1- NO, JUVE-NAPOLI NON ERA UNA PARTITA, MA IL NUOVO CINEPANETTONE DI DE LAURENTIIS 2- PUGNI, RISSE E CARTELLINI ROSSI CON GRAN FINALE: NON SI PRESENTA ALLA PREMIAZIONE 3- “FUORI TUTTI DAL CAMPO, SUBITO!”, DE LAURENTIIS SEGREGA LA SQUADRA OBBLIGANDOLA A DISERTARE LA PREMIAZIONE DELLA SUPERCOPPA, IRRADIANDO IN MONDOVISIONE LA NUOVA FRONTIERA DI UN NON INEDITO TRAILER DI PURISSIMO CALCIO PANETTONE 4- GIANNI MURA: “SPORCO, BRUTTO E CATTIVO. LA PROMOZIONE DEL CALCIO ITALIANO IN CINA È STATA PERFETTA NEL SUO SQUALLORE, NEL SUO COSCIENTE ANDARE CONTRO OGNI SIMULACRO DI CULTURA SPORTIVA. E PER CHI CI CREDE, TRA DUE SABATI È GIÀ CAMPIONATO” 5- ZAMPARINI: “DE LAURENTIIS DEVE FARE I FILM, DI CALCIO NON CAPISCE NULLA. AURELIO RECITA”

1- LA CINA SCOPRE IL CINEPANETTONE DEL CALCIO
Malcom Pagani per Il Fatto


Più risoluto del Galliani di Marsiglia: "Fuori tutti dal campo, subito". Più efficace dell'indignato emiro del Kuwait, precipitato dalla tribuna al campo, in Spagna, nell'82, per ritirare i sudditi suonati dall'arbitro cornuto e dalla Francia. Più di chiunque altro perché De Laurentiis Aurelio, nato nello stesso giorno di maggio in cui il Piave mormorò, è competitivo e alla guerra di trincea preferisce il bombardamento.

Spegne la luce, segrega la squadra obbligandola a disertare la premiazione della Supercoppa, irradia in mondovisione la nuova frontiera di un non inedito, ma affinato trailer di purissimo calcio panettone. Accade a Pechino, dove un Napoli isterico, ridotto in 9 e senza guida tecnica (espulsi Zuniga, Pandev e anche Mazzarri) perde per 4-2 ai supplementari con una Juve che tra un pugno e l'altro, trova il tempo di festeggiare dedicando il trionfo commerciale, in coro polifonico, all'allenatore Conte, appena squalificato (10 mesi) per calcio scommesse.

Spettacolo lunare, visto da decine di milioni di spettatori, commentato all'estero, utile (sulla carta) a stipulare affari e proiettare l'immagine del nostro calcio nella mecca dei paesi che oggi comandano il gioco. All'ultimo stadio del dichiarazionismo, negli ultimi 15 giorni, Aurelio aveva esternato sull'intero scibile.

Prima la grottesca tiritera Pechino sì, Pechino no, Pechino più tardi, con annessi preventivi di penale ipotetica in caso di contratto stracciato, telefonate compulsive con Agnelli, crisette istituzionali con la Lega, fuoco amico della curva: "Pechino? Spediteci una cartolina. Noi Ultras non made in China!" e innocenti bugie: "Io non vado". Poi, perso per perso, mentre prenotava il volo, l'antico pragmatismo. La monetizzazione trasversale.

Ubiquo e umile sul San Marzano: "Mi piacerebbe poter investire in colture biologiche in Cina, importando la cultura contadina italiana. Sono un eccellente tecnico della distribuzione del prodotto, mi sarebbe facile organizzare la distribuzione del pomodoro anche per un miliardo e mezzo di persone".

Collaborativo sul cinema: "Un team di professionisti cinesi arriverà a Roma per realizzare un film scritto e pensato per il mercato della Cina". Tutto naufragato adesso, in uno specchio rovesciato che riflette il profilo delle future vittime di lazzi e barzellette. Una rivoluzione che archivia decenni di cinesi in coma, la pur immortale imitazione lotitesca: "Semo scesi a Pechino, ahò, ce stavano 3.000 cinesi, devi vede' che tifo ‘folza Lazio, folza Lazio'" e accende il faro sul solo De Laurentiis.

Meno di una settimana fa, in una delle tante conferenze stampa trasformate in avanspettacolo, Aurelio aveva scelto la nota elegiaca: "Ho prodotto un film sul rugby, si chiama terzo tempo". A tappe forzate ne ha mostrato la summa al pianeta, promuovendo il De Coubertin che è in lui. Maurizio Beretta (dimostrazione di impotenza assoluta) avrebbe cercato invano di convincerlo, mentre l'agente di Pandev, Pallavicino accarezzava l'uomo nero munito di fischietto, Mazzoleni su Twitter "Ancora tu" e sullo stesso network (contagio?) il Napoli con una nota avara, sintetizzava in rete senso e nucleo di una figura che sul web, in nutrita schiera, definivano "di merda":

"Al termine della partita di Supercoppa il Napoli ha deciso di non presenziare alla cerimonia di premiazione e non rilasciare dichiarazioni". Un bel clima, a 15 giorni dal campionato e in coda a un'estate che tra pentiti, patteggiamenti, sit-in minacciosi e quotidiani dileggi della giustizia sportiva ("dittatori", copyright Agnelli), aveva già mostrato un pozzo. Si riteneva fosse senza fondo e ci si sbagliava per difetto.

