ricciarelli domingo pavarotti callas

COVID FAN TUTTI - DAI RAVANELLI TIRATI ALLA CALLAS A VERDI PARAGONATO A FALCONE: IL VIAGGIO DELL’OPEROINOMANE MATTIOLI NELL'OPERA AL TEMPO DEL VIRUS TRA IL “TOPONE” (PLACIDO DOMINGO), LA “BAUDOVA” (KATIA RICCIARELLI), LE “POVERE ZIE” E I “SOPRANO COCCODÉ”: “I LOGGIONISTI PIÙ SCATENATI? ALLA SCALA. I PIÙ IRONICI A VENEZIA, I PIÙ CAFONAL A PARMA” – PAVAROTTI? NON ERA QUEL SIGNORE TRUCCATO DA BARBABLÙ CHE DUETTAVA CON BONO VOX IN CONCERTI POSTICCI, MA È STATO UN FENOMENO FISICO E CARNALE TRAVOLGENTE" - LIBRO+VIDEO

 

Antonio Sanfrancesco per illibraio.it

 

katia ricciarelli

Quando apre bocca fa incazzare il Melomane medio (MM) e tutto “quel pubblico dalle facce di mele rancide, quelle sciure della borghesia milanese, quei loggionisti bercianti, quei patiti dell’Avanguardia, di Abbado e Luigi Nono…” (copyright Paolo Isotta).

 

Alberto Mattioli, giornalista de La Stampa, esperto d’opera, ha coniato un vero e proprio linguaggio, il “mattiolese”, irresistibile per tutti, tranne che per i destinatari delle sue staffilate: “care salme”, “MM”, “povere zie”, “soprano coccodè”, il “Topone” (Placido Domingo), la “Baudova” (Katia Ricciarelli) a cui bisogna aggiungere “operoinomane” e la variante “operoinomade in calore”, ossia il pazzo d’opera versione estiva che va per Festival a vedere tizi in calzamaglia che anziché parlare cantano e rimpinzarsi di leccornie locali come se non ci fosse un domani, anzi un’altra recita.

placido domingo

 

Nelle sue cinquantuno primavere il nostro ne ha viste millesettecentonovantanove, nei teatri più impensabili, a qualsiasi latitudine, dalla Cina all’Oman, dalla più remota provincia tedesca alla via Emilia. Di ognuna tiene il conto (magari entra nel Guinness, si sa mai), e le ha raccontate tutte in Pazzo per l’opera – Istruzioni per l’abuso del melodramma, il delizioso pamphlet appena pubblicato da Garzanti.

PIER PAOLO PASOLINI - MARIA CALLAS - FRANCO ROSSELLINI

 

Mattioli, chi sono le care salme?

“Gli spettatori più agée e ferocemente tradizionalisti, che vanno in escandescenza quando vedono qualcosa cosa di diverso dal solito. L’ho coniato nel 2012, ora ho smesso di usarlo”.

 

Perché?

“Qualche anno fa durante la presentazione di un libro a Torino si avvicina una signora gentilissima, probabilmente coetanea di Cavour, e mi dice: ‘La seguo sempre, è molto bravo, però, la prego, mi faccia un favore: non mi chiami più cara salma’”.

 

E lei si è impietosito.

“L’ho sostituito con ‘povere zie’. Ogni tanto mi scappa ancora, ma è un’espressione affettuosa, anche se un po’ macabra”.

 

La cara salma è sovrapponibile all’MM?

ultime foto di maria callas

“No, la cara salma non è aggressiva, è risentita, ma ha un’antica buona educazione, e raramente frequenta i social, il vero ring della nostra epoca. L’MM, una figura iconica come la casalinga di Voghera, non solo è risentito, ma è aggressivo e sfoga le sue ire sui social e sui blog. Le cose più spaventose che ho letto nella mia vita non sono il Mein Kampf di Hitler o le lettere del Marchese de Sade, ma i commenti dell’MM in rete”.

pasolini e la callas alla prima di medea

 

Faccio per un attimo il MM. Vado a teatro, vedo un allestimento sperimentale, urlo al tradimento e tiro fuori la frase di Verdi: Torniamo all’antico e sarà un progresso”.

