walter siti uomo vestito da donna transgender

IL MONDO "FLUIDO" NON PIACE NEANCHE AL GAIO WALTER SITI: “AI MIEI TEMPI NON MI È MAI VENUTO VOGLIA DI TRUCCARMI GLI OCCHI O DI INDOSSARE UNA GONNA, E TROVO QUESTI PARAFERNALIA ASSAI POCO SEXY IN UN CORPO MASCHILE (SE NON È MEL GIBSON COL KILT). PUÒ DARSI CHE SIA REPRESSIONE, CERTO: FATTO STA CHE, ESSENDOMI RICONOSCIUTO BUSONE PRIMA DEI SEI ANNI E POTENDO VANTARE UN CERTIFICATO UFFICIALE DELL'ESERCITO DI 'PERSONALITÀ ABNORME E DEVIANTE', NON HO SENTITO IL BISOGNO DI ALTRI SEGNALI DI DIVERSITÀ. AVEVO ALTRO DA FARE..."

Estratto dell'articolo di Walter Siti per “La Stampa – TuttoLibri”

 

ALESSANDRO GIAMMEI - COSE DA MASCHI

Questa non è una recensione al recente Cose da maschi di Alessandro Giammei. Se lo fosse, dovrei dire che si tratta di un libro ben scritto, divertente, su un tema oggi di grande interesse.

 

Dovrei paragonare tra loro i vari capitoli e constatare che Giammei risulta stilisticamente più brillante quando parla di orecchini o di pettini che quando disquisisce su armi o muscoli. […]

 

I sette capitoli si snodano agili con titoletti un po' paraculi, tra cui forse il più bello è quello dell'introduzione, Per una maschilità balneabile. Ma quello di Giammei è un saggio serio a forte vocazione pedagogica, al punto da chiedere al proprio lettore di fare da tramite, da mediatore culturale. È troppo intelligente per non sapere che i «maschi eterobasici» contro cui il libro si indirizza non leggeranno mai il libro, da qui la necessità di rivolgersi (come Boccaccio) alle «vaghe donne» e ai maschi non conformi.

 

walter siti

[…] Insomma, vorrei discutere il sugo politico del libro. Il maschile non è un dato di natura, non dipende da quel che uno ha tra le gambe: la biologia ci dice che maschile e femminile sono uno spettro, non un'opposizione duale. Il maschile è una costruzione, una somma di condizionamenti o, come dice Giammei, una maschera. Fin qui condivido tutto, poi da maschera si scivola a «mascara», il cosmetico che si scioglie con le lacrime, e le nostre differenze biografiche cominciano a farsi evidenti.

 

Lui è un trentacinquenne romano che andava a scuola a Mostacciano (un quartiere di Roma Sud), un ragazzo borghese «naturalmente predisposto all'eleganza e al socialismo»; io sono un settantaseienne cresciuto in un paesino alle porte di Modena, negato a qualunque forma di eleganza e assai diffidente rispetto al socialismo fin da allora.

 

mel gibson braveheart

Tanto per citare un caso, lui si è sentito bullizzato all'inizio degli anni Duemila da quello che chiama «fascismo casuale», o eterno, direbbe Eco; io ho patito solo una volta un atto di bullismo verso la fine degli anni Cinquanta, quando alla Cooperativa mi svuotarono in terra una bottiglietta di Coca Cola che mi aveva regalato zio e che mi piaceva moltissimo, perché era roba americana e non si doveva bere; gli autori del gesto prepotente erano quasi tutti ex partigiani.

 

La nostra distanza fa sì che io mi chieda che diavolo di maschi Giammei abbia conosciuto: il tizio che non osa piangere, che preferisce non analizzarsi psicologicamente, che non riconosce i capezzoli maschili come zona erogena, mi pare più una caricatura che un etero in carne e ossa.

 

FONDOTINTA UOMO

Allo stesso modo, forse, ai miei tempi non mi è mai venuto voglia di truccarmi gli occhi o di indossare una gonna, e ancora oggi trovo questi parafernalia assai poco sexy in un corpo maschile (se non è Mel Gibson col kilt, ma non prendiamoci in giro). Può darsi che sia repressione, certo: fatto sta che, essendomi riconosciuto busone prima dei sei anni e potendo vantare un certificato ufficiale dell'esercito di «personalità abnorme e deviante», non ho sentito il bisogno di altri segnali di diversità. Questione di comodità, di aver altro da fare.

 

FONDOTINTA UOMO

[...] Mi chiedo se abbia riflettuto su quanto si stia comodi a non dover pensare ogni momento a cosa indossare, o a come rendere evidente la propria fluidità. Il grande privilegio dei maschi standard (e questo Giammei lo dice) è che hanno l'impressione di agire «naturalmente»; ma forse Giammei non ha riflettuto a quanta rabbia e odio si scatenino nel momento in cui tale «lusso di non doversi conoscere» viene decostruito.

 

Il punto politico è l'irenismo di cui dà prova il libro: dice cose controcorrente (la vagina è dura e i testicoli sono fragili, le donne possono avere i baffi, i monumenti sui piedistalli li si dovrebbe abbattere perché sono un simbolo di maschilità) ma non si augura una reazione violenta, perché la violenza è fascista, maschile e tossica.

 

marc jacobs beauty ig

Io il Gattamelata di Donatello che sta a Padova in piazza del Santo non lo butterei giù per niente al mondo, ma non mi sento maschilista né tanto meno fascista. Si tratta di valutare le «possibili conseguenze della nostra posizione», per tornare a bell hooks; capire insomma l'entità dei volumi psichici e sociologici che spostiamo e prevedere le reazioni della parte avversa. È una lotta, non un minuetto. Ma forse Giammei ha ragione a contare sul fattore tempo: se le ragazze e i ragazzi si abituano ad abitare in un ambiente di oggetti più fluidi, quando saranno loro i vecchi il patriarcato sistemico mostrerà qualche crepa, la gabbia degli stereotipi di genere sarà più agevole smontarla. Purché nel frattempo non si creino nuovi stereotipi: la donna-che-non-deve-chiedere-a-nessuno, o il maschio-che-poverino-bisogna-aiutarlo; la critica sia sempre anche autocritica. —

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