1- MONTI AVRÀ IL CORAGGIO DI FAR NOTARE A MARPIONNE CHE LUI È ARRIVATO IN FIAT NEL 2004, DICESI 2004, CIOÈ CINQUE ANNI PRIMA DELLA CRISI, E FIN DA QUELLA DATA NON SI SONO VISTI I MODELLI CHE AVREBBERO POTUTO RISOLLEVARE LE SORTI DELL’AZIENDA? 2- INVECE DI SPREMERE IL KNOW-HOW DELLA FIAT HA PREFERITO FARSI REGALARE LA CHRYSLER DA OBAMA LASCIANDO CHE LA CREATIVITÀ DELLA FIAT ANDASSE A FARSI FOTTERE 3- DI SICURO NESSUNO DEI GOVERNANTI ITALIANI AVRÀ IL CORAGGIO DI RINFACCIARGLI I 10 MILIARDI DI EURO CHE DAL ’77 AL 2013 SONO STATI CONCESSI ALLA FIAT COME AIUTI DI STATO 4- LA GUERRA DEL RAGIONIERE GENERALE DELLO STATO, MARIO CANZIO, A MONTI E GRILLI 5- NON DITELO ALLO SCARPARO: SEMBRA CHE ROTELLI ABBIA SPAZZOLATO IN BORSA ALMENO L’1-1,5% DI RCS PER RAFFORZARE LA SUA QUOTA DEL 16,5% DEL CORRIERE DELLA SERA

1- IL TEATRINO DEI MARPIONI
Fa un po' sorridere lo sforzo che molti giornalisti stanno compiendo per anticipare le proposte che Sergio Marpionne tirerà fuori dal cilindro nell'incontro di sabato con l'ex-consigliere Fiat, Mario Monti, l'ex-banchiere Corradino Passera, e la statuina delle lacrime Elsa Fornero.

La verità è che nessuno è in grado di anticipare con esattezza il pensiero del manager dal pullover sgualcito che respinge l'accusa di essere "l'uomo nero dell'industria" e che dopo aver buttato a mare il piano Fabbrica Italia ha già detto come la pensa nella lunga intervista di martedì al direttore di "Repubblica", Ezio Mauro.

Per non sbagliare e probabilmente per non impegnare il suo giornale, il giornalista non ha scritto una riga di presentazione né una parola di commento, ed è apparsa davvero singolare (rispetto alla prassi giornalistica) la totale assenza di qualsiasi forma di introduzione. Probabilmente non si tratta di una dimenticanza di Ezio Mauro, ma di un'intesa con lo stesso Marpionne che ha deciso di parlare dopo aver staccato il telefono con gli altri ministri perché ritiene più appropriato misurarsi con Obama e Monti piuttosto che perdere tempo con i sottopanza.

Nell'incontro a Palazzo Chigi userà la falsariga dell'intervista a "Repubblica" e parlerà in prima persona come ha fatto con Ezio Mauro ripetendo "io ho deciso, io non posso, io intendo, io gestisco". Qualche anima pia potrebbe pensare che usi questo linguaggio personalizzato per tutelare gli azionisti, ma questa è una favola per bambini alla quale non crede nessuno. È lui che fa e disfa i programmi della Fiat sotto gli occhi della Sacra Famiglia degli Agnelli e di John Elkann, il giovane presidente sfottuto in modo balordo da Della Valle, che nella stanza di Monti sabato pomeriggio avrà il ruolo di semplice comparsa.

Di fronte alla determinazione del figlio del carabiniere Concezio le ipotesi che circolano sulle sue richieste al Governo suonano come un esercizio di fantasia. Si parla di cassa in deroga, prepensionamenti, ammortizzatori sociali, tutte cose possibili ma che difficilmente faranno parte di un impegno scritto.

Chi pensa che Marpionne in queste ore se ne stia chiuso nella cupola di vetro del Lingotto disegnata da Renzo Piano rischia di perdere tempo perché il manager italo-svizzero-canadese e anche amerikano dirà che le sue proposte troveranno forma organica solo il 30 ottobre, la data in cui ha promesso di aggiornare le strategie della Fiat in Italia.

Dall'ingorgo delle illazioni che circolano in questo momento si può soltanto immaginare che in un clima di sorrisi e cordialità, uscirà un comunicato in cui l'impegno del Gruppo torinese sarà riconfermato dopo aver appurato la volontà del Governo di affondare finalmente le mani in un problema che fino a una settimana fa era estraneo all'agenda Monti.

E proprio al Professore di Varese, ex-commissario a Bruxelles, Marpionne chiederà di allargare i confini del dramma italiano portando il dossier sul tavolo europeo che non può essere indifferente alla crisi dell'auto nel Vecchio Continente.

