
NETANYAHU TROVA UN ALTRO MODO PER COLPIRE I PALESTINESI: ACCANIRSI CON LE ONG CHE DANNO LORO DA MANGIARE - IL PRIMO ATTO DI GUERRA È STATO IL MANCATO RINNOVO DEI VISTI AGLI OPERATORI ONU CHE NON SONO ALLINEATI CON ISRAELE. ALLE ONG INTERNAZIONALI VIENE CHIESTO DI REGISTRARSI NUOVAMENTE NEL PAESE: L’APPROVAZIONE DIPENDERÀ NON SOLO DALLA NATURA DELL’ASSOCIAZIONE MA SERVIRA' UN OK PER TUTTI I COOPERANTI, CHE VERRANNO "SCANNERIZZATI" NELLA LORO VITA - IN PRATICA BASTERA' UN POST SUI SOCIALI CONSIDERATO SGRADITO PER FAR FUORI UNA ONG - LE ORGANIZZAZIONI ISRAELIANE, INVECE, HANNO DUE VIE: O SI SCHIERANO CON “BIBI” O VERRANNO TASSATE...
Estratto dell’articolo di Andrea Nicastro per il "Corriere della Sera"
[…] c’è un altro fronte, a prima vista meno cruento, su cui lo Stato ebraico si sta impegnando: la guerra alle organizzazioni umanitarie.
Sono nel mirino agenzie Onu, organizzazioni non governative internazionali e israeliane.
Le armi, questa volta, sono procedure burocratiche, ritardi e ostacoli vari pensati, denuncia un documento firmato da 55 organizzazioni, per «ridurre» e «minare l’aiuto umanitario» diretto ai palestinesi. In fondo, qualcosa di simile a ciò che il governo Netanyahu ha fatto quando ha deciso di impedire ai giornalisti di entrare nella Striscia di Gaza. Meno occhi, meno bocche per testimoniare quel che sta succedendo.
BENJAMIN NETANYAHU - MEME BY EDOARDO BARALDI
Il primo atto della guerra alle organizzazioni umanitarie data forse agosto 2024 ed è contro Andrea De Domenico, allora a capo del coordinamento Onu per gli affari umanitari in Palestina (Ocha). Al funzionario italiano, oggi in Ucraina, venne negato il rinnovo del visto e fu di fatto espulso dal Paese. La colpa?
«Aver collaborato a raccogliere dati» utilizzati poi in un rapporto del segretario generale delle Nazioni Unite. Il testo accusava Israele (e Hamas) di violare la Convenzione sulla protezione dei bambini in guerra. È passato appena un anno e il sostituto di De Domenico, Jonathan Whittall, ha ricevuto quattro giorni fa lo stesso trattamento. Niente rinnovo del visto, questa volta per «la sua condotta prevenuta e ostile verso Israele».
In mezzo c’è stata la cacciata di Unwra, l’agenzia delle Nazioni Unite per i palestinesi, da Gaza e Cisgiordania. La distribuzione del cibo fino ad allora compito di Unwra è stata affidata alla Ghf, una Fondazione americana privata senza controlli indipendenti.
Medici senza Frontiere aveva previsto le conseguenze della decisione. «La messa al bando di Unwra — protestò Msf — è un divieto disumano che spingerà i palestinesi verso una crisi umanitaria ancora più profonda». Era l’ottobre scorso. Msf aveva previsto la carestia e il crollo sanitario, ma neppure la loro esperienza in tutti i conflitti del mondo gli aveva permesso di immaginare i più di mille morti ammazzati (a oggi) attorno ai centri Ghf.
[…] La battaglia di Israele coinvolge anche ong nazionali e internazionali. Per le internazionali è in corso proprio in queste settimane un processo di ri-registrazione. In sostanza le ong già accreditate devono presentare una nuova domanda. L’approvazione dipenderà non solo dall’associazione in sé, il suo statuto o gli scopi, ma da ogni singolo cooperante. L’«ufficio preposto» vaglierà le opinioni personali degli aspiranti operatori. Potrebbe bastare un post giudicato «antisemita» per espellere il cooperante e penalizzare l’ong. Uno screening senza parametri certi che lascia ampia discrezione alle autorità è perfetto per decidere con un criterio solo politico chi ammettere o chi respingere.
Infine, c’è il progetto di legge alla Knesset (il Parlamento con sede a Gerusalemme) sulle ong israeliane o arabo-israeliane. In questo caso il modello sembra ispirarsi all’esperienza russa. Non la Russia della Glasnost che si aprì al mondo, ma la Russia di Putin in guerra con l’Occidente. Le ong locali dovranno pagare le tasse sui finanziamenti esteri. Se la proposta diventasse legge, le ong chiuderebbero perché nessuno Stato straniero vorrà finanziare il Fisco israeliano.
Una prima ipotesi prevedeva un prelievo dell’80% della donazione, ora si parla di un ugualmente irragionevole 23%. La tassa, però, sarebbe evitabile. Basta, spiega Haaretz , una «dichiarazione di lealtà» verso lo Stato. Cioè l’ong deve politicamente allinearsi al governo per sopravvivere.
Perché questo accanimento? La quasi totalità delle ong lavora a Gaza e Cisgiordania, colpirle è come colpire i palestinesi con altri mezzi.