“Caro MM medio, non mischiare capre e cavoli. La frase in questione Verdi l’ha scritta in una lettera in cui parlava dell’insegnamento nei conservatori. Peraltro, se la citasse tutta, scoprirebbe che il Maestro disse di volere studenti preparatissimi sul passato, ma che ognuno innovasse e inventasse, a seconda dei soggetti. Verdi non era un passatista, come lei crede, anzi dal punto di vista estetico non c’è stato compositore più avveniristico, coraggioso e innovatore di lui”.

 

verdi

Mi sta dando dell’ignorante, per caso?

“Non mi permetterei mai. Di solito, voi MM raccattate frasi sui social e le citate fuori dal contesto in cui sono state dette. Così facendo, si può far dire qualsiasi cosa a chiunque”.

 

Continuo. Le regie avveniristiche che piacciono tanto a lei sono un’offesa alla Tradizione, con la T maiuscola.

“La tradizione, come diceva Mahler, è mantenere acceso il fuoco, non adorare le ceneri. Deriva dal verbo ‘tradere’, che implica andare avanti, il movimento, non l’immobilismo”.

 

E comunque le regie tradizionali sono migliori di quelle moderne.

“Le regie d’opera non si dividono in moderne e tradizionali, ma tra belle e brutte. In Italia si commette l’errore di scambiare la scenografia e il costume per la regia. Possono esserci regie assolutamente rispettose del libretto che sono modernissime, e regie eversive dal punto di vista del libretto, ma che, in realtà, sono tradizionalissime. L’interprete deve capire quel che c’è di presente nei capolavori del passato, se riesce a farlo è bravo, se non ci riesce è inutile”.

 

giovanni falcone e paolo borsellino

Adesso faccio la sciura milanese che ha l’abbonamento da quando era vivo Toscanini. Alla Scala, caro Mattioli, non si sentono più le voci di una volta.

“Cara sciura, sa chi è stato il primo a dire questa frase? Metastasio a Farinelli nella prima metà del Settecento. Nulla di nuovo sotto il sole”.

 

Però non può negare che la Scala osi un po’ poco, ultimamente.

“Rappresenta il tempio, l’istituzione, non è un teatro d’avanguardia, perché non è questo il suo compito, ma deve essere un teatro all’avanguardia. In passato la Scala dava la linea, innovava, apriva prospettive e il resto del mondo la seguiva”.

 

Vede che è un po’ passatista anche lei? Le stagioni scaligere migliori?

“Gli anni di Toscanini del primo Novecento, l’epoca dell’ente autonomo degli anni Venti, gli anni cinquanta della Callas. L’ultima grande epoca è stata quella di Abbado – Grassi quando la Scala riscopriva Rossini comico e dava la linea su come metterlo in scena in tutto il mondo.

 

O quando ridisegnava la classifica estetica di Verdi con il Macbeth e il Simon Boccanegra di Abbado-Strehler, cambiando in tutto il mondo la percezione del teatro verdiano. Da trent’anni la Scala fa cose egregie, buone e bruttine, ma non dà più la linea al resto del mondo. Negli ultimi decenni quello che d’importante è accaduto nella lirica non è stato a Milano, è un dato di fatto”.

 

pavarotti freni

Dove resiste il rito della Prima di Sant’Ambroeus, quest’anno cancellata a causa della pandemia.

“Mi piace da matti anche perché, da giornalista, ci vado gratis. È una cerimonia che nasconde tanti significati e valori. E poi c’è questo legame fortissimo, quasi esoterico, tra la città e il suo teatro. Il rapporto tra Milano e la Scala è come quello tra Vienna e la Staatsoper, questa è la grandezza della Scala. La Prima è quello che resta della lirica come rito nazionalpopolare, identificazione collettiva, che è una delle glorie della civiltà italiana”.

ALBERTO MATTIOLI PAZZO PER L OPERA

Il melodramma nazionalpopolare?

