L’ITALIA? NON È UN PAESE PER GIOVANI – L’INTERVISTA A BEATRICE RANA, STAR DELLA MUSICA CLASSICA NATA IN SALENTO: “PER FARMI CONOSCERE SONO DOVUTA ANDARE IN CANADA. CRESCERE AL SUD IMPLICA AVERE MINORE ACCESSO A TANTE COSE, AI CONCERTI PER ESEMPIO - LE QUOTE ROSA IN MUSICA SONO UNA PROVOCAZIONE PERCHÉ NON È PENSABILE GIUDICARE IL MERITO IN BASE AL SESSO. PREFERISCO VEDERLE COME IPERBOLI USATE PER ROMPERE GLI SCHEMI…”
Estratto dell'articolo di Piera Anna Franini per “il Giornale”
Beatrice Rana è la pianista italiana più autorevole, la sola - assieme a Maurizio Pollini, ma con uno stacco di due generazioni - a rappresentarci nelle sale di punta. Ha compiuto trent’anni domenica venendo alla ribalta che ne aveva 18 con la vittoria del concorso di Montreal dove si portò a casa tutto, medaglia d’oro e premi speciali. Tempo due anni e arrivava l’argento al texano Van Cliburn. Decollo assicurato. […]
Clara Wieck è stata la concertista-fenomeno dell’Ottocento, così famosa da fare del consorte il «Signor Wieck», ruoli rovesciati in seguito poiché Schumann è eternato dalle sue composizioni mentre non v’è traccia dell’interpretazione pre-grammofono.
Perché un cd dedicato a Clara Wieck?
«Ho sempre ammirato questa donna, concertista in una fase storica in cui le donne non toccavano il palcoscenico, madre di 8 figli, moglie di un genio. […]».
Aumentano le direttrici d’orchestra, le orchestrali, le soliste. Questo cd vuole anche essere un segnale?
«Mi piace l’idea di dare dignità alla musica bella a prescindere da chi l’abbia prodotta. Penso però che questa sia anche un’operazione culturale dovuta, vi sono compositrici che andrebbero suonate, non basta parlarne». [....]
Una provocazione dunque?
«Sì, tipico di questi nostri tempi in cui si gareggia a chi provoca di più. Anche le quote rosa in musica sono una provocazione perché non è pensabile giudicare il merito in base al sesso. Preferisco vederle come iperboli usate per rompere gli schemi, gli effetti sono nel lungo termine». […]
È cresciuta in un paesino del Leccese. Giuseppe Gibboni, il violinista vincitore del Paganini, è nato nei dintorni di Eboli. Incarnate la «questione meridionale» al rovescio.
«Il talento fiorisce ovunque ed è una buona base di partenza. Poi entrano in campo tanti altri fattori. Venire dal Sud implica avere minore accesso a tante cose, ai concerti per dire, allo stesso tempo però sono cresciuta in un luogo senza tante distrazioni e questo ha fatto sì che spostassi il focus sul mio mondo, sono sempre stata concentrata su cosa potevo trarre dal pianoforte. […]».
Il suo management ed etichetta discografica sono francesi. L’Italia non offre opportunità ai concertisti di alta gamma?
«Io sono dovuta andare in Canada per farmi conoscere...».