marilyn milton greene

MARILYN, LA DONNA PIU’ DONNA DEL MONDO – IN UN LIBRO GLI SCATTI PIU’ BELLI E PRIVATI DI MILTON GREENE CON 154 INEDITI – “NON ERA UNA VITTIMA, VIVEVA LA VITA COME FOSSE UNA SPUGNA” – IL FIGLIO DEL GRANDE FOTOGRAFO (CHE HA CURATO IL LIBRO): “LA MONROE EBBE UNA RELAZIONE CON MIO PADRE MA FU UNA COSA BREVE. LA GELOSIA DI ARTHUR MILLER? LUI ERA INTERESSATO SOLO AI SOLDI…” - VIDEO

 

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Laura Laurenzi per il Venerdì-la Repubblica

 

Tutta donna, la donna più donna del mondo, la definì Arthur Miller. Chi avesse ancora qualche dubbio dia un' occhiata al libro in uscita il 5 ottobre per Rizzoli dal titolo Marilyn Monroe-Milton H. Greene.

 

Un fotografo e la sua musa. Una grande saga per immagini sulla diva ritratta da chi la conosceva bene: non solo la star dunque, la leggenda, il mito, ma la donna.

 

Marilyn vista da vicino. Molto da vicino, anche senza trucco. Un tesoro composto da migliaia di foto, tutte della stessa mano.

 

Sono 284 quelle che hanno superato la selezione e sono nel libro, oltre metà delle quali, 154, totalmente inedite, private.

 

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L' evidente chimica fra lei e Milton Greene, che a vent' anni veniva già acclamato come l' enfant prodige della fotografia a colori, rese sulfurei ma talvolta anche angelici i suoi scatti, sempre nel rispetto del personaggio ma soprattutto della donna, delle sue pose, dei suoi sorrisi, dei suoi sguardi, dei suoi gesti spesso provocanti e sensuali, ma sempre palpitanti di innocenza. Nessuno più di lui seppe imprigionare nell' obiettivo quella «soffice, arrendevole vulnerabilità che gli uomini considerano l' essenza stessa della femminilità» così tipica di Marilyn, come la descrisse Anthony Burgess.

Ancora più di Cecil Beaton e di Richard Avedon, Greene era il fotografo delle celebrities: ritrasse Liz Taylor, Marlene Dietrich, Sophia Loren, Ava Gardner, ma con nessuna ebbe un rapporto così stretto, un' autentica simbiosi, come con Marilyn.

 

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Pressoché coetanei si conoscono perché lui ha l' incarico di fotografarla per la rivista Look. Seguiranno in quattro anni ben 52 sessioni fotografiche quante nessun mago del clic potrà mai vantarne con una sola star di quel calibro: foto fatte per lavoro, su commissione, ma anche foto scattate per gioco, per il piacere di conoscersi e di piacersi, dove il pubblico si intreccia al privato, il lavoro al tempo libero, l' impegno al gioco e al divertimento.

 

Anche foto di nudo che Look giudicò troppo audaci per essere pubblicate: lei è in cappotto nero senza niente sotto, seduta per terra, inginocchiata: mai stata così erotica. Foto in cui Marilyn è vestita da contadina, con l' abito di Jennifer Jones nella sua interpretazione da Oscar di Bernadette, o vestita da cartomante, o da acrobata da circo mentre cavalca un' elefantessa in una serata benefica al Madison Square Garden, o da prostituta di strada, seduta su un gradino in calze a rete.

 

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Marilyn in posa tra cuscini orientali con tre cagnolini pechinesi, più casalinga disperata che femme fatale; Marilyn a cavallo, o simil-nuda sotto candide lenzuola di seta, o accoccolata vestitissima nella spaccatura di una roccia, o in maglione da tennis, o in versione boudoir: supersexy e padrona di tutto l' armamentario della seduzione, il negligé, la stola di visone bianco franata sul seno nudo, la guepière, le giarrettiere, lei che nella vita reale odiava i tacchi alti e in casa camminava solo scalza. Marilyn sempre e comunque affascinante e ironica, come nelle immagini che la ritraggono abbracciata alla statua in marmo nero di un discobolo che sembra prendere miracolosamente vita dal calore di quell' abbraccio.

