vladimir putin gas russia

ZITTI E MOSCA: BUSINESS IS BUSINESS - UN’INDAGINE DELL’UNIVERSITÀ DI YALE RIVELA CHE, MALGRADO LA GUERRA E LE SANZIONI, IL 70% DELLE AZIENDE ITALIANE CONTINUA A FARE AFFARI CON PUTIN: ECCO QUALI SONO - DOPO CINA E FRANCIA, L’ITALIA È IL TERZO PAESE AL MONDO PER PERCENTUALE DI IMPRESE CHE NON HANNO INTERROTTO LE LORO RELAZIONI ECONOMICHE CON MOSCA - NEL SETTORE DEL CREDITO, UNICREDIT SI APPRESTA A...

Lara Tomasetta per TPI

 

vladimir putin darth vader

A tre mesi dall’inizio della guerra in Ucraina e malgrado cinque pacchetti di sanzioni europee contro il Cremlino, molte aziende italiane hanno scelto di non abbandonare la Russia. Dopo Cina e Francia, l’Italia è il terzo Paese al mondo per percentuale di imprese che non hanno interrotto le loro relazioni economiche con Mosca: il 70% delle nostre società ha optato per questa soluzione, a fronte di una media mondiale del 42%.

 

A dirlo è un report della Yale School Management, business school dell’Università di Yale, che monitora con aggiornamenti quotidiani oltre mille aziende (selezionate dalla scuola) che lavorano – o lavoravano – in Russia. Fin qui sono 750 quelle che avrebbero comunicato all’ateneo americano di aver fermato le proprie operazioni. Il giro d’affari complessivo dei rapporti commerciali tra Italia e Mosca nel 2021 ha raggiunto un valore di circa 20 miliardi di euro: somma che tiene conto sia dei soggetti operativi in territorio russo sia di quelli che puntano sulle esportazioni.

vladimir putin

 

Conti alla mano, l’Istituto per il commercio estero (Ice) parla di 7 miliardi di euro di merce italiana venduta ogni anno in Russia. Il rapporto della Yale School classifica le mille imprese in cinque categorie a seconda del comportamento tenuto in seguito all’invasione dell’Ucraina: da quelle che non hanno modificato in nulla le proprie relazioni economiche a quelle che invece hanno fatto scelte più drastiche.

 

Dal settore energetico a quello dell’alta moda, dall’alimentare al tecnologico, l’Italia dell’industria preferisce non chiudere (del tutto) i ponti con “Madre Russia”, tentando di mediare tra sanzioni, opinione pubblica e ricadute economiche. Chi lascia e chi resta Nel Paese governato da Putin operano 480 aziende italiane: 30 con impianti produttivi, 150 con cooperazioni produttive o joint venture, 300 imprese con uffici di rappresentanza. Stando ai dati del report americano, c’è chi «continua a gestire gli impianti in Russia», come il gruppo Buzzi Unicem che produce cemento e chi, per esempio Calzedonia, «continua le vendite» all’ombra del Cremlino.

vladimir putin

 

Altri, come Assicurazioni Generali, hanno invece preferito «uscire completamente» dal mercato russo. Sempre stando all’indagine di Yale, sono 28 i grandi marchi che risultano almeno in parte ancora attivi in Russia.

 

Quali? Nell’elenco figurano nomi della farmaceutica come Menarini, dell’abbigliamento come Benetton, Armani, Calzedonia, Diesel, Diadora. Nel settore alimentare sono diverse le realtà ad avere stabilimenti in Russia, come Barilla e De Cecco: queste aziende hanno optato per uno stop agli investimenti, ma non alle produzioni. Anche il gruppo Cremonini (carni lavorate e ristorazio ne) è ancora operativo in Russia.

alessando benetton

 

Così come la dolciaria Ferrero, che ha una fabbrica a 160 chilometri da Mosca dove lavorano circa 800 persone. Gli investimenti programmati dal gruppo di Alba sono saltati ma non le attività essenziali: «Dopo la chiusura temporanea dei nostri uffici in Ucraina, abbiamo deciso di sospendere temporaneamente anche in Russia tutte le attività non essenziali e i piani di sviluppo», spiegano dall’azienda produttrice della Nutella. «Ciò include anche le attività promozionali e la pubblicità».

