seasteading

SILICON ISLAND - SE TRUMP COSTRUISCE I MURI, IL SUO GURU PETER THIEL REALIZZA IL SUO SOGNO, L'ISOLA SOVRANA GALLEGGIANTE E ARTIFICIALE - SARA' COSTRUITA IN POLINESIA, FIRMATO L'ACCORDO A SAN FRANCISCO IN UN EVENTO SURREALE, CON IL PRESIDENTE DELLE ISOLE IN COLLEGAMENTO SKYPE E BIZZARRI PERSONAGGI TRA GURU LIBERTARI E SIGNORE PICCHIATELLE

DONALD TRUMP PETER THIEL TIM COOKDONALD TRUMP PETER THIEL TIM COOK

Michele Masneri per Il Foglio

 

SAN FRANCISCO. Farà il governatore della California. Il giudice della Corte suprema. L’ambasciatore in Germania. Basta. L’Amministrazione Trump si è insediata da una settimana e Peter Thiel, il principe delle tenebre di Silicon Valley, è diventato un’ossessione. A Maureen Dowd del New York Times il consigliere di amministrazione di Facebook, fondatore di Paypal, e molto altro, ha dato recentemente saggio della sua sgangherata weltanschauung: in Silicon Valley non si fa abbastanza sesso, dice, la California dovrebbe fare la secessione, e la morte, come le tasse, è solo un epifenomeno, presto vi si troverà rimedio.

 

seasteading institute seasteading institute

Thiel infatti ha una sua camera iperbarica, persegue una dieta paleo tramite un suo chef milanese, ed è sinceramente convinto di poter campare almeno fino a 120 anni (ma non ha ancora trovato una tinta di capelli efficace sul lungo periodo). Vorremmo troppo parlargli per discutere di un sacco di cose, ma da quando è entrato nella squadra di Trump, unico magnate californiano ad averlo endorsato, è irreperibile, introvabile, irredimibile. L’altra sera a una cena, un trentenne, “sì, sono stato a casa sua una volta, a una festa in piscina”, ma si sa che sono tutte mitologie.

 

seasteading seasteading

Tutti hanno un aneddoto su Peter Thiel a San Francisco, è come “ho lavorato con Woody Allen” a Roma, ma tagliato al montaggio. Si fa allora un vano tentativo, e un venerdì sera di gennaio si va a un evento del Seasteading institute, la fondazione che punta a costruire isole artificiali e sovrane da piazzare in acque internazionali: una delle creazioni più fantasiose di Thiel, ma il Thiel degli inizi, quello sfrenato libertario, seguace di Ayn Rand, la scrittrice-guru dei siliconvallici, che predicava un mondo senza governo, un’anarchia dei talenti (qui idolatrata come un Gianfranco Miglio degli anni Novanta).

 

seasteading  institute seasteading institute

“Creare isole sovrane e indipendenti non è solo rilevante. E’ assolutamente necessario”, ha spiegato Thiel a una conferenza dell’Istituto nel 2009. “Più stati ci sono, più ci sarà libertà”, disse allora convinto. L’Istituto per creare isole off-shore è stato per anni diretto da Patri Friedman, nipote di Milton, premio Nobel per il liberismo, che poi ha mollato ed è tornato a fare il programmatore a Google. E’ la realizzazione acquatica del sogno libertario, il simmetrico idrico dei missili spaziali di Elon Musk.

 

L’isola sovrana che non c’è doveva essere già pronta nel 2013, poi la cosa andò a rilento, come succede talvolta con le grandi opere. Ma adesso ci siamo, ci invitano dunque a questa presentazione importantissima, per la prima volta dalla fondazione infatti il Sea Institute firma un accordo con un paese estero per fondare la sua prima isola artificiale, isola autosufficiente, alimentata con energia solare, nutrita con coltivazioni idroponiche e dissetata con dissalatori. Nello specifico, l’isolotto o atollo sorgerà nella Polinesia francese, e sarà presente, dice l’invito, nientemeno che il presidente della Polinesia, e si sogna che ci sia anche Thiel.

