
“GLI INTERESSI DEL MONDO ARABO E DI ISRAELE NON COINCIDONO” – L’ANALISI DI JOSHUA LANDIS: “IMPEDIRE CHE ISRAELE RIPRENDA LA GUERRA È LA PIÙ GRANDE SFIDA PER TRUMP: IL PIANO È PIENO DI PUNTI OSCURI, COME IL DISARMO DI HAMAS, IL RITIRO ISRAELIANO E IL CONTROLLO DELLA STRISCIA NELLA FASE DI TRANSIZIONE – C'È L'OPPORTUNITÀ DI UNA DE-ESCALATION SOLO SE NETANYAHU LO PERMETTERÀ. OGNI DECISIONE DI POLITICA ESTERA HA UNA RICADUTA INTERNA PER TRUMP: RIPERCUSSIONI SULL'ELETTORATO EBRAICO AMERICANO CHE HA ABBANDONATO I DEMOCRATICI E ORA LO FINANZIA - ARABIA SAUDITA E ALTRI PAESI DEL GOLFO HANNO DETTO CHE BISOGNA ARRIVARE ALLA SOLUZIONE DEI DUE STATI. MA NON È LA DIREZIONE IN CUI STIAMO ANDANDO. CERTO, AD ALLETTARE GLI ARABI C'È LA QUESTIONE DELL'AGGIRARE IL QUALITATIVE MILITARY EDGE, IL TRATTATO CHE IMPONE AGLI USA DI AIUTARE ISRAELE A…”
Estratto dell’articolo di Anna Lombardi per “la Repubblica”
“Il Medio Oriente è a un passaggio cruciale: il vecchio ordine è distrutto e il nuovo non è ancora nato. Trump aspira a ritagliarsi il ruolo centrale di stabilizzatore e definire il futuro della regione: spinto da interessi economici e dall'aspirazione a passare alla Storia come pacificatore, magari vincendo il Nobel nel 2026. Ma la situazione è complessa, gli interessi di mondo arabo e Israele non coincidono su troppi punti». Joshua Landis è l'analista a capo del Center for Middle East Studies dell'Università dell'Oklahoma, fra i maggiori conoscitori americani di dinamiche mediorientali.
Domani si firma l'accordo di pace tra Israele e Hamas alla presenza di Trump e dei maggiori leader europei e arabi. E poi?
«Tacito diceva: "Hanno creato un deserto e la chiamano pace". Perché di questo si tratta: gli Stati Uniti hanno dato a Netanyahu una vittoria totale sostenendolo a suon di miliardi. Ma è difficile prevedere se la pace sarà duratura. Impedire che Israele riprenda la guerra è la più grande sfida dell'amministrazione Usa: il piano è pieno di punti ancora oscuri, come la questione del disarmo di Hamas, pronto a rinunciare alle armi pesanti ma non a quelle personali.
IL PIANO DI PACE DI TRUMP - VIGNETTA BY ELLEKAPPA
E poi il ritiro completo israeliano: non sono sicuro che Netanyahu possa farlo senza distruggere la sua coalizione. E ancora, chi controllerà la Striscia nella fase di transizione, garantendo sicurezza ai camion di aiuti. Riformare le forze di polizia ora è molto complicato...».
Ma il piano di Trump per il Medio Oriente è molto più ampio.
«Sì, ha interessi immensi in questa faccenda: la pace a Gaza è la sua creatura, il suo lascito e pure un affare di famiglia in cui ha coinvolto il genero e i migliori amici. E le decisioni che prenderà su Gaza, ma anche su Iran e Siria, avranno ripercussioni enormi. C'è l'opportunità di una de-escalation: ma solo se Netanyahu glielo permetterà. Non dimentichiamo che ogni decisione di politica estera ha una ricaduta interna per Trump: ripercussioni sull'elettorato ebraico americano che per il suo sostegno a Israele ha abbandonato i dem e ora lo finanzia».
L'attacco del 7 ottobre fu anche un modo per bloccare gli Accordi di Abramo. Con Hamas sconfitta, non si riparte proprio da lì?
«C'è molto da recuperare. Arabia Saudita e altri Paesi del Golfo hanno detto chiaro che prima bisogna arrivare alla soluzione dei due Stati. Ma non è la direzione in cui stiamo andando. […] il piano è privo di soluzioni definitive per il futuro dei palestinesi di Gaza e Cisgiordania.
Certo, ad allettare gli arabi c'è la questione dell'aggirare il Qualitative Military Edge, il trattato che impone agli Usa di aiutare Israele a dispiegare mezzi superiori in termini di efficienza e numero rispetto agli avversari: il motivo per cui finora non abbiamo mai fornito tecnologia all'avanguardia ai nostri alleati arabi […] Ciò che più di tutto li ha spinti a considerare gli Accordi di Abramo. Ma nel frattempo Netanyahu è diventato molto più aggressivo verso i vicini. E questo mette i Paesi del Golfo molto a disagio: spingendoli a guardare sempre più alla Cina come un possibile contrappeso».
Non sta descrivendo un Medio Oriente più pacificato.
«Henry Kissinger diceva: "I Paesi in cerca di sicurezza assoluta creano insicurezza assoluta intorno a sé". È esattamente quel che sta facendo Netanyahu. Vuole impedire a Siria, Libano e Iraq di rimettersi in piedi: gli sono più utili divisi. Dunque, se l'America non risolverà una volta per tutte la questione palestinese e non guiderà il nuovo corso sarà messa di fronte a una scelta fra i suoi due principali interessi nella regione: appunto Israele e il petrolio arabo […]».