Il fondo è stato toccato. Non era mai successo. Merito di un signore che dicono dorma male e si risvegli peggio. Il Napoli in silenzio stampa (con De Laurentiis che una volta alla settimana tracima su doppi paginoni dei quotidiani specializzati) sarebbe la battuta migliore del mese. Se non precedesse la successiva. Basterà aspettare. Se i giornalisti sportivi sono "cafoni", le mani addosso un espediente a cui ricorrere e le croniste impertinenti (tema l'addio a Lavezzi) come riferisce il Corriere, si trovano arruolate loro malgrado: "Te ce metto a te nuda in mezzo al campo", si può essere ottimisti.

Meglio di tutti l'ha capito il collega Zamparini: "De Laurentiis deve fare i film, di calcio non capisce nulla. De Laurentiis recita". A volte a soggetto, altre d'impulso. Un giorno forse se ne andrà, come delicatamente, irritato dai risultati in altalena, aveva paventato ad aprile: "L'obiettivo reale? Voglio sta' nei primi 5... Non debbo fare karakiri (sic) o dire, come molti pontificano ‘è una stagione buttata nel cesso'". Pausa: "Ma che cazzo avete vinto a Napoli? Perché io poi me ne posso pure anda' perché poi uno si rompe i coglioni e se ne va... se io devo stare qui bisogna che tutti quanti armonizziamo... Stiamo con i piedi per terra, perché qui a Napoli (urlando, ndr) non funziona un cazzo. A Napoli c'è solo il calcio". Sospensione da Re Sole. "E allora, ringraziatemi".

2- È SUBITO CALCIO AL VELENO
Gianni Mura per La Repubblica

Sporco, brutto e cattivo. La promozione del calcio italiano in Cina è stata perfetta nel suo squallore, nella sua esasperazione, nel suo cosciente andare contro ogni simulacro di cultura sportiva. Benvenuti nel calcio italiano: questo è lo spot, il biglietto da visita e insieme la cartella clinica, che conosciamo da tempo, che arrivano da Pechino.

Facile, si dirà, scrivere queste cose durante un'Olimpiade, che oltre le medaglie qualcosa dovrebbe insegnare e, per chi abbia occhi e orecchie, effettivamente insegna, ma senza vantarsene, perché in fondo è naturale. È naturale che un pugile o un judoka si inchinino all'avversario e stringano la mano al suo tecnico, anche se sul verdetto pesa un arbitraggio sbagliato.

È naturale che pallavolisti e cestisti si salutino a fine partita. E' naturale e spontaneo congratularsi in pista con chi ti ha appena battuto, perché ha corso più veloce o ha lanciato più lontano di te. Certo, è facile ma anche inevitabile. La differenza non è tra sport poveri e sport ricchi, ma tra sportivi responsabili e sportivi irresponsabili.

Tra Juve e Napoli è stata una partita isterica, senza nemmeno la magra giustificazione delle tossine di fine stagione. Noi abbiamo altre tossine e non esitiamo ad esibirle tutte insieme al non tanto competente pubblico cinese, che per metà se ne era già andato sul 2-2 credendo che la gara fosse finita. Chi se n'è andato ha perso il piatto forte: la premiazione della squadra che aveva vinto, sola in campo perché quella che aveva perso se ne stava chiusa negli spogliatoi per protesta.

L'ultima, perché di proteste, accenni di rissa, insulti agli ufficiali di gara già si era fatto il pieno durante la partita. Un espulso, due, tre contando Mazzarri. Silenzio- stampa alla fine, tanto per gradire. Grazie, ma ci siamo abituati. E meno male che il presidente De Laurentiis è uomo di comunicazione, così almeno dicono. Non ricordo una così plateale mancanza di rispetto verso il pubblico, l'avversario, gli arbitri.

Chi si comporta così ha sempre torto, anche se può aver ragione in qualche episodio isolato. Chi si comporta così è irresponsabile perché non può ignorare di innescare una reazione a catena proprio in un momento delicatissimo per la credibilità del nostro calcio. Un momento che richiede comportamenti ponderati, sempre che la credibilità del calcio sia ancora in piedi.

«Peccato per questa cosa, ma è stato comunque un successo» ha commentato Beretta, presidente di Lega. Neanche il coraggio di chiamare «questa cosa» col suo nome: una figuraccia cosmica e un odioso «bentornati nel calcio italiano». Che è per definizione il più bello del mondo. Per chi ci crede, tra due sabati è già Campionato. E per chi non ci crede più, pure. Dopo due settimane di inchini e strette di mano, di nauseanti manifestazioni di fair play, torniamo a farci del male. Più sporchi, più brutti, più cattivi.

 

 

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