“Le origini no, il prosieguo sì. È un paradosso tutto italiano”.

Spieghi meglio.

“L’opera nasce nelle corti come una raffinatissima speculazione di un gruppo d’intellettuali rinascimentali che volevano rifare l’antico, la tragedia greca, e inventano qualcosa di completamente nuovo. La prima opera viene rappresenta nel 1600 a Palazzo Vecchio a Firenze in occasione del matrimonio per procura tra Enrico IV, re di Francia e Maria de’ Medici.

 

alberto mattioli con gatto

Nel 1637 a Venezia apre il primo teatro lirico pubblico a pagamento. Misteriosamente uno spettacolo così assurdo, perché si basa sulla convenzione che la gente comunichi cantando anziché parlare, in un italiano letterario che non esiste nella realtà perché nessuno l’hai mai parlato, che presenta forme musicali molto complesse, insomma qualcosa di raffinatissimo diventa un patrimonio nazionalpopolare, un fenomeno che coinvolge tutti gli strati sociali e sfonda ogni barriera di censo e cultura. Il teatro all’italiana è una geografia sociale dove ogni classe ha il suo posto: la nobiltà nei palchi, la borghesia in platea e il popolo nel loggione”.

pavarotti by ron howard

 

Oggi andare a vedere l’opera è proibitivo per le tasche di molti.

“Perché è uno spettacolo antieconomico. O viene sovvenzionato dallo Stato o non si fa, chi dice il contrario mente. Anche negli Stati Uniti è così, anche se il contributo pubblico è ‘mascherato’ sotto forma di detrazioni sulle tasse. Allestire un’opera lirica è costosissimo, ci vuole una quantità di persone con le più svariate competenze e specializzazioni. Neanche il cinema ne mobilita così tante”.

 

Perché la Callas è la Callas?

“Come tutti i geni, si nasce così. Lei era un eccellente cantante e un eccellente musicista, cosa che non si ricorda quasi mai. Pur non essendo sicuramente una donna colta o intellettuale, si rese conto con un istinto formidabile che era nata e cantava in un’epoca in cui le opere che appassionavano di più il pubblico erano quelle del passato, e trasformò se stessa in una specie di macchina del tempo, capace non di ricostruire archeologicamente, ma di rievocare i fasti di un passato che si credeva perduto. Il paradosso era che per definire il suo timbro vocale ci s’inventò un neologismo, ‘soprano drammatico d’agilità’, che non era mai esistito prima di allora per una cantante. Sembrava uscita da un romanzo di Stendhal”.

 

Big Luciano Pavarotti.

LUCIANO PAVAROTTI AL COLUMBUS DAY

“Non era quello che vi hanno fatto credere, ossia quel signore truccato da barbablù che duettava con Bono Vox in concerti posticci, ma è stato un fenomeno fisico e carnale travolgente, capace di regalare momenti di stupore estetico. La prima volta lo vidi a 17 anni in una Bohème a Modena. Aveva l’effetto di una bomba di velluto che ti esplodeva nella testa. Per la bellezza del suono un’esperienza così l’ho vissuta poche altre volte”.

 

Mi dà una definizione di operoinomane?

“Un uomo che se sente una donna cantare sotto la doccia appoggia al buco della serratura l’orecchio e non l’occhio”.

Ma non si stanca ad andare a vedere tante volte spettacoli di cui si sa già come vanno a finire?

“L’operoinomane non va a sentire la Traviata, ma a come la dirige Gatti, come la canta Maria Callas, quando c’era, come la mette in scena il tal regista, e così via. L’interesse non è sul cosa, ma sul come. È chiaro che in gran parte sono titoli già conosciuti, specie in Italia dove il repertorio si sta restringendo sempre di più”.

 

I suoi registi preferiti.

scala milano

“Damiano Michieletto, Robert Carsen che ormai è un super classico anche se le care salme lo vedono come un pericolosissimo avanguardista. E poi Davide Livermore, Claus Guth, Dmitrij Cernjakov”.

La recita più brutta che ha visto?

