
"HO FATTO SESSO IN AUTOGRILL E CON LA MOGLIE DI UN MALAVITOSO. PIÙ È ALTO IL RISCHIO E PIÙ GODI" - LA CONFESSIONE DI PUPO: "ERAVAMO IN ROMAGNA ASPETTANDO I SOCCORSI DOPO UN INCIDENTE STRADALE, STAVAMO ANDANDO A UNA SAGRA PAESANA" - "NON HO SFRUTTATO BENE IL MIO SUCCESSO? HO LASCIATO LIBERO SFOGO AI MIEI TRE DEMONI: MUSICA, SESSO E GIOCO. L'ULTIMO MI HA FATTO RICOPRIRE DI DEBITI. A SPANNE HO BUTTATO VIA 3-4 MILIONI DI EURO" - IL PRESUNTO COMPLOTTO ORCHESTRATO DAL QUIRINALE PER FARLO ARRIVARE SECONDO A SANREMO 2010, QUANDO CANTO' "ITALIA AMORE MIO" CON EMANUELE FILIBERTO DI SAVOIA - VIDEO!
Estratto dell'articolo di Luigi Bolognini per www.repubblica.it
Citare John Lennon per parlare di Pupo, questo è il bello della musica: la vita è quel che ti accade quando stai facendo tutt’altri programmi. «E io avevo sistemato tutto con l’idea di morire a cinquant’anni in un turbine di sesso e gioco d’azzardo. E invece ora sono davanti al mezzo secolo, ma di carriera, che celebro con un tour mondiale, e a settembre il compleanno sarà il numero 70.
Aggiungiamoci che tutto mi sta andando benissimo, tra vita privata e lavorativa, e mi chiedo cosa ho fatto per meritarmi tutto questo. Scartate ipotesi tipo divina provvidenza, la risposta che mi sono dato è stata la buona fede: io sono un candido, un puro, l’unica persona a cui ho fatto volontariamente male è me stesso, se l’ho fatto ad altri è stato senza accorgermene».
Ne parleremo. Ora, il tour.
«Parte il 13 da Arezzo, poi girerà il mondo: Canada, Stati Uniti, Svizzera, Germania, Australia, Sudamerica, e Russia».
Alt, due parole sulla Russia ci vogliono. Lei non ha mai disdegnato andarci malgrado tutto, beccandosi del filoputiniano.
«Io sono popolarissimo lì dal 1979, tempi non sospetti direi. Mai conosciuto Putin, e perché negare a un popolo, che è comunque anche vittima della guerra voluta da chi lo governa, la possibilità di sentirmi? La mia sola idea è che dove mi chiamano, e pagano ovviamente, io vado. Andrei anche in Ucraina se mi chiamassero e ci fossero le condizioni di sicurezza. Andrei anche in Corea del Nord. E pure in zona di guerra: tanto si spara a altezza uomo, quindi non corro rischi. Tutto il resto non dipende da me».
Torniamo a lei. Ma a quasi 70 anni non è un po’ ridicolo farsi chiamare Pupo? Un po’ come Lorenzo Cherubini, Jovanotti a quasi 60 anni.
«Non sa quanto ci ho sofferto, per anni. Ma ormai è un marchio, anzi un suono. L’unica volta che ho provato a farmi chiamare Enzo Ghinazzi è stata una tragedia. Era il Sanremo 1992, Baudo mi annuncia col mio vero nome e cognome, sul palco vedo la gente sbigottita chiedendosi chi fossi. Finita la canzone esco e inizio a rincorrere Gianni Morandi che con lunga fatica mi aveva convinto a eliminare il nome Pupo.
Mentre lo inseguo suona il telefonino: è Mogol, che mi rimprovera aspramente per aver abbandonato questo pseudonimo. Me lo aveva dato il primo discografico che aveva creduto in me, Freddy Naggiar, della Baby Records, per il mio faccino di bimbo. Non le dico cosa era stato tornare a casa col primo disco, Ti scriverò e il nome Pupo. Mia madre per la sorpresa e la delusione non mi parlò per un mese e mezzo”.
“E non ci credeva nessuno, neanche Naggiar che tuttora mi dice che non aveva capito appieno il mio talento. Ma ai tempi le etichette facevano progetti di lunga durata, concedevano a ogni artista 2-3 dischi.
Certo, i primi tempi per mantenermi dovevo fare altro. Io distribuivo dischi. Ma non i miei: quelli della Cramps Records, l’etichetta più alternativa e intellettuale che ci fosse, di Finardi, Area. Il paradosso: un cantante pop che piazza i dischi più diversi da lui che esistano. Alla fine provavo sempre anche a proporre il mio e mi prendevano a pernacchie”.
pupo emanuele filiberto canonici
Ma poi ecco “Gelato al cioccolato”, nata con il suo autore Cristiano Malgioglio, e soprattutto “Su di noi”.
“Questa la portai a Sanremo dietro insistenza di Gianni Ravera: al festival non voleva andare nessuno, mi promise mari e monti, anche il diritto di veto su altri concorrenti. Io andai e basta, terzo posto e il mondo ai miei piedi. Successo direi planetario, considerato che scrissi anche Sarà perché ti amo dei Ricchi e poveri”.
Successo che lei non sfrutta benissimo, diciamo.
“Artisticamente sì. Umanamente, ho lasciato libero sfogo ai miei tre demoni. Il primo è la musica, quindi tutto bene. Il secondo è il gioco, che mi ha fatto ricoprire di debiti, a spanne ho buttato via 3-4 milioni di euro attuali. Ora è vent’anni che ho smesso, ma la tentazione va repressa ogni giorno. Il terzo il sesso, compulsivo e con chiunque e ovunque”.
Situazioni più estreme che si possano raccontare?
“In un autogrill in Romagna aspettando i soccorsi dopo un incidente stradale. E prima di una sagra paesana, con la moglie di uno degli organizzatori, che era pure di una cosca malavitosa. La motivazione di fondo di questi demoni è la stessa: il rischio, più è alto, più è spericolata la situazione più tu godi”.
Parlando di oscenità, non fu male neanche “Italia amore mio”.
“Seconda a Sanremo 2010, anzi prima, ma mi dissero che dal Quirinale non avrebbero apprezzato che Emanuele Filiberto di Savoia, erede al trono che fu, vincesse la gara. Fu giudicata la più brutta canzone della storia del festival. Io la trovo bellissima, come tutte le mie”. […]
Ma cos’è, la frustrazione di chi non è mai stato preso sul serio perché sono solo canzonette?
“Scherza? Ovvio che è così. Io soffro da matti perché un certo mondo, gli intellettuali, mi considera uno che scrive robetta. E invece scrivere bene il pop è un’arte, proprio come lo è scrivere bene una canzone d’autore. Già un po’, invecchiando, la situazione è cambiata”.
Altri rimpianti nella vita?
“Direi quando convinsi due mie fidanzate ad abortire. Roba di decenni fa, non vorrei parlarne”.
Ci mancherebbe e ci scusi. Tra l’altro la sua vita sentimentale è tanto strana quanto felicissima con questo menage à trois.
“Ormai consolidatissimo. Da quasi 40 anni ho una moglie, Anna, e una compagna, Patricia. All’inizio non è stato facile, ma ormai siamo persone mature e equilibrate”. […]
pupo kazakistan
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PUPIN - PUPO E VLADIMIR PUTIN BY EMILIANO CARLI
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