franca leosini

SARO’ FRANCA - LA LEOSINI SVELA IL SUO LATO PEPERINO: “COME MI HA CONQUISTATA MIO MARITO? A UNA FESTA. MI DISSE: SAI CHE HAI BELLE GAMBE? RISPOSI UNA COSA TIPO "CON ME L'ADULAZIONE NON ATTACCA". E FU AMORE. ANNI FA, DURANTE UNA PUNTATA INDOSSAI UNA GONNA. IL GIORNO DOPO UN COLLEGA MI DISSE CHE NON AVEVA CAPITO NULLA DI QUELLO CHE AVEVO DETTO PERCHÉ GUARDAVA SOLO LE MIE GAMBE…''

Roberta Scorranese per il “Corriere della Sera”

 

franca leosini 2

Franca, dove si è nascosta? Non la vedo. «Sono qui!» Roma, redazione di Storie Maledette . La chioma-impalcatura mesciata più famosa della televisione spunta dietro una pila di faldoni alta così. «Ah, quella è la verità processuale di Sabrina Misseri. Quella di Cosima Serrano occupa l' altra metà del tavolo dedicato al delitto di Sarah Scazzi ad Avetrana. Be', ma se apro l' armadio delle mie carte...».

 

L' armadio lo aprirà più tardi, nel corso di questa lunga intervista nella quale Franca Leosini piangerà almeno due volte, riderà molto di più e ci farà entrare in due ordini iniziatici di mistero: quello dei grandi delitti che da quasi 25 anni affronta in Storie Maledette e quello della sua vita privata, incardinata in alcuni vuoti spazio-temporali custoditi con la devozione di una sacerdotessa dal fisico asciutto e trucco sapiente. Quello delle sue origini, per esempio (Leosini è il cognome del marito, da lei «adottato» sin dal matrimonio, a 22 anni).

concita de gregorio franca leosini

 

Signora Franca, cominciamo da...

«Alt. Le signore stanno in salotto, i giornalisti sul marciapiede. Per te sono Franca».

 

Va bene. Franca, cominciamo dalla famiglia d' origine. Che sei di Napoli si può dire?

«Certo, ma non di più. Vedi, io sono nata in una culla privilegiata. Famiglia altoborghese, mio padre lavorava nella finanza che conta. Quando ho scelto di chiamarmi Leosini l' ho fatto perché io conduco una vita "da metalmeccanica", lavoro dal mattino presto alla sera tardi. Il mio cognome mi pesava. Non volevo che si dicesse che lavoravo grazie a papà».

franca leosini sulle magre

 

Come ti ha conquistata tuo marito?

«A una festa. Mi disse: sai che hai belle gambe? Risposi una cosa tipo "con me l'adulazione non attacca". Fu amore. Ancora oggi lui fa la spola tra Napoli e Roma. Qualche volta mi raggiunge qui solo per guardare insieme a me la trasmissione, la domenica sera».

 

Belle gambe che in tv non si vedono mai.

«C'è un motivo. Anni fa, durante una puntata indossai una gonna. Il giorno dopo un collega mi disse che non aveva capito nulla di quello che avevo detto perché guardava solo le mie gambe. Da quella volta bandii le gonne».

claudio baglioni franca leosini

 

In Rai sei arrivata con «Telefono Giallo», dove curavi le inchieste e poi la co-conduzione di «Grandi Processi» con Sandro Curzi.

«Augias è un grande affabulatore. Pure Sandro lo era, anche se l' Espresso ironizzò con quella vignetta quando presi ad affiancarlo».

 

Il disegno, appeso al muro, mostra Curzi che tiene Franca per il collo.

Poi Angelo Guglielmi credette in «Storie Maledette» e nacque la «lingua Franca».

claudio baglioni franca leosini copia

 

Una dialettica «di culto» e anche discussa.

«Ma non dire che è ricercata : io le parole non le ricerco , le possiedo . Non è che io parli in modo straordinario, è il linguaggio comune che si è impoverito. Così quando io dico ardori lombari sembra di udire un narratore ottocentesco ma in realtà sono solo una professionista che cura la scrittura. Io non faccio interviste, faccio narrativa. Ora ti mostro una cosa».

 

Si alza e torna con un quaderno. È il copione della puntata sul caso di Avetrana: le frasi sono scandite da una metrica con accenti e pause. Una sorta di spartito musicale?

Franca Leosini Come un gatto in tangenziale

«È un solfeggio. Tre o quattro mesi per studiare a fondo le carte processuali, quindi la scrittura dei testi. Poi un lavoro ad alta voce: costruisco un' atmosfera. Ai critici faccio notare che dietro ogni puntata c' è un lavoro meticoloso. Ecco perché faccio poche puntate».

 

Suona il telefono. Franca liquida l'interlocutore con «Mi richiami alle sei» e torna: «Era una casa editrice. Mi corteggiano con calore affinché io scriva un libro. Non ho tempo. Così come declino con garbo gli inviti nelle altre trasmissioni. Io lavoro con persone che hanno ucciso. Il decoro è parte del mestiere».

franca leosini giovanni ciacci

 

Anche il leggendario «sguardo di ghiaccio» di Leosini davanti a un condannato?

«Avresti dovuto vedermi subito dopo la storia dedicata a Mary Patrizio, la donna di Valaperta, vicino Lecco, condannata per aver affogato nella vasca il figlio Mirko di cinque mesi. Lei raccontò tutto, nei dettagli. E io capivo che quella donna stava male. Sapevo bene che era colpevole, ma io sono umana: alla fine, a telecamere spente, piansi per un quarto d'ora».

 

Era Mary Patrizio che consolava te.

