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DELL’AVORIO E DELLA MORTE - I DUE ITALIANI UCCISI IN ZIMBABWE (PADRE E FIGLIO) AIUTAVANO I RANGERS LOCALI NELLA LOTTA AI BRACCONIERI: COLPITI PER ERRORE (MA CI SONO PUNTI OSCURI) DAL “FUOCO AMICO” - IL BRACCONAGGIO E’ UN BUSINESS DA 20 MILIARDI DI DOLLARI L’ANNO

Enrico Ferro per “la Repubblica”

 

ITALIANI UCCISI ZIMBABWEITALIANI UCCISI ZIMBABWE

«Ho sentito vibrare le pallottole a 50 centimetri dalla mia testa, stavo immobile e aspettavo solo che una mi colpisse». Francesco Marconati, 59 anni, veterinario padovano, è un sopravvissuto.

 

Ha visto morire davanti ai suoi occhi l’amico Claudio Chiarelli, origini toscane, 66 anni, e il figlio Massimiliano, 29 anni, nato nello Zimbabwe ma padovano di adozione. I due sono stati crivellati di colpi nel parco naturale di Mana Pools, area interdetta alla caccia, dove stavano partecipando a una operazione contro i bracconieri.

ITALIANI UCCISI ZIMBABWE BIGITALIANI UCCISI ZIMBABWE BIG

 

Erano stati cooptati dai rangers locali, e durante il cambio turno, una delle guardie li avrebbe scambiati per cacciatori di frodo e ha fatto fuoco. «Un tragico errore» ha commentato Emmanuel Fundira, capo della Safari Operators Association. Anche se alcune circostanze restano da chiarire.

 

«Eravamo dentro alla riserva naturale durante un servizio contro i bracconieri, fermi sulla strada, accanto alla nostra jeep, in attesa che tre rangers arrivassero sul posto e si sostituissero ad altri tre che avevano finito il proprio turno», racconta Marconati, veterinario che vive nello Zimbabwe da oltre vent’anni dopo aver lavorato per molto tempo a Padova.

 

ITALIANI ZIMBABWE 2ITALIANI ZIMBABWE 2

All’interno di Mana Pools è l’unico che ha avuto il permesso dal governo locale di costruire un lodge turistico, che si trova proprio sulle rive del fiume Zambesi. I tre erano arrivati al parco Mana Pools appena due giorni fa e Claudio e Massimiliano sarebbero dovuti rientrare ad Harare, la capitale dello Zimbabwe, proprio lunedì.

 

MANA POOLS ZIMBABWEMANA POOLS ZIMBABWE

«A un certo punto la nostra Jeep ha avuto un guasto - prosegue Marconati - ci siamo dovuti fermare. E in quel momento siamo stati assaliti da raffiche di kalashnikov. Io mi sono buttato a terra, sotto la macchina mentre Claudio e il figlio Massimiliano si trovavano davanti al cofano dell’auto. Credevo si fossero buttati a terra anche loro - aggiunge il veterinario - non ho più visto nulla, sono rimasto immobile pensando che ormai era giunto il mio momento».

 

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Invece, a Marconati è andata bene, è sopravvissuto senza neppure un graffio. «Dopo una scarica di una ventina di colpi, il fuoco è cessato - ricorda -. Mi sono alzato in piedi e mi sono avvicinato. Claudio e Massimiliano erano già morti. Erano in una pozza di sangue. Entrambi avevano un foro di proiettile in testa».

 

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Marconati, nonostante lo choc, ha dovuto parlare ore e ore con la polizia del posto per spiegare la sua versione dei fatti. «Stiamo aiutando il parco nazionale a contenere il fenomeno del bracconaggio spiega -. Stiamo perdendo uno, due, o più elefanti ogni giorno a causa dei bracconieri provenienti dallo Zambia.

 

Ammazzano gli elefanti per vendere l’avorio nel mercato di Vietnam e Thailandia. Per questo noi - aggiunge -, volontariamente, ci siamo proposti di aiutare i rangers a combattre i bracconieri. Come si poteva immaginare una simile tragedia?».

 

ITALIANI ZIMBABWE 3ITALIANI ZIMBABWE 3

L’ambasciata italiana ad Harare, in stretto contatto con la Farnesina, ha chiesto spiegazioni alle autorità locali. La dinamica sembra chiara, ma c’è chi avanza seri dubbi sull’accaduto, come l’amico di sempre di Claudio, il fotografo e documentarista Carlo Bragagnolo:

 

«Chiarelli era una persona scomoda perché lottava contro i cacciatori senza scrupoli - spiega non vorrei che fosse stato vittima di una trappola». Chi era presente, però, ha pochi dubbi.

 

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«È stata una disgrazia - ribadisce Marconati -. Claudio e Massimiliano sono morti sotto il fuoco amico. Hanno sparato da 45 metri di distanza. Hanno visto tra le fronde una macchia blu scura muoversi e hanno pensato di trattasse di un bracconiere, ma così non era. Quella macchia blu tra la vegetazione era la camicia di Claudio, non di un bracconiere».

 

Claudio Chiarelli, accompagnatore turistico e cacciatore, si era trasferito in Africa nei primi anni del ’90. Aveva acquistato un terreno nel quale aveva creato una riserva ecologica e faunistica. Nel 2000 rischiò di essere trucidato dagli «squatters», i veterani di guerra.

