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LA 'REGINA' HELEN MIRREN FA 70: “ACCETTO SOLO I RUOLI CHE MI SPAVENTANO E ORA DIVENTO LA REGINA DEL GOSSIP” - ''IL RIMPIANTO? IL FILM SU HILLARY'' - AL PACINO E’ UN MOSTRO DI TECNICA, IO RUBO DA CANI E BIMBI. SONO NATURALI IN MODO UNICO"

Michela Tamburrino per “la Stampa”

 

HELEN MIRRENHELEN MIRREN

Lei, che di regine se ne intende, ha deciso che diventerà la regina del Salento. Il premio Oscar Helen Mirren che domenica compirà 70 anni tondi, si prende un’estate sabbatica, «credo che la cosa migliore sia mantenere una sana distanza dall’industria cinematografica, per condurre almeno per un po’ una vita semplice, lontana dallo stress e dalle sollecitazioni del mio lavoro.

 

Ho un documento che testimonia la mia sincera vocazione di contadina, ho 400 piante di melograno da curare nella masseria, crocs ai piedi e via di vanga». 
 

Prima però si racconta; all’Ischia Global Fest ha tenuto una «lectio magistralis», sempre guardando al futuro, forte delle conquiste di genere fatte negli anni. Lei non bada a ricorrenze e a compleanni, perciò neppure all’età che passa.

 

Basta con le diete 

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Qualche rimpianto, però, ce l’ha: «Qualche ruolo l’ho già perso. Si farà un film su Hillary Clinton, la sua storia e la sua traiettoria politica sono molto interessanti. Da Presidente potrebbe fare la differenza. E Caterina la Grande. Il suo percorso non è stata mai esplorato, eppure ha dato molto alla Russia. Vorrei essere lei negli ultimi anni di vita, quando era grassa. Noi attori siamo sempre a dieta e io non voglio più esserlo».
 

Lotte, quelle le ha fatte sempre, per i diritti civili soprattutto: «Ho vissuto la storia del sessismo, e ho cercato di far valere il mio punto di vista anche a Hollywood, da ribelle quale sono. E ho assistito a cambiamenti straordinari, ora anche noi entriamo nel mondo del lavoro in maniera più appropriata.

 

Io ho sempre detto alle donne, non vi preoccupate dei ruoli nel cinema ma nella vita, quando cambierà nella quotidianità di tutte, cambierà anche sul set. Per ora il box office è ancora in mano ai ragazzini che portano al cinema la ragazzina e decidono loro cosa andare a vedere».
 

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Lotte, anche per poter lavorare come crede, al meglio. «Sto bene quando mi danno spazio per poter creare dando conto al mio istinto. Francis Bacon parla del processo che l’ha portato a diventare un pittore. Da ragazzini si è tutti dei geni, poi ti accosti alla tecnica e ti pare di aver perso l’immediatezza. Solo quando hai la tecnica dentro puoi accantonarla e riscoprire emozioni creative e inventive. Come fa Al Pacino, un mostro, lui sa esattamente tutto quello che funziona. Io rubo da cani e bambini, loro sono naturali in modo unico».
Lotte, per poter arrivare a quelle vette di perfezione.

 

E in The Queen l’Oscar è arrivato come logica conseguenza. «I premi sono strumenti di marketing ottimi per poter portare la gente al cinema. Detto questo, gli artisti non sono atleti, non fanno gare per vincere. Il concetto di vittoria in cultura contraddice il significato dell’essere artista. Certo, la statuetta è il premio supremo, ti permette di tuffarti in una bolla irresistibile di coccole e attenzioni. Ma dura solo una notte, poi ti svegli e devi trovare un nuovo lavoro». 

E un ruolo che si adatti bene come quello di Elisabetta II. «Al contrario. Mi spaventava. Per questo l’ho fatto, accetto sempre copioni che mi diano quella sensazione, bisogna avere paura e cavalcare la sfida per dare il meglio. Intorno alla Regina Elisabetta c’è un clima fisso d’isteria, prima di quel film nulla di simile era mai stato fatto, sapevo che sarei entrata in un campo minato e mi sono buttata».
 

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Il teatro è una necessità
E ora, zappettando, aspetta. «In ottobre uscirà il biopic su Dalton Trumbo che finì nelle liste di proscrizione del Maccartismo. Fu lo sceneggiatore di Vacanze romane, aveva un grande talento, un valore artistico e morale enorme. Io impersono Edda Hopper, la prima a scrivere di celebrità e di gossip: teneva in mano il mondo del marketing perciò aveva potere. Si considerava una patriota integerrima, per me era una nemica dell’America.

 

Sempre in ottobre uscirà Woman in Gold, basato sulla storia vera di Maria Altmann, sopravvissuta all’Olocausto che ha combattuto il governo austriaco quasi un decennio per recuperare il quadro di Gustav Klimt Ritratto di Adele Bloch-Bauer I appartenuto a sua zia, che era stato confiscato dai nazisti a Vienna». 
 

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Lei parla del cinema come se non esistesse altro. «Adoro il cinema, le sfide migliori mi arrivano da lì, l’unica cosa che detesto è alzarmi presto. Ma se non torno a teatro regolarmente, almeno ogni quattro anni, ho paura di non tornarci più. E invece ne ho bisogno, come attrice».

 

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