 

TPI ha contattato le aziende per ottenere informazioni dettagliate. Dal gruppo Benetton fanno sapere: «In questo quadro, Benetton ha sospeso tutti i propri programmi di sviluppo in Russia, mercato dove è presente da oltre 30 anni, destinando gli investimenti previsti in nuove aperture ad attività di assistenza umanitaria del popolo ucraino da parte della Croce Rossa Italiana.

vladimir putin

 

L’azienda ha inoltre provveduto alla donazione di capi in favore dei profughi ucraini e si è impegnata per fornire protezione e supporto ai rifugiati ucraini in Italia. Allo stesso tempo, Benetton Group, ha deciso di proseguire le attività commerciali già in essere in Russia, costituite da rapporti di lunga data con partner commerciali e logistici e da una rete di negozi che danno impiego ad oltre 600 famiglie».

 

E conclude: «L’azienda monitora quotidianamente l’evolversi della situazione, con la speranza che gli sforzi diplomatici possano condurre quanto prima ad una soluzione». Il gruppo Calzedonia ha invece deciso di non rilasciare dichiarazioni. Mentre Diesel, che secondo il report risulta attivo in Russia, riferisce invece a TPI che l’azienda «non ha negozi di proprietà in Russia, abbiamo chiuso da subito l’online, continuiamo a rispettare le normative vigenti rispetto alle re strizioni decise dal Governo e dall’Ue».

 

mario draghi alla bocconi all evento in memoria di alesina 3

Armani rende noto che «il gruppo non opera direttamente in Russia e i negozi operanti nel territorio con i marchi del Gruppo (Giorgio Armani, Emporio Armani, Armani Exchange) sono gestiti da franchisee indipendenti. Armani si attiene al rigoroso rispetto del regime sanzionatorio emanato dall’Unione europea».

 

Banche e partecipate Nel settore energetico, Enel ha tre centrali elettriche a gas e due impianti eolici che sta cercando di cedere: dal report di Yale si evince infatti che la partecipata dal Ministero dell’Economia italiano ha sospeso gli investimenti in corso e sta lavorando per dismettere le attività correnti.

 

Per Eni la situazione è più delicata: «Le joint venture in essere con Rosneft, legate a licenze esplorative nell’area artica, sono congelate da anni, anche per le sanzioni internazionali imposte a partire dal 2014». Inoltre «a livello commerciale Eni, sin dall’inizio del conflitto, ha sospeso la stipula di nuovi contratti relativi all’approvvigionamento di greggio o prodotti petroliferi».

mario draghi alla bocconi all evento in memoria di alesina 4

 

 

Restano operativi invece, come è noto, i contratti relativi alle forniture di gas. Su questi ultimi Eni rende noto di aver aperto il doppio conto presso GazpromBank, uno in euro e l’altro in rubli, per pagare le forniture di gas alla Russia. «L’apertura dei conti avviene su base temporanea e senza pregiudizio alcuno dei diritti contrattuali della società, che prevedono il soddisfacimento dell’obbligo di pagare a fronte del versamento in euro.

 

Tale espressa riserva accompagnerà anche l’esecuzione dei relativi pagamenti», sottolineano dall’azienda. «La decisione, condivisa con le istituzioni italiane, è stata presa nel rispetto dell’attuale quadro sanzionatorio internazionale e nel contesto di un confronto in corso con Gazprom Export». Anche Saipem e Maire Tecnimont hanno sospeso gli investimenti e si sono concentrati sulle attività correnti.

 

ANDREA ORCEL

Nel settore del credito, secondo le indiscrezioni, a lasciare presto la Russia sarà Unicredit, che avrebbe intavolato negoziati preliminari per vendere la sua controllata Unicredit Bank, che detiene poco più dell’1% del mercato russo. In base a quanto scrive Bloomberg, l’istituto guidato da Andrea Orcel sarebbe stato contattato da potenziali acquirenti interessati all’operazione. Si parla di istituzioni finanziarie e società interessate a ottenere una licenza bancaria all’interno della Russia. Intesa SanPaolo ha invece sospeso nuovi investimenti e ridotto i nuovi finanziamenti.

 

 

