don backy

BACKY DA SETA - LA MORTE SFIORATA DUE VOLTE, IL NOME D’ARTE, IL CLAN CON CELENTANO: VITA, OPERE E MISSIONI DI DON BACKY - “ERO UN BAMBINO IRREQUIETO E DOPO LA FINE DEI COMBATTIMENTI ANDAVO NELLA DISCARICA VICINO CASA DOVE I CAMION PORTAVANO I RESTI DELLE MACERIE DEI PAESI BOMBARDATI. NOI CERCAVAMO I GIOCATTOLI LÌ. TROVAI UNA SPECIE DI ANANAS DI FERRO, CON UNA LINGUETTA PENZOLANTE. DOPO POCHI SECONDI MI AVEVA ANNOIATO E LO GETTAI. ESPLOSE” - “AD ADRIANO NON PIACEVA IL NOME ALDO CAPONI, ‘NON È MUSICALE’. NEMMENO IL SOPRANNOME AGATON CHE USAVO PER SUONARE NEI KISS. VOLEVA CHE MI CHIAMASSI COCCO BACILLO PERCHÉ…” - VIDEO

 

Edoardo Semmola per www.corriere.it

 

don backy celentano

«A cinque anni un giovane dottore di un piccolo paese del salernitano, Siani, mi infilò una forbice nel naso fino al cervello. Senza anestesia. “Sta uscendo una secchiata di roba” disse mio padre. Quella “roba” era nella mia testa. Stavo per andare in setticemia e morire. Il dottore disse: il ragazzo se campa, campa, sennò pazienza. Ora ho 82 anni».

 

Che abbia avuto una vita movimentata, Don Backy, lo sapevamo. Ma fino a questo punto…

«Ero caduto da un muretto e avevo battuto la testa, per una settimana non se ne era curato nessuno. La testa si gonfiò, mi riempii di pus, la febbre a 41. In casa nostra c’erano i tedeschi, siamo durante l’occupazione. E incontrammo questo dottorino a Pecorari, vicino Castellammare, che mi visitò e poi disse a mio padre: se domani è ancora vivo me lo porti a Siani e vedrò cosa posso fare. Distava 7 chilometri. Prendemmo il carretto, l’asino…».

 

don backy

 

Cosa è successo?

«Lungo la strada incrociammo un drappello di nazisti in fuga. Ci sequestrarono il carretto, e pure l’asino. Mio padre dovette portarmi a Siani sulle spalle, a piedi».

 

È sopravvissuto. Ed è diventato uno dei maggiori interpreti della musica italiana fin dagli anni Sessanta. La guerra ha rischiato di privarci di Don Backy.

«All’epoca ero Aldo Caponi. Ma quella non fu l’unica volta che la guerra ha provato a portarmi via. L’ho passata tutta fra Castellammare e Salerno, la crisi delle concerie di Santa Croce sull’Arno aveva portato mio padre a fare l’emigrante al contrario. Ero un bambino irrequieto e dopo la fine dei combattimenti andavo nella discarica vicino casa dove i camion portavano i resti delle macerie dei paesi bombardati. Noi bambini cercavamo i giocattoli lì».

don backy 2

 

Ne ha trovati?

«Sì, una specie di ananas di ferro, non capivo cosa fosse. Con una linguetta penzolante, la staccai».

 

Oh santo cielo, una granata?

«Ma dopo pochi secondi mi aveva già annoiato. Pensai: non è granché come giocattolo. L’ho gettato a 5-6 metri. Esplose. Mi risvegliai con una scheggia nel braccio, a pochi centimetri dal cuore. E ho perso parte del muscolo».

 

 

Lei ancora oggi vive a Santa Croce sull’Arno, il paese dei conciaioli.

don backy toto adriano celentano

«Avevo 15 anni quando ci siamo tornati. I primi tempi furono terribili, non riuscivo ad abituarmi a una città senza luce, senza sole né mare. Giù avevo lasciato la prima fidanzatina, fu un gran trauma. A Santa Croce c’era solo puzzo di concerie, scarichi e melma nei fossi. Ci ho messo 6 mesi a uscire di casa. Finché un giorno al bar mi sono “imbrancato” coi ragazzi».

 

don backy

E ha scoperto la musica?

«È successo nel 1957 tutto per colpa del film Senza tregua il rock’n’roll. Mi fece capire in che direzione sarebbe andata la mia vita e ogni sabato andavamo a sentire un complesso al dancing La Sirenetta di Castelfranco di Sotto, i Golden Boys, poi ribattezzati Kiss. Iper-moderni, suonavano anche per gli americani di Camp Darby. Là abbiamo scoperto il magico mondo del jukebox, che a Santa Croce non si erano mai visti: Paul Anka e Frankie Avalon, Tutti Frutti e Be-Bop-a-Lula. Impazzivamo».

 

Iniziò anche lei a esibirsi?

don backy 5

«Con i Kiss. Le ragazzette abboccavano se stavi sul palco. Dentro di me sapevo di essere destinato alle concerie come tutti, pensavo che avrei messo su un capannone con un amico».

 

Il successo era ancora lontano.

«Nel 1960 a Roma, con un’accolita di pazzi sognatori, ebbi una grandissima delusione alla Manhattan Records di Tito Schipa. Mi ero portato due pezzi rock scritti da me, Oh Yeah e The Rock, ma ci dissero che non potevamo cantare le nostre canzoni, solo quelle che dicevano loro. Ci dettero dei brani melensi che mi distrussero. Non avevo lo spirito giusto. Fu un disastro».

 

 

 

Ma a forza di provare…

don backy

«La via del successo è arrivata attraverso una disavventura che si è trasformata in fortuna. La disavventura di quello che è tutt’ora il mio amico del cuore, Franco, che si innamorò di una ragazza del paese ma i genitori non volevano, così scapparono di casa.

 

Quel giorno al bar Renata, dove finalmente era arrivato anche il jukebox, il primo di tutta Santa Croce, vedo il figlio di Renata che cambiando i dischi stava levando uno dei brani che io e Franco cantavamo sempre, Tom Dooley del Kingston Trio. No — gli dissi — lascialo. Ma lui: nessuno lo gettona.

 

E io: e dai, lo gettono io. Metto la moneta e arriva l’illuminazione: la canzone era molto simile alla storia di Franco, corsi a casa e presi la mia chitarrina da 6 mila lire comprata a Pisa. Sapevo fare tre accordi, gli stessi ancora oggi… e in una notte nacque La storia di Frankie Ballan. Gli cambiai nome per non creare guai al povero Franco».

 

Ha portato bene, nel Clan di Celentano?

don backy

«Per uno strano gioco del destino, andai a registrarla a Torino. Poi mia sorella una mattina mi disse che sul treno da Pisa aveva letto su una rivista che Celentano cercava nuovi cantanti per la sua casa discografica. “Scrivigli”, mi dice. “Ma figurati se quello piglia me?” rispondo».

 

Aveva ragione lei.

«Misi nella busta anche una copia del Musichiere dove si parlava di me e il disco di Frankie Ballan. Due settimane dopo arriva una raccomandata. Mittente: Alessandro Celentano, il fratello. Mi sono girato la busta tra le mani per un’ora, nervoso. Era la mia ultima chance».

 

 

Perché l’ultima?

don backy

«Mio padre mi aveva dato un aut-aut: o ti va bene questa o vai in conceria. Invece mi stavano invitando a Milano. A casa di Adriano mi ritrovai in mezzo alla riunione in cui… stavano costituendo il Clan. C’erano Ricky Gianco, Guidone, Milena Cantù, Detto Mariano».

 

Al momento giusto…

«Adriano voleva chiamare l’etichetta “Carramba” ma il proprietario della Jolly, con cui aveva rotto in malo modo, e che l’aveva saputo, si era precipitato a depositare il nome così da potergli fare causa. Ma Adriano a sua volta aveva saputo che lui sapeva e cambiò il nome in corsa: il Clan.

 

Mi fiondo là dentro che sembro un profugo, davanti a Celentano, che era un idolo. Mi fa: “ué ciao come stai?” e mi accorgo che stava suonando la mia Frankie Ballan. “Mi piace molto – prosegue – ti volevo chiedere se me la potevi dare”. Figurati, nemmeno per sogno, la canzone è mia. “

 

clan celentano guidone

Allora fammi sentire come la canti”. Tremavo tutto e la cantai malissimo. Con una voce che sembrava un filo di lana uscito dalle grinfie di un gatto. Ecco – pensai – mi sono giocato il futuro. Invece Adriano mi mise una mano sulla spalla: “Ué da oggi sei uno dei nostri”. Era il mio primo giorno a Milano, ed ero entrato nel Clan».

 

È rimasto lì?

«Tornai a Santa Croce, a guardare il soffitto in preda all’ansia per due settimane, senza mangiare, con la paura che mi avessero preso in giro. Un giorno arriva a casa mia tutto trafelato in bici il figlio di Renata, Mauro. Il loro bar era il centralino del paese: “Oh Aldo, oh Aldo, vieni che tra 5 minuti ti chiamano”. Alla cornetta era Adriano: “Hai preparato la valigia? Parti subito”».

 

E le hanno dato il nome d’arte, Don Backy.

adriano celentano claudia mori

«Ad Adriano non piaceva il nome Aldo Caponi, “non è musicale”. Nemmeno il soprannome Agaton che usavo per suonare nei Kiss. Voleva che mi chiamassi Cocco Bacillo. Cocco per via dello sceriffo di Jacovitti, perché cantavo ballate western. Bacillo perché starnutivo sempre. Rilanciai con “Daniele Baci” perché le ragazze mi avrebbero riempito di baci. Americanizzato in Dan Baci. Ma per omaggiare Don Gibson che cantava I can t Stop Loving You e Don Everly degli Everly Brothers, cambiai in Don Baci. Adriano ci aggiunse la kappa per farlo più “americano”. Il mio nome è nato tra lazzi e frizzi».

 

A Celentano piaceva lo stile western…

«Ricordate Il ragazzo della via Gluck? Un ballata con l’inizio uguale alla mia Frankie Ballan».

 

Ma non fu per questo che litigaste.

don backy adriano celentano

«Le frizioni c’erano già dal ‘65 ma nel ‘68 esplosero con fragore: non mi pagavano quanto mi spettava di diritti d’autore, ma solo un decimo. Adriano licenziò tutti, dal fratello all’impiegato, assunse altra gente tra cui lo zio della moglie e le cose andarono anche peggio. Quando andai a Sanremo con L’Immensità avevo il contratto in scadenza, e sbagliai a dirgli che me ne sarei andato».

 

Però, tutto sommato, anche la seconda parte della sua vita è stata ricca di soddisfazioni.

«Ho scritto libri, girato film, ho fatto teatro, ho disegnato fumetti. Se fossi rimasto nel Clan magari non avrei fatto niente di tutto questo».

 

Anche la vita privata, in quell’anno di rottura, è stata importante.

«Io e mia moglie stiamo ancora insieme da allora. Mio figlio Emiliano ha 53 anni e ha un negozio di sigarette elettroniche. Per fortuna non ha fatto il cantante: pensiamo ai figli dei Pooh, di Albano, di De André, quando hai l’ombra del babbo addosso spesso è un problema. E poi mio figlio è parecchio stonato, non avrebbe potuto cantare. Somiglia alla mamma».

Ultimi Dagoreport

ernesto galli della loggia giorgia meloni

DAGOREPORT - FAZZOLARI E' PER CASO IL NUOVO DIRETTORE DEL "CORRIERE"? - IN UNA PRIMA PAGINA CHE NASCONDE LE MENZOGNE DI GIORGIA MELONI, SPUTTANATA DA MACRON, BRILLA UN EDITORIALE VERGOGNOSO DI GALLI DELLA LOGGIA CHE SI DOMANDA: "SE LA GERMANIA (DI AFD) HA DAVVERO FATTO I CONTI CON IL SUO PASSATO NAZISTA. IN ITALIA, INVECE, UN PARTITO CHE PURE HA LE SUE LONTANE ORIGINI NEL FASCISMO GOVERNA DA TRE ANNI IN UN MODO CHE SOLO I COMICI (DUNQUE PER FAR RIDERE…) GIUDICANO UNA MINACCIA PER LA DEMOCRAZIA" - L’EX MAOISTA, POI TERZISTA, QUINDI BERLUSCONIANO, 5STELLE, INFINE MELONIANO  DEVE STUDIARE UN PO’, INVECE DI CAMBIARE PARTITO A OGNI CAMBIO DI GOVERNO. NEL DOPOGUERRA IN GERMANIA, GLI EX NAZISTI RIENTRARONO NEL CONTESTO SOCIALE E OTTENNERO POSTI DI POTERE NELLE INDUSTRIE PIÙ AVANZATE FINO ALLA CONTESTAZIONE DEL '68, SIMBOLEGGIATA DALLO SCHIAFFONE RIFILATO DALLA STUDENTESSA BEATE KLARSFELD AL CANCELLIERE (EX NAZISTA) KURT KIESINGER – IN ITALIA LA DESTRA ALLA FIAMMA DI FINI FU SDOGANATA DAL GOVERNO BERLUSCONI, DOVE IL MINISTRO DELLA GIOVENTU' ERA GIORGIA MELONI. COSA CHE IL GALLI OMETTE ESSENDO ORA COLLABORATORE DEL GOVERNO DUCIONI PER IL SETTORE SCUOLA...

andrea orcel unicredit

DAGOREPORT - IL RISIKO DELLE AMBIZIONI SBAGLIATE - COME PER IL GOVERNO MELONI, ANCHE ANDREA ORCEL NON IMMAGINAVA CHE LA STRADA PER LA GLORIA FOSSE TUTTA IN SALITA - IL RAFFORZAMENTO IMMAGINATO DI UNICREDIT, PER ORA, È TUTTO IN ARIA: IL MURO DI GOLDEN POWER DELLA LEGA HA RESO MOLTO IMPROBABILE LA CONQUISTA DI BANCO BPM; BERLINO RITIENE “INACCETTABILE” LA SCALATA ‘’NON AMICHEVOLE” DI UNICREDIT ALLA SECONDA BANCA TEDESCA COMMERZBANK; LE MOSSE DI NAGEL E DONNET GLI DANNO FILO DA TORCERE; CREDIT AGRICOLE, CHE HA UN CONTRATTO IN SCADENZA PER LA GESTIONE DEL RISPARMIO CHE RACCOGLIE UNICREDIT, HA UN ACCORDO CON BPM, DI CUI E' PRIMO AZIONISTA. E IL CDA DI UNICREDIT NON È PIÙ QUELLA FALANGE UNITA DIETRO AL SUO AZZIMATO CONDOTTIERO. COME USCIRE DAL CUL-DE-SAC? AH, SAPERLO…

orcel giorgetti

DAGOREPORT – GIORGETTI SI CONFERMA UN SUPPLÌ CON LE UNGHIE: ALL’INCONTRO CON I RAPPRESENTANTI DI UNICREDIT PER LA MODIFICA DEL DECRETO GOLDEN POWER CHE BLINDA L'OPS SU BPM, BANCA CARA ALLA LEGA, CHI HA INCARICATO IL MINISTRO DI CAZZAGO? STEFANO DI STEFANO, DIRETTORE GENERALE DELLE PARTECIPAZIONI DEL MEF, MA ANCHE COMPONENTE DEL CDA DI MPS. INSOMMA, LA PERSONA GIUSTA AL POSTO GIUSTO... – CALTA C’È: LA GIRAVOLTA DEL CEO DI MPS, LUIGI LOVAGLIO, SULL'OPERAZIONE MEDIOBANCA-BANCA GENERALI…

guzzetti bazoli meloni fazzolari e caltagirone scannapieco giuseppe francesco gaetano dario cdp giorgia

DAGOREPORT - AVVISATE ‘’PA-FAZZO CHIGI’’ CHE IL GRANDE VECCHIO DELLE FONDAZIONI BANCARIE, GIUSEPPE GUZZETTI, HA PRESO IL BAZOOKA - L’INDOMABILE NOVANTENNE NON NE PUÒ PIÙ DI VEDERE CASSA DEPOSITI E PRESTITI (DI CUI LE FONDAZIONI HANNO IL 30%) RIDOTTA A CAGNOLINO SCODINZOLANTE DEI FRATELLI DI FAZZOLARI: AFFONDATA LA NOMINA DI DI CIOMMO ALLA PRESIDENZA DEL CDA DEL FONDO F2I - MA IL CEFFONE PIÙ SONORO AL SOVRANISMO BANCARIO DEL GOVERNO DUCIONI È STATO SFERRATO DAL TERRIBILE VECCHIETTO CON LA VENDITA DELLA QUOTA DELLA FONDAZIONE CARIPLO IN MPS, IL CAVALLO DI TROIA DEL FILO-GOVERNATIVO CALTAGIRONE PER ESPUGNARE, VIA MEDIOBANCA, GENERALI – STRATEGIE DIVERSE SUL RISIKO TRA GUZZETTI E IL SUO STORICO ALLEATO, IL GRANDE VECCHIO Di BANCA INTESA, “ABRAMO” BAZOLI…

giorgia meloni incontra george simion e mateusz morawiecki nella sede di fratelli d italia sergio mattarella frank walter steinmeier friedrich merz

DAGOREPORT –LA CAMALEONTE MELONI NON SI SMENTISCE MAI E CONTINUA A METTERE IL PIEDINO IN DUE STAFFE: IERI HA INCONTRATO NELLA SEDE DI FDI IN VIA DELLA SCROFA L’EURO-SCETTICO E FILO-PUTINIANO, GEORGE SIMION, CHE DOMENICA POTREBBE DIVENTARE IL NUOVO PRESIDENTE ROMENO. UN VERTICE CHE IN MOLTE CANCELLERIE EUROPEE È STATO VISTO COME UN’INGERENZA – SABATO, INVECE, LA DUCETTA DEI DUE MONDI INDOSSERÀ LA GRISAGLIA PER PROVARE A INTORTARE IL TEDESCO FRIEDRICH MERZ, A ROMA PER LA MESSA DI INIZIO DEL PONTIFICATO DI PAPA LEONE XIV, CHE E' GIÀ IRRITATO CON L’ITALIA PER LA POSIZIONE INCERTA SUL RIARMO EUROPEO E SULL’AZIONE DEI "VOLENTEROSI" A DIFESA DELL'UCRAINA - MENO MALE CHE A CURARE I RAPPORTI PER TENERE AGGANCIATA L'ITALIA A BRUXELLES E A BERLINO CI PENSANO MATTARELLA E IL SUO OMOLOGO STEINMEIER NELLA SPERANZA CHE LA MELONI COMPRENDA CHE IL SUO CAMALEONTICO EQUILIBRISMO E' ORMAI GIUNTO AL CAPOLINEA (TRUMP SE NE FOTTE DEL GOVERNO DI ROMA...)