1- DOPO IL CONVEGNO DEL CLUB BILDERBERG, ROMA SOTTOPOSTA A UN’ALTRA DURA PROVA: SOPPORTARE LE FACCE DI BRONZO CHE COMANDANO LA MODA INTERNAZIONALE 2. SAPETE PERCHE’ HANNO INZEPPATO L’EX HILTON VALENTINO, VERSACE, GAULTIER, FENDI A PACCHETTI, VIVIENNE WESTWOOD, MANOLO BLAHNIK, RENZO ROSSO, BONO E UMANITÀ AVARIATA DELL’AGO E DEL FILO? VISTO CHE ORMAI LA CRISI HA SVUOTATO I PORTAFOGLI DELL’EUROPA E STATI UNITI, PERCHE’ NON ESPORTIAMO IL LUSSO IN AFRICA? 3. IL PEGGIO È PERÒ IL ROCKER DEGLI U2 BONO CHE ARRIVA A TEORIZZARE CHE LA MODA E IL LUSSO POSSANO MIGLIORARE L'AFRICA E ANCHE LA SUA PERCEZIONE NEL RESTO DEL MONDO! “SMETTETELA DI PENSARE ALL'AFRICA CON UN ATTEGGIAMENTO PIETOSO. È IL FUTURO, DI PIÙ: È UNO DEI POSTI PIÙ SEXY DEL MONDO, PROBABILMENTE IL PIÙ ROMANTICO"

Foto da http://www.ihtconferences.com/
Foto della cena a Villa Miani da Vogue - www.vogue.it


1 - ROMA: APRE L'INTERNATIONAL HERALD TRIBUNE LUXURY CONFERENCE

(ASCA) - Roma protagonista del lusso in 'chiave' africana. Al via all'Hotel Cavalieri Hilton l'International Herald Tribune Luxury Conference 2012, conferenza curata dall'editorialista di moda Suzy Menkes, appuntamento giunto alla XII edizione. Un summit dedicato quest'anno all'influenza dei Paesi del Mediterraneo sul mondo della moda e del lusso, che vede la partecipazione di oltre 500 delegati provenienti da piu' di 30 Nazioni e che dara' voce ai piu' importanti stilisti e dirigenti d'aziende del mercato Fashion & Luxury.

E' stato il sindaco della Capitale, Gianni Alemanno, a salutare la platea sottolineando che la citta' ''e' orgogliosa di ospitare eventi cosi' importanti, non solo per il futuro di questa citta' e del nostro paese, ma per tutto il mondo della moda, del lusso e del design'', rilevando che ''nel grande equilibrio della globalizzazione ci sono due poli distinti che pero' possono cooperare tra loro, ovvero eccellenza e solidarieta'''.

E per Alemanno un'iniziativa come questa che guarda con attenzione all'Africa e' molto importante perche' noi membri di paesi occidentali abbiamo qualcosa da restituire all'Africa per avere un vero equilibrio''. Presenti oltre ad Alemanno, l'assessore capitolino Rosella Sensi, e Silvia Venturini Fendi, Creative Director Fendi e Presidente di AltaRoma.


2 - BONO VOX E RENZO ROSSO: ''A FEBBRAIO I NOSTRI PRIMI JEANS TUTTI AFRICANI''
(Adnkronos) - Bono Vox, la moglie Ali Hewsone, il patron di Diesel, Renzo Rosso, insieme per un marchio di jeans in grado di conquistare il mercato mondiale, grazie alle caratteristiche di originalità e vestibilità, ma soprattutto al 100% africano, che ha già un nome: Diesel+Edun.

Bono e sua moglie stanno infatti espandendo le dimensioni di Edun, la casa di moda che hanno fondato nel 2005. Il progetto, nato durante un viaggio in Africa che i Bono e Rosso hanno fatto insieme all'inizio dell'anno visitando le rispettive coltivazioni di cotone, è stato annunciato ufficialmente dagli stessi Bono e Rosso stamane a Roma durante l'International Herald Tribune Luxury Conference 2012.

La prima collezione sarà pronta a febbraio e sarà appunto interamente realizzata con cotone africano. Durante il suo intervento Bono ha scherzato sul suo noto impegno in diversi progetti di charity per i paesi in via di sviluppo: "Quando con Renzo ne abbiamo parlato ho pensato: o no, un altro progetto di solidarietà. Invece no. Si tratta di business, finalmente''. Grazie alla partnership tra Edun e Diesel i nuovi prodotti verranno venduti nei negozi di Renzo Rosso sotto un'unica etichetta, Diesel+Edun.

