panama papers cameron le pen

LA BUONA NOTIZIA E' CHE LO SCANDALO “PANAMA PAPERS” POTREBBE FARE PULIZIA NELL'ESTABLISHMENT MONDIALE POLITICO, BANCARIO E FINANZIARIO TOTALMENTE MARCIO - LA PRIMA TESTA A ROTOLARE È QUELLA DEL PRIMO MINISTRO ISLANDESE GUNNLAUGSSON

1 - ISLANDA NEL CAOS IL CAPO DEL GOVERNO GETTA LA SPUGNA

Andrea Tarquini per “la Repubblica”

 

SIGMUNDUR DAVI? GUNNLAUGSSONSIGMUNDUR DAVÍÐ GUNNLAUGSSON

Esplode in Islanda al massimo livello la crisi dei “Panama Papers”. Il premier conservatore Sigmundur David Gunnlaugsson, coinvolto nei depositi offshore, ha gettato la spugna ieri sera presentando le sue dimissioni dopo una giornata pesante: prima aveva escluso ogni dibattito, poi aveva minacciato di sciogliere l’Althingi (Parlamento), e solo il no del capo dello Stato Olafur Ragnar Grimsson lo aveva fermato.

 

La situazione a Reykjavik si fa di ora in ora più incandescente e un voto di fiducia che potrebbe travolgere quel che resta dell’intera maggioranza di centrodestra è possibile a ore. In vista di elezioni anticipate difficilmente evitabili, le opposizioni (“Pirati” e socialdemocratici) hanno il vento in poppa.

 

SIGMUNDUR DAVI? GUNNLAUGSSON SIGMUNDUR DAVÍÐ GUNNLAUGSSON

L’Islanda in piazza, in nome del rigore nordico tradito dall’establishment, spera di divenire esempio di trasparenza per il mondo cambiando la Costituzione. «E’ un’eruzione politica, in una piccola democrazia abituata a eruzioni vulcaniche», commentano fonti diplomatiche a Reykjavik. Gunnlaugsson, leader del Partito del progresso (centrodestra nazionalista) avrà un successore provvisorio nell’attuale ministro dell’Agricoltura, Sigurdur Ingi Johansson. Ma la sopravvivenza della coalizione con l’altro gruppo conservatore, il Partito dell’Indipendenza di Benediktsson, è appesa a un filo: gli alleati minori dubitano. E i franchi tiratori crescono nella maggioranza.

 

E’ il terremoto politico più grave a Reykjavik da quando la crisi finanziaria internazionale del 2008 mandò in fallimento le tre maggiori banche del paese, dimezzò il Pil in pochi mesi e produsse un’ondata di licenziamenti, nuova povertà e suicidi. Secondo i Panama Papers, Gunnlaugsson e la moglie (entrambi ricchi di famiglia, in una società dominata da armatori, big della pesca e finanzieri) erano proprietari ognuno a metà della Wintris, una delle aziende con sede a Panama.

SIGMUNDUR DAVI? GUNNLAUGSSON SIGMUNDUR DAVÍÐ GUNNLAUGSSON

 

Lo avevano tenuto segreto, anche dopo la legge del 2009 che obbligava ogni politico a dichiarare ogni patrimonio anche all’estero. Conflitto d’interessi inaccettabile. E Wintris aveva guadagnato anche nelle banche fallite. «Non ho fatto nulla d’illegale, posso difendermi sciogliendo il Parlamento», aveva minacciato Gunnlaugsson ieri mattina dopo che i dimostranti che assediano pacificamente il Parlamento lo avevano bersagliato di formaggio fresco.

