margarita simonyan e vladimir putin

“LA LIBERTÀ È SPAZZATURA” – I RUSSI CALANO LA MASCHERA E SI LANCIANO NELL’ELOGIO DELLA CENSURA AFFIDATO A MARGARITA SIMONYAN, DIRETTRICE DI RT, FIORE ALL’OCCHIELLO DEL PUTINISMO: “NESSUNA GRANDE NAZIONE PUÒ ESISTERE SENZA IL CONTROLLO SULLE INFORMAZIONI. VI PIACE L'ECONOMIA CINESE? A ME PIACE. HANNO QUALCHE LIBERTÀ? NELLA VITA POLITICA, NELLA VITA INFORMATIVA? NO, NON CE L'HANNO E NON L'HANNO MAI AVUTA. FORSE NON È MALE, FORSE È UNA BUONA COSA…”

Jacopo Iacoboni per "La Stampa"

 

margarita simonyan 5

«All'interno di Russia Today ci sono delle regole che ho stabilito io», disse nel 2018 Margarita Simonyan, direttrice di RT, la ex Russia Today, un tempo fiore all'occhiello del putinismo, ampiamente rilanciata in Europa, specie nelle reti social populiste, oggi sanzionata e bandita da tutta l'Unione europea. «So che non mi crederete, ma ho proibito ad esempio di invitare persone che possano promuovere strane teorie, a me non piacciono».

 

margarita simonyan e vladimir putin 6

E a proposito di strane teorie, ieri l'altro Simonyan, parlando nello show tv serale di Rossiya-1, ha esposto la più incredibile e clamorosa teoria di Stato russa sulla necessità delle censura sui media. Non le è scappato, l'ha teorizzato, anche in maniera provocatoria, con battutine e risolini. Un po' come Jack Nicholson nelle vesti del generale cattivo del film Codice d'onore, che al processo dice incredibilmente la verità: sì, l'ho fatto pestare io quel soldato. Simonyan ha esposto questo ragionamento: «Abbiamo avuto due periodi nella nostra storia di censura limitata o assente, dal 1905 al 1917, ricordiamo come è finita, e durante la Perestrojka e gli anni '90 successivi, ricordiamo come è finita, è finita con il crollo del Paese».

margarita simonyan 4

 

Poi ha proseguito: «Nessuna grande nazione può esistere senza il controllo sulle informazioni. Chi ci ha fatto aggiungere alla nostra costituzione che la censura è vietata, lo ha capito benissimo». La tirata contro l'occidente e la sua "libertà" è continuata così: «Loro che ci hanno insegnato per decenni, no no no, la società deve essere libera, un'economia sviluppata non può esistere senza un sistema politico sviluppato o un sistema politico libero, tutto questo è spazzatura totale». E ha concluso memorabile: «Guardate solo la Cina, vi piace l'economia cinese? A me piace. Hanno qualche libertà? Nella vita politica del loro Paese, nella vita informativa del Paese? No, non ce l'hanno e non l'hanno mai avuta. Forse non è male, forse è una buona cosa». Viva la censura.

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Detto dalla direttrice di una tv.

 

È bizzarro - dopo il mare di propaganda russa con cui hanno spinto e sostenuto tutti i partiti populisti in Europa, anni e anni di fake news e disinformazione in Occidente - ma tocca ora ai propagandisti russi dire incredibilmente la verità. Perché non si trattengono più.

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Comparendo nel talk show di Vladimir Solovyov, Simonyan ha anche descritto le operazioni segrete della Russia per continuare nella infowar del Cremlino aggirando vari blocchi da parte di YouTube e di altre piattaforme in Europa e Stati Uniti: in sostanza, continuando a diffondere propaganda russa in Occidente ma nascondendo il fatto che si tratta di propaganda russa: «Stiamo diffondendo i nostri contenuti - ha detto - non col nostro brand, in strade faziose. Ottiene tre milioni di audience, tre giorni dopo l'intel se ne accorge e lo chiude. Non divulgherò altri dettagli, per non aiutare la loro intelligence».

 

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L'Occidente per anni l'ha quasi coccolata, come tutto quello che aveva a che fare col putinismo: un mix di repulsione e attrazione. La ragazza povera di Krasnodar. La figlia di un operaio. Ha studiato in America. Ha lavorato al mercato. Nel 2018 fu inserita da Forbes nella lista delle donne più potenti del mondo, anche in ottima posizione, cinquantaduesima, dietro a Hillary Clinton e a Beyoncé. Nientemeno.

 

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La realtà è che, dietro questi servizi patinati, Simonyan diffondeva e organizzava quella che per l'Ue adesso è una formidabile macchina di bugie e propaganda, dall'assedio di Beslan alla Cecenia, dall'invasione della Crimea all'abbattimento (da parte dei russi) dell'aereo malese in Donbass. Aveva appena 25 anni (oggi ne ha 42) quando fu scelta come prima direttrice donna di Russia Today. Il presidente francese, Emmanuel Macron, in faccia a Putin la definì un'agenzia di «propaganda bugiarda».

 

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RT, che negli anni ha eretto a suoi miti e presenze fisse Julian Assange, ha avuto ospiti sistematici Jeremy Corbyn e Nigel Farage, in Italia Beppe Grillo e Di Battista, in America il generale trumpiano Michael Flynn. Nel 2017 fu declassificato un report dell'intelligence americana che sosteneva che RT era stata strumento di ingerenza del governo russo nelle elezioni presidenziali americane per ribaltare il voto a favore di Donald Trump. Simonyan è stata sanzionata nella prima tornata delle nuove sanzioni a ufficiali russi per la guerra di Putin all'Ucraina, assieme a Maria Zakharova, la portavoce di Serghey Lavrov.

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Cosa che non l'ha trattenuta dal sostenere tesi come questa: «Con mio orrore, con mio rammarico, una parte considerevole del popolo ucraino si è rivelata inghiottita dalla follia del nazismo» (7 aprile, talk show trasmesso sul canale NTV). L'11 aprile, all'indomani di una cena offerta a Mosca dal ministro degli Esteri Lavrov, Simonyan postò la foto del bigliettino che era sul tavolo accanto al menù di ogni commensale, con su scritto «sanzionato: sì», o «sanzionato no». Che «umorismo», commentò Margarita.

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