3 - BONO: "L'AFRICA È SEXY"
Simone Marchetti per "D - la Repubblica" - http://d.repubblica.it/

L'ingresso nel salone dell'hotel cavalieri a Roma è silenzioso ma trionfale: accompagnato dalla moglie Ali Hewson, Bono arriva alla conferenza dell'International Herald Tribune sull'Africa per raccontare il suo punto di vista su quanto la moda e il lusso possano migliorare l'Africa e anche la sua percezione nel resto del mondo.

"La prima cosa che voglio ricordare è quanto i Governi del mondo amino firmare assegni per questo continente. Il problema, però, è che poi quei fondi non esistono o non vengono destinati". L'attacco è duro ma viene subito commentato insieme alla moglie. "Il cambiamento radicale che dobbiamo affrontare è di pensiero: l'Africa non è solo una realtà, è il futuro. Persino i cinesi ci si stanno spostando dopo aver fatto affari qui da tantissimi anni. Devo dire che Bernard Arnault e il Gruppo LVMH hanno fatto molto per questa causa. Ora il nostro obiettivo è di rendere più grande, più proficuo il marchio Edun. Io e mia moglie non vogliamo che sia solo un capriccio, una piccola iniziativa di beneficenza. Dobbiamo trovare un equilibrio tra virtù e desiderio".

Durante il discorso, sul palco arriva anche Erastus Kibugu, della Conservative Cotton Initiative in Uganda, ribadendo quanto questo paese sia fondamentale nella produzione di cotone per l'economia mondiale.

"A febbraio arriverà finalmente nei negozi la nuova collezione realizzata in collaborazione tra Diesel e Edun, un progetto a cui teniamo tantissimo", continua Bono. "Sono felice che sia successo" continua Renzo Rosso, proprietario di Diesel. "Era tanto tempo che cercavamo di collaborare, ora ci siamo riusciti. Ci teniamo che sia reale, vero, che abbia una giusta campagna pubblicitaria, una produzione seria. Siamo di fronte a una rivoluzione, non si tratta solo di beneficienza. Questo, pensiamo sia il cambiamento più importante da adottare verso l'Africa".

"Organizzeremo festival e concerti per l'Africa per unire tutti i creativi, i musicisti, gli intellettuali, i blogger per dare più risonanza e forza a questo progetto" termina Bono. "Io mi sono letteralmente innamorato, per esempio, del Mali. So che ci sono guerre civili, ma ci sono anche le radici della musica. E quando qui suoni il blues vedi la reazione radicale, il coraggio, la creatività che si ribella alla guerra e al dolore. È incredibile e noi proviamo a incoraggiare questo spirito. E smettetela di pensare all'Africa con un atteggiamento pietoso. È il futuro, di più: è uno dei posti più sexy del mondo, probabilmente il più romantico".


4 - THE PROMISE OF AFRICA DINNER
Da "Vogue.it"

Mercedes-Benz conferma il suo impegno nel mondo della moda con un dinner placé in occasione dell'International Herald Tribune Luxury Conference, conferenza sul lusso organizzata dalla fashion editor Suzy Menkes.

Nella splendida cornice di Villa Miani a Roma, i grandi nomi della moda si sono ritrovati per The promise of Africa dinner, una serata per celebrare l'impegno nella creazione di una nuova Africa, fatta di talenti emergenti che necessitano di essere scoperti e tutelati. Talenti come quelli del mozambicano Taibo Bacar o della camerunense Laurence Chauvin Buthaud, vincitori della Mercedes-Benz Fashion Week Africa, che il brand automobilistico ha deciso di sostenere e far conoscere.

Alla serata hanno partecipato Suzy Menkes, Rosita e Ottavio Missoni, Ilaria e Silvia Venturini Fendi, Delfina Delettrez Fendi, Livia Firth, Giambattista Valli, Pierpaolo Piccioli, Maria Grazia Chiuri, il direttore di Vogue Italia Franca Sozzani, Lauren Bush, Valentino Garavani, Giancarlo Giannetti, Manolo Blahnik, Vivienne Westwood e Duro Olowu.


5 - SUMMIT INTERNAZIONALE SUL LUSSO. INTERVISTA A SUZY MENKES: L'AFRICA NUOVO ATELIER DEL MONDO
Elena Martelli per "Huffington Post Italia"

Tutti a Roma portati da Suzy Menkes, leggendaria head fashion editor dell'International Herald Tribune per parlare di due concetti quanto meno inediti assieme, lusso e Africa. Per Suzy Menkes non è un ossimoro ma la speranza di un futuro possibile.

