
A TARANTO È TUTTI CONTRO TUTTI – MENTRE L’EX ILVA STA MORENDO, IL SINDACO DI CENTROSINISTRA, PIERO BITETTI, SI È DIMESSO DOPO UN MESE DENUNCIANDO “L’INAGIBILITÀ POLITICA” – IL GOVERNO NON TROVA UN'INTESA CON GLI ENTI LOCALI SUL FUTURO DELL’IMPIANTO SIDERURGICO, GLI AMBIENTALISTI RESPINGONO IL PIANO DEL GOVERNO CHE PREVEDE UN ADDIO GRADUALE AL CARBONE: “COME FACCIAMO A FIDARCI? CI HANNO SEMPRE PRESO IN GIRO” – LO SFOGO DEL PRIMO CITTADINO: “IL CENTROSINISTRA DEVE DIRMI COSA FARE. IN PRIVATO, I LEADER MI DICONO CHE L'ACCORDO VA FIRMATO, MENTRE I CONSIGLIERI NON VOGLIONO METTERCI LA FACCIA. MI LASCIANO CON IL CERINO IN MANO” – IL NODO RIGASSIFICATORE, LO STOP TOTALE O IL SALVATAGGIO “GREEN”: LE STRADE POSSIBILI PER L’EX ILVA
Estratto dell’articolo di Giuliano Foschini per “la Repubblica”
[…] In questi giorni a Taranto sembra essere emerso quello che è restato sul fondo da 13 anni almeno, da quell'estate del 2012 quando la procura ordinò il sequestro dell'Ilva dei Riva scrivendo nei fatti l'unico pezzo di una storia che la politica non è mai riuscita a completare. Il siderurgico è ancora senza padroni. E forse anche senza futuro.
Il sindaco si è dimesso. Il governo non riesce a trovare un'intesa con gli enti locali su dove e come andare. Gli ambientalisti se la prendono con la produzione. La produzione con gli ambientalisti. Ora anche gli ambientalisti contro gli ambientalisti.
«Dobbiamo fare i conti con le contraddizioni. E le contraddizioni riguardano noi soprattutto» dice Gianni Florido, ex presidente della provincia di Taranto, coinvolto e poi prescritto nel maxi processo sull'inquinamento [...]
CONTESTAZIONE DEGLI AMBIENTALISTI AL SINDACO DI TARANTO PIERO BITETTI
Florido è tra i più vicini a Piero Bitetti, il sindaco di centrosinistra eletto poco più di un mese fa e che lunedì ha presentato le dimissioni dopo essere stato bloccato per ore in Comune da una folla inferocita di cittadini: associazioni, genitori di bambini malati, operai.
Oggetto del contendere l'accordo di programma che il governo Meloni ha proposto agli enti locali. La questione è tecnica e, dunque, complessa: l'accordo prevede il passaggio graduale ai forni elettrici. E, dunque, all'eliminazione del pericolosissimo carbone. Ma, nello stesso tempo, riconsegna alla fabbrica la possibilità di ricominciare a produrre un altissimo volume di acciaio alla vecchia, e dunque pericolosa maniera, per 12 anni.
stabilimenti ex ilva a taranto
«Il governo ci sta dicendo: fidatevi di noi, decarbonizzeremo. Ma noi come facciamo a fidarci? Ci hanno sempre preso in giro» dicono i vecchi ambientalisti che hanno chiesto al sindaco Bitetti e al presidente della Regione, Michele Emiliano, di non firmare quell'accordo.
Un'intesa che, invece, gli enti locali ritengono accettabile perché – oltre a garantire investimenti e indici occupazionali – toglie dal tavolo l'ipotesi di una nave rigassificatrice, che però ancora ieri Acciaierie d'Italia considerava necessaria.
CONTESTAZIONE DEGLI AMBIENTALISTI AL SINDACO DI TARANTO PIERO BITETTI
Il rigassificatore sembra il vero cavallo di Troia di questa storia. Spiega infatti il professor Carlo Mapelli, probabilmente il maggior esperto di acciaio in Italia, già nel cda del siderurgico di Taranto. «Una nave come quella immaginata serve a produrre 12 milioni di tonnellate l'anno. Sono sei volte la produzione attuale, l'Ilva al massimo della sua potenza ne ha prodotte 9,2. A che serve?». Dicono: a produrre acciaio per il ponte sullo stretto.
