IL CINEMA DEI GIUSTI - “STAR TREK”, RILETTO CONCETTUOSAMENTE DA J. J. ABRAMS, VOLA NEL MELTING POT DELLA CULTURA AMERICANA

Marco Giusti per Dagospia

Star Trek - Into Darkness di J. J. Abrams.

"Se Spock fosse qui al posto mio e io fossi lì, cosa farebbe?", chiede il comandante James T. Kirk al fido Bones McCoy a bordo della USS Enterprise dovendo decidere se andare a salvare il saggio Spock in mezzo alla lava di un vulcano o no. "Ti lascerebbe morire", risponde pronto Bones.

Ecco, tutto il dilemma di questo affascinante, ma estremamente concettuosa undicesima avventura cinematografica della saga ideata da Gene Rodenderry, cioè "Star Trek - Into Darkness", che vede per la seconda volta alla regia J. J. Abrams con una sceneggiatura dei fedelissimi Robert Orci e Alex Kurtzman, risiede in questa semplice domanda e nei sentimenti d'amicizia o d'amore che provano l'uno verso l'altro il comandante Kirk e il vulcaniano Spock.

In pratica, l'amore fra i due è così grande da poter scavalcare le regole imposte dalla Flotta Stellare? O al punto di poter dare la vita l'uno per l'altro? Se il grande critico letterario Leslie Fiedler vedeva nella coppia americano-vulcaniano, anzi ebreo americano-indiano americano formata dal Kirk di William Shatner e dallo Spock di Leonard Nimoy della serie tv la grande fratellanza americana che sfidava l'avventura verso l'estremo ovest, la frontiera assoluta, il Kirk di Chris Pine e lo Spock di Zachary Quinto riletti da J.J.Abrams sono forse meno mitici, ma sfornano una analoga serie infinita di battute e di trovate letterarie che avrebbero fatto felice Fiedler.

Per 132 minuti di questo "Into Darkness", a parte i grandi momenti di effetti speciali in 3D iniziali e finali, si parla in continuazione come nei vecchi telefilm. L'equipaggio della USS Enterprise, dal Bones di Karl Urban allo Scoptty di Simon Pegg, dalla Uhura della bellissima Zoe Saldana al Sulu di John Cho, non smette mai di commentare qualsiasi cosa e di ruotare attorno ai due caratteri dei loro comandanti Kirk e Spock.

Se Kirk si permette qualche bravata alla John Wayne, "Andiamo a prendere quel figlio di puttana!", Spock deve dare una spiegazione logica e fredda a tutto. L'arrivo del cattivo di turno, il solito Khan, interpretato dal bravissimo attore inglese Benedict Cumberbatch ("La talpa"), sorta di superman fortissimo che vuole riportare un ordine nazista nel mondo, non fa che aumentare la dose massiccia di discussione fra i protagonisti.

Khan analizza da professore maligno i due personaggi che ha di fronte e ne fa esplodere da psicanalista le complessità latenti. Al punto che i due si uniranno in ogni senso nella lotta al male, per salvare il mondo dal disastro, è ovvio, ma anche per salvare la propria unitissima famiglia della USS Enterprise che nella scena iniziale pre-titoli si era completamente frantumata proprio per l'atto d'amicizia, ma proibito dalla Prima Direttiva della Flotta Stellare, da parte di Kirk che per salvare l'amico aveva mostrato ai trogloditi abitanti di un lontano pianeta la nave spaziale, cioè una forma più evoluta di intelligenza.

Anche se, in fondo, la penso un po'come il protagonista supernerd di "The Dark Horse" di Todd Solonz, fan totale di Star Wars che non si confonde con quei disgraziati di startrekkisti, credo che la cura J.J.Abrams per il reboot della serie abbia prodotto risultati notevoli, che vanno proprio nella direzione di grande avventura fra maschi americani di origine diversa che diceva il vecchio Fiedler.

Perfino l'eccesso di dialoghi fra i membri della USS Enterprise, magari a scapito dell'azione, alla fine funziona e, purtroppo, c'è più profondità nelle battute di Spock e Khan, spesso, che nei dialoghi di Contarello, Bonifacci e soci per il cinema italiano.

Il pubblico degli startrekkisti si è molto divertito e ha seguito con passione una storia che deve aver visto altre trecento volte, con tanto di ritorno dei klingoniani e dove la sola novità era l'introduzione del 3D e la presenza del geniale Benedict Cumberbatch.

L'unico dubbio che mi resta, serissimo, è il fatto che J.J.Abrams stia riscrivendo non solo la saga di Star Trek, ma anche quella di Mission Impossible e di Star Wars. Come se facessimo riscrivere a Contarello e Bonifacci tutto il nostro cinema, dal reboot della Dolce Vita a quello dei Mostri.

Non dovremmo osservare anche noi qualche Prima Direttiva se non della Flotta Stellare del Buon Senso del Cinema. Come dice Kirk, "nessuno conosce le regole meglio di Spock, ma a volte le eccezioni vanno fatte". Ecchecazzo!

 

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