“Anche quelle più catastrofiche hanno un senso, anche dal letame spuntano i fiori, come diceva De André. Io preferisco uno spettacolo non completamente risolto, ma stimolante, a uno, magari bellissimo, ma inutile, come sono gran parte di quelli con le cosiddette regie tradizionali”.

Mettiamola così: quella più fischiata?

“Un’Anna Bolena di Donizetti che vidi a Modena da ragazzino. Il teatro aveva fatto una nuova produzione per Katia Ricciarelli, all’epoca maritata Baudo, e quindi chiamata la ‘Baudova’. Alla terza recita arrivò a sostituirla un soprano portoghese semisconosciuto e terribile da ascoltare. Lo spettacolo era talmente insulso che non fu neanche fischiato dai loggionisti.

 

Una serata di pura noia se non fosse che alla fine, la divastra, dopo aver perso la testa in scena, la perse per la seconda volta e comparve sul proscenio con le mani sui fianchi in segno di sfida. Ci fu un momento di silenzio, tipo nuvoletta dei fumetti, e poi si sentì urlare un insulto dal loggione: “p…”. E cominciarono a tirarle le monetine”.

scala milano

 

I loggionisti esistono solo in Italia?

“Un fenomeno cento per cento made in Italy, non esiste in nessun’altra parte del globo”.

Chi è il loggionista tipo?

“Varia da teatro a teatro. Il più combattivo è quello della Scala, che durante la recita sembra in fase Rem inoltrata, ma quando si risveglia dà vita a gazzarre meravigliose. L’ultima, memorabile, alla Gazza ladra del 2017: finito lo spettacolo s’è scatenato un rodeo tra opposte fazioni. Ad un certo punto, un tizio della prima galleria si sporgeva nel vuoto urlando in alto a un loggionista: ‘Vieni giù che ti spacco la faccia’. Ero seduto accanto a un’americana che spaventatissima mi chiese: ‘Ma qui è sempre così?’. Che serata”.

 

Ma è vero che alla Scala fischiarono anche la Callas?

katia ricciarelli e jose carreras

“Metà del pubblico lo faceva sistematicamente. Lei era miope, sul palcoscenico non poteva portare gli occhiali e le lenti a contatto non le avevano ancora inventate. Alla famosa Traviata del 1955 con Luchino Visconti le tirarono un mazzo di ravanelli. Lei, non vedendo una mazza, li tirò su per annusarli pensando fossero rose. Per non parlare di Mirella Freni”.

 

Racconti.

“Era il famoso fiasco della Traviata di Karajan-Zeffirelli nel 1964 di cui lei, a distanza di anni, non ne parlava volentieri. Finì col pubblico che assediò letteralmente i camerini di via Filodrammatici: Karajan fu tratto in salvo da una macchina blindata inviata dall’ambasciata austriaca, Zeffirelli coperto di sputi, la Freni si salvò perché c’era Pavarotti che prese una ragazza bionda che le somigliava, la caricò in auto e fu bloccato dalla gente convinta che fosse la Freni, mentre quella vera era scappata da un’uscita secondaria”.

 

Il loggione più ironico?

pippo baudo katia ricciarelli

“Alla Fenice di Venezia, quella vecchia, la più verace. Ricordo un Renato Bruson completamente svociato che durante un Ernani cantò, malissimo, la cabaletta: Vieni meco, sol di rose che di solito si canta due volte per strappare gli applausi. Lui concesse il bis che nessuno aveva reclamato, e alla fine una voce urlò dal loggione: ‘Non te l’aveva chiesto nessuno’. Poi ci sono i loggioni emiliani. Il più cafone è quello di Parma, dove c’è l’usanza di commentare  a voce alta durante lo spettacolo. I loggionisti del Regio di Torino sono i più paciosi ed educati. All’Arena di Verona trovi i più svaccati. Comunque il triangolo delle Bermuda del melodramma è Milano, Bologna e Venezia, lì ribolle la passione più sfrenata.