«Ma io le avevo restituito una parvenza di vita: qualcuno insinuava che avesse ucciso il figlio perché voleva fare la velina. Lei invece forse aveva la depressione post parto. Da me ha potuto raccontare la sua versione. I processi non si discutono, è ovvio. E l' unica verità è la loro. Ma i processi si interpretano. Con umanità. E oggi in tanti mi sono grati. Aspetta qui».

franca leosini queen

 

Fruga in un cassetto, tira fuori un pacco di lettere. Ne riceve a migliaia. Quasi tutte con il timbro carcerario: sono persone che si sono raccontate a Storie Maledette , da Bruno Lorandi, il marmista di Nuvolera condannato all' ergastolo nel 2009 per l' omicidio della moglie Clara Bugna, a Raffaele Cesarano, la guardia giurata che sparò alla moglie Beatrice Rattazzi, vicino Torino. Grafie incerte, parole di ringraziamento, a volte sfoghi, a volte il racconto scarno della quotidianità in carcere. Il rigore della giustizia e un lampo di indulgenza.

francesca fagnani franca leosini

 

Una battaglia tra testa e cuore?

Leosini si commuove. «Io analizzo per mesi queste persone. Poi le ascolto. Impossibile non farsi un'idea. Ma se resto distante, dicono che sono di ghiaccio, se mostro un sentimento, dicono che faccio facile psicologia. Allora coltivo un distacco narrativo. Non permetto repliche delle trasmissioni per non riaprire vecchie ferite, ma non divento amica dei condannati che ospito, i quali mi daranno sempre del lei. E non dico che cosa penso di loro».

 

Quello più bravo a far passare una certa immagine di se stesso?

leosini abbate

«Forse la Guerinoni (la Mantide di Cairo Montenotte, accusata di aver ucciso l'amante nell' 87 e tornata libera nel 2014, ndr): ho avuto la sensazione di una donna molto intelligente. Per lei coniai l' espressione crocerossina dell' anima ». Ho sempre pensato invece che la Redoli (la Circe della Versilia, condannata insieme all' amante per l' omicidio del marito, nel 1989, ndr) fosse più spontanea».

 

Ancora il telefono. È Marisa Laurito, una delle tante amiche di Franca. Leosini saluta e torna a sedersi: «Pensavo che fosse ancora Rudy, mi chiama quasi ogni settimana».

franca leosini

 

Parli di Rudy Guede, unico condannato in via definitiva per l' omicidio Kercher?

«Sì, la sua è stata una delle storie più seguite e controverse. Invitai anche un ex del Ris, per capire come fossero state cercate le tracce e le impronte lasciate nella stanza. Mesi dopo quella puntata, Guede ha ottenuto la possibilità di svolgere il tirocinio all' esterno in base all' articolo 21 dell' ordinamento carcerario».

 

Trent' anni dopo il delitto Pasolini, Pino Pelosi raccontò la sua «nuova verità» nella tua trasmissione, allora «Ombre sul giallo».

«Era il 2005 e Pelosi volle parlare solo con me quando rivelò che quella notte del 1975, a Ostia, non era da solo. Perché fui io a cercarlo la prima volta, nel 1994. All'epoca, di Pasolini non si parlava più, era diventato un argomento fuori moda. Questo mi indignava. Ma io ho seguito Pelosi fino alla fine. Prima gli ho procurato un lavoro, grazie al Garante dei detenuti. Poi, negli ultimi tempi, quando era molto malato, l'ho aiutato a realizzare l'ultimo desiderio: fare un estremo tentativo a Milano, presso l' istituto del professor Veronesi. Era troppo tardi, ma oggi sono felice di averlo aiutato».

franca leosini rudy ghede

 

E si commuove per la seconda volta. Franca, tu sei credente?

«Moltissimo. In borsa tengo i santini di Padre Pio e di papa Giovanni. Ogni tanto, quando c' è qualche piccolo problema quotidiano, mio marito mi dice: "dai, attiva i tuoi amici"».

 

Ti fanno compagnia?

«Sì, quando mi rivedo in tv, la domenica sera, rigorosamente da sola o al massimo con mio marito, tengo in mano rosari e immagini di Padre Pio. Poco tempo fa mi è successa una cosa strana. Ero a casa e avevo appena finito di lavarmi i capelli. Ad un certo punto la televisione si è accesa da sola, in modo inspiegabile. E che cosa trasmetteva? Le immagini di papa Francesco in diretta da San Giovanni Rotondo, nel centenario dell' apparizione delle stimmate di san Pio. Una paura, altro che ghiaccio!».

franca leosini 8

 

Come nasce il «fenomeno Leosini», che unisce tutti, dalle nonne ai ragazzi?

«Sono felice che in rete ci siano i #leosiners, i fan che prendono le mie frasi e le fanno diventare virali. Il bipede sgualcito (riferito a Brad Pitt che tale sarebbe rispetto a Ivano, uno dei protagonisti del caso di Avetrana, ndr) gira ancora oggi. Che dire?

 

Forse in un mondo dove tutti parlano allo stesso modo, un linguaggio più curato e una trasmissione fatta inseguendo la qualità fa la differenza? Io però ancora non me lo spiego, così come non mi spiego perché sono un'icona gay. Certo, mi fa molto piacere che nel 2013 mi abbiano premiato come tale al Muccassassina. Ho anche ballato».

franca leosini style

 

Una grande soddisfazione recente?

«All'ultima presentazione dei palinsesti di Rai3, colleghi e giornalisti accreditati sono esplosi in una standing ovation quando è stato fatto il mio nome. Questo successo è cresciuto negli anni, ma è maturato nei tempi giusti. Garanzia di solidità, in un' epoca di effimero».

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