baglioni claudio

ESCONO I PAGELLONI DI SANREMO E IL RISULTATO È…MOSCIO - PIACCIONO RON CON LA CANZONE INEDITA DI LUCIO DALLA, MAX GAZZÈ E LO STATO SOCIALE. BENE BARBAROSSA E AVITABILE/SERVILLO. TANTE DELUSIONI, NOIE E BRANI PREVEDIBILI. TRE POOH SUL PALCO, MA SEPARATI: TROPPO NOSTALGISMO? - ELIO E LE STORIE TESE LONTANI DALLE VETTE DEGLI SCORSI FESTIVAL

Marinella Venegoni per la Stampa
 

baglioni favino hunziker

Nel suo piccolo è una svolta epocale, quella del Festival numero 68, che si celebra nel cinquantenario del '68 e un po' ne evoca le turbolenze. Roba da kabala. Il futuro Sanremo si è scelto come nuovo patron non un guru dell' audience alla Carlo Conti, ma per la prima volta un musicista: peggio, un cantautore, di quelli che dalle parti dell' Ariston sono sempre andati per traverso agli organizzatori, e anzi avevano dovuto inventarsi una rassegna come il Tenco, per proteggerli dalle pernacchie. Per fortuna loro, e generale (siamo sotto elezioni) Claudio Baglioni non è di sinistra com' è sempre capitato con il Cantautore classico: è anzi il moderato civile che sappiamo, educato, da tutti amato e appassionato d' amore in musica.
 

baglioni

È chic quando appare su Rai 1, non fa cambiare canale come sarebbe successo se fosse arrivato Fossati. Di lassù al settimo piano, pare dopo un sussurro di Fabio Fazio, hanno dunque proposto questa grana al divo Claudio, lo sventurato rispose. L' aria intorno al Sanremone è cambiata all' improvviso. E anche se dovesse durare soltanto per un' edizione, è chiaro che la svolta è epocale: fine del Supertalent, con il pop e i ragazzetti da un tanto al chilo; nascita della formula da direttore artistico primus inter pares, come capita ai festival del teatro o del cinema diretti da registi o attori.
 
Qui c' è uno che parla in nome della musica, nella quale ha passato una vita; un artista rispettato e con successo notevole sul patrio suolo. Un tipo serio, unico sfizio i calembour. Nella commissione d' ascolto, il divo Claudio non ha messo una soubrette ma un suo ex discografico, Massimo Giuliano. Tutto quel che gira intorno a Sanremo ha preso una piega più naturale, meno divistica e stupidina da quando a capo della carovana ci si è messo lui. Poi però ci sono anche le zone grigie: perplessità sono state soffocate sulla coppia di presentatori, Hunziker e Favino; d' altronde Baglioni ha promesso che non farà il conduttore, ma il conducente.

baglioni favino hunziker

 
Nelle segrete stanze non avranno capito tanto bene. Ieri, alla Rai di corso Sempione, al primo ascolto delle canzoni in gara da parte degli addetti ai lavori, è apparso in collegamento da Roma, prigioniero di un' influenza. Divertito della sua discontinuità rispetto al passato, il Direttore Artistico ha elencato fra le linee guida il riconoscimento della capacità di interpretare, e si è attardato a parlare della validità dei 20 brani ai quali avrebbe voluto aggiungerne altri 20 lasciati fuori: «Il Festival sarebbe dovuto durare una settimana in più», ha sorriso birichino.
 
Ma già in queste 20 perle da proporre al popolo italiano dal 6 febbraio non tutto suona capolavoro: ci sono brani per incuriosire (tipo quelli dei Pooh che si sono fatti a pezzi) e canzoni che sarebbero andate bene a O' Scià di Lampedusa (come quella di Avitabile e Servillo) o in un fumoso club (Mario Biondi, naturalmente). C' è Barbarossa che fa Barbarossa, i Decibel che con Ruggeri sognano David Bowie. Lucio Dalla forse continuerebbe a tenere nel cassetto dov' è rimasta negli ultimi 30 anni Almeno pensami , qui cantata da Ron.

