
“KAY RUSH ERA PERFETTA PER LA RADIO, AVEVA UNA VOCE SEXY, ORA È IN UN MONASTERO NELLO SRI LANKA” – ALBERTO HAZAN, IL FONDATORE DI RADIO 105 E RADIO MONTECARLO, RACCONTA L’UMANITÀ VARIA INCONTRATA NELLA SUA CARRIERA: “CECCHETTO PIACEVA AL PUBBLICO, UN PO’ MENO AI COLLEGHI. ERA PERMALOSO, NON ASCOLTA NESSUNO” – LA MINACCIA A MARCO MAZZOLI DELLO “ZOO DI 105”: “GLI HO DETTO GLI AVREI TOLTO 500 EURO PER OGNI PAROLACCIA. GUADAGNAVA 30 MILA EURO AL MESE E GLI MANDAI UNA FATTURA FALSA DI 14 MILA EURO” – LA TRATTATIVA SEGRETA CON RICHARD BRANSON PER VIRGIN RADIO E LE TELEFONATE CON SILVIO BERLUSCONI...
Estratto dell’articolo di Renato Franco per il “Corriere della Sera”
«Era un territorio inesplorato, abbiamo aperto le strade a tutti. All’epoca le radio trasmettevano in ambito locale e non c’era un mercato per la pubblicità radiofonica: le radio locali vendevano la pubblicità agli alimentari della zona». Un precursore e un pioniere, tanto visionario quanto sognatore.
Alberto Hazan è stato il primo a intuire le immense praterie che la liberalizzazione della trasmissione via etere avrebbe aperto. Partito da un monolocale di via Tito Vignoli a Milano ha creato Finelco, primo gruppo radiofonico privato sia per utenti (quasi 10 milioni) sia per volume d’affari grazie a Radio 105, Radio Monte Carlo e 105 Classics (e poi anche a Virgin) con 350 tra dipendenti e collaboratori.
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I primi passi?
«Negli anni 70 avevo fondato Audiola, una società specializzata in hi-fi che vendeva apparecchi radio, stereo, autoradio. Intercettai per caso Radio Milano International che mi colpì per la musica che trasmetteva, così cominciai a fare pubblicità da loro, con 90 mila lire al mese avevo 20-30 spot di pubblicità al giorno: Audiola velocemente diventò famosa quasi quanto Pioneer. Lì iniziai a capire le potenzialità».
La svolta?
«Mio fratello Edoardo è più giovane di me e con i suoi amici, tutti studenti, mi chiese 400 mila lire per fondare una radio. Anziché dargliele a fondo perso, entrai nella società con 11 soci. Era il 16 febbraio 1976 e nacque Radio Studio 105.
Eravamo in affitto in una casa popolare da dove ci hanno cacciato perché i muri erano sottili così, come carta da zucchero: i condomini non ne potevano più di sentire musica giorno e notte e poi quando tiravi l’acqua del bagno si sentiva nei microfoni».
Da lì vi siete spostati in uno scantinato di via Lorenteggio.
«Ma siamo dovuti scappare perché quando pioveva si allagava tutto. Siamo andati in Galleria del Corso, mentre i soci nel frattempo si erano sfilati, gli speaker spariti a giugno perché andavano in vacanza.
Mi sono ritrovato solo con mio fratello e la mia fidanzata di allora Loredana (Rancati, ndr ), e abbiamo cominciato a cercare quelli più bravi. Piano piano abbiamo messo su un’equipe di ragazzi, tutti allegri e simpatici. Avevamo Max Venegoni, Alex Peroni, Gianni Riso, Piero Cozzi/P3, Loredana stessa e c’era anche Claudio Cecchetto».
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All’epoca la trasmissione via etere era liberalizzata solo in ambito locale. Nel novembre del 1978 avete installato sul Monte Penice il primo impianto per uscire dai confini provinciali. Per trasmettere su rete nazionale l’unico modo era farlo in modo illegale.
«Certo, era tutto illegale. Di notte, di nascosto, facevamo le prove sulle montagne per creare i ponti radio che permettessero la diffusione della trasmissione. Così iniziarono a fioccare le denunce e i sabotaggi da parte delle radio locali concorrenti che volevano dissuaderci a entrare nel loro territorio: era il Far West delle frequenze».
