IL CINEMA DEI GIUSTI - TRAVAGLIO ATTORE NE “IL VENDITORE DI MEDICINE” NON PUÒ CHE RENDERLO SUBITO DI CULTO - UN FILM DI DENUNCIA, A METÀ TRA “REPORT” E UNA FICTION SULLA MALASANITÀ

Il venditore di medicine di Antonio Morabito

Marco Giusti per Dagospia

Marco Travaglio attore in un film non può che renderlo subito di culto o di straculto. Un po' come ritrovare Carlo Freccero recitante in "Volevo solo dormirle addosso" di Eugenio Cappuccio o in "Ogni lasciato è perso" di Piero Chiambretti o Gianni Letta nel terribile "Io so che tu sai che io so" di Alberto Sordi per non andare ai Franco Valobra o ai Mino Guerrini attori nei film degli amici registi.

In questo civile, composto "Il venditore di medicine", opera prima di Antonio Morabito, Marco Travaglio non interpreta solo un barone della medicina che sotto la scorza di uomo tutto di un pezzo nasconde qualche peccatuccio, ma è anche co-sceneggiatore assieme a Michele Pellegrini e allo stesso regista. E ritroviamo nel film anche la sua musa dei tour teatrali Isabella Ferrari.

Segno che Travaglio crede fermamente nel progetto, un film di denuncia come si facevano una volta e come si sono seguitati a fare in Italia per tanti anni, che è stato presentato al Festival di Roma con un certo successo. Stavolta si punta il dito contro la malasanità e il mondo dei fabbricanti e dei venditori di medicine che corrompono i medici e i direttori di cliniche mediche per i loro guadagni.

Affarucci anche bassi. Tu mi prescrivi un certo farmaco e io ti regalo un i-pad o una macchina. A seconda del volume di affari. Claudio Santamaria è Bruno Donati, un piccolo soldato di una grande azienda farmaceutica che gira per Roma con la sua valigetta piena di farmaci da vendere ai medici. C'è la crisi e il mestiere di venditore non è più facile come un tempo. Il suo capo, la cattivissima Isabella Ferrari, è la prima a tagliare le teste che non servono più all'azienda. Ma gli offre un'ultima possibilità. Se riuscirà a trovare la strada per corrompere il potente barone oncologo Malinverni, cioè Marco Travaglio, il suo posto non sarà più a rischio.

Ai tempi della commedia all'italiana si sarebbe risolta una storia di questo tipo con la commedia alla Luigi Zampa, sul modello insuperabile di "Il medico della mutua". Oggi la stessa storia diventa un mix di dramma alla Dardenne, con macchina a mano fissa sulla schiena del protagonista, e di commedia sociale alla Paolo Virzì, con la precisa costruzione dei personaggi, di dove vivono, di come si comportano . Ma il succo è più o meno lo stesso dei tenpi di Zampa. Solo che è molto più difficile far digerire il racconto senza renderlo commedia di costume.

Morabito dimostra buona tecnica e un certo ritmo, Claudio Santamaria è un ottimo soldatino in mezzo a tanti squali più cattivi e affamati di lui, Travaglio se la cava anche meglio di Freccero, anche se vederlo col camice dietro la scrivania ricorda più il dottor Patacchiola di Bombolo in "Viva la foca" che il Travaglio da diretta santoriana. Isabella Ferrari fa una cattiva un po' di maniera.

E compare pure Roberto Silvestri, critico storico de "Il Manifesto" e ora di "Pagina 99" in un ruolo di giudice. Il genere, alla fine, è quello del cinema civile alla Santoro-Travaglio (esiste, esiste...). Ovvio che era più divertente Zampa, ma qui la scelta è tra una puntata di due ore di "Report" e una fiction sulla malasanità. Ottima media per sala e dimostrazione della gran voglia che ha Travaglio di fare cinema.

 

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