Ultimi Dagoreport

salvini rixi meloni bignami gavio

DAGOREPORT - I FRATELLINI D’ITALIA CI SONO O CI FANNO? SULLA QUESTIONE PEDAGGI, CI FANNO: FINGONO DI CASCARE DAL PERO DI FRONTE ALL’EMENDAMENTO LEGHISTA CHE AUMENTA IL COSTO DELLE AUTOSTRADE, MA SAPEVANO TUTTO DALL’INIZIO. QUELLO DEL CARROCCIO È STATO UN BALLON D’ESSAI PER VEDERE COSA SAREBBE SUCCESSO. MA DI FRONTE ALL’INDIGNAZIONE DI CONSUMATORI E OPPOSIZIONE LA MELONI HA ORDINATO LA RETROMARCIA – ORA IL CETRIOLONE PASSA AI CONCESSIONARI: CHE DIRANNO I VARI TOTO, BLACKSTONE, MACQUARIE E GAVIO DI FRONTE AL FORTE DIMAGRIMENTO DEI LORO DIVIDENDI? – I PIANI ECONOMICI FINANZIARI BLOCCATI E I MOLTI INCROCI DI GAVIO CON IL GOVERNO: HA APPENA VENDUTO 250MILA AZIONI DI MEDIOBANCA, FACENDO UN FAVORE, INDIRETTO A “CALTA” E ALLA SCALATA AL POTERE FINANZIARIO MILANESE PROPIZIATA DALLA FIAMMA MAGICA…

trump zelensky meloni putin

DAGOREPORT - DONALD TRUMP È STATO CHIARO CON ZELENSKY: SE CEDE LE QUATTRO REGIONI OCCUPATE DAI RUSSI, OLTRE LA CRIMEA, A PUTIN, USERÀ IL SUO SÌ PER MINACCIARE MOSCA. SE “MAD VLAD” NON ACCETTA DI CHIUDERE SUBITO IL CONFLITTO, ARMERÀ FINO AI DENTI KIEV – IL TYCOON PUTINIZZATO FINGE DISTANZA DALLO ZAR DEL CREMLINO: "VUOLE ANDARE FINO IN FONDO, CONTINUARE A UCCIDERE, NON VA BENE...". MA È SCHIACCIATO SULLE PRETESE DI MOSCA: HA PROMESSO A PUTIN CHE L’UCRAINA INDIRÀ ELEZIONI UN ATTIMO DOPO IL CESSATE IL FUOCO – LA RISATA DA VACCARO DEL CALIGOLA DI MAR-A-LAGO DI FRONTE ALLA CONFERENZA PER LA RICOSTRUZIONE BY GIORGIA MELONI: MA COSA VUOI RICOSTRUIRE SE C’È ANCORA LA GUERRA?

antonio tajani giorgia meloni neri nero bambini immigrati migranti matteo salvini

DAGOREPORT – AH, TAJANI DELLE MERAVIGLIE! RICICCIARE PER L'ENNESIMA VOLTA LO IUS SCHOLAE E, DOPO UN BATTAGLIERO RUGGITO, RINCULARE SUBITO A CUCCIA (''NON E' LA PRIORITA'"), E' STATO UN FAVORE FATTO A GIORGIA MELONI, DETERMINATA A SEMINARE ZIZZANIA TRA LE FILE LEGHISTE SPACCATE DA VANNACCI, PER CUI UNA PROPOSTA DI LEGGE PER LA CITTADINANZA AI RAGAZZI CHE COMPLETANO GLI STUDI IN ITALIA, E' PEGGIO DI UNA BESTEMMIA SULL'ALTARE - IL MINISTRO DEGLI ESTERI (SI FA PER DIRE: SUGLI AFFARI INTERNAZIONALI DECIDE TUTTO LA STATISTA DELLA GARBATELLA), UNA VOLTA APPOGGIATO IL BIANCO TOVAGLIOLO SUL BRACCIO, SI E' PRESTATO COSI' A SPARARE UN AVVISO A MATTEO SALVINI: SI PREGA DI NON TIRARE TROPPO LA CORDA, GRAZIE!

volodymyr zelensky donald trump vladimir putin

DAGOREPORT – OGGI DONALD TRUMP CHIAMERÀ VOLODYMYR ZELENSKY E GLI PRESENTERÀ “L’OFFERTA” DI PUTIN: “MAD VLAD” VUOLE IL RICONOSCIMENTO DELLE ZONE ATTUALMENTE OCCUPATE DAI SUOI SOLDATI (OLTRE ALLA CRIMEA, CHE CONSIDERA RUSSA DAL 2014). IL PIANO DEL TYCOON È CONVINCERE L’EX COMICO UCRAINO A DARE L’OK, E POI TORNARE DA PUTIN E FINIRE LA GUERRA. CON UNA SOTTESA MINACCIA: SE, NONOSTANTE LE REGIONI ANNESSE, MOSCA CONTINUASSE IL CONFLITTO, A QUEL PUNTO GLI USA SAREBBERO PRONTI A RIEMPIRE DI ARMI KIEV PER FARE IL CULO A STELLE E STRISCE ALLO ZAR DEL CREMLINO - MA QUANTO CI SI PUO' ANCORA FIDARE DELLE PROMESSE DI TRUMP, VISTE LE CAZZATE CHE HA SPARATO FINORA?