte a "un sostanziale contributo negativo dell'incertezza sia agli investimenti che alla crescita del prodotto". Tuttavia, la Banca calcola che l'impatto maggiore sugli investimenti si verificherà nel 2026 - nota bene, non quest'anno - con una riduzione del 2% della spesa in conto capitale negli Stati Uniti e in Giappone l'anno prossimo.
raffineria di petrolio colpita da israele in iran
Inoltre, è emersa una serie di ricerche che mostrano fino a che punto le minacce di Trump di deportare milioni di lavoratori senza documenti potrebbero danneggiare l'economia americana.
Mentre i raid dell'Immigration and Customs Enforcement fanno notizia in questo momento, il vero impatto economico non si vedrà prima di un paio d'anni. Per citare un esempio: il Peterson Institute ritiene che l'espulsione di 1,3 milioni di immigrati ridurrebbe il PIL di "appena" lo 0,2% quest'anno, ma dell'1,2% nel 2028. Da qui il problema dello sfasamento temporale.
effetto dei dazi di trump sui mercati
Oltre a questo, c'è una terza possibile spiegazione per la mancanza di panico in questo momento: la stanchezza da disastro. Più precisamente, gli investitori si trovano di fronte a un tale sovraccarico di shock disorientanti che (nella migliore delle ipotesi) si sono adattati a gestire il dolore, senza farsi prendere dal panico, o (nella peggiore) sono talmente storditi da non riuscire a elaborarlo.
Chiamatelo, se volete, il problema della "morte per mille tagli". Al momento, non esiste un singolo shock che sia chiaramente abbastanza grande da innescare un crollo del mercato.
Certo, se il petrolio dovesse balzare sopra i 100 dollari al barile in seguito a un'ulteriore escalation della guerra in Medio Oriente e alla chiusura dello Stretto di Hormuz, questo farebbe sicuramente male.
E questo scenario non può essere scartato - soprattutto, secondo Philip Verleger, un economista dell'energia, perché quando è iniziato l'attacco di Israele all'Iran "le aziende dell'industria petrolifera si sono trovate con scorte basse" e c'erano "posizioni call molto grandi" (cioè scommesse sui derivati) che potevano essere sciolte,
Ma finora i prezzi del petrolio sono "solo" di 75 dollari al barile o giù di lì. Quello che gli investitori si trovano ad affrontare oggi è un rischio di coda incombente piuttosto che un disastro imminente e tangibile.
O per usare un'altra analogia: i mercati non sono alle prese con un singolo shock da "infarto" (come durante la pandemia di Covid-19), ma con un cancro economico che si sta diffondendo, sotto forma di metastasi dell'incertezza sui danni futuri. Non siamo nel 2020.
Da qui le brevi esplosioni di volatilità del mercato - misurate dall'indice VIX - che poi si placano. Questo è anche il motivo per cui il messaggio delle diverse asset class non è coerente.
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"Le azioni statunitensi si stanno comportando come Trump, a caccia di vittorie a breve termine", afferma Jack Ablin, chief investment officer di Cresset. "Le obbligazioni lunghe si comportano come [Elon] Musk, fissate su verità scomode di più lungo periodo".
E qui torniamo al problema del silenzio sociale. Mentre gli investitori cercano di analizzare i confusi rischi […], la maggior parte di essi è assalita da profondi dubbi, tanto da far sentire nervosi, se non addirittura imbarazzati, anche i professionisti. Ciò significa che i mercati azionari potrebbero non metterci molto a crollare, ma significa anche che nessuno sa quando (o se) ciò potrebbe accadere. A volte è proprio il silenzio a gridare più forte di tutti.
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