
IL CASO ALMASRI CERTIFICA LA PIPPAGINE DEL GOVERNO: LO VOLEVANO LIBERARE PER RAGIONI POLITICHE (TACIUTE FINO ALL’ULTIMO) E HANNO CERCATO DI CAMUFFARE LA VERITÀ CON MOSSE APPROSSIMATIVE CAMUFFATE DA PROCEDURE PREVISTE DALLA LEGGE – UNA TOTALE INADEGUATEZZA CONFERMATA DALL’INCAPACITÀ PERSINO DI COORDINARE UNA LINEA COMUNE TRA I MINISTRI COINVOLTI – “DOMANI”: “SE PROPRIO DOVEVAMO RESTITUIRE IL TORTURATORE PER CORTESIA ISTITUZIONALE AI LIBICI, PER QUESTIONI DI AFFARI E SICUREZZA DEI CONFINI, ALLORA FORSE IL GOVERNO AVREBBE DOVUTO PREPARARE UNA VERSIONE PIÙ CONVINCENTE. MA SI È DIMOSTRATO INADEGUATO ANCHE IN QUESTO, TRAVOLTO DAGLI EVENTI FIN DALL’INIZIO: DAL FERMO A TORINO DEL GENERALE LIBICO”
1 - LE MOTIVAZIONI POLITICHE (TACIUTE FINO ALL’ULTIMO) DELL’ARRESTO NEGATO
Estratto dell’articolo di Giovanni Bianconi per il “Corriere della Sera”
GIORGIA MELONI - CARLO NORDIO - MATTEO PIANTEDOSI - ALFREDO MANTOVANO
La mattina di martedì 21 gennaio, quando il generale libico Osama Najeem Almasri era detenuto da due giorni e la corte d’appello di Roma stava per decidere se tenerlo in carcere oppure no, ai magistrati in servizio al ministero della Giustizia che lavoravano per risolvere ogni problema giuridico e consegnare il ricercato alla Corte penale internazionale, parve evidente che ne rimaneva uno per loro insormontabile. Un problema politico.
Come ha spiegato al Tribunale dei ministri la dottoressa Cristina Lucchini, che dirigeva l’ufficio Cooperazione giudiziaria internazionale, dalle varie riunioni e consultazioni con la capo di gabinetto del Guardasigilli Carlo Nordio, Giusi Bartolozzi, «era chiaro che le valutazioni non erano solo giuridiche, ma implicavano contesti ai quali loro, essendo un ufficio tecnico, non potevano avere accesso».
I collaboratori di Nordio avevano preparato il provvedimento da far firmare al ministro che avrebbe sanato ogni eventuale vizio del fermo di Almasri; compresa la questione del periodo dei reati contestati dalla Cpi al generale libico, che il Guardasigilli avrebbe poi bollato in Parlamento come «vizio assoluto». Loro l’avevano superato indicando nella bozza le date esatte, ricavate dall’esame dei documenti inviati dall’Aia.
Ma quel pezzo di carta è rimasto sulla scrivania della capo di gabinetto, così come è rimasto muto il telefono e vuota la casella di posta elettronica del funzionario della Cpi che a più riprese aveva chiesto di interloquire con gli uffici ministeriali per fugare eventuali dubbi. Un appuntamento era stato fissato, ma saltò.
mantovano meloni nordio piantedosi
Le valutazioni non solo giuridiche evocate dalla dottoressa Lucchini […] riguardavano i rischi di ritorsioni libiche segalati dal capo dell’Aise Giovanni Caravelli nelle riunioni segrete convocate da Palazzo Chigi, a cui partecipò anche la capo di gabinetto di Nordio.
Che infatti davanti ai giudici ha ammesso: «Non era solo il problema dell’ordinanza, non era il tema spicciolo... qui c’era il problema del segreto di Stato».
carlo nordio e il caso almasri
Evidentemente lei aveva percepito che ci fosse, ma in realtà nessuno ha mai apposto quel vincolo. Né è stato opposto dall’Aise quando il Tribunale dei ministri ha acquisito la documentazione sul caso Almasri. Compresa la relazione redatta da Caravelli (classificata «segreta», allegata agli atti ma con le «modalità che ne tutelino la riservatezza» previste dalla legge) di cui il direttore dell’Aise ha ampiamente parlato nella sua deposizione. Illustrando i pericoli che avrebbero corso gli italiani in Libia come ritorsione per la cattura del generale e la sua eventuale consegna alla Corte dell’Aia.
carlo nordio - giorgia meloni - matteo piantedosi - composizione fotografica del fatto quotidiano
[…] Come emerge dalla relazione del Tribunale dei ministri, il governo ha spiegato il rilascio del ricercato con versioni sempre differenti tra loro: dalla responsabilità esclusiva della Corte d’appello ai presunti errori del mandati d’arresto, fino alla necessità di valutare una «concorrente» richiesta di estradizione libica. Che però è arrivata quando Almasri era già stato rimpatriato […] Giustificazioni tutte smontate, una per una, dall’indagine condotta dai giudici inquirenti.
Non a caso, dopo aver analizzato ogni atto del procedimento e forse intuito che quelle spiegazioni non reggevano ai riscontri cercati dai magistrati, la difesa dei tre membri dell’esecutivo indagati ha invocato come ultimo atto la carta dell’«interesse essenziale» dello Stato «a fronte di un pericolo grave e imminente».