È anche probabile che uno dei due ministri (il più titolato è Passera) voglia verificare l'attendibilità delle voci sulle trattative con i tedeschi di Volkswagen per la cessione del gioiello Alfa. Questa prospettiva piace molto ai sindacati che pur di non perdere consensi sono pronti ad aprire le porte agli stranieri. È un'ipotesi che ha suscitato la curiosità di Massimo Mucchetti, il quale sul "Corriere della Sera" di ieri ha scritto un lungo editoriale sulla "carta tedesca".

Anche su questa prospettiva Monti guadagnerà tempo e potrebbe parlarne martedì prossimo nell'incontro con la massaia di Berlino Angela Merkel, perché si sa benissimo che durante questi colloqui non si parla solo di spread e di Fondo Salva-Stati ma anche di cose molto concrete. E il tema dell'Alfa in mano tedesca è una priorità.

Invece di spaccarsi la testa per intravedere le risposte di Marpionne, forse è più utile immaginare le domande che con estremo garbo gli saranno rivolte nel salotto di Palazzo Chigi. Di sicuro nessuno dei governanti italiani avrà il coraggio di rinfacciargli i 10 miliardi di euro che dal '77 al 2013 sono stati concessi alla Fiat come aiuti di Stato. Di questa somma Marpionne potrebbe rispondere solo per un paio di miliardi perché è arrivato in Fiat nel 2004 quando la pioggia stava per finire.

Altrettanto impropria sembra la domanda sui 18-20 miliardi di liquidità di cui sembra godere il Gruppo in questo momento difficile. Questa è una partita squisitamente finanziaria per la quale il manager dal pullover sgualcito ha la risposta pronta: non si possono toccare perché servono alla conquista finale di Chrysler dove bisogna buttar fuori il sindacato americano che ancora detiene il 48,5% dell'azienda di Detroit.

Dopo aver preso il classico tè delle 5 che piace tanto al cosmopolita Elkann, si potrebbe ancora fare una domandina impertinente e chiedere a Marpionne qualcosa sui modelli che la Fiat non può realizzare per assenza di quattrini e per i quali il manager ha indicato la data del 2014.

Se Monti avrà il coraggio che ha dimostrato finora per massacrare con il suo rigore le speranze degli italiani potrebbe far notare con garbo bocconiano che qualcosa non funziona nella cronologia e nella tempistica alla quale Marpionne si aggrappa per spiegare l'assenza di nuovi modelli. Lui è arrivato in Fiat nel 2004, dicesi 2004, cioè cinque anni prima della crisi, e fin da quella data non si sono visti i modelli che avrebbero potuto risollevare le sorti dell'azienda.

Cinque anni prima della crisi (arrivata nel 2009) rappresentano un lustro che i concorrenti europei hanno sfruttato bene con i risultati che oggi gli consentono di rimanere a galla. Invece di spremere il know-how della Fiat in questa direzione, ha preferito farsi regalare la Chrysler da Obama lasciando che la creatività del design made in Italy andasse a farsi fottere.

È una domanda molto impertinente che va diritta al cuore di un manager, esperto di finanza e legato a quella Famiglia dove è facile rispondere ""io ho deciso, io non posso, io intendo, io gestisco". Lo stesso linguaggio che userà sabato pomeriggio nel salottino di Palazzo Chigi.


2- CANZIO NON PERDONA MONTI E GRILLI
Anche il ministro del Tesoro, Vittorio Grilli, seguirà con estrema attenzione l'incontro di sabato pomeriggio con l'uomo nero della Fiat.

In questo momento davanti a lui non c'è un manager scaltro e decisionista ma un burosauro che si mette di traverso e sta creando grossi problemi. Il pallido ministro deve vedersela ogni giorno con il Ragioniere Generale dello Stato, Mario Canzio, il 65enne salernitano che dal 1972 ha imparato a memoria i conti dello Stato. Le impiegate del ministero hanno molta simpatia per questo personaggio, coniugato con due figli, che ostenta baffetti seducenti e una fisionomia quasi simile a quella di Salvatore Rossi, il vice direttore generale della Banca d'Italia.

Dietro il volto sorridente Canzio nasconde la natura di un mastino che non fa sconti in nome di uno stile da grand commis e di un'esperienza unica. Il pallido Grilli ha dovuto prendere atto della sua intransigenza quando Monti ha deciso di affidare le forbici della spesa pubblica all'aretino Enrico Bondi, una scelta che Canzio non ha affatto digerito nonostante lo stipendio da 652mila euro che lo colloca al secondo posto nella classifica dei manager pubblici.

Da quel momento il simpatico burosauro ha esercitato un potere di interdizione che rende ancora più tetro il volto di Grilli già scosso dalle vicende mai smentite sulle consulenze di Finmeccanica all'irrequieta ex-moglie americana. Ieri alla Camera ha ammesso che il Fisco deve ancora restituire alle imprese 4,3 miliardi di rimborsi Iva ma che l'operazione sarà impossibile perché mancano i quattrini. Questo è un colpo durissimo per migliaia di aziende che da anni aspettano il pagamento di quasi 100 miliardi di euro di fatture arretrate.

