caf_verusio

FUNERALINO – (QUASI) TUTTA L’INTELLIGHENZIA DI SINISTRA ACCORRE IN CHIESA PER L’ULTIMO SALUTO A SANDRA VERUSIO – D’ALEMA, AUGIAS, BERTINOTTI, FURIO COLOMBO, FABIANI, CARACCIOLO: PIÙ CHE UN FUNERALE È UN REPERTORIO DELLA SINISTRA CHE FU - LATITANTI GLI AMICI STORICI: AMATO, LUCIA ANNUNZIATA, CARLO DE BENEDETTI, ALAIN ELKANN E “CHARLOTTE” ROSSELLA - VIAGGIO NELL’ATTICO DI SANDRA VERUSIO DI MARINA VALENSISE - (BRUTTO) RICORDO DI FULVIO ABBATE

Foto di Luciano di Bacco per Dagospia

 

1 – ROMA, MORTE SANDRA VERUSIO: POLITICA E CULTURA AI FUNERALI, DA MASSIMO D’ALEMA A FAUSTO BERTINOTTI E CORRADO AUGIAS

Da https://roma.corriere.it

il marito giovanni verusio

 

Si sono svolti giovedì 27 dicembre i funerali di Sandra Verusio, ultima regina dei salotti romani. Alle esequie, celebrate nella chiesa di San Salvatore in Lauro, presenti di amici di sempre: Massimo D’Alema, Fausto Bertinotti, Corrado Augias e Furio Colombo.

 

2 – FULVIO ABBATE SU SANDRA VERUSIO

Dal profilo Facebook di Fulvio Abbate

 

massimo d alema e la moglie linda salutano giovanni verusio

E' morta Sandra Verusio, signora dei salotti romani "di sinistra" (sic). Anni fa, a cena a casa di Elisa Olivetti Bucci Casari, altro salotto significativo della Capitale, l'ho avuta seduta accanto, risultando del tutto invisibile ai suoi occhi. Evidentemente, per lei non sfioravo la sufficienza sociale. Dopo aver letto l'intervista che le fece Sabelli Fioretti mi è stata infine chiara la sua idea di sinistra.

 

bruno pisaturo

3 – PAOLO GUZZANTI: ‘’È MORTA UNA DELLE PIÙ GRANDI STRONZE DI SINISTRA: SANDRA VERUSIO. CON LEI MUORE NON UN CENTRO CULTURALE, NON UN LUOGO SACRO IN CUI SI SONO SVILUPPATE LE ARTI O IL PENSIERO, MA IL SISTEMA DEL PETTEGOLEZZO AUTOPROMOSSO, L'ALTERIGIA, LO SNOBISMO DEI RADICAL CHIC A LIVELLO DI SHOCK, ANZI DI SCIOCCHEZZAIO”

 

http://www.dagospia.com/rubrica-29/cronache/paolo-guzzanti-senza-pieta-39-lsquo-rsquo-morta-191381.htm

 

http://m.dagospia.com/paolo-guzzanti-senza-pieta-e-morta-una-delle-piu-grandi-stronze-di-sinistra-sandra-verusio-191381

 

4 – LETTERA DI BARBARA PALOMBELLI – “LA NOSTRA AMICA SANDRA VERUSIO CI HA LASCIATO PROPRIO NEL GIORNO DI NATALE. IL GIORNO DI FESTA PER ECCELLENZA, LEI CHE HA DIRETTO E GUIDATO TANTE FESTE... DIVORAVA LA VITA, COME È GIUSTO FARE!

massimo d alema firma il registro

 

http://www.dagospia.com/rubrica-29/cronache/lettera-barbara-palombelli-ndash-ldquo-nostra-amica-sandra-verusio-191326.htm

 

http://m.dagospia.com/barbara-palombelli-la-nostra-amica-sandra-verusio-ci-ha-lasciato-proprio-nel-giorno-di-natale-191326

 

5 – VIAGGIO NELL’ATTICO DI SANDRA VERUSIO

Marina Valensise per “Panorama” (Ottobre 2018)

 

marina valensise

Niente di più lontano dei salotti della sinistra che ai tempi della prima e della seconda Repubblica furono la  camera di compensazione tra i partiti al governo e la società civile. Scomparsi come ogni altro luogo dell’intermediazione, nel giro di pochi anni. Difficile pensare che torneranno. Ma adesso che sono storia, è bene raccontarne il ruolo nella democrazia italiana. Proviamo a farlo con una delle loro principali animatrici.