Quindi una questione di «sicurezza nazionale» fondata su motivi diversi da quelli addotti fino a quel momento […] Ma una volta valutato che anche i rischi paventati dal governo non avevano le «caratteristiche di indilazionabilità e cogenza tali da non lasciare altra alternativa che quella di violare la legge», ai giudici non restava che valutare i fatti ricostruiti e specificare i reati che hanno ritenuto di ipotizzare. Non spetta a loro, infatti, decidere […] Questa è la prerogativa riservata dalla legge costituzionale al Parlamento, che con una propria «valutazione insindacabile» può bloccare l’azione penale. […]
2 - LE DUE VERSIONI SU ALMASRI «PERICOLOSO. NO, CI È AMICO» BARTOLOZZI RESTA IN BILICO
Estratto dell’articolo di Enrica Riera per “Domani”
giorgia meloni carlo nordio matteo piantedosi
La determinazione di condurre un’operazione segreta e delicata / per restituire il generale Almasri alla Libia non è stata accompagnata dalla medesima attenzione nella gestione pratica e tecnica della faccenda. Una storia contraddistinta da mosse approssimative - lo sottolineano anche le giudici del tribunale dei ministri – camuffate da procedure previste dalla legge e dall’incapacità persino di coordinare una linea comune tra i ministri coinvolti, ognuno per il suo ambito di azione.
Njeem Osama Almasri Hoabish torna a tripoli
Se proprio dovevamo restituire il torturatore per cortesia istituzionale ai libici, per questioni di affari e sicurezza dei confini, allora forse il governo avrebbe dovuto preparare una versione più convincente. Ma si è dimostrato inadeguato anche in questo, travolto dagli eventi fin dall’inizio: dal fermo a Torino del generale libico.
[…] Nordio oggi si dice «responsabile» politicamente e giuridicamente di quanto avvenuto, sollevando la zarina del suo ministero da qualsiasi eventuale contestazione. «Bartolozzi – ha detto il guardasigilli in una nota – ha posto in essere azioni che sono state esecutive dei miei ordini
ALFREDO MANTOVANO. - GIORGIA MELONI - CARLO NORDIO - MATTEO PIANTEDOSI - FOTO LAPRESSE
Peccato che, come emerge dalle carte, nessuno sapesse con precisione dove il ministro fosse nei giorni del 19, 20 e 21 gennaio: un’assenza per cui oggi la capa di gabinetto, dal curriculum ineccepibile e verso cui potrebbero presto concentrarsi le attenzioni della procura di Roma, rischia grosso. A lei la gestione de facto, per come ricostruito dal tribunale dei ministri, della vicenda Almasri, il torturatore libico che in Italia andava a zonzo pieno di denaro contante e con un puntatore per fucile, trovatogli durante l’arresto.
Non solo da sciatteria istituzionale è quindi contrassegnata la gestione della liberazione del generale rimpatriato. In questa storia ci sono buchi anche e soprattutto in punta di diritto. Questo è il parare del tribunale dei ministri che hanno archiviato la premier Giorgia Meloni e notificato un provvedimento di autorizzazione a procedere nei confronti dello stesso Nordio, ma anche del ministro Matteo Piantedosi e del sottosegretario con delega all’Intelligence Alfredo Mantovano.
Confusione, caos, versioni discordanti alla base delle decisioni e delle mancate scelte degli alti dirigenti ministeriali – quale è appunto Bartolozzi – e dei ministri stessi durante l’iter che ha portato alla scarcerazione del libico. Il quadro delineato dal tribunale è quello di un governo saldo e compatto nella volontà di far tornare a casa il ricercato dalla Corte dell’Aia, ma allo sbaraglio nella costruzione delle motivazioni da fornire per raggiungere l’obiettivo.
Njeem Osama Almasri Hoabish torna a tripoli
Le giudici definiscono gli atti sottoscritti dai membri dell’esecutivo come «viziati da palese irrazionalità e, come tale, illegittimi». Un esempio? Prendiamo il decreto di espulsione emesso nei confronti del torturatore Almasri dal ministro dell’Interno Piantedosi. «Tale decreto – scrivono ancora le giudici - è stato motivato in relazione alle esigenze di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, in virtù del richiamo al mandato di arresto della Corte penale internazionale».
Tuttavia «i reati per i quali è indagato il citato cittadino libico dinanzi alla Cpi sarebbero tutti stati commessi in patria, mentre in Italia, così come negli altri paesi europei, non risulta che il predetto si sia reso responsabile di alcun reato». Piuttosto, sottolineano, la pericolosità è per i libici, visto che Almasri i delitti atroci li ha commessi in quel Paese. Dunque perché riaccompagnare il ricercato in Libia, tra l’altro su un volo in gestione ai servizi segreti?
valditara, fitto, mantovano, meloni, nordio, piantedosi, roccella
Un vero e proprio cortocircuito che il tribunale dei ministri rileva anche in altri casi. Se del resto il capo del Viminale «aveva disposto l’espulsione di Almasri, sottolineandone l’urgenza» perché il libico avrebbe potuto rappresentare «un minaccia nazionale», è l’ex prefetto Giovanni Caravelli, numero uno dell’Aise, a pensarla diversamente. Il capo dell’Agenzia per i servizi di sicurezza estera parlerà infatti di «proficui rapporti» con la forza militare di cui Almasri era a capo.
Qui il cortocircuito è totale: Piantedosi sostiene che è un pericolo pubblico, mentre gli apparati lo considerano un partner affidabile con cui interloquire. Quindi per il Viminale è un nemico, per i servizi segreti – Chigi – è un amico.
E poi c’è il capitolo «misure cautelari». Perché, nell’attesa della risoluzione del vizio procedurale su Almasri, non applicargliene una? La critica delle giudici è feroce. […] Ma di errori di questo tipo, in quei giorni di gennaio scorso, ce ne sono stati parecchi, […] Così se la gestione del caso è stata contrassegnata da mancato coordinamento tra i ministri e i dirigenti e da una certa schizofrenia decisionale, la volontà di liberare il libico è stata come detto univoca. […]