 

Le foto arrivano a noi grazie alla pazienza certosina di Joshua Greene, che alla morte del padre si consacrò a catalogare, restaurare, preservare quelle immagini che in buona parte sarebbero andate perdute. Un lavoro durato oltre vent' anni, nei quali Greene jr ha fatto ricorso alle più moderne tecnologie digitali e di stampa, non senza imprevisti e difficoltà.

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Alcune foto della collezione sono arcinote: classici assoluti, autentiche icone, come Marilyn in tutù di tulle, i piedi nudi, lo sguardo triste. È una delle tre foto che Time magazine scelse nel 1999 quando volle pubblicare tre ritratti di altrettanti personaggi celebri che meglio simboleggiassero o riassumessero il Novecento.

 

Uno era Einstein che fa la linguaccia, un altro era Winston Churchill imbronciato ma vittorioso, la terza foto era Marilyn ballerina nel suo tutù verginale, ma anche di due taglie troppo piccolo. Più che una fotografia un poster moltiplicato per milioni di copie, un manifesto pop.

 

Le immagini veramente pregiate di questa raccolta sono piuttosto le foto sconosciute e privatissime di una star al naturale: non Marilyn Monroe ma Norma Jeane ospite in una villa di amici mentre fa il bagno in piscina e non ha nulla della diva e nulla della vamp, i capelli bagnati e corti, la pelle completamente struccata con le lentiggini in vista, l' aria indifesa.

marilyn arthur millermarilyn arthur miller

 

Il glamour sta proprio in ogni assenza di artificio. Sta in questo obiettivo fisso sul dietro le quinte, in queste immagini spontanee, delicate, non professionali, in questo spaccato domestico della vita di tutti i giorni che l' attrice condusse per quattro anni, dal '53 al '56, a casa di Milton Greene.

 

In pratica la sua famiglia diventò quella del suo fotografo personale, con il quale Marilyn fondò una casa di produzione cinematografica tutta loro (51 per cento delle azioni a lei, a lui, che voleva diventare regista e produttore, il 49) in modo da potersi sottrarre al rapporto da lei stessa definito «schiavizzante» che la incatenava alla 20th Century Fox, cui fece causa.

 

Fu questo il motivo per cui abbandonò Hollywood traslocando sulla East Coast e andando ad abitare a casa di Milton, della moglie Amy ex modella cubana e del loro piccolo Joshua, che ancora oggi ricorda con quanta dolcezza l' attrice, che aveva sempre desiderato avere un bambino, gli facesse da baby sitter, giocasse con lui a cuscinate o con le bolle di sapone.

 

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Questi quattro anni descritti come «i più idilliaci», o forse i soli idilliaci nella breve vita della star ci consegnano l' immagine di una donna piena di speranze e ottimismo, non certo preda delle sue nevrosi: «Marilyn non era una vittima» ha ripetuto Amy Greene che, come il marito, non ha mai creduto alla testi del suicidio.

 

«Detesto quando la gente la descrive come una vittima. Era una giovane donna che viveva la vita come fosse una spugna: voleva che la vita entrasse e le indicasse che cosa doveva fare. Ecco perché aveva un senso dell' umorismo così spiccato. E viveva ogni giorno nel presente».

 

Forse le foto più straordinarie, davvero commoventi, sono quelle scattate da Milton Greene alle nozze di Marilyn con Arthur Miller. Istantanee in bianco e nero, niente di posato. Foto a loro modo indiscrete, in quanto mettono a nudo i due personaggi come passandoli ai raggi X.

Lui la bacia e lei, che per sposarlo si è convertita alla religione ebraica, sembra soccombere. Lui è astuto e lei è innamorata: si vede, traspare. Festeggiano a casa di amici e mangiano all' aperto pollo croccante al mais. Lui sarà il suo pigmalione ma la renderà molto infelice. Marilyn lo chiama «daddy», papà. Il giorno del matrimonio, un torrido primo luglio 1956, dichiara esultante ai cronisti: «Ho un re per marito, un re!».