 

Sandra Verusio è una signora senza tempo. Ci riceve in blue jeans nel suo bell’attico del centro di Roma, con un immenso Pistoletto alle pareti, e due sculture di Fontana sul tavolino del salotto, per parlare di salotti, élite, della Roma che fu della prima Repubblica. All’epoca a casa di Sandra e di Nanni Verusio, nobiluomo napoletano con origini fiorentine, avvocato di professione e di natura schiva e riservata, si riuniva il fior fiore della politica italiana, ministri, imprenditori, direttori di giornali, editorialisti di grido.

sandra carraro firma il registro

 

Il salotto di casa Verusio fu per oltre trent’anni una delle mete mondane più ambite della classe dirigente italiana. Il luogo di decantazione di conflitti altrimenti incomponibili, ma anche il salotto delle delizie dove trascorrere la serata fra amici e spesso in buona compagnia, e il teatrino delle notizie e dei commenti più indiscreti della capitale. Un luogo di potere? Macché, si schermisce  con eleganza, la padrona di casa, “Eravamo quattro amici che si conoscevano e si frequentavano da anni, e avevamo conservato l’abitudine di riunirci in perfetta semplicità”.  Sandra Verusio parla con lievissima inflessione toscana.

 

massimo d alema (3)

Originaria di Pisa, era la figlia bella e molto intelligente di Roberto Supino, un famoso avvocato che da giovane giocava a tennis col livornese Carlo Azeglio Ciampi e negli anni Sessanta, quando il democristiano Mario Segni era presidente della repubblica, fu eletto, votatissimo, sindaco della città nelle liste del Partito socialdemocratico. Dalla natia Pisa, Sandra Supino si trasferì ben presto a Firenze, dove viveva il suo fidanzato Giovanni Verusio, detto Nanni, figlio di un’antica famiglia napoletana, e anch’egli avvocato ma con pedigree internazionale, collegio in Svizzera, studi post laurea a Harvard. E poi da Firenze a Roma, mantenendo sempre l’abitudine di vedersi la domenica sera fra amici, ma in casa, anziché al ristorante.

giovanni valentini (2)

 

“Era un’abitudine nata a Firenze”, ricorda la Verusio, senza nostalgia per gli anni della  giovinezza. “Ci si riuniva prima per un drink da Giovanni Spadolini, che all’epoca viveva ancora con la madre in pieno centro, e poi ci si trasferiva tutti a mangiare da Sabatini. Il gruppo storico era formato da Spadolini, all’epoca direttore del Corriere della Sera, futuro ministro, presidente del Consiglio, presidente del Senato, da mio marito, dal politologo Vanni Sartori, quando non era in American, da vari direttori della Nazione e altri giornalisti.

 

Quando ci trasferimmo a Roma, abbiamo cominciato a vederci nelle case, in quelli che sono stati chiamati i famosi salotti, che poi erano serate molto normali, tranquille e molto semplici”. Come prova di  questo, Sandra Verusio cita la sua non eccelsa capacità culinaria.

anna addario gabriella bertinotti

 

“Mai stata nota per essere una grande cuoca. I miei exploit erano affidati a persone che avevamo in casa, ma non erano grandiosi. A casa nostra, devo dirlo, non si è mai mangiato in maniera sublime”.

 

Altri erano gli ingredienti. Dai Verusio a cominciare da metà degli anni Settanta, si andava per incontrare chi stava al governo, ì per tastare l’opinione che conta, per tracciarne il perimetro pubblico, ma anche per sperimentare i nuovi venuti e gli sconosciuti approdati alla politica, come Irene Pivetti, per esempio, leghista trentaduenne propulsa nel 1994 alla presidenza della Camera, dopo la vittoria a sorpresa di Forza Italia alle elezioni del 27 marzo. Spadolini, il gran capo del Partito repubblicano di Ugo La Malfa, lo storico del risorgimento, l’ animatore della rivista La Nuova Antologia, il leader indiscusso della prima Repubblica, già direttore del Corriere della Sera, prima che la contestazione facesse fuori i moderati come lui e Indro Montanelli, per cavalcare con Piero Ottone l’onda un po’ settaria dell’antifascismo militante e radicale, subì in quel frangente una grave sconfitta. Era in corsa per la seconda carica dello Stato, e si vide soffiare per un voto la presidenza del Senato da Carlo Scognamiglio, l’economista, figlio della ricca borghesia industriale milanese, rieletto con Forza Italia come liberale dell’Unione di Centro.

