L’ARTE DI SPIEGARE L’ARTE (TU GUARDI MA NON VEDI) - PABLO ECHAURREN NON È SOLO UN FORMIDABILE ARTISTA MA È UN ARTISTA DOTATO DI UNO STILE DI SCRITTURA FANTASMAGORICO - IN QUESTO MANUALETTO SCODELLA UNA CONTROSTORIA DELL’ARTE SORPRENDENTE E FULMINANTE - PER DIRE, “I LEGAMI TRA GUERRA FREDDA, SEMIFREDDA E ESPRESSIONISMO ASTRATTO CONTRO IL BECERO REALISMO SOCIALISTA DI STAMPO OPERAISTA”….

Spesso si guarda un quadro, una scultura, un'architettura, senza vedere, senza capire, senza partecipazione. Afferrare il senso di un'opera e inquadrarla nel contesto in cui è stata generata non è facile, ma non è neanche roba da Superman con la super-vista a raggi X. Basta togliersi i paraocchi di una critica scontata, superficiale, banale. Ripetuta fino alla noia. E pensare con la propria testa senza lasciarsi condizionare dal giudizio degli altri.

Qui, per sommi capi, si capovolge il punto di vista tradizionale: si affrontano temi e stili da un'angolazione particolare, personale, irriverente, ma non per questo campata in aria. Dalle caverne di Lascaux alla Street Art, passando per il Rinascimento e l'Impressionismo, di norma i capolavori vengono subiti dallo spettatore, obbligato a seguire gli studiosi che stabiliscono le regole del gioco. Questo manualetto è un primo passo per riappropriarsi dell'arte senza farsi schiacciare dal peso della cultura calata dall'alto, asfissiante e pedante.


ESPRESSIONISMO ASTRATTO
Da "Controstoria dell'arte" di Pablo Echaurren - Gallucci editore

Non credete alla leggenda metropolitana che fu la Cia a inventare l'Espressionismo Astratto? Non credete alla teoria della cospirazione, alla dietrologia della macchinazione, della manipolazione di massa che si ottiene battendo la grancassa? Io sì. O meglio non la scarterei proprio del tutto.

E poi ci sono le prove, ci sono i testimoni oculisti, è stata perfino trovata la pistola fumante, il pennello gocciolante, il tubetto spremuto sul luogo del delitto. Ci hanno scritto sopra libri, trattati, dossier secretati. I legami tra guerra fredda, semifredda e Espressionismo Astratto non sono frutto di elucubrazioni a bischero sciolto, non sono il costrutto di una mania di persecuzione, non sono le solite paranoie di coloro che cercano un complotto dietro ogni loro sconfitta, non sono aria fritta e rifritta.

Eppure la notizia per quanto sfizia stenta a trovare credito, viene relegata nel limbo del sentito dire, nessuno vuole approfondire. Quasi si avesse paura di sapere. Non temete, ci penso io a fare piena luce, a ripulire gli angolini, a svelare gli altarini. Come sempre mi tocca a me di fare il lavoro sporco. Ma principiamo dal comincio.

Era appena terminata la seconda baraonda mondiale e i servizi segreti Usa decisero che andava contrastata la campagna di reclutamento avviata dai partiti comunisti terzinternazionalisti che stavano accaparrandosi la meglio intellighenzia occidentale. A partire da Picasso che oltre alla colomba della pace aveva fatto anche il ritratto di quel satan aleppe di Giuseppe, Stalin. Addavenì Baffone!

Bisogna sapere che nel secondo dopoguerra tutta la cultura più avanzata era schierata a favore del blocco sovietico che viceversa, paradossalmente, era assai bisbetico e insofferente nei confronti dell'arte moderna (specie se di tipo non figurativo celebrativo), incline piuttosto a un becero realismo socialista di stampo operaista.

Anzi, a esser sinceri, al regime bolscevico l'avanguardia gli faceva schifo su tutta la linea, la vedeva come il fumo agli occhi, gli faceva salire la pressione tanto che aveva risolto il problema con un meticoloso programma di epurazione e deportazione.

Dopo di che i pochi sopravvissuti ai rigori siberiani si adattarono di buon grado a lucidare gli stivali dei generali e vivacchiarono in una condizione di tristo servilismo derivante da gulaghismo strisciante. Ma qui da noi la cosa non veniva presa troppo sul serio in quanto attribuita alla bieca propaganda antimarxista del blocco capitalista.

Diciamo che c'avevamo gli occhi foderati di prosciutti marca Togliatti. Così dovettero scendere in campo i Men in Black. Con una scaltra operazione di intelligence, di marketing e di supporting messi insieme, invece di smontare con missili terra-aria la visione radiosa e fantasiosa del sol dell'avvenire, i Nostri cominciarono a pompare i campioni più inguacchioni e sbrodoloni che infestavano il paese, come Pollock, Rothko, Motherwell, de Kooning e compagnia bella.