A maggio il Governo aveva presentato quattro decreti per arginare un fenomeno che non ha paragoni a livello europeo. In Francia la pubblica amministrazione paga i fornitori dopo 65 giorni, in Inghilterra dopo 43 e in Germania dopo 36. Perfino la Grecia impiega 114 giorni rispetto ai 180-200 dello Stato italiano.

Negli ultimi anni la Confindustria ha strillato contro questo fenomeno che mette in ginocchio le imprese e lo ha fatto soprattutto con la Marcegaglia che raccoglieva il grido di dolore delle Associazioni di categoria, prima di altre quella presieduta dall'imprenditore romano Alberto Tripi.

Il povero Grilli soffre, ma non è in grado di garantire nulla perché sulla sua strada trova quel simpaticone del Ragioniere Generale dello Stato che gli mostra le tasche vuote e fa capire che non c'è più un soldo. Da qui l'irrealtà dei discorsi che toccano anche le promesse di Corradino Passera sulle start-up, banda larga, infrastrutture e carta di identità elettronica.


3- AUCI CAMBIA IL NOME "CIARROCCATO"!
C'è un altro uomo che oggi a Roma ha i crampi allo stomaco. Non è un ministro né un manager, ma un giornalista, Ernesto Auci, che ha iniziato la sua carriera nel 1974 al quotidiano "Il Globo" di Antonio Ghirelli poi ha preso a volare alto in Confindustria con il presidente Lucchini, in Fiat prima con Romiti poi da consulente con Marpionne e al "Sole 24 Ore" che ha cominciato a dirigere nel '97.

Durante l'estate Auci, di cui le signore apprezzano le mani affusolate e la parlata pensosa, ha pensato di mettere in piedi l'Associazione "Indipendenti per l'Italia". Lo ha fatto chiacchierando amabilmente sulla spiaggia di Capalbio insieme all'amico debenedettino Stefano Micossi e ad altri giornalisti che gli sono stati vicino negli anni. Per molti la discesa in campo di Auci è stata una sorpresa, ma a incoraggiarlo sembra sia stata la volontà di dare una mano a Monti creando una sorta di network con i think tank di Oscar Giannino e di Luca di Montezemolo.

Purtroppo sembra che il Movimento Indipendenti per l'Italia dovrà cambiare nome perché, come scrive il quotidiano "MF", il logo è di proprietà di un altro giornalista, Luca Ciarrocca. Costui nel '99 ha fondato il sito "Wall Street Italia" con gran dispendio di quattrini, una sede nell'Empire State Building e 33 dipendenti distribuiti tra New York e Milano.

Nell'operazione era coinvolto anche il "Corriere della Sera" che poi si è disimpegnato e Ciarrocca è ritornato a fare il giornalista fino al settembre 2011 quando anche lui è stato folgorato dalla politica.

Adesso Auci, che è stato sfottuto con mala grazia da Cirino Pomicino nei giorni scorsi, dovrà darsi da fare per trovare un nome alternativo alla sua Associazione elitaria e balneare.


4- LE "ANIENIADI 2012" DI GIOVANNINO MALAGÃ’ (PER GLI AMICI MEGALÃ’)
Avviso ai naviganti N.1: "Si avvisano i signori naviganti che Giovannino Malagò (per gli amici Megalò) ha convocato i giornalisti per lunedì alle ore 14 al Circolo Aniene dove presenterà le "Anieniadi 2012", una competizione riservata ai soci.

A 120 anni dalla sua fondazione, il Circolo più famoso di Roma distribuirà i soci in 8 squadre per gare di nuoto, canoa, vela, biliardo e golf. Con questa iniziativa Megalò intende mettere sotto gli occhi del mondo politico non solo lo stemma pregevole delle Anieniadi ma anche la sua candidatura alla presidenza del Coni".


5- ROTELLI SPAZZOLA!

Avviso ai naviganti N.2: "Si avvisano i signori naviganti che a Piazza Affari circola il nome di Giuseppe Rotelli come uno degli ultimi rastrellatori del titolo Rcs.

Nonostante le difficoltà che l'imprenditore pavese sta trovando al San Raffaele, l'ospedale acquistato a gennaio per 405 milioni, sembra che Rotelli abbia spazzolato in Borsa almeno l'1-1,5% in modo da rafforzare la sua quota del 16,5% che già detiene dentro il Gruppo editoriale del Corriere della Sera".

 

 

MARIO MONTI CORRADO PASSERA SOTTO IL SIMBOLO UDCELSA FORNEROEZIO MAURO FOTO AGF REPUBBLICA jpegOBAMA - MONTIMARIO MONTI E BARACK OBAMA John ElkannANGELA MERKELMARIO MONTI E VITTORIO GRILLI jpegENRICO BONDI MARIO CANZIO jpegErnesto AuciOSCAR GIANNINO LUCA CORDERO DI MONTEZEMOLO fer60 giovannino malagoGIUSEPPE ROTELLI

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