 

Tempo fa ho trovato una recensione della Gazzetta di Mantova de Le Nozze in villa, un’opera buffa di Donizetti messa in scena nel 1819 e andata malissimo. I loggionisti tirarono sul palco di tutto, persino una molotov incendiaria. Io di teatri ne ho girati tantissimi, ma di ordigni non he ancora visti. Almeno finora”.

katia ricciarelli franco zeffirelli

 

Nel libro scrive che Giuseppe Verdi è stato come Giovanni Falcone, che c’azzecca?

“Sono due padri della patria. Nel film Il traditore dedicato a Buscetta il regista Marco Bellocchio ha un colpo di genio e nella sequenza della sentenza del primo maxiprocesso alla mafia, sulle immagini dell’aula bunker di Palermo dove scorrono in sovrimpressione l’elenco interminabile dei delitti e delle pene, dei condannati e degli anni di galera, fa partire il Va’ pensiero, che è l’inno nazionale segreto degli italiani. È un dettaglio toccante, splendido e crudele: in questa sequenza c’è l’Italia migliore, fatta di persone che hanno creduto invano alla Patria, legando un personaggio molto poco italiano come Verdi con un personaggio altrettanto poco italiano come Falcone”.

 

alberto mattioli il gattolico praticantedomingo

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni gennaro sangiuliano

DAGOREPORT - LE RESURREZIONI DI “LAZZARO” SANGIULIANO NON SI CONTANO PIÙ: “BOCCIATO” DA MINISTRO, RIACCIUFFATO IN RAI E SPEDITO A PARIGI, ORA SBUCA COME CAPOLISTA ALLE REGIONALI CAMPANE - ESSÌ: DIVERSAMENTE DAGLI IRRICONOSCENTI SINISTRATI, A DESTRA LA FEDELTÀ NON HA SCADENZA E GLI AMICI NON SI DIMENTICANO MAI - DURANTE I TRE ANNI A PALAZZO CHIGI, IL “GOVERNO DEL MERITO COME ASCENSORE SOCIALE” (COPY MELONI) HA PIAZZATO UNA MAREA DI EX DEPUTATI, DIRIGENTI LOCALI, TROMBATI E RICICLATI NEI CDA DELLE AZIENDE CONTROLLATE DALLO STATO - COME POTEVA LA STATISTA DELLA GARBATELLA DIMENTICARE SANGIULIANO, IMMARCESCIBILE DIRETTORE DEL TG2 AL SERVIZIO DELLA FIAMMA? IL FUTURO “GENNY DELON” ‘’ERA SALITO TALMENTE TANTO NELLE GRAZIE DELLA FUTURA PREMIER DA ESSERE CHIAMATO A SCRIVERE PARTE DEL PROGRAMMA DEI MELONIANI, INVITATO A CONVENTION DI PARTITO E, ALLA FINE, RICOMPENSATO ADDIRITTURA CON UN POSTO DI GOVERNO’’ - E’ COSÌ A DESTRA: NESSUNA PIETÀ PER CHI TRADISCE, MASSIMO PRONTO SOCCORSO PER CHI FINISCE NEL CONO D’OMBRA DEL POTERE PERDUTO, DOVE I TELEFONINI TACCIONO E GLI INVITI SCOMPAIONO… - VIDEO

giorgia meloni sigfrido ranucci elly schlein bomba

DAGOREPORT – DOBBIAMO RICONOSCERLO: GIORGIA MELONI HA GESTITO IN MANIERA ABILISSIMA IL CASO DELL'ATTENTATO A RANUCCI, METTENDO ANCORA UNA VOLTA IN RISALTO L'INETTITUDINE POLITICA DI ELLY SCHLEIN - GETTARE INDIRETTAMENTE LA RESPONSABILITA' DELL'ATTO TERRORISTICO ALLA DESTRA DI GOVERNO, COME HA FATTO LA SEGRETARIA DEL PD, È STATA UNA CAZZATA DA KAMIKAZE, ESSENDO ORMAI LAMPANTE CHE LE BOMBE SONO RICONDUCIBILI AL SOTTOMONDO ROMANO DEL NARCOTRAFFICO ALBANESE, OGGETTO DI UN'INCHIESTA DI "REPORT" - E QUELLA VOLPONA DELLA PREMIER HA RIBALTATO AL VOLO LA FRITTATA A SUO VANTAGGIO: HA CHIAMATO RANUCCI PER MANIFESTARGLI SOLIDARIETÀ E, ANCORA PIÙ IMPORTANTE, HA INVIATO TRE AUTOREVOLI ESPONENTI DI FRATELLI D’ITALIA (TRA CUI, BIGNAMI E DONZELLI) ALLA MANIFESTAZIONE INDETTA DAL M5S PER RANUCCI E LA LIBERTÀ DI STAMPA - DOPO L’ATTENTATO, NESSUNO PARLA PIÙ DI UN POSSIBILE PASSAGGIO DI "REPORT" A LA7: SIGFRIDO, ORA, È INTOCCABILE… - VIDEO