seasteading   institute seasteading institute

 

Si parte dunque per questo palazzone di vetro, un piano terra nel financial district. Fuori, fotografato da un fotografo tipo di matrimoni, c’è un signore dall’aria esotica con capelli, baffi, un gran foulard al collo e uguale a Roberto Da Crema, quello delle televendite. Dev’essere evidentemente il presidente della Polinesia francese, gli si va incontro e lui simpatico dando il biglietto da visita dice che si chiama Jean-Christophe Bouissou e non è il presidente, il presidente non è potuto venire infatti, perché nella Polinesia francese c’è un importante cambiamento di governo in corso “ma non importante quanto qui in America, ah ah!”, scherza.

seasteadingseasteading

 

Non sarà presidente ma è però un ministro, e dice molto affabile che quando è salito sull’aereo dalla Polinesia era responsabile del Turismo e quando è atterrato a San Francisco e ha riacceso il telefono gli hanno detto che era diventato ministro invece delle Infrastrutture, “che comunque mi sembra una buona carica”, riflette adesso serio.

 

Ma entriamo:  è una sala espositiva che è una via di mezzo tra un piccolo Vinitaly e una scuola media privata, ci sono dei pannelli su dei trespoli che spiegano i vantaggi di queste isole offshore, mentre delle signorine girano con dei bicchieri di blanc de blanc e bordeaux, è tipo presentazione con l’autore da Settembrini libri; passano dei canapè ai gamberetti e dei bigné.

 

C’è anche un pacco di targhette adesive con la scritta “Ciao, il mio nome è…”, e un pennarello, e ognuno scrive il proprio nome e se le mette sul taschino. Mentre cerchiamo tra la folla inutilmente la chioma color mogano di Thiel, socializziamo e cerchiamo anche questi mitologici elettori siliconvallici che – sostiene Thiel – avrebbero votato in massa per Trump nel segreto nell’urna. C’è uno spilungone in blazer di New York, lavora al marketing di una startup, ha ricevuto l’invito ed è venuto. Sei parte dell’élite liberale? “No”, ride. Allora avrai votato Trump.

 

 

seasteading instituteseasteading institute

“Ma chi, quel disgraziato? Ma scherzi, io ho votato Gary Johnson, il candidato libertario”. Continuiamo la nostra indagine, ecco Susanna Dokupil, addetta stampa dell’Istituto delle Isole, ed ex presidente della sezione del partito repubblicano di Harris County, Texas. Dice, poco convinta: “siamo ottimisti”. E poi: “di sicuro la gente era stufa di un governo business as usual, Trump cambierà le cose, è l’equivalente di Airbnb in politica”. Non capiamo molto bene il senso. Ma ha votato Trump? “Ehm, preferirei non parlare di questo”.

 

Insomma, non si trova un elettore di Trump manco a pagarlo, però tutti si scambiano molti biglietti da visita, c’è un signore che si occupa di tubature che si presenta a un esperto di desalinizzazione; dei ragazzotti stanno aggiustando un maxi schermo, “tra poco parlerà il presidente della Polinesia in collegamento!” mi dice sempre il ministro con cui ormai ho fatto amicizia, ma questo Skype non parte, allora mi mischio alla folla, ecco una coppia di ingegneri, un francese che si chiama Nicolas Germineau (leggo sul cartellino) e un altro è russo, si chiama Egor Ryjkov, sono appena tornati dalla Polinesia, sono ingegneri dell’Istituto, dicono che la tempistica è precisa per questo isolotto, servirà un anno “per creare la legislazione”, e poi almeno tre per costruirlo.

 

peter thiel, elon musk fondatori di paypalpeter thiel, elon musk fondatori di paypal

Ma quanto sarà grande? “Mah, per ora non si sa”. “E quanto costerà? “Non possiamo dirlo”. Sarà la Salerno-Reggio Calabria di Thiel?