Capirono che invece di sganciare l'ennesima bombetta H potevano sterzare verso un'impostazione di radicale decontaminazione ideologica inoculando nel sistema corticale una dose massiccia di virus abstracti. Avrebbero fatto meno vittime e messo a tacere le solite pittime pronte a recriminare su ogni intervento militare a fin di bene.

L'Action Painting divenne l'arma più potente, l'interprete privilegiato e vezzeggiato dell'american way of life, lo stemma del nuovo style che intendeva aderire ai principi inalienabili di "vita, libertà e ricerca della felicità". Cosa di meglio del grande guazzabuglio astratto per raccontare che solo al di qua della cortina di ferro era possibile realizzare il sogno della più sfrenata espressività?

Che solo gli Unitedstates potevano offrire un valido appiglio a chi decideva di liberarsi del bavaglio del proletkulturismo, che solo lo zio Sam ci metteva a riparo dall'abbaglio assai diffuso per lo zdanovismo, dal raglio agitprò del politburò. Che la pittura della nuova era di pace non faceva rima con "dittatura" ma con "democrazia", che l'unico postulato possibile era: "libera astrazione in libero stato".

Che solo nella Grande Macchia si pole trovare la vera pacchia. La fisicità delle superfici incrostate, le colature coagulate, l'urlo dei colori sbrodolati e schiaffeggiati sulla tela, lo strazio dello spazio violato, divennero documenti imprescindibili di quella lotta esistenziale che gli artisti avevano intrapreso per se stessi e per l'Amerika tutta, colonie comprese.

L'operazione riuscì in pieno, la ciambella venne fuori col buco al posto giusto, il gusto del turbomercato si indirizzò senza tentennamenti verso la nuova corrente bollente e in un istante l'Action Painting si tramutò in Auction Painting.

Espressionismo Astratto, Action Painting, Informale, chiamatela come vi pare, fatto sta che il genere gestuale scalò tutte le classifiche, si aggiudicò le battute d'asta più vertiginose, stracciò ogni possibile concorrenza. Inventò i soldi, quelli veri. A sei zeri.

Prima l'artista era un poverello stenterello, un bohemien, un tisichello con le pezze al culo che mangiava pane e cipolle, in un attimo divenne qualcosa di prezioso, di esplosivo, di esclusivo, un ordigno a orologeria che è bene maneggiare con cura, una mina vagante che ogni momento può scoppiare in un tripudio di successo a go-go. Non fu solo Picasso ad andare all'incasso. L'intera la scuderia voluta dalla Cia si ritagliò un posto in paradiso. Quello fiscale.

 

Controstoria dell'arte Pablo EchaurrenPablo Echaurren PABLO ECHAURRENPablo EchaurrenPABLO PICASSOjackson pollock

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni maurizio belpietro francesco saverio garofani sergio mattarella

DAGOREPORT - IL “PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE MELONI” NON ESISTE: LO “SCOOP” DELLA “VERITÀ” È STATO CONFEZIONATO CON L’OBIETTIVO DI PRENDERE DI MIRA SERGIO MATTARELLA, COME MASSIMA RAPPRESENTANZA DI QUEL "DEEP STATE" CHE I CAMERATI DI PALAZZO CHIGI HANNO SUL GOZZO – LA STATISTA DELLA SGARBATELLA SOGNA L’EGEMONIA ISTITUZIONALE: BOCCIATO IL PREMIERATO, VUOLE CAMBIARE CON LA FORZA IL SISTEMA MODIFICANDO LA LEGGE ELETTORALE E INSERENDO IL NOME DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO SULLA SCHEDA (COSI' DA BYPASSARE DI FATTO I POTERI DI NOMINA DEL PREMIER CHE SPETTANO AL COLLE) - MA NON TUTTO FILA LISCIO: LEGA E FORZA ITALIA SI OPPONGONO PERCHE' NON VOGLIONO ESSERE CANNIBALIZZATI DA FDI E IN CAMPANIA E PUGLIA SI PROSPETTA UNA BATOSTA PER IL CENTRODESTA - DA QUESTO DERIVA QUEL NERVOSISMO, CON VITTIMISMO PARACULO ANNESSO, CHE HA SPINTO GIORGIA MELONI A CAVALCARE IL “COMPLOTTO DEL COLLE” – E SE FDI, PER BOCCA DI BIGNAMI E MALAN, NON AVESSE RINCULATO, DAL QUIRINALE SAREBBE PARTITO UN SILURO A TESTATA MULTIPLA...