giorgia meloni antonio tajani maurizio casasco marina pier silvio berlusconi salvini

DAGOREPORT - TAJANI, UNA NE PENSA, CENTO NE SBAGLIA. IL SEGRETARIO DI FORZA ITALIA CI HA MESSO 24 ORE AD ACCORGERSI CHE GIORGIA MELONI HA STRACCIATO UNO DEI SUOI CAVALLI DI BATTAGLIA IN EUROPA: IL SUPERAMENTO DEL DIRITTO DI VETO. IL MINISTRO DEGLI ESTERI È RIUSCITO A PARTORIRE SOLO UNA DICHIARAZIONE AL SEMOLINO (“HA DETTO LA SUA OPINIONE, IO PENSO INVECE CHE SI DEBBA FARE QUALCHE PASSO IN AVANTI”), MENTRE È STATO ZITTO DI FRONTE ALLE INVETTIVE ANTI-RIARMO E CONTRO L’UE DEI PARLAMENTARI LEGHISTI. IL POVERINO È ANCORA STORDITO DALLA PROMESSA, SCRITTA SULLA SABBIA, CON CUI L'HA INTORTATO LA DUCETTA: SE FAI IL BRAVO, NEL 2029 TI ISSIAMO AL QUIRINALE AL POSTO DI MATTARELLA (E CI CREDE DAVVERO) – IN TUTTO QUESTO BAILAMME, TAJANI PROVA A METTERE LE MANI SULLA CONSOB CON UNA MOSSA DA ELEFANTE IN CRISTALLERIA: NOMINARE IL DEPUTATO AZZURRO MAURIZIO CASASCO. MA SI È DIMENTICATO DI COORDINARSI CON LA FAMIGLIA BERLUSCONI, CHE NON L’HA PRESA BENE…

donald trump vladimir putin benjamin netanyahu volodymyr zelensky

DAGOREPORT – TRUMP HA FINALMENTE CAPITO CHE NON POTEVA PERMETTERSI, COME È SUCCESSO A FERRAGOSTO IN ALASKA, DI FARSI PRENDERE DI NUOVO PER CULO IN MONDOVISIONE DA PUTIN - L’INCONTRO DI BUDAPEST NON POTEVA ASSOLUTAMENTE FINIRE CON UN NUOVO FALLIMENTO, MA DI FRONTE AL NIET DI MOSCA A OGNI COMPROMESSO, HA DOVUTO RINUNCIARE – ORA CI SONO DUE STRATEGIE: O RIEMPIE KIEV DI TOMAHAWK, MISSILI IN GRADO DI COLPIRE IN PROFONDITÀ LA RUSSIA, OPPURE SCEGLIE LA STRADA MORBIDA CHE VERRÀ LANCIATA DOMANI DAL CONSIGLIO EUROPEO (L’INVIO A KIEV DI 25 BATTERIE DI MISSILI PATRIOT) – L’INNER CIRCLE “MAGA” LO PRESSA: “L’UCRAINA? LASCIA CHE SE NE OCCUPI L’UE” –  IN USA MONTA L’ONDATA DI SDEGNO PER LA SALA DA BALLO ALLA CASA BIANCA - LA STRIGLIATA A NETANYAHU DEL TRIO VANCE-WITKOFF-KUSHNER… - VIDEO

niaf francesco rocca daniela santanche arianna meloni claudia conte zampolli peronaci