 

Cerchiamo su Google News “Polinesia Francese+isola”, si trovano solo notizie del grave rimpasto in atto. Siamo di fronte alla Storia con la S maiuscola? Un golpe esotico? Intanto entrano frotte di imbucati, passati a scroccare un bicchiere. Sei dell’istituto? “Quale istituto, io sono amico di Greg, anche tu sei amico di Greg?”. “Ma chi è Greg?”.

 

C’è un gruppo di giovani benvestiti, managerini scesi dalle banche e dagli uffici di venture capital qui, fanno un capannello tipo pavoni del Pitti libertario. Poi ci sono le matte classiche degli aperitivi romani. Una signora tutta rifatta con una tuta di pelle aderente e stemmi della Nasa, ha i capelli azzurri, mi avvicina e dice è polacca, “amicissima di papa Woytila e anche di Tronchetti Provera”, dice con accento da Zsa Zsa Gabor o Melania Trump.

 

peter thiel alla convention repubblicanapeter thiel alla convention repubblicana

E poi, “senti caro, domani se vuoi si va a un lunch, saremo pochiiissimi, ma dobbiamo essere pronti a Santa Clara alle dieci di mattina”, io non capisco, mi sembra presto per una colazione, anche se a Santa Clara, poi mi rendo conto che intende “launch” cioè lancio, e non lunch, e nello specifico, dice lei sbrigativa, lancio del nuovo missile di Elon Musk, l’altro soggettone della Silicon Valley che progetta appunto i razzi per andare su Marte.

 

E però glielo devo far sapere stasera stessa se vado, e come ci va lei, le chiedo, per prendere tempo, lei dice con un piccolo Cessna, naturalmente, poi mi dà un biglietto da visita, si chiama Eva Blaisdell, ceo di un California Space Center, un centro di lancio spaziale, sta a Malibu, c’è una sua foto molto buia vestita da astronauta e una dicitura: “space is the destiny”.

 

Insomma, siamo in un “Fratelli d’Italia” d’Alberto Arbasino, ma siliconvallico. C’è il viceconsole francese che ci interroga preoccupato: ma che anche voi in Italia state facendo un’isola offshore? Lo tranquillizziamo, no, ci bastano quelle emerse. Entra come una star Tom W. Bell, guru del Cato Institute, popstar dei libertari, con uno zainetto di pelle. Un signore con la barba e uno strano accento sta parlando col mio ministro, si presenta, è l’onorevole Smari McCarthy, “partito dei Pirati islandesi”, mi dà il biglietto da visita con lo stemma del parlamento di Reykjavik.

 

 

 

Ma attenzione, il collegamento funziona e improvvisamente sul maxischermo appare un signore con una collana di fiori avaiana al collo, è finalmente il presidente polinesiano, monsieur Edouard Fritch: dice che è molto dispiaciuto di non poter essere qui con noi, legge un discorso in un inglese molto peggio di Alfano, dice soprattutto che vuole tranquillizzare la comunità internazionale, che “non ci saranno cambiamenti radicali nella compagine di governo” (siamo tutti sollevati).

peter thielpeter thiel

 

E che il ministro del Turismo (ma non era delle infrastrutture? Hanno fatto un altro rimpasto?) che ha lasciato Papeete ieri sera ha tutto il suo appoggio, e che tra noi c’è perfino il ceo di Air Tahiti, la compagnia aerea di bandiera. Nessuno però ha capito quale sia. Poi si alza e pensando che il collegamento sia chiuso dice qualcosa in polinesiano stretto, e si aggiusta la patta dei pantaloni. Allora chiudono Skype e si procede coi discorsi, è il fondamentale momento della firma di questo rivoluzionario accordo.

 

isola deserta nella polinesia franceseisola deserta nella polinesia francese

Va su il mio  ministro, con un signore piccoletto che annuisce sempre con la testa, sarà evidentemente questo il ceo di Air Tahiti, e il ministro dice che per firmare questo accordo ha portato due – come dite voi inglese penne? Ah, sì, penne – molto speciali perché nel tappo hanno una perla, e effettivamente sono due pennoni tipo Mont Blanc neri, enormi, con una perla gigante nel cappuccio. Chissà che valore. Il ministro inizia  a dire che “la Polinesia Francese non è così lontana!”.