A realizzare armi. «Ma una fabbrica di quella portata l'acciaio del ponte sullo stretto lo fa in cinque giorni. E ci mette venti ore per produrre quello che serve a costruire una fregata militare. Non riesco a capire dove sia la domanda del mercato». È quello che si chiede anche il centrosinistra della città. Temendo che, ancora una volta, Taranto venga usata per risolvere problemi altri: per esempio una sovrapproduzione di gas, da comprare dagli Stati Uniti, e da usare altrove.
«Il rigassificatore non si può fare», si è sfogato il sindaco Bitetti con gli amici in queste ore. «Ma il punto non è soltanto quello: il centrosinistra deve dirmi cosa fare. Perché, in privato, i leader mi dicono che l'accordo va firmato perché altrimenti il governo darà a noi la responsabilità di aver chiuso per sempre l'industria a Taranto. Dall'altro i consiglieri, anche soltanto per una questione legittima di consenso locale, non vogliono mettere la faccia su questo accordo. Non possono pensare di lasciarci con il cerino in mano».
Da qui la scelta di presentare le dimissioni. Che è possibile rientrino nelle prossime ore: ieri notte c'è stato un vertice del Pd con Emiliano, Francesco Boccia e alti dirigenti della segreteria che hanno capito perfettamente come la partita di Taranto non sia più soltanto quella di una città e del suo destino. [...]
STOP TOTALE O SALVATAGGIO «GREEN» UNA CITTÀ SPACCATA (DA 13 ANNI)
Estratto dell’articolo di Cesare Bechis per il “Corriere della Sera”
Dal luglio del 2012 al luglio di quest’anno poco è cambiato: Taranto resta una città lacerata, spaccata in due. Tredici anni fa il gip Patrizia Todisco sequestrò, senza facoltà d’uso, l’area a caldo dello stabilimento siderurgico gestito dalla famiglia Riva; due giorni fa, dopo essersi insediato appena il 9 giugno scorso, il sindaco di centrosinistra Piero Bitetti s’è dimesso per la mancanza di «agibilità politica».
Una formula utilizzata per non dire apertamente che attorno alla possibilità del Comune di sottoscrivere un accordo di programma con il governo, per consentire alla fabbrica di transitare dalla produzione di acciaio con il carbone a quella con il gas, s’è creato un clima così infuocato che rievoca gli assembramenti, le proteste e le aspre contestazioni dell’estate 2012.
[...] L’ampia platea ambientalista, formata da associazioni e movimenti di genitori, chiede la chiusura pura e semplice dello stabilimento siderurgico anche se anni fa un referendum, proprio su questo quesito, fallì clamorosamente.
Michele Riondino, attore e regista tarantino, sostiene apertamente questa soluzione e, dopo i disordini di lunedì sera a seguito dei quali il sindaco s’è dimesso, difende apertamente il comitato Liberi e Pensanti di cui è autorevole esponente. Dice che «sono settimane che pacificamente ci si oppone al disegno del governo nazionale, regionale e sindacale e sono settimane che la stampa ci ignora. Ora, come per magia, si sveglia e ci addita come violenti».
Gli ambientalisti sono stati — e lo sono ancora oggi — molto importanti per scuotere le coscienze dei tarantini e sensibilizzarli al tema della salvaguarda della salute e dell’ambiente, ma negli ultimi tempi la platea s’è così allargata da essere diventata permeabile a inserimenti estranei e infiltrazioni su temi scollegati all’ex Ilva.
ex ilva di taranto - acciaierie d italia
Così è successo lunedì sera. Sindacati e 11 mila lavoratori — indotto compreso — insistono per salvare la fabbrica avviando il percorso della decarbonizzazione a salvaguardia della salute, dell’ambiente e di posti di lavoro.
Dello stesso parere è una gran parte dei cittadini che, a differenza dei duri e puri dell’ambiente, confida nella trasformazione green della produzione di acciaio a Taranto restando invece dubbiosa sulle alternative di sviluppo proposte.