 

massimo d alema roberta carlotto linda giuva

 

“Si decise tutto su una sola scheda”, ricorda oggi la  Verusio di quel drammatico pomeriggio del 1994. Si trattava di decidere se era valida o no una scheda dove il nome di Scognamiglio era scritto staccato, Scogna Miglio. Carlino stava attraversando l’aula per andarsi a congratulare con Spadolini, quando venne annunciata la rettifica. L’eletto era lui, e per Spadolini fu una cosa tremenda: era già ammalato, ma quel giorno ricevette il colpo di grazia, e pochi mesi dopo morì. C’era rimasto malissimo. Ricordo che andai a trovarlo due tre volte in ospedale, di sicuro per lui era stato un brutto colpo. Già aveva perso le speranze di essere eletto al Quirinale nel 1992, dopo l’attentato a Giovanni Falcone, quando era in corsa con Arnaldo Forlani e Oscar Luigi Scalfaro, il quale poi fu eletto all’unanimità, infliggendogli un primo dispiacere”.

mario stirpe con la moglie marisa

 

L’altro faro di casa Verusio negli anni della Prima repubblica era Giorgio Napolitano, all’epoca presidente della Camera. In quegli anni nell’attico di San Salvatore in Lauro, o nella villetta sull’Appia, si davano appuntamento artisti come Mario Ceroli e Renato Guttuso, giornalisti come il fondatore e all’epoca direttore di Repubblica, Eugenio Scalfari, “il numero uno del giornalismo italiano”, ricorda la   Verusio, registi di culto come Francesco Rosi con la moglie Giancarla, o ultrapop come Lina Wertmüller col marito Enrico Job.

 

fausto bertinotti firma il registro

Ma il vero magnete era Carlo Azeglio Ciampi, l’amico di famiglia, il compagno di gioventù dell’avvocato Supino, lo studioso di lettere classiche convertito all’economia per entrare in Banca   d’Italia, sino a diventarne governatore per quasi tre lustri, dal 1979 al 1993, e scalare tutte le tappe della carriera politica, come presidente del Consiglio, ministro del Tesoro e del bilancio, sino a farsi eleggere all’unanimità presidente della Repubblica nel 1999. “Con Ciampi ci siamo sempre visti. Era come stare in famiglia. Quando morì, nel 2016, provai un enorme dolore come quando persi mio padre. Era un uomo colto, spiritoso, onesto, una figura capace di unire, di federare consenso intorno a sé”.

 

il feretro di sandra verusio lascia la chiesa

Furono quelli gli anni d’oro del salotto Verusio, gli anni di Tangentopoli e della fine della prima repubblica, gli anni del governo Amato e del governo Ciampi, di Forza Italia e dell’Ulivo di Prodi e di D’Alema, quando le maggioranze nascevano e morivano per una manciata di voti, grazie alla spinta di trame sottili quanto imprevedibili, come quella  che nel 1998 portò Bertinotti a sfilarsi dalla maggioranza, facendo cadere Prodi per aprire la strada a D’Alema. A poco a poco, il salotto della marchesa Verusio, da cenacolo repubblicano fiorentino delle origini, divenne un polo della sinistra riformista e postcomunista, ma anche radicale. 

franco carraro firma il registro

 

Fra gli ospiti fissi, c’erano D’Alema, Fassino, naturalmente  Scalfari, ma anche Napolitano e Stefano Rodotà, il costituzionalista libertario, che tra il 1997e 2005 fu il Garante per la protezione dei dati personali. Ma se uno le domanda qualche aneddoto di quelle serate esclusive di vent’anni fa, oggi la Verusio svicola con discrezione.

 

furio colombo

Si diverte a citare un’unica scenetta di quando l’ideatore dell’Ulivo e ministro della Difesa Nino Andreatta, l’economista dell’Università di Bologna che aveva avuto Prodi come assistente, l’ex consigliere di Aldo Moro, parlamentare di lungo corso della Democrazia cristiana, già ministro del Bilancio e del Tesoro, si presentò inaspettatamente a una sua cena a braccetto della moglie. “Me lo vidi arrivare con questa signora carinissima, una psicoanalista, senza che fosse stata annunciata.  Eravamo 13 a tavola. Per fortuna, avevo una camerierina sarda molto carina e la infilai subito a tavola. Ed ebbe pure successo”.