 

“Sono solo sette ore!, Mentre da Parigi sono 12. E poi dice che “la Polinesia francese ha 217 mila abitanti, forse meno di San Francisco!” (veramente  San Francisco ne ha ottocentomila), e ben 218 isole, e continua a enumerare cifre tipo quegli zii che sanno tutti gli orari dei treni a memoria. “Il Pacifico è grande come l’America! Il 55 per cento della Cina! Abbiamo grandi ospedali in grado di curare tutti i tipi di cancro, ed elenca tutti i tumori” (scaramanzia tra i presenti).  Intanto sorge in noi sempre più impellente la domanda: ma perché un arcipelago di 218 isolotti quasi tutti disabitati dovrebbe volerne uno nuovo di zecca, e pure di importazione?

 

Poi il ministro finisce, il piccoletto scende giù (e si scopre non essere il ceo della Air Tahiti) e va su il direttore generale dell’istituto che si chiama Randy Hencken, è il successore di Friedman, è un quarantenne barbuto con un vestito scuro, la camicia col colletto stretto, l’orecchino, tutto insomma molto giusto, e l’aria ironica di uno che presiede l’istituto delle isole in quanto lavoro più hipster di California (avrà una startup di famiglia o una moglie ricca che lo mantiene).

 

polinesia francesepolinesia francese

Sul sito Web dell’Istituto è pieno di video suoi da Bora Bora con una collana di fiori, sembra un film di Wes Anderson (o semplicemente questi hanno trovato il modo di farsi le vacanze a sbafo a spese della Polinesia francese).

 

Mentre firma il memorandum, momento di imbarazzo perché una delle preziose penne con la perla cade a terra, e però quello che tutti temono, che si stacchi appunto una perla, non accade,  e il ministro la raccoglie subito.

 

Il ministro ribadisce poi l’importanza di questo progetto “tanto che il presidente ha interrotto una importantissima riunione di gabinetto per fare il collegamento”, poi va sul palco uno con i capelli tinti dello stesso colore di Peter Thiel, si chiama Joe Quirck, è il responsabile dello storytelling del progetto isole, si definisce “aquapreneur” e “aquavangelist”, è autore del libro “Seasteading: come le città galleggianti cambieranno il mondo”, di imminente pubblicazione presso il primario editore Simon & Schuster, oltre che di bestseller su e con celebrità. Fa un discorso molto “inspiring”, con l’aria di chi ha fiutato un grosso business.

 

moorea, polinesia francese 3moorea, polinesia francese 3

Poi però il direttore generale Hencken, che sembra il protagonista Andreas di “Purity” di Jonathan Franzen, fa l’annuncio vero e proprio e cioè che il progetto isole cambierà nome e si chiamerà “Blue Frontiers”, e darà un contributo fondamentale alla “blue economy”, e soprattutto non sarà più no-profit, anzi devono e vogliono fare margine.

 

Ecco spiegato quel giro di professionisti delle tubature, e tutti quei biglietti da visita; e però, dice il direttore generale, servono comunque molti soldi, e per questo inizia a girare una grossa busta azzurra tipo matrimoni al Sud, e “sarà molto apprezzata la generosità”, dice, ce la danno anche a noi, si prega di sbarrare la casella, 100, 250, 1000, 5000 dollari. Nessuno caccia un dollaro, pare. Intanto noi continuiamo a illuderci di trovare Thiel, almeno in spirito.

 

“Ma che non lo sai, lui è uscito da tempo dal progetto, ha donato 500mila dollari all’inizio e poi non si è mai più visto”, ci dice un signore simpatico, Greg Delaune, responsabile ingegneristico del progetto for profit, in italiano (ha studiato per anni a Ferrara). Poi arriva un simpatico capelluto e fa tutta una lamentela sui prezzi degli affitti, cresciuti orrendamente a San Francisco, dice che lui sta in un one bedroom al quartiere della Marina ad equo canone a 3.000 dollari, dice che Trump gli fa schifo, che Thiel sì l’ha conosciuto, “un tipo interessante”.