E' all' Africa e alle sue potenzialità, sia come player che può crescere ed avere un ruolo nel fashion business e sia come soggetto consumatore di lusso, a cui guarda infatti quest'anno il prestigioso summit internazionale curato come sempre da Suzy Menkes.

Dopo aver avuto luogo l'anno scorso a San Paolo del Brasile e negli anni addietro a Nuova Delhi, Dubai, Istanbul, Mosca, quest'anno va in scena a Roma il 15 e il 16 di novembre. Due giorni di conferenze e dibattiti a cui partecipano le personalità più importanti del continente africano, aperta a tutti coloro che già stanno attivamente dando il loro contributo in termini di fashion business.

Come mai l'Africa? Nessuno pensa mai all'Africa in questo senso. Googlando su Internet e i due termini assieme danno pagine solo di safari e hotel di lusso. Non se ne parla mai, di lusso.
«L'Africa è da sempre considerata il paese della povertà e della sofferenza e l'argomento sembra, da un certo punto di vista, quasi improponibile. Ma il lusso per me non è qualcosa di terribilmente costoso che ha a che fare con i prodotti dei designer più alla moda. Io preferisco ritornare al concetto di lusso di un tempo. E questa conferenza sull'Africa si propone proprio questo: lanciare un nuovo concetto di lusso.

Per me non c'è niente di più lussuoso di qualcosa che è fatto a mano. Qualunque cosa sia. Il concetto di lusso sta cambiando pelle ed è un fatto. Dall' altra parte questa tremenda ignoranza sull'Africa - io non sono una specialista in materia ma sono solo un ponte, un mezzo attraverso il quale far girare questo messaggio - fa sì che pochi sappiano che in certi paesi, ovviamente non quelli più devastati dalla guerre, sta nascendo una nuova classe media che vuole cose migliori per le proprio famiglie. Per loro il lusso è una nuova lavatrice. Non un gioiello. Ma è il processo in questo caso ad essere significativo. E' una sorta di catena, prima sogni un paio di scarpe da ginnastica, poi le vuoi di marca e poi cominci a sviluppare un tuo gusto personale. Da una parte insomma questo processo porta a incrementare la produzione sul campo, dall'altro li può condurre ad esportare all'estero».

Quali sono gli Stati che già stanno sviluppando una produzione di moda? E che tipo di prodotti fanno?
«Ho fatto questa conferenza proprio per dare la voce a tutti i protagonisti. Visitando l'Africa questo anno, mi è capitato di andare a Lagos, al fashion design week. Una manifestazione interessante, non solo per i vestiti, ma anche perché c'era un ricco festival di fotografia.
In Kenya ho seguito un bellissimo progetto coadiuvato dalle Nazione Unite a cui contribuisce un italiano, Simone Cipriani che viene dall' industria delle scarpe in cui ha lavorato per 15 anni. E' una storia molto bella, la sua. Ha visto la potenzialità dell'Africa in Etiopa e ora coordina un progetto in cui lavorano donne del posto. Ha unito il sapere locale con il savoir faire italiano.

Fabbricano prodotti che poi vengono venduti a Stella McCartney, Sass&Bide. Ecco un esempio interessante in Etiopia.
Ma pochi sanno di questi progetti innovativi. In uno slum di Nairobi ho visto un uomo che stava lavorando piccole cose di metallo per le borse di Vivienne Westwood, poco più in là c'era un ubriaco, la spazzatura ma nel bel mezzo c'era quell' uomo che lavorava per uscire dalla povertà, con il suo piccolo banchetto di lavoro.

Era uno, ok, ma quell' uomo avrà una vita migliore per lui e suo figlio. Una donna Masai in Kenya che lavorava per un'altra cooperativa mi ha detto: è la prima volta che ricevo del denaro. Lo uso per far andare a scuola mio figlio. E' su questo che ci dobbiamo concentrare quando pensiamo al mondo del lusso. E quando si compera una borsa di Vivienne Westwood non si compera perché c'è scritto made in Africa, ma perché è buona! Perché è un buon prodotto».