Roberta Carlotto

ricky e guya sospisiol ultimo viaggio di sandra verusiofurio colombo (2)corrado augiasfranco carraro massimo d alema linda giuvamario stirpealberto michelini riceve la comunionemariapia ruspoli riceve la comunionegiovanni valentini riceve la comunionel arrivo del feretrogiovanni verusio valerio magrellivalerio magrellifausto bertinottiincensazione del feretromario stirpe andrea manzellafurio colombo firma il registrofabiano fabianiclaudio cerasi e la figlia alessandrafranco carraro massimo d alemaEleonora Attolicola chiesa san salvatore in lauroandrea manzellaluigi zandaelena e claudio cerasi con la figlia alessandraandrea manzella (2)claudio strinati con la moglie annamariaadriana sartogo riceve la comunionelinda giuva saluta giovanni verusiofabrizio caraccioloalessio vladil feretro di sandra verusiopadre pietro bongiovannifranco carraromarina pignatellimassimo d alema (1)mariapia ruspoli saluta giovanni verusiomassimo d alema (2)gabriella bertinotti saluta giovanni verusiogiovanni verusio lascia la chiesalinda giuva sandra carraro

Ultimi Dagoreport

sergio mattarella quirinale

DAGOREPORT - DIRE CHE SERGIO MATTARELLA SIA IRRITATO, È UN EUFEMISMO. E QUESTA VOLTA NON È IMBUFALITO PER I ‘’COLPI DI FEZ’’ DEL GOVERNO MELONI. A FAR SOBBALZARE LA PRESSIONE ARTERIOSA DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA SONO STATI I SUOI CONSIGLIERI QUIRINALIZI - QUANDO HA LETTO SUI GIORNALI IL SUO INTERVENTO A LATINA IN OCCASIONE DEL PRIMO MAGGIO, CON LA SEGUENTE FRASE: “TANTE FAMIGLIE NON REGGONO L'AUMENTO DEL COSTO DELLA VITA. SALARI INSUFFICIENTI SONO UNA GRANDE QUESTIONE PER L'ITALIA”, A SERGIONE È PARTITO L’EMBOLO, NON AVENDOLE MAI PRONUNCIATE – PER EVITARE L’ENNESIMO SCONTRO CON IL GOVERNO DUCIONI, MATTARELLA AVEVA SOSTITUITO AL VOLO ALCUNI PASSI. PECCATO CHE IL TESTO DELL’INTERVENTO DIFFUSO ALLA STAMPA NON FOSSE STATO CORRETTO DALLO STAFF DEL COLLE, COMPOSTO DA CONSIGLIERI TUTTI DI AREA DEM CHE NON RICORDANO PIU’ L’IRA DI MATTARELLA PER LA LINEA POLITICA DI ELLY SCHLEIN… - VIDEO

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - BUM! ECCO LA RISPOSTA DI CALTAGIRONE ALLA MOSSA DI NAGEL CHE GLI HA DISINNESCATO LA CONQUISTA DI GENERALI - L’EX PALAZZINARO STA STUDIANDO UNA CONTROMOSSA LEGALE APPELLANDOSI AL CONFLITTO DI INTERESSI: È LEGITTIMO CHE SIA IL CDA DI GENERALI, APPENA RINNOVATO CON DIECI CONSIGLIERI (SU TREDICI) IN QUOTA MEDIOBANCA, A DECIDERE SULLA CESSIONE, PROPRIO A PIAZZETTA CUCCIA, DI BANCA GENERALI? - LA PROVA CHE IL SANGUE DI CALTARICCONE SI SIA TRASFORMATO IN BILE È NELL’EDITORIALE SUL “GIORNALE” DEL SUO EX DIPENDENTE AL “MESSAGGERO”, OSVALDO DE PAOLINI – ECCO PERCHÉ ORCEL HA VOTATO A FAVORE DI CALTARICCONE: DONNET L’HA INFINOCCHIATO SU BANCA GENERALI. QUANDO I FONDI AZIONISTI DI GENERALI SI SONO SCHIERATI A FAVORE DEL FRANCESE (DETESTANDO IL DECRETO CAPITALI DI CUI CALTA È STATO GRANDE ISPIRATORE CON FAZZOLARI), NON HA AVUTO PIU' BISOGNO DEL CEO DI UNICREDIT – LA BRUCIANTE SCONFITTA DI ASSOGESTIONI: E' SCESO IL GELO TRA I GRANDI FONDI DI INVESTIMENTO E INTESA SANPAOLO? (MAGARI NON SI SENTONO PIÙ TUTELATI DALLA “BANCA DI SISTEMA” CHE NON SI SCHIERERÀ MAI CONTRO IL GOVERNO MELONI)