ENZO AVITABILE CON DEMME

 
C' è poco ritmo e poca gioventù fra i 20. Sanremo è poco rock e per niente rap, il che viene avvertito come un handicap: «Ma lo recupereremo nel corso delle serate», promette Baglioni. Si aggiungano gli ospiti dei cantanti in gara (che sono ben più delle 20 canzoni), le star internazionali, la promessa che alla fine qualcosa pure lui canterà, Claudio, «se c' è occasione». L' ombra di lunghissime dirette si allunga dunque sulla spettacolare nuova versione del Festival restituito ai musicisti. Chissà se le candele dell' audience sono già state accese, nelle sedi opportune.

 

2. SANREMO, ECCO LE CANZONI IN GARA: LE PAGELLE

Rita Vecchio per www.ilmessaggero.it

baglioni hunziker

 

Dall’ascolto in anteprima dei brani in gara al Festival di Sanremo 2018 emergono temi di attualità, violenza e terrorismo, mentre la musica guarda al passato anche tra i giovani.

 

 

ANNALISA - Il mondo prima di te

La voce c’è. Ma la ballad è a tratti stucchevole. La monotonia non si sblocca nemmeno nel ritornello quando canta “ci toglieremo i vestiti”. Voto 4

 

 

 

AVITABILE/SERVILLO - Il coraggio di ogni giorno

Il coraggio di ogni giorno - Una world music sempre più melodica e made in Napoli («ed ho gli stessi occhi/di Scampia»). Voto: 8

 

 

 

LUCA BARBAROSSA - Passame er sale

baglioni favino hunziker

«Io non c’ho le parole che c’hanno i poeti/nun è robba pe’ me». E invece alla fine le parole ci sono e la musica trascina. Voto: 8

 

 

 

MARIO BIONDI - Rivederti

Dal pianismo dell’intro alla voce del crooner in italiano che canta l’amore. Sembra la scena di un film anni ’60 con Sinatra. Voto: 7

 

 

 

enzo avitabile

GIOVANNI CACCAMO - Eterno

Un recitativo in crescendo che non convince. Scritta con Cheope, cerca l’amore («Prendimi la mano scappiamo via lontano»). Voto: 4

 

 

RED CANZIAN - Ognuno ha il suo racconto

Ognuno ha il suo racconto - Un accenno di rock per quel che resta dei Pooh. «Ma non c’è mai una storia uguale a un’altra». Voto: 5

 

 

 

DECIBEL - Lettera dal duca

Un epistolario immaginario da Bowie. Strofe italiane mischiate all’inglese per un pop rock che affonda nella storia. Voto: 7

 

 

 

NINA ZILLI - Senza appartenere

Una donna che parla alle donne. E non può non parlare di violenza («non li chiamo più lividi sono colori e ci gioco»). Voto: 6

 

 

toni servillo

 

VANONI/BUNGARO/PACIFICO - Imparare ad amarsi

La voce della Vanoni è garanzia. Novità non ce n’è, l’eleganza sì. («Bisogna imparare ad amarsi in questa vita»). Voto: 8

 

 

 

THE KOLORS – Frida

Una canzone che gioca troppo con parole e ritmica. Cantano in italiano ma non basta. («Nessun amore è per sempre mai»). Voto: 4

 

 

 

DIODATO/ROY PACI - Adesso

È il “qui e ora” di un presente che si chiama “Adesso”, senza cellulari e cambiando prospettiva in un ritornello ripetuto tre volte (troppo). Voto: 4

 

 

THE KOLORS MTV

 

RENZO RUBINO - Custodire

Troppa essenzialità. E forse si poteva osare di più. «Come abbiamo fatto a esistere/senza mai resistere/troppo giovani». Voto: 5

 

 

 

RON - Almeno pensami

La scrittura di Lucio Dalla si sente. E l’interpretazione toccante di Ron arriva forte. «Ah fossi un piccione...». Voto: 9

 

 

 

The kolors

NOEMI - Non smettere mai di cercarmi

Equazione o slogan? Si canta l’amore e l’incontro per una richiesta d’amore senza fine («Non smettere mai di cercarmi». Voto: 6