 

ian e david cameronian e david cameron

Ma con una mossa senza precedenti, il capo dello Stato gli ha detto di no: «Si consultano tutti, sciogliere l’Althingi non è compito del premier». Conflitto costituzionale, crisi di sistema e rivolta della gente in nome della questione morale. La crisi ha portato i nervi a fior di pelle nella maggioranza, scrive il Morgunbladid, principale quotidiano nazionale: né Gunnlaugsson né il leader del partito suo alleato hanno fornito il minimo d’informazioni a deputati e dirigenti delle forze politiche.«E con appena 38 deputati su 63 dell’Althingi, si fa presto a perdere il terreno sotto i piedi».

 

2 - CAMERON SI DIFENDE “NON HO AZIONI, VIVO DI STIPENDIO”

Enrico Franceschini per “la Repubblica”

 

ian cameronian cameron

All’inizio Downing street ha provato a liquidarla come “una questione privata”. Ma il coinvolgimento del defunto padre di David Cameron nello scandalo dei Panama Papers è presto diventato un tornado che minaccia seriamente il futuro del premier britannico.

 

Ieri mattina tutti i giornali, lo hanno messo sotto accusa, chiedendogli di chiarire se anche lui e la sua famiglia beneficiano o hanno beneficiato dai conti off-shore dello studio Mossack Fonseca ai Cairabi. Poco dopo il leader laburista Jeremy Corbyn ha proposto un’indagine pubblica sui possibili evasori fiscali in Gran Bretagna legati alla vicenda, indagine che dovrebbe comprendere anche “il primo ministro e la sua famiglia”.

 

david cameron david cameron

A questo punto, a un comizio a Birmingham, assediato dai giornalisti, Cameron non si è potuto esimere dal rispondere: «Non possiedo azioni, fondi o titoli», ha detto, «vivo del mio stipendio di premier, sono proprietario della casa in cui abitavo prima di trasferirmi a Downing street, non ho altro». In seguito, tuttavia, un portavoce ha aggiunto che la first-lady Samantha Cameron ha un certo numero di azioni ereditate dal padre.

 

E il Guardian, analizzando le sue parole, sottolinea che Cameron si è attentamente astenuto dal precisare se ha investito dei soldi in conti off-shore in passato o se ne sarà in qualche modo beneficiario in futuro.

 

Non tutto insomma è stato chiarito. Con mezzo partito in rivolta per la sua posizione a favore del restare nell’Unione Europea nel referendum del giugno prossimo, il sindaco di Londra Boris Johnson che scalpita per prendere il suo posto e la minacciata chiusura delle acciaierie britanniche che rappresenta un altro motivo di imbarazzo, il primo ministro non è mai stato tanto in difficoltà da quando ha assunto il potere sei anni fa.

 

MERKEL SCHAEUBLEMERKEL SCHAEUBLE

Il mese prossimo Cameron ospita a Londra un summit internazionale sulla lotta alla corruzione che doveva dimostrare il suo impegno contro i paradisi fiscali, inclusi quelli caraibici che sono possedimenti del Regno Unito. Ora il sospetto di elusione fiscale raggiunge anche lui.

 

3 - I “PACCHETTI” ESTERI OFFERTI DALLE BANCHE SALVATE DALLO STATO

Tonia Mastrobuoni per “la Repubblica”

 

A molti clienti, le principali banche tedesche offrivano il pacchetto completo offshore: una società di comodo a Panama e un conto in banca in Svizzera o Lussemburgo. Negli ultimi anni, quattordici istituti tedeschi hanno fondato o gestito per conto dei clienti circa 1.200 società anonime. Ma in tutto, le banche con sede in Germania menzionate nei Panama Papers sono ventotto.