PARCO NAZIONALE DI HWANGEPARCO NAZIONALE DI HWANGE

 

Nel 2005, invece, durante una battuta di caccia, il gruppo venne aggredito da due elefantesse e perse la vita l’industriale Gianpaolo Tarabini Castellani, il fondatore della casa di moda Blumarine. Claudio lascia la moglie Giuliana Sartori, madre di Massimiliano. Domenica la donna è stata informata della tragedia nel tardo pomeriggio. «Non ho potuto fare niente per salvarli » si dispera ora Francesco.

 

2.IL CASO. IL COMMERCIO DI AVORIO METTE A RISCHIO ESTINZIONE GLI ELEFANTI.

Daniele Mastrogiacomo per “la Repubblica

 

PARCO NAZIONALE DI HWANGE 8PARCO NAZIONALE DI HWANGE 8

Non è uno sport e nemmeno un passatempo. Il bracconaggio oggi è una vera piaga. Un business che fattura 20 miliardi di dollari l’anno. Lo confermano tutti: dalle associazioni ambientaliste a quelle che lottano per la difesa della specie. Viene considerato il terzo commercio più redditizio al mondo, preceduto solo dal traffico di armi e della droga.

 

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Per colpa di antiche credenze e molte superstizioni. Pensiamo al valore che hanno le zanne degli elefanti, con il loro avorio pagato a peso d’oro; ai corni dei rinoceronti, ricercatissimi in Cina, Vietnam, Cambogia per i loro poteri afrodisiaci. Solo Pechino, secondo la Wildlife Conservation society, rappresenta il 70 per cento della domanda mondiale.

 

Una domanda che contribuisce all’uccisione, mediamente, di 96 elefanti al giorno. La Repubblica Centrale Africana, in dieci anni, tra il 2002 e il 2012, registrò la più grave perdita di questi pachidermi: scomparve il 60 per cento di quelli presenti nelle foreste del paese.

 

PARCO NAZIONALE DI HWANGE 6PARCO NAZIONALE DI HWANGE 6

Ancora più grave è stata la caccia spietata al corno del rinoceronte nero occidentale: la specie si è estinta nel 2011. Tuttora sono minacciate le altre cinque rimanenti.

 

Per documentare i danni irreversibili sulla fauna selvatica, il fotografo britannico James Morgan seguì per settimane il lavoro di una pattuglia antibracconaggio del parco nazionale di Minkébé, nel Gabon. Tra il 2005 e il 2013 riuscì a documentare che erano stati uccisi 11 mila elefanti: due terzi della popolazione del parco.

 

PARCO NAZIONALE DI HWANGE 5PARCO NAZIONALE DI HWANGE 5

Non si tratta solo di un crimine per l’ecosistema e una minaccia per gli equilibri delle specie animali. La caccia di frodo ha finito per stravolgere la vita stessa di gruppi etnici locali. Spinti dalla domanda di avorio dei vecchi colonialisti, spesso espropriati delle terre in cui vivevano, i Baka del Gabon, per esempio, si sono presto trasformati in bracconieri.

 

Il bracconaggio ha finito per estendersi e a saldarsi con interessi più vasti. Anche i gruppi jihadisti, soprattutto nell’Africa orientale, ne traggono vantaggi: taglieggiano i cacciatori di frodo con guadagni che sfiorano anche il miliardo di dollari l’anno.

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Claudio e Massimiliano Chiarelli, le due guide italiane rimaste uccise durante una battuta contro i bracconieri in Zimbabwe, erano esperti, legatissimi al paese in cui vivevano da anni e sapevano muoversi in un ambiente difficile e ostile.

 

Non erano i soli a svolgerlo, soprattutto tra Tanzania e Sudafrica, dove sorgono i parchi e le riserve più belle e ricche di animali al mondo e la caccia è un’attività economica importantissima.

 

PARCO NAZIONALE DI HWANGE 3PARCO NAZIONALE DI HWANGE 3

Ma anche qui iniziano i primi dubbi: nei giorni scorsi il Sudafrica ha chiuso per la prima volta da anni la caccia ai BIG5, i cinque animali più famosi (elefante, leopardo, leone, rinoceronte e bufalo) proibendo di sparare ai leopardi fino a quando i numeri degli esemplari di questa specie non saranno determinati con precisione.

 

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La battaglia contro i bracconieri è attraversata da personaggi leggendari. Come Kinessa Johnson, 29 anni, un’americana della Louisiana che dopo essere stata ferita a Kandahar mentre era una marine dell’esercito Usa, viene reclutata dall’associazione Vet Paw e armata del suo fucile si sposta dalla Tanzania allo Zimbabwe, al Botswana.

 

Così Davide Bomben, l’italiano di 38 anni diventato istruttore capo della Poaching Prevention Academy, l’organizzazione che in Namibia e in altri paesi africani addestra le truppe contro i cacciatori di frodo. Uomini e donne che fanno quello che facevano i due italiani uccisi.

 

Le foto scattate al Hwange National Park Le foto scattate al Hwange National Park

Se fossero intervenuti anche nel Parco nazionale di Hwange, in Zimbabwe, forse Cecil, il leone più famoso della foresta, ucciso la scorsa estate, sarebbe ancora vivo. Ma 46mila dollari sono bastati ad accontentare i capricci di un ricco dentista americano

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