In poco tempo arrivarono oltre 100 denunce.
«Ma avevamo trovato il sistema per aggirarle con un giro di scatole cinesi. Finché non sono arrivati i Carabinieri: sono saliti sul tetto, hanno sigillato le antenne e ci hanno sequestrato tutto. Era il 1988».
Lei fece ricorso alla Corte di Cassazione.
«Nel nostro settore è una sentenza storica: abbiamo vinto e da quel giorno, 14 luglio 1988, le radio — ma anche le tv — potevano essere nazionali».
Fece un bel favore a Berlusconi...
«Berlusconi mi chiamava spesso quando eravamo sotto sequestro per sapere come andava la causa, lui aveva già preparato la sua rete nazionale in diretta, infatti non appena abbiamo vinto lo stesso giorno andò in onda in tutta Italia. Mentre io ho dovuto aspettare una settimana perché ci togliessero i sigilli».
Facevate concorrenza alla Rai, eravate gli unici.
«Nell’88 avevamo tre reti nazionali (105, Monte Carlo e 105 Classic) con una dorsale che andava in tutta l’Italia. Tre radio come solo la Rai e 50 miliardi di lire di fatturato, nessuno faceva quei soldi lì».
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Chi erano i fuoriclasse?
«Oltre a quelli già citati, anche Marco Galli, Federico e Leopardo ma negli anni quasi tutti i migliori dj hanno lavorato per noi ad eccezione di quelli del gruppo concorrente di Radio DeeJay».
Cecchetto se ne è andato.
«Era bravo. Piaceva al pubblico, ma un po’ meno ai colleghi. Era anche simpatico, ma un po’ permaloso, uno che non ascolta nessuno. Ma in questo campo devi avere persone così, con i ragionieri non fai spettacolo».
Più avanti è arrivato Marco Mazzoli con il suo Zoo. Lui dice che l’ha licenziato e ripreso 11 volte.
«Ma no, tutte balle. È un simpatico paraculo che cerca sempre di fregarti e diceva parolacce schifose in trasmissione. Un giorno gli ho detto: “ Benissimo, per ogni parolaccia ti tolgo 500 euro ”. Lui guadagnava 30 mila euro al mese e gli mandai una fattura falsa di 14 mila euro. Gli prese un colpo, è anche un po’ taccagno... Però quando vedevo che il fatturato era basso tornavo da lui e gli dicevo: “Di’ un po’ di parolacce per favore ”».
Alberto Hazan e richard branson
Anche Kay Rush era stata licenziata un po’ di volte.
«Ma va, mai licenziata: era lei che andava via perché voleva andare a farsi i suoi corsi spirituali in India. Era molto brava, aveva una voce sexy inconfondibile e la sera aveva sempre un capannello di ascoltatori che la aspettavano. So però che ora è in un monastero nello Sri Lanka dove approfondisce e studia la fede buddista».
Dj Ringo?
«È simpatico e bravo, è uno che ha un sacco di idee e ti infonde entusiasmo ma quando c’è da lavorare lo fa fare agli altri. E sparisce».
Nel 2007 prese Virgin.
«Sognavo da tempo di fare una radio rock, anche se me lo sconsigliavano, dicevano che la gente quando c’è il rock cambia stazione. Conoscevo Richard Branson da tanti anni e da lui acquistai il marchio, mentre per le frequenze presi quelle di Play Radio da Rcs. Feci tutto di nascosto per evitare che ci fregassero l’idea: Virgin ha avuto successo subito, dopo 11 mesi avevamo 1 milione e 800 mila ascoltatori».
Un socio di minoranza le mise i bastoni tra le ruote e nel 2018 (il fatturato era a 93 milioni di euro) decise di vendere tutto a RadioMediaset. Quando ascolta le sue radio che sentimento prova?
«Le sento come mie creature, sono affezionato a quelle radio. Certo quel mondo non c’è più: oggi tutte le radio hanno raggiunto la pace dei sensi, non c’è più concorrenza, nessuna schermaglia, c’è molta omologazione. Rmc era chic, Virgin trasgressiva ma elegante, 105 casinista. Oggi sono ottime radio ma poco vitali». [...]
Alberto Hazan
Kay Rush
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Kay Rush
Kay Rush
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