 

Poi dopo a casa scopriamo che è Jonathan Cain, presidente della Thiel Foundation, quella che offre 200 mila dollari ai ragazzi che abbandonano la scuola per fondare la loro startup. “Ci vediamo a cena!”, ci dice, ma alla cena nessuno ci ha invitati, proprio come negli aperitivi romani con l’autore, dove ti pregano e poi c’è sempre una cena segreta ai Parioli dove non ti portano. Sconfortati usciamo fuori e c’è il nostro ministro che fuma, e finalmente gli facciamo la domanda che ci attanaglia: perché visto che avete 118 isole ne dovete fare una nuova di plastica?

 

Atollo di Rangiroa in Polinesia Atollo di Rangiroa in Polinesia

“Perché sono basse! Le isole, sono basse” dice il ministro, fumando. “Sono atolli, e dunque con il riscaldamento globale verremo sommersi”. Mah. Poi gli dico che ho letto in Rete che la società civile polinesiana sostiene che l’isola è tutta una scusa per trasformare la Polinesia in un paradiso fiscale. Lui dà una grande boccata di fumo: “ma noi siamo già un paradiso fiscale, mon ami!”, dice.

 

“Non abbiamo nessuna tassa! Nessuna. E abbiamo anche un welfare pazzesco, lo Stato pensa a tutto. Non ti devi preoccupare di niente, devi venire assolutamente a vedere”. Non mancherò, però scusi, ministro, ma non stona questa cosa assistenzialista con le idee libertarie, con Ayn Rand e tutto? Il ministro delle infrastrutture o del turismo tace, assorto. “Questa è una buona domanda”, dice invece improvvisamente l’omino accanto. “Però che importa. L’importante è che trasportiamo un sacco di persone della Silicon Valley laggiù”, dice soddisfatto, e si presenta.  Abbiamo indovinato: è finalmente lui, il ceo della Air Tahiti.

Ultimi Dagoreport

giuseppe conte elly schlein matteo ricci giorgia meloni francesco acquaroli

DAGOREPORT - COME E' RIUSCITO CONTE, DALL’ALTO DEL MISERO 5% DEI 5STELLE NELLE MARCHE, A TENERE IN OSTAGGIO IL PD-ELLY? - L'EX ''AVVOCATO DEL POPOLO'' È RIUSCITO A OTTENERE DALLA "GRUPPETTARA CON L'ESKIMO" LE CANDIDATURE DI ROBERTO FICO IN CAMPANIA E PASQUALE TRIDICO IN CALABRIA, E SENZA SPENDERSI GRANCHE' PER MATTEO RICCI. ANZI, RIEMPIENDO I MEDIA DI DISTINGUO E SUPERCAZZOLE SULL’ALLEANZA (“NON SIAMO UN CESPUGLIO DEL PD”) – IL PIU' MADORNALE ERRORE DEL RIFORMISTA RICCI E' STATO DI FAR SALIRE SUL PALCO L'"ATTIVISTA" DEL NAZARENO, AGITANDOSI PER GAZA ANZICHE' PER UNA REGIONE CHE LA GLOBALIZZAZIONE HA IMPOVERITO LE INDUSTRIE (SCAVOLINI, TOD'S, ETC.), LA DISOCCUPAZIONE E' ARRIVATA E I MARCHIGIANI SI SONO SENTITI ABBANDONATI - VISTO IL RISCHIO-RICCI, E' ARRIVATA LA MOSSA DA CAVALLO DELLA DUCETTA: ''ZONA ECONOMICA SPECIALE'' E UNA PIOGGIA DI 70 MILIONI DI AIUTI...