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E lui contraccambia sussurrando: «Sei così bella, non riesco neanche a guardarti». Lui è un commediografo di gran nome, l' incarnazione dell' intellettuale progressista che tuttavia Norman Mailer bollerà come «interessato ai soldi, bloccato, sussiegoso, astemio». Lei è al culmine assoluto della sua leggendaria bellezza e della sua carica erotica, Miller è ammaliato da quel mix contraddittorio di offerta sessuale e di tenerezza infantile. Quando si incontrano per la prima volta lo scrittore percepisce in Marilyn la natura malinconica, la vocazione all' infelicità tanto da dirle: «Sei la ragazza più triste che io abbia mai conosciuto». Lei invece è soggiogata dalla sua intelligenza e dalla sua cultura, fino a mitizzarlo: «Tu sei come un Dio per me!». Sarà proprio Arthur Miller, sospettando che i due fossero amanti, a decretare la fine dell' amicizia fra Marilyn e il suo fotografo preferito. Le pose un aut aut: devi scegliere fra lui e me. Fu così che un sodalizio umano e professionale tanto forte andò in briciole, lasciando però dietro di sé un' eredità senza tempo: le foto più intense mai scattate alla diva più amata del secolo.

 

 

 

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2. JOSHUA GREEN

 

L.Lau per Il Venerdì-la Repubblica

 

Aveva solo quattro anni ma i suoi ricordi sono molto vividi. Joshua Greene, il figlio del grande fotografo nonché il curatore di questo libro per immagini, è la memoria storica di quell' insolita famiglia allargata che inglobò al suo interno Marilyn Monroe proprio quando la diva era all' apice della carriera.

 

C' è una foto, fra le 284 pubblicate, cui lei è particolarmente affezionato?

«Impossibile rispondere. Sono tutte molto speciali. Mostrano la vera natura di Marilyn: la donna, non la diva. Forse la serie in cui lei suona il mandolino».

 

Perché c' è voluto tanto tempo per ultimare il volume?

«Il restauro è stato incredibilmente complesso, le foto erano quasi tutte rovinatissime e hanno richiesto dalle 40 alle 50 ore di lavoro ciascuna. Una gestazione di vent' anni, cinque dei quali integralmente dedicati al restauro materiale, non stop, di ogni singola immagine. Ma è stato emozionante vederle tornare alla vita».

 

Anche lei, come i suoi genitori, è convinto che Marilyn non si sia suicidata?

«Ne sono convintissimo: non era quel tipo di persona».

 

Che ricordo ha dei quattro anni vissuti con lei?

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«Un ricordo idilliaco, siamo stati per lei la famiglia che non ha mai avuto. A casa nostra, nel Connecticut come nell' appartamento a Manhattan sulla 57esima, si è sempre sentita protetta, capita, coccolata, amata. Era una donna molto rilassante, piena di senso dell' umorismo, le piaceva leggere, e anche giocare con me. Saltavo sul suo letto e lei mi aspettava al varco per farmi il solletico».

 

Furono anche gli anni in cui frequentò l' Actors Studio.

«Sì. A portarla da Lee Strasberg fu Marlon Brando, con cui all' epoca lei aveva una relazione. Per Marilyn fu un' esperienza fondamentale: riuscì a dimostrare che poteva recitare anche parti molto più complesse di quelle dell' oca giuliva. Era dove la stava conducendo mio padre».

 

È vero che fra loro due ci fu una love story?

«Ammesso che sia così, sarà stata una cosa breve e di poca importanza. Loro furono soprattutto amici, oltre che soci».

 

Possibile che sua madre Amy non sia mai stata gelosa?

«Possibilissimo. Era una bellissima modella di 19 anni.

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Quando si conobbero lei era la ragazza di Avedon. Avedon la portò a una festa in cui le presentò mio padre, il quale era sposato con la sua prima moglie, Evelyn. In pochi mesi mio padre divorziò e sposò Amy, e Avedon sposò Evelyn».

 

È vero che suo padre e Marilyn smisero di frequentarsi per la gelosia di Arthur Miller? E che lui le pose un aut aut: o lui o me?

«Guardi, Miller era interessato unicamente ai soldi, tutto il resto sono chiacchiere. Non riusciva a digerire il fatto che mio padre incassasse degli utili sul lavoro di Marilyn. E la obbligò a troncare».

 

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