DEUTSCHE BANKDEUTSCHE BANK

 

E scorrendo i nomi è chiaro che si tratta di quelle più importanti; a parte Deutsche Bank e Commerzbank, nella lista figurano Hypovereinsbank, Dz Bank, Ubs Deutschland, Berenberg, HSH Nordbank, varie Landesbanken. Sei delle sette banche tedesche maggiori operavano nel paradiso fiscale del Centro America. E molte di esse sono parzialmente pubbliche o salvate con montagne di soldi dei contribuenti, durante la Grande Crisi. Qualche commentatore tedesco parla, perciò, di «fiducia tradita».

deutsche bundesbankdeutsche bundesbank

 

Certo, aprire un conto offshore non un’attività illegale in sé, ma spesso le società anonime parcheggiate a Panama servono a coprire attività illegali o evadere le tasse. Lo dimostra un altro caso clamoroso che sta emergendo dalla più grande fuga di dati della Storia: Siemens. Dopo lo scandalo dei fondi neri in Sudamerica, dalle carte emerge che alcuni manager non hanno mai rimpatriato quei soldi; li hanno semplicemente spostati a Panama.

 

Il governo si dice scandalizzato. Il ministro delle Finanze Schaeuble, impegnato in realtà da anni ad aumentare la pressione internazionale nei confronti dei paradisi fiscali o dell’elusione fiscale delle multinazionali, ha detto che i Panama Papers «aumentano la pressione per eliminare gli illeciti».

 

Prima degli incontri di primavera a Washington del Fondo monetario internazionale, il ministro cristianodemocratico vuole presentare proposte ulteriori per combatterli. Scatenata anche la Spd. Il vice cancelliere Gabriel vuole addirittura abolire le società di comodo e chiede azioni concrete contro il riciclaggio, il ministro della Giustizia Maass vuole accelerare sul registro della trasparenza per le società offshore.

COMMERZBANKCOMMERZBANK

 

4 - L’AMICO D’INFANZIA E IL MAGGIORDOMO INGUAIANO LA DESTRA

Anais Ginori per “la Repubblica”

 

E’ uno degli uomini più vicini a Marine Le Pen, fidato consigliere comunicazione durante la campagna elettorale del 2012. Secondo le Monde, Frédéric Chatillon titolare della società Riwal ha portato all’estero 316mila euro a Singapore, via Hong Kong, le Isole Vergini, e la consulenza dello studio Mosseck Fonseca. Nei “Panama Papers” appare anche Nicolas Crochet, contabile che pure ha collaborato in passato con il Front National.

 

marine e jean marie le penmarine e jean marie le pen

La vicenda citata dal quotidiano francese è in parte nota: Chatillon e Crochet sono già indagati dai magistrati per sospetto finanziamento illegale del Fn. L’utilizzo del “sofisticato sistema offshore” da parte di suoi fedelissimi, come scrive il quotidiano francese, rischia di mettere nei guai la candidata all’Eliseo che si presenta come la paladina senza macchia contro la “casta” e il “sistema”. «Una manovra per infangare il Front National» ha commentato il vicepresidente Florian Philippot, ricordando che Chatillon non è dirigente del partito.

 

Ex leader del gruppo di estrema destra Gud, amico di Marine Le Pen dai tempi dell’università, Chatillon è attivo negli affari anche in Italia. «E’ un investimento legale in Asia» si è giustificato lui. Il quotidiano francese rivela inoltre una società offshore intestata a Gérald Gérin maggiordomo di Jean-Marie Le Pen, sospettato di essere un prestanome del patriarca dell’estrema destra. Un conto su cui sarebbero nascoste banconote, lingotti e monete d’oro per 2,2 milioni di euro. Le Pen senior ha smentito ieri e minacciato querela contro le Monde.

 

marine e jean marie le penmarine e jean marie le pen

Le rivelazioni dei Panama Papers toccano anche il settore finanziario. Societé Générale è tra le prime cinque banche con il numero più alto di conti offshore attraverso lo studio Mossack Fonseca: ben 979 società controllate dalle filiali in Svizzera, Lussemburgo, Bahamas. I vertici del gruppo sono stati convocati ieri sera dal ministro delle Finanze, Michel Sapin. Il governo francese ha comunicato che Panama sarà di nuovo inserita sulla lista dei paradisi fiscali dopo che ne era uscita grazie a un accordo quattro anni fa.

 

 

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