al-thani netanyahu trump papa leone bin salman hamas

DAGOREPORT – STASERA INIZIA LA RICORRENZA DI YOM KIPPUR E NETANYAHU PREGA CHE HAMAS RIFIUTI IL PIANO DI PACE PER GAZA (ASSEDIATO IN CASA DALLE PROTESTE E DAI PROCESSI, PIÙ DURA LA GUERRA, MEGLIO È). NON A CASO HA FATTO MODIFICARE LAST MINUTE IL TESTO RENDENDOLO PIÙ DIFFICILE DA ACCETTARE PER I TERRORISTI CHE, A LORO VOLTA, INSISTONO SU TRE PUNTI: UN SALVACONDOTTO PER I CAPI; UN IMPEGNO A CREARE LO STATO DI PALESTINA; IL RITIRO DELL’ESERCITO ISRAELIANO, ANCHE DALLA ZONA CUSCINETTO – PRESSING FORTISSIMO DI VATICANO, ONU E PAESI ARABI PER CHIUDERE L'ACCORDO – EMIRI E SCEICCHI INFURIATI PER IL RUOLO DI TONY BLAIR, CHE BOMBARDÒ L’IRAQ SENZA MAI PENTIRSI – L’UMILIAZIONE DI “BIBI” CON LA TELEFONATA AL QATAR: L’EMIRO AL THANI NON HA VOLUTO PARLARE CON LUI E HA DELEGATO IL PRIMO MINISTRO – L’OBIETTIVO DEI “FLOTILLEROS” E L’ANTISEMITISMO CHE DILAGA IN EUROPA

luca zaia matteo salvini roberto vannacci

IL CORAGGIO SE UNO NON CE L'HA, MICA SE LO PUO' DARE! LUCA ZAIA, ETERNO CACADUBBI, NICCHIA SULLA CANDIDATURA ALLE SUPPLETIVE PER LA CAMERA: ORA CHE HA FINALMENTE LA CHANCE DI TORNARE A ROMA E INCIDERE SULLA LEGA, DUELLANDO CON VANNACCI E SALVINI CONTRO LA SVOLTA A DESTRA DEL CARROCCIO, PREFERISCE RESTARE NEL SUO VENETO A PIAZZARE QUALCHE FEDELISSIMO – SONO ANNI CHE MUGUGNANO I “MODERATI” LEGHISTI COME ZAIA, FEDRIGA, GIORGETTI, FONTANA MA AL MOMENTO DI SFIDARE SALVINI, SE LA FANNO SOTTO...

elly schlein tafazzi

DAGOREPORT: IL “NUOVO PD” DI ELLY NON ESISTE - ALIMENTATA DA UN'AMBIZIONE SFRENATA, INFARCITA SOLO DI TATTICISMI E DISPETTI, NON POSSIEDE L'ABILITÀ DI GUIDARE LA NOMENKLATURA DEL PARTITO, ISPIRANDOLA E MOTIVANDOLA - IL FATIDICO "CAMPOLARGO" NON BASTA PER RISPEDIRE NELLE GROTTE DI COLLE OPPIO L'ARMATA BRANCA-MELONI. NELLE MARCHE IL PD-ELLY SUBISCE IL SORPASSO DELLE SORELLE D'ITALIA - QUELLO CHE INQUIETA È LO SQUILIBRIO DELLA DUCETTA DEL NAZARENO NELLA COSTRUZIONE DELLE ALLEANZE, TUTTO IN FAVORE DI UN'AREA DI SINISTRA (M5S E AVS) IN CUI LEI STESSA SI È FORMATA E A CUI SENTE DI APPARTENERE, A SCAPITO DI QUELLA MODERATA, SPAZIO SUBITO OCCUPATO DALLA SCALTRISSIMA DUCETTA DI VIA DELLA SCROFA, CHE HA LANCIATO AMI A CUI HANNO ABBOCCATO LA CISL E COMUNIONE E LIBERAZIONE - CHE ELLY NON POSSIEDA VISIONE STRATEGICA, CAPACITÀ DI COMUNICAZIONE, INTELLIGENZA EMOTIVA, PER FRONTEGGIARE IL FENOMENO MELONI, E' LAMPANTE - OCCORRE URGENTEMENTE, IN VISTA DELLE POLITICHE 2027, RISPEDIRE ELLY SUI CARRI DEI GAY-PRIDE, PUNTANDO, DOPO LE REGIONALI D'AUTUNNO, SU UNA NUOVA LEADERSHIP IN SINTONIA COI TEMPI TUMULTUOSI DI OGGI

