CIAK, MI GIRA - DOVE STA SCRITTO CHE UN FILM SU ENZO TORTORA DIVENTA DI PER SE’ OBBLIGATORIO PRENDERLO AL FESTIVAL DI ROMA? - 25 DEPUTATI CHIEDONO DI PROIETTARLO ALLA CAMERA

Stefania Ulivi per il "Corriere della Sera"

Non è ancora cominciato e già fa i conti con la prima grana. Politica. Partita in sordina, come spesso accade e diventata piano un caso. Oggetto del contendere un documentario, Tortora una ferita italiana, realizzato da Ambrogio Crespi, il fratello di Luigi ex sondaggista di Berlusconi.

Un film costruito con le interviste ai radicali Mauro Mellini, Marco Pannella, Rita Bernardini. E un intervento di Corrado Carnevale, all'epoca del processo al conduttore televisivo presidente della prima sezione penale della Cassazione, di cui si sottolinea il legame di amicizia e stima con Tortora. Un documentario che l'autore sognava di vedere proiettato nella sale dell'Auditorium nella ottava edizione del Festival che inizia il prossimo 8 novembre.

Ma che non è stato selezionato. E che adesso è diventato oggetto di una contesa che coinvolge la Rai e la presidente della camera Laura Boldrini. E, oltre a politici del centrodestra e radicali, anche un affollato drappello di deputati Pd.

I primi a protestare sono stati i radicali, che hanno sempre definitivo Crespi «un nuovo Tortora», in relazione ai 200 giorni passati in prigione con l'accusa di concorso esterno in associazione mafiosa e voto di scambio nell'ambito di un inchiesta su una presunta compravendita di voti elettorali dalla ‘ndrangheta.

Seguiti da diversi esponenti di centrodestra come Mara Carfagna. E Gianni Alemanno, l'ex sindaco di Roma, che invita Marco Muller - che con Renata Polverini lo scorso anno volle come direttore del festival - «a rivedere la propria posizione sull'esclusione al Festival del Cinema di Roma della pellicola Tortora, una ferita italiana. Sarebbe un'occasione che il Festival non può permettersi di perdere».

Ma anche dal Pd arriva un attacco al Festival di Roma che ha «incomprensibilmente escluso» il doc di cui si sollecita con una lettera alla presidente della Camera Boldrini una «visione in anteprima presso Palazzo Montecitorio». Firmatari 25 deputati guidati dal renziano Michele Anzaldi che ne aveva chiesto alla presidente Tarantola la messa in onda sulle reti Rai.

E Sandro Gozi rilancia: «Il film Tortora, una ferita italiana io l'ho visto e in qualche modo ho anche assistito alla sua nascita. È per questo che sono assolutamente contento del fatto che 25 parlamentari del Pd abbiano scritto al presidente della Camera, Laura Boldrini per rimediare alla assurda esclusione del film dal Festival del Cinema di Roma». Marco Pannella fa pressione su Boldrini. «Occorre un atto simbolico che rompa la sistematica rimozione che è stata fatta su Enzo Tortora, sulla sua vita, sul suo esemplare caso giudiziario e civile».

Nessuna reazione ufficiale da parte del Festival. Da quel che traspare non sarebbe il contenuto (un duro attacco ai giudici, probabilmente non solo quelli del caso Tortora) bensì il valore artistico del docufilm a non aver passato l'esame dei selezionatori.

Chi è rimasto fino a ieri pomeriggio all'insaputa di tutto è la famiglia Tortora. «Ho scoperto l'esistenza del documentario dalle agenzie», racconta la figlia Gaia, giornalista de La7. «So che l'autore ne ha mandato una copia al mio direttore che me l'ha passata. A me no». Il clamore non la turba più di tanto dice. «In novembre andrò in una scuola di Crotone a raccontare chi era mio padre. A questo sì, tengo molto».

 

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