Insomma non per fare beneficenza. Ed è così che si contribuisce alla crescita.
«Anche la filantropia trova posto in questo contesto. Ma quel che mi spiace dell'Africa è il concetto di comperare per pietà. A Cape Town son rimasta scioccata: accanto ad un mall classico, con qualche marca nota, c'era un'altra parte in cui si vendevano quelle che posso definire solo cose orribili da turisti. Cose che non c'entrano niente con quel che di bello e raffinato si produce là! Avrei voluto urlare! Non è buono. Buone sono le cose che produce la Westwood là, come ho detto, o quelle che fa Ilaria Venturini Fendi; la ammiro per quel che fa là. Carmina Campus, il suo marchio, fa borse con materiali di riciclo. Lei ne ha fatto un prodotto di livello internazionale, una delle prime tra l'altro a investire in Africa».

Perché Roma? Che significato ha?
«Ho pensato che l'Antico Impero Romano fu il primo ad uscire dai propri confini in modo intelligente. Sto parlando delle origini, lo so. Ma ho realizzato che per la sua posizione, per la sua bellezza per le sue radici, l'Italia è un ponte per l'Africa. Siete un paese generoso e sono intrigata dall'idea del lusso come risultato di una cosa fatta a mano. Ecco l'Italia è uno degli ultimi paesi che ha questa grande tradizione manifatturiera. In Italia le cose ancora si fanno, in Francia molto meno, in Spagna pochissimo. Questo saper fare tipico italiano mi sembrava significativo per parlare di Africa, un continente che sta trovando il suo savoir faire».

Una porta per l'Africa, dunque.
«Sì, ma voglio anche sottolineare il fatto che l'industria della moda in Italia è molto generosa. Odio le persone che dicono che siete solo un paese che ormai vuole solo arricchirsi, veramente non conosco un altro paese filantropico come il vostro. Renzo Rosso ad esempio ha aperto una piccola fabbrica in Mali. Per non parlare dei progetti filantropici di Diego Della Valle. Dovete essere orgogliosi!»

E qual è il suo rapporto con Roma e l'Italia?
«Mi piace il vostro entusiasmo e il vostro spirito per la famiglia. Io sono una donna di famiglia, sa? Tutti pensano che, per il fatto che mi occupo di moda, non lo sia. La moda è la mia vita ma non tutta la mia vita. Ho tre figli e 4 nipoti. E tre sono donne. L'Italia mi rovina da un punto di vista economico, quando vengo qui non posso resistere a comperare alle mie nipotine i vestiti, ce ne sono di meravigliosi! Spendo sempre una fortuna».

Con quali criteri seleziona i paesi in cui ha fatto le sue conferenze sul lusso?
«Più di ogni altra cosa è un istinto. Quando siamo andati a San paolo l'anno scorso ho realizzato che era uno dei paesi del Bric di cui non si parlava mai. E finalmente adesso si parla di Africa...quando siamo andati ad Istanbul pensavo di essere matta, ma vedevo che un Harvey Nichols stava aprendo là. C'erano poi ragioni per andare là, insomma ma spesso è il posto che ispira il concetto. A Berlino abbiamo parlato di fashion tecnologica, in Italia non avrebbe avuto senso, no?».

Lei ha parlato di una middle class che sta crescendo anche là, dove e cosa desidera?
«Ovviamente il Nord Africa, Marocco ma anche Egitto. Tutto il cosiddetto Maghreb è ad un livello più sofisticato di consumi e produzioni. Poi c'è il Sud Africa dove hai Gucci, grandi marche certamente, ma non trovi cose sofisticate locali. Poi c'è l'Ovest e l'Est, in Africa, e lì di lusso non se ne parla ma esiste questa middle class di cui stavo parlando prima».

Per questo c'è Bono, che con sua moglie sta da anni promuovendo vestiti green?
«Da vent'anni parla di Africa. E è attivo veramente. È filantropia, certo. Ma si impegna davvero e poi con la moglie Ali nel 2005 ha aperto questa piccola fabbrica di vestiti "green" che si chiama Edun ad impatto ecosostenibile. Usano tecniche e disegni africani e vengono vendute un po' ovunque. Hanno una collezione che ogni stagione presentano a New York, non sono stilisti hanno uno staff che lo fa. E poi venerdì Bono ci tiene a fare un certo annuncio che non posso anticiparvi!. Sono contenta che sia riuscito a venire qui a Roma, non è che lui va da ogni parte, ma penso che ci tenga davvero a portare personalmente il suo contributo, a fare in modo che di questo tema se ne parli e se ne continui a parlare. E poi sa, lui ama molto l'Italia».

 

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