raoul bova beatrice arnera

DAGOREPORT: RAOUL, UN TRIVELLONE ''SPACCANTE''! - DAGOSPIA PIZZICA IL 54ENNE BOVA ATTOVAGLIATO ALL'ORA DI PRANZO AL RISTORANTE “QUINTO”, A ROMA, IN COMPAGNIA DELLA FASCINOSA TRENTENNE BEATRICE ARNERA, CON CUI RECITA NELLA FICTION “BUONGIORNO, MAMMA”, ATTUALMENTE IN ONDA SU CANALE5 – GLI AVVENTORI DEL RISTORANTE NON HANNO POTUTO FARE A MENO DI NOTARE L'AFFETTUOSA INTIMITÀ TRA I DUE ATTORI: BACI GALEOTTI, ABBRACCI E CAREZZE FURTIVE FINO A UN INASPETTATO E IMPROVVISO PIANTO DI BOVA – DOPO LO SCANDALO DEGLI AUDIO PICCANTI INVIATI A MARTINA CERETTI, DIFFUSI DA FABRIZIO CORONA, CHE HANNO TENUTO BANCO TUTTA L’ESTATE, ORA QUEL MANZO DI BOVA SI RIMETTE AL CENTRO DELLA STALLA…

beatrice venezi

DAGOREPORT: VENEZI, IL "MOSTRO" DELLA LAGUNA – COME USCIRANNO IL MINISTRO "GIULI-VO" E IL SOVRINTENDENTE COLABIANCHI DAL VICOLO CIECO IN CUI SONO FINITI CON L’INSOSTENIBILE NOMINA DELLA “BACCHETTA NERA”? – IL “DO DI STOMACO” DEGLI ORCHESTRALI DEL TEATRO LA FENICE HA RICEVUTO LA SOLIDARIETÀ DEI PIÙ IMPORTANTI TEATRI LIRICI, DA LA SCALA DI MILANO AL SAN CARLO DI NAPOLI: CHE FARE? – CHISSÀ SE BASTERÀ LA MOSSA ALL’ITALIANA DI “COMPRARSI” LE ROTTURE DI COJONI COL VIL DENARO, AUMENTANDO LO STIPENDIO DEGLI ORCHESTRALI? – L’ARMATA BRANCA-MELONI DEVE FARE I CONTI NON SOLO CON IL FRONTE COMPATTO DEL MONDO SINDACALE LIRICO, MA ANCHE CON I 48MILA VENEZIANI RIMASTI A SOPRAVVIVERE NELLA CITTÀ PIÙ FATALE DEL MONDO. ABITUATI AD ALTI LIVELLI DI DIREZIONE D’ORCHESTRA, DA ABBADO A CHUNG, I LAGUNARI SONO SCESI SUL PIEDE DI GUERRA CONTRO LO SBARCO DELL’”ABUSIVA” VENEZI (I LAVORATORI DELLA FENICE HANNO ORGANIZZATO UN VOLANTINAGGIO CONTRO LA BIONDA VIOLINISTA)E GIULI E COLABIANCHI FAREBBERO BENE A RICORDARSI CHE I “VENESIAN” SONO POCHI MA IRRIDUCIBILI: I PRINCIPI NON SI COMPRANO. COME SI È VISTO NELLA LORO VITTORIOSA GUERRA CONTRO IL PASSAGGIO DELLE GRANDI NAVI DA CROCIERA NEL CUORE DELLA CITTÀ…- VIDEO