francesco saverio garofani sergio mattarella giorgia meloni maurizio belpietro

DAGOREPORT - MA QUALE “COMPLOTTO DEL QUIRINALE CONTRO GIORGIA MELONI”! DIETRO ALLA DIFFUSIONE DELLE PAROLE DI FRANCESCO SAVERIO GAROFANI ALLA “VERITÀ” DI BELPIETRO C'E' UNA “GOLA PROFONDA” UN PO’ PASTICCIONA, CHE SI E' FATTA SGAMARE IN MEZZA GIORNATA - DAGOSPIA È IN GRADO DI AGGIUNGERE ALCUNI DETTAGLI SULLA CENA DI GIOVEDÌ 13 NOVEMBRE ALLA TERRAZZA BORROMINI. A TAVOLA C’ERANO SEDICI PERSONE: OLTRE ALL’ORGANIZZATORE, LUCA DI BARTOLOMEI E A FRANCESCO GAROFANI, C’ERANO MANAGER, CONSULENTI, UN AD DI UNA BANCA, DUE CRONISTI SPORTIVI E…UN GIORNALISTA CHE IN PASSATO HA LAVORATO IN UN QUOTIDIANO DI DESTRA, GIA' DIRETTO DA BELPIETRO. SARÀ UN CASO CHE LA MAIL A FIRMA “MARIO ROSSI”, DA CUI È NATO LO “SCANDALO”, SIA STATA INVIATA ANCHE AL MELONIANO "IL GIORNALE" (CHE PERO' L'HA IGNORATA)? - IL CONTESTO ERA CONVIVIALE, SI PARLAVA DI CALCIO E DEL PD, MA GAROFANI NON HA MAI PRONUNCIATO LA PAROLA “SCOSSONE”, CHE INFATTI NELLA MAIL ORIGINALE NON C’È - L’AUDIO? ANCHE SE CI FOSSE, BELPIETRO NON POTREBBE PUBBLICARLO PERCHÉ SAREBBE STATO CARPITO ILLEGALMENTE...

maurizio belpietro giorgia meloni la verita

DAGOREPORT - IL GIOCO DI PRESTIGIO DI MAURIZIO BELPIETRO: LO "SCOOP" SUL PRESUNTO “PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE LA MELONI” È BASATO SULLE PAROLE “PROVVIDENZIALE SCOSSONE”, CHE IL CONSIGLIERE DEL COLLE, FRANCESCO SAVERIO GAROFANI, AVREBBE PRONUNCIATO ALLA CENA DOPO L’EVENTO IN RICORDO DI AGOSTINO DI BARTOLOMEI. MA NELLA MAIL ANONIMA CHE SEGNALA LA VICENDA A "LA VERITA'" QUELLE DUE PAROLE NON SONO VIRGOLETTATE: SEMBRANO ESSERE UN RAGIONAMENTO DELL’AUTORE, IL MISTERIOSO "MARIO ROSSI" – “LINKIESTA”: “PER CAPIRE COSA PENSI MELONI BISOGNA LEGGERE ‘LA VERITÀ’, ESATTAMENTE COME PER CAPIRE COSA PENSI GIUSEPPE CONTE BISOGNA LEGGERE ‘IL FATTO’. QUANTI SI BEVONO OGGI LA FAVOLA DELLA SVOLTA ATLANTISTA ED EUROPEISTA DI MELONI, FAREBBERO BENE A LEGGERE ‘LA VERITÀ’, SMACCATAMENTE FILO-PUTINIANO, NO VAX E NO EURO. LA VERITÀ DEL GOVERNO MELONI STA LÌ”

tommaso cerno antonio giampaolo angelucci alessandro sallusti il giornale

FLASH! – COME PREVISTO, ANTONIO E GIAMPAOLO ANGELUCCI HANNO DECISO CHE, A PARTIRE DAL PRIMO DICEMBRE, AVVERRÀ IL CAMBIO DI DIREZIONE DE “IL GIORNALE” CON L’ARRIVO DI TOMMASO CERNO CHE, A SUA VOLTA, VERRÀ RIMPIAZZATO A “IL TEMPO” DA DANIELE CAPEZZONE – MALGRADO LA PROPOSTA DI ANDARE ALLA DIREZIONE EDITORIALE DE “IL GIORNALE”, AL POSTO DI VITTORIO FELTRI, CHE PASSEREBBE A QUELLA DI “LIBERO”, ALESSANDRO SALLUSTI NON L’HA PRESA BENE: IL BIOGRAFO DI GIORGIA MELONI LO CONSIDERA UNA DIMINUTIO PER IL SUO PRESTIGIO E MIREREBBE A DARE VITA A UN PROGETTO MEDIATICO CON NICOLA PORRO…