DAGOREPORT: METTI UNA SERA A CENA…I FRATELLI D’AMERICA! -SEMBRAVA DI ESSERE IN UN FILM DEI VANZINA AL GRAN GALA DEL NIAF, 2180 INVITATI, 218 TAVOLI DA 150MILA DOLLARI OGNUNO, OCCUPATI DAI BOSS DELLE PARTECIPATE DI "PA-FAZZO CHIGI" (DONNARUMMA, CATTANEO, FOLGIERO, ETC.), JOHN ELKANN CHE HA TRASFORMATO IL GIARDINO DELL'AMBASCIATA IN UN AUTOSALONE (TRA MASERATI E FERRARI, TRONEGGIAVA UN TRATTORE!), FINANZIERI VARI E DE LAURENTIIS, IL GOVERNATORE ROCCA E SANTANCHÉ - CAUSA SHUTDOWN DEL GOVERNO USA, NON C'ERA ALCUN TIRAPIEDI DI TRUMP: DELUSI COLORO CHE SOGNAVANO, ATTRAVERSANDO L'ATLANTICO, DI BANCHETTARE CON SUA MAESTÀ "THE DONALD" E LA SUA "RAGAZZA PONPON" GIORGIA MELONI - QUELLI DEL NIAF HANNO "COPERTO" IL BUCO DELLE AUGUSTE PRESENZE INVITANDO ARIANNA MELONI, UNICO SEGRETARIO POLITICO PRESENTE, CHE HA COSÌ RICEVUTO IL SUO BATTESIMO NELL'AGONE INTERNAZIONALE - NON POTEVA MANCARE L’ONNIPRESENTE CLAUDIA CONTE CHE SI È FATTA RITRARRE INSIEME ALL’AMBASCIATORE PERONACI, GIA’ CONSIGLIERE DIPLOMATICO DI PIANTEDOSI, E A QUEL MARPIONE DI PAOLO ZAMPOLLI, INVIATO SPECIALE DI TRUMP - LA PASTA SCOTTA E L’ESIBIZIONE DEL PREZZEMOLONE BOCELLI - VIDEO

matteo salvini alberto stefani luca zaia

DAGOREPORT - LUCA ZAIA MINACCIAVA DI DIVENTARE UN SERIO “PROBLEMA” PER MATTEO SALVINI E FORSE LO SARÀ: NON POTENDO IL “DOGE”, PER ORDINE DI SALVINI IN COMBUTTA CON MELONI, GUIDARE UNA LISTA A SUO NOME, UNA VOLTA SBATTUTO A CAPOLISTA IL SUO ENTUSIASMO POTREBBE SCEMARE E LA LEGA IN VENETO CORRE IL RISCHIO DI UN SORPASSO DI FRATELLI D'ITALIA - EVENTUALITA' CHE METTEREBBE DI NUOVO IN DISCUSSIONE LA LEADERSHIP DEL "CAPITONE" - I RAS LOCALI HANNO CRITICATO PER ANNI SALVINI, SENZA MAI AVERE IL CORAGGIO DI SFIDUCIARLO. QUESTA VOLTA, TRA UN VANNACCI CHE SI PRENDE I PIENI POTERI NEL PARTITO E I MALUMORI PER LA "CESSIONE" DELLA LOMBARDIA A FDI, UN FLOP IN VENETO POTREBBE ESSERE LA GOCCIA CHE FA TRABOCCARE IL VASO - SE SALVINI NON RIDE IN VENETO, ELLY SCHLEIN POTREBBE PIANGERE IN CAMPANIA: IL GRILLONZO ROBERTO FICO NON ENTUSIASMA E FA INCAZZARE DE LUCA CON LE SUE LEZIONCINE ETICHE SUI CANDIDATI. TANT'E' CHE TRA I FEDELISSIMI DI DON VICIENZO È PARTITO IL FUGGI FUGGI VERSO LE SIRENE DELLA DESTRA DI POTERE...