giorgia meloni intervista corriere della sera

DAGOREPORT - GRAN PARTE DEL GIORNALISMO ITALICO SI PUÒ RIASSUMERE BENE CON L’IMMORTALE FRASE DELL’IMMAGINIFICO GIGI MARZULLO: “SI FACCIA UNA DOMANDA E SI DIA UNA RISPOSTA” -L’INTERVISTA SUL “CORRIERE DELLA SERA” DI OGGI A GIORGIA MELONI, FIRMATA DA PAOLA DI CARO, ENTRA IMPERIOSAMENTE NELLA TOP PARADE DELLE PIU' IMMAGINIFICHE MARZULLATE - PICCATISSIMA DI ESSERE STATA IGNORATA DAI MEDIA ALL’INDOMANI DELLE ESEQUIE PAPALINE, L’EGO ESPANSO DELL’UNDERDOG DELLA GARBATELLA, DIPLOMATA ALL’ISTITUTO PROFESSIONALE AMERIGO VESPUCCI, È ESPLOSO E HA RICHIESTO AL PRIMO QUOTIDIANO ITALIANO DUE PAGINE DI ‘’RIPARAZIONE’’ DOVE SE LA SUONA E SE LA CANTA - IL SUO EGO ESPANSO NON HA PIÙ PARETI QUANDO SI AUTOINCORONA “MEDIATRICE” TRA TRUMP E L'EUROPA: “QUESTO SÌ ME LO CONCEDO: QUALCHE MERITO PENSO DI POTER DIRE CHE LO AVRÒ AVUTO COMUNQUE...” (CIAO CORE!)

alessandro giuli bruno vespa andrea carandini

DAGOREPORT – CHI MEGLIO DI ANDREA CARANDINI E BRUNO VESPA, GLI INOSSIDABILI DELL’ARCHEOLOGIA E DEL GIORNALISMO, UNA ARCHEOLOGIA LORO STESSI, POTEVANO PRESENTARE UN LIBRO SULL’ANTICO SCRITTO DAL MINISTRO GIULI? – “BRU-NEO” PORTA CON SÉ L’IDEA DI AMOVIBILITÀ DELL’ANTICO MENTRE CARANDINI L’ANTICO L’HA DAVVERO STUDIATO E CERCA ANCORA DI METTERLO A FRUTTO – CON LA SUA PROSTRAZIONE “BACIAPANTOFOLA”, VESPA NELLA PUNTATA DI IERI DI “5 MINUTI” HA INANELLATO DOMANDE FICCANTI COME: “E’ DIFFICILE PER UN UOMO DI DESTRA FARE IL MINISTRO DELLA CULTURA? GIOCA FUORI CASA?”. SIC TRANSIT GLORIA MUNDI – VIDEO

banca generali lovaglio francesco gaetano caltagirone philippe donnet alberto nagel milleri

DAGOREPORT - DA QUESTA MATTINA CALTAGIRONE HA I SUDORI FREDDI: SE L’OPERAZIONE DI ALBERTO NAGEL ANDRÀ IN PORTO (SBARAZZARSI DEL CONCUPITO “TESORETTO” DI MEDIOBANCA ACQUISENDO BANCA GENERALI DAL LEONE DI TRIESTE), L’82ENNE IMPRENDITORE ROMANO AVRÀ BUTTATO UN PACCO DI MILIARDI PER RESTARE SEMPRE FUORI DAL “FORZIERE D’ITALIA’’ - UN FALLIMENTO CHE SAREBBE PIÙ CLAMOROSO DEI PRECEDENTI PERCHÉ ESPLICITAMENTE SOSTENUTO DAL GOVERNO MELONI – A DONNET NON RESTAVA ALTRA VIA DI SALVEZZA: DARE UNA MANO A NAGEL (IL CEO DI GENERALI SBARRÒ I TENTATIVI DI MEDIOBANCA DI ACQUISIRE LA BANCA CONTROLLATA DALLA COMPAGNIA ASSICURATIVA) - PER SVUOTARE MEDIOBANCA SOTTO OPS DI MPS DEL "TESORETTO" DI GENERALI, VA BYPASSATA LA ‘’PASSIVITY RULE’’ CONVOCANDO  UN’ASSEMBLEA STRAORDINARIA CHE RICHIEDE UNA MAGGIORANZA DEL 51% DEI PRESENTI....