 

 

 

ERMAL META/FABRIZIO MORO - Non mi avete fatto niente

A Londra «piove sempre» e a Nizza «il mare è rosso di fuochi e di vergogna». Allegria per esorcizzare la guerra. Voto: 4

 

 

 

LO STATO SOCIALE - Una vita in vacanza

ermal meta

Radiofonia pura. Il dilemma è: lavorare o andarsene in vacanza? E per la risposta scomodano influencer, cuochi e il “rottamatore”.Voto: 7

 

 

 

LE VIBRAZIONI - Così sbagliato

Ritmi rockeggianti e la voce di Sarcina fanno un salto negli anni ’70 («ma tu che colpa hai/ se sono io sbagliato»). Voto: 6

 

 

 

MAX GAZZÉ - La leggenda di Cristalda

L’opera sinfonica anni ’70 è servita con  tanto lieto fine.(»Si dice che adesso/e non sia una leggenda/la bella Cristalda/ risalga/ dall’onda»). Voto: 8

 

 

 

FACCHINETTI/FOGLI - Il segreto del tempo

I Pooh ridotti ma si sentono come se ci fossero tutti. Stesso suono per una canzone che non sorprende. Voto: 5

 

 

 

roby facchinetti riccardo fogli

ELIO E LE STORIE TESE – Arrivedorci

La fine dell’onorata carriera degli ELST. La memoria è beatlesiana. E i saluti alla Stanlio e Ollio. Ironia non facile. Voto: 6

 

 

SANREMO, ECCO LE 20 CANZONI: LE ABBIAMO ASCOLTATE, E SIAMO PERPLESSI

Gino Castaldo per www.repubblica.it

 

 

Il divino Claudio ha i postumi dell'influenza e non è presente all'ormai tradizionale seduta d'ascolto delle canzoni del festival nella sede milanese della Rai di Corso Sempione. Ma si collega, da Roma, e saluta, dice scherzosamente che gli dispiace di aver rinunciato a tante canzoni che meritavano e che insomma, si fa per ridere certo, lui avrebbe fatto un festival di due settimane. Ma non è stato così e a dire il vero ad ascoltare le venti canzoni in gara, che sono comunque tante, e quest'anno possono durare fino a 4 minuti, non si percepisce questa impellente necessità di aumentare il carico.

 

 

ron (2)

Anzi, quando inizia la sequenza, tra i presenti serpeggia qualche perplessità, il flusso è piuttosto monocorde, almeno ritmicamente: Annalisa cerca di darsi un tono di nobiltà, e cita addirittura una casa "senza le pareti", come la celeberrima stanza di Gino Paoli, Enzo Avitabile e Peppe Servillo offrono un saggio di teatrale bravura e una solenne preghiera pagana, Luca Barbarossa centra in pieno la classica tradizione romanesca con Passame er sale, struggente bilancio di vita di una coppia, Mario Biondi addirittura va verso un sofisticato e intricato disegno vocale da crooner, Caccamo è fin troppo classico per la sua giovane età, e così finisce che paradossalmente un poco di ritmo arriva solo quando viene presentata la canzone di Red Canzian, Ognuno ha il suo racconto.

 

Certo non è facile scegliere, non sapremo mai quanto Baglioni si sia più o meno pentito di essersi sobbarcato l'ingrato compito di firmare un'edizione del festival che, come lui stesso ammette, da cantante ha frequentato pochissimo, e in gara mai. E sa anche bene che l'infallibilità nel campo della musica è impossibile, e per questo cita un vecchissimo episodio di circa 50 anni fa quando un dirigente della Rca, Ettore Zeppegno, appose sui suoi provini la sentenza: "questo non farà mai niente".

LUCIO DALLA CON RON

 

Dunque si può sbagliare, e si sbaglia, ma accertata la fallibilità delle scelte, nel cast alla fine domina un clima di classicità, molto più di quanto la lista dei concorrenti facesse presagire. Classici sono i Decibel, che con Lettera dal Duca evocano addirittura la leggenda di David Bowie. Diodato tenta uno slancio sociale, per la verità lievemente retorico, invitando chi ascolta a farsi domande del tipo: "dici che torneremo a guardare il cielo, alzeremo la testa dai cellulari?". 

 

Difficile trovare un filo conduttore, ma del resto il festival non è fatto per la coerenza, dovrebbe rispondere a un criterio di rappresentatività, ma anche da questo punto di vista qualche stranezza c'è: avere ben tre Pooh sul palco non sembra poi tanto equo. Facchinetti e Fogli alludono a un rapporto d'amicizia e sembra un pezzo della loro vita, e autobiografici sono anche Elio e le Storie tese che salutano il pubblico, nel loro ormai infinito addio, con Arrivedorci, simpatica sì, ma molto lontana dagli exploit geniali cui il gruppo ci aveva abituato.

nina zilli

 

Per provare il brivido di una possibile vittoria dobbiamo aspettare il già "chiacchierato" duetto Ermal Meta/Fabrizio Moro. Li si dà come favoriti e a sentire il pezzo non si può che convenire, c'è la potenza, la melodia da cantare, la forza dell'inno pacifista e il riferimento alle recenti stragi della musica, dal Bataclan a Manchester.

 

Man mano che le canzoni scorrono la domanda viene spontanea: quanto c'è del mondo di Baglioni in questo festival? La risposta la offre lo stesso cantautore quando qualcuno gli chiede del famoso filo conduttore. "Non c'è" risponde Claudio, "se non per il fatto che noi canzonettisti cantiamo l'avventura e la disavventura del vivere", e dite voi se questa non è una frase che poteva stare in una sua canzone. La loro discreta figura la faranno le donne, Noemi, Nina Zilli e in fondo anche la Vanoni, sorretta da Bungaro e Pacifico, e lo stesso vale per Diodato e Roy Paci, Renzo Rubino, per la ventata rock delle Vibrazioni e la giovane genericità sentimentale dei Kolors.

 

Venti canzoni sono tante, si fa fatica anche a raccontarle tutte in una sola soluzione, ma tre menzioni a parte vanno fatte: Ron ci regalerà un grande brivido perché porta una canzone inedita di Lucio Dalla, che ovviamente è inconfondibilmente una canzone di Dalla e se anche può essere considerata canzone di scarto che non aveva pubblicato, è comunque di un livello sublime e su quel palco ci farà piangere tutti. Altra menzione la meritano quelli de Lo Stato Sociale.

 

MAX GAZZE' 2

Giocano, sfottono, rimangono se stessi al punto da portare una botta di giocosa vitalità. Gliene saremo tutti grati. E infine Max Gazzè che osa, porta un pop "sintonico" come lo chiama lui, con orchestra sinfonica e sintetizzatori, e racconta di una leggenda raccolta nella zona del Gargano, una storia antica di uno scoglio che ogni cent'anni si anima e diventa un uomo cui le sirene restituiscono per una notte la donna che ama. Bellissima.

 

 

Alla fine Baglioni qualche notizia la concede. Niente superospiti, è ancora presto, niente dettagli sulla conduzione, è ancora prematuro, e allora bisogna accontentarsi dei duetti del venerdì sera: con le Vibrazioni ci sarà Skin, il trio Vanoni sarà con Alessandro Preziosi, poi ancora Serena Rossi con Rubino, Michele Bravi con Annalisa, Marco Masini andrà a duettare con Red Canzian, i Neri per caso si sovrapporranno a Elio e company, Ron rafforzerà il ricordo di Lucio con Alice, Giusy Ferreri formerà un trio con Roby Facchinetti e Riccardo Fogli, Luca Barbarossa chiamerà al suo fianco Anna Foglietta, Caccamo ha invitato Arisa e infine Mario Biondi è andato a cercare in Brasile il prestigio di Ana Carolina e di Daniel Jobim, nipote del celebre Tom. Baglioni si schernisce. Ci sarà anche l'anno prossimo? "Ma no, lo considero solo un passaggio". Ma noi lo sappiamo beme, i bis fanno parte del mondo dello spettacolo.

 

luca